Autore: Federico Gallo
L’Unità d’Italia si aprì con un capitolo dolorosissimo per le biblioteche ecclesiastiche. Il governo dei Savoia infierì sui patrimoni e i possessi ecclesiastici, confiscando una quantità immensa di beni mobili ed immobili appartenenti alla Chiesa. Queste manovre ebbero inizio nel regno sabaudo nel 1855, quando furono soppresse le comunità religiose che non fossero impegnate in attività di assistenza sociale, incamerandone i beni; tale legge fu applicata all’intero territorio del nascente Regno d’Italia nel 1860-1861. Un regio decreto del 1866 estese le soppressioni a tutte le comunità religiose di vita comune; nel 1873 anche Roma subì il medesimo destino. I libri appartenuti agli enti religiosi furono incamerati dallo Stato e finirono nel Fondo per il culto; rimasero in loco soltanto le biblioteche delle grandi istituzioni abbaziali, ad esempio Montecassino e Subiaco. Come già al tempo delle spoliazioni napoleoniche, furono risparmiate le biblioteche appartenenti ad istituzioni diocesane, ossia episcopî, capitoli, parrocchie, seminari.
Fortunatamente fu scelto di non confiscare i libri dando loro una destinazione di tipo centralizzato, bensì di lasciarli nella provincia di appartenenza. La sorte di tale patrimonio bibliotecario fu dunque non tanto la perdita del legame con il proprio luogo di appartenenza, che pure ci fu, quanto invece la destinazione a biblioteche laiche, le quali, generalmente, non erano in grado di valorizzare quel tipo di patrimonio librario e si limitavano a tenerlo accatastato nei propri locali. Emblematica a questo riguardo la frequente destinazione dei libri delle case religiose soppresse alle biblioteche comunali di competenza. Tali biblioteche ricevettero molti manoscritti e volumi di contenuto non utile, o non adatto alla fruizione del pubblico: opere di contenuto teologico o canonistico, delle quali erano chiaramente ricche le biblioteche ecclesiastiche, non potevano trovare lettori a loro interessati negli italiani di media cultura che accedevano o avrebbero potuto accedere alle biblioteche del loro comune di residenza. Tali opere subirono dunque un vero e proprio esilio, dal quale non sono mai ritornate.
Oltre a questa situazione impropria, le soppressioni sabaude causarono anche uno sviluppo disomogeneo e disarmonico nelle biblioteche ecclesiastiche rimaste in vita o ricreatesi. Derubate del loro patrimonio storico, esse dovettero poco alla volta ricostituirsi ex novo senza poter contare sulla sedimentazione di materiale acquisito nel corso dei secoli, patendo talvolta evidenti squilibri dal punto di vista della completezza di panorama nella scelta delle materie. Lo stesso accadde per le biblioteche ecclesiastiche permesse dal governo (quelle dei seminari, ad esempio) che in qualche maniera riuscirono ad ereditare i libri