Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa

Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia
Dopo l'Unità Nazionale
Roma 2015
Copyright © 2015

Comunismo - vol. II


Autore: Fulvio De Giorgi

Chiesa italiana e comunismo. Nell’atteggiamento della Chiesa italiana verso il comunismo – come ideologia e come movimento storico – ebbe un notevole peso il magistero pontificio che, con una dimensione evidentemente non solo nazionale ma universale, affrontò di volta in volta la questione. Tale magistero fu sempre nel segno di una inequivocabile condanna: a partire dalle origini ottocentesche (Pio IX, Quanta cura, 1864, con annesso Sillabo; Leone XIII, Quod apostolici muneris, 1878) fino alle formulazioni novecentesche, successive alla rivoluzione russa (Benedetto XV, Bonum sane, 1920). Documento fondamentale fu l’enciclica Divini Redemptoris di Pio XI nel 1937. Nel secondo dopoguerra – quando l’egemonia sovietica aveva raggiunto paesi cattolici come la Polonia e il Partito Comunista Italiano era il più forte partito comunista dell’Occidente – ci fu la scomunica con un decreto del Sant’Uffizio del 1949. Ciò che era condannato era, innanzi tutto, il materialismo ateo.

I vescovi italiani e poi la stessa CEI, con le sue indicazioni elettorali, nonché la gran parte dell’elettorato cattolico assunsero posizioni anti-comuniste: molto forti in occasione delle elezioni del 1948; poi più sfumate, ma non meno ferme, dopo il Concilio Vaticano II (che non emise scomuniche, ma che criticò dottrina e regimi totalitari comunisti). La diversità del PCI, che si andava staccando dal comunismo sovietico, provocò nel 1976 lo scambio epistolare tra il vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi e il segretario comunista Enrico Berlinguer, in seguito al quale il leader del PCI affermò che il suo partito non era ”né teista, né ateista, né anti-teista”. In questo contesto Aldo Moro, leader democristiano, aprì un confronto aperto con i comunisti italiani che portò ai governi di “solidarietà nazionale”, con il loro appoggio esterno. Lo scioglimento e la trasformazione del PCI, nonché il crollo del comunismo in Europa orientale, dalla fine degli anni ’80, segnarono la scomparsa dell’anti-comunismo nel magistero ecclesiale (se mai preoccupato dall’emergere di un capitalismo radicale), ma ci fu ancora una sua permanenza in alcuni settori dell’elettorato cattolico, che si tradusse in favore per i nuovi partiti di destra.

Comunismo e cattolicesimo italiano. I comunisti italiani riconobbero sempre un valore decisivo alla “questione cattolica”. Antonio Gramsci sviluppò un’analisi articolata della Chiesa, della sua gerarchia, del movimento cattolico italiano, anche nelle sue differenze regionali, considerando le espressioni politiche di ispirazione cattolica (come il Partito Popolare) sostanzialmente legate al mondo contadino e ad una visione democratica, destinata ad essere assorbita e superata dal movimento operaio e socialista. Tra le due guerre mondiali – e soprattutto nel 1936-38 – si promosse, da parte comunista, la politica della “mano tesa”, che ebbe una realizzazione particolare durante la Resistenza, con l’alleanza nel CLN, e poi nei governi dopo la Liberazione e fino al 1947 (quando De Gasperi, all’avvio della guerra fredda, estromise i socialcomunisti dal governo). Il frutto più importante di questa fase di convergenze e, in qualche modo, il suo culmine fu la comune stesura della Costituzione della Repubblica (con il forte passaggio simbolico dei discorsi di De Gasperi e Togliatti il 25 marzo 1947 e con il successivo voto del PCI, insieme alla DC, a favore dell’art. 7).

Togliatti, nell’aprile 1954, rivolse poi un appello ai cattolici per una reciproca comprensione per salvare la civiltà dal pericolo di una guerra nucleare. Questa impostazione togliattiana trovò la sua massima espressione nella conferenza di Bergamo del 1963 sul “destino dell’uomo”, in cui egli riconobbe che l’aspirazione alla società socialista poteva trovare uno stimolo nella coscienza religiosa (concetti che ritornarono ancora nel cosiddetto “Memoriale di Yalta”). Nella transizione post-togliattiana, mentre Giorgio Amendola guardava più ai partiti e ad un’unione di comunisti e socialisti in un partito unico, Pietro Ingrao si batteva per una linea alternativa, che ricercasse nella società l’alleanza con le masse cattoliche. Questa dialettica fu sintetizzata e superata, nel 1973, dal segretario Enrico Berlinguer, con la proposta del “compromesso storico” (cioè un’alleanza di governo tra PCI, DC e PSI). A fronte della grave crisi che l’Italia e il suo sistema politico vivevano in quegli anni, la DC – con Aldo Moro e Benigno Zaccagnini – rispose con una strategia dell’attenzione e del confronto, che portò, come si è detto, alla formazione dei governi di solidarietà democratica, con il PCI nella maggioranza. Tuttavia l’assassinio di Moro minò tale esperienza fin dal suo nascere. Il PCI ritornò all’opposizione. Berlinguer, nel discorso del 1983 al XVI Congresso del PCI, avvertì che i processi di secolarizzazione toccavano tanto il mondo cattolico quanto il mondo comunista. Nel 1991, con Achille Occhetto (il cui padre aveva militato nella Sinistra Cristiana) segretario, a fronte del crollo del comunismo nell’Europa orientale, si giunse alla fine del PCI e alla nascita del PDS, anche con il contributo di autorevoli esponenti del cattolicesimo democratico.

Cattolici comunisti. Con questo nome deve intendersi quel gruppo politico che, con successive denominazioni diverse (Movimento cooperativista sinarchico, Partito comunista cristiano, Sinistra giovanile cattolica, Movimento dei cattolici comunisti, Partito della sinistra cristiana), raccolse tra il 1937 e il 1945 alcuni giovani cattolici che intendevano il comunismo solo come realtà politica, perciò conciliabile con la fede cattolica. I più importanti esponenti furono Adriano Ossicini, Franco Rodano, Felice Balbo, Fedele d’Amico, Giorgio Ceriani Sebregondi, Gabriele De Rosa, Mario Motta. Diedero un notevole contributo alla Resistenza e pubblicarono le riviste “Voce operaia” e “Voce del Lavoratore”. Ebbero un interlocutore riservato in don Giuseppe De Luca e si illusero che gli esponenti della Curia romana (come Tardini o Ottaviani) favorevoli a più partiti cattolici potessero appoggiarli. Esplicitamente sconfessati – con articoli sull’“Osservatore romano” nel giugno 1944 e nel gennaio 1945 – decisero infine di sciogliersi, nel congresso straordinario del dicembre 1945, per confluire in gran parte (non però Ossicini) nel PCI.

Cattolici nel PCI. Nella sua settantennale storia (1921-1991) il PCI ebbe l’appoggio di molti cattolici: sia come elettori sia come militanti di base. Tale fenomeno fu certamente più diffuso nelle cosiddette ‘regioni rosse’, anche dopo la scomunica del 1949. Per quanto riguarda invece figure di spicco, vi furono innanzi tutto coloro che provenivano dal Partito della Sinistra Cristiana, come Balbo, Rodano, Ceriani Sebregondi, De Rosa e che militarono nel PCI dal 1946 ai primi anni cinquanta, dando anche vita alla rivista “Cultura e realtà” (1950-51). Tra il 1951 e il 1952 molti di loro (come Balbo, Motta, Ceriani Sebregondi, De Rosa) uscirono dal PCI, mentre altri (Rodano, Marisa Cinciari, Barca, Tatò) vi rimasero. Negli anni successivi e fino allo scioglimento del PCI il contributo cattolico interno più significativo fu quello dei ‘rodaniani’, anche attraverso la partecipazione ad alcune riviste (come lo “Spettatore Italiano”, tra il 1952 e il 1954, con esponenti dell’intellettualità crociana, e soprattutto come “Il Dibattito politico”, dal 1955 al 1959, con ex-democristiani, espulsi o usciti dalla DC fanfaniana, come i direttori Melloni e Bartesaghi, ex-gronchiani, e poi come Chiarante, Magri, Zappulli, Baduel, ex-basisti, entrati nel PCI) e la promozione di proprie (in particolare la “Rivista Trimestrale” con Claudio Napoleoni e i “Quaderni della Rivista Trimestrale”). L’influenza rodaniana sulla politica del PCI fu maggiore durante le segreterie Berlinguer (allora Rodano auspicò la confluenza di DC e PCI in un unico partito) e, in parte, Occhetto.

Alleati cattolici del PCI. In una posizione distinta dalle precedenti si devono considerare quei cattolici non comunisti che, in forma personale o associata, si allearono con il PCI o lo fiancheggiarono pubblicamente. Una figura di spicco, per la sua storica guida del ‘sindacalismo bianco’, fu quella di Guido Miglioli che nel 1945 pubblicò il volume Con Roma e con Mosca e che nel 1948 promosse, con Ada Alessandrini, Pio Montesi e altri, il “Movimento cristiano per la pace”, che entrò nel Fonte democratico popolare. Alessandrini promosse poi il “Movimento unitario dei cristiani progressisti”. Alcuni cattolici militarono pure nella successiva formazione dei Partigiani della pace, con i quali dialogarono anche Igino Giordani e don Primo Mazzolari.

Nel clima del Concilio Vaticano II (1962-65) e del post-concilio, si sviluppò la stagione del ‘dialogo’, che visse momenti diversi. Nel 1968 Adriano Ossicini divenne senatore (e lo fu ancora fino al 1992) della Sinistra Indipendente. Il culmine di questi processi si ebbe nelle elezioni politiche del 1976, quando un significativo gruppo di cattolici (Paolo Brezzi, Mario Gozzini, Raniero La Valle, Piero Pratesi, Angelo Romanò, Massimo Toschi e Tullio Vinai) si candidò, da indipendente, nelle liste comuniste. Dal 1978 La Valle promosse la rivista “Bozze” che dava voce agli ideali di quest’area.

Filosofi cattolici e marxismo. Una questione più particolare è quella dell’adesione di alcuni filosofi cattolici italiani al marxismo. Si possono ricordare Felice Balbo (1913-1964), che nel 1948, rifiutando il materialismo dialettico, leggeva il materialismo storico come ‘scienza’ politica (con un percorso analogo a quello compiuto in Francia da Althusser) e, più tardi, Giulio Girardi (1926-2012), autore del fortunato volume Marxismo e cristianesimo (1966).

Fonti e Bibl. essenziale

C.F. Casula, Cattolici-comunisti e sinistra cristiana (1938-1945), Bologna, Il Mulino, 1976; Ph. Chenaux, L’ultima eresia: la Chiesa cattolica e il comunismo in Europa: da Lenin a Giovanni Paolo II (1917-1989), Roma, Carocci, 2011; D.I. Kertzer, Comunisti e cattolici. La lotta religiosa e politica nell’Italia comunista, Milano, Angeli, 1981; F. Malgeri, La sinistra cristiana (1937-1945), Brescia, Morcelliana, 1982; D. Saresella, Cattolici a sinistra. Dal modernismo ai nostri giorni, Roma-Bari, Laterza, 2011.


LEMMARIO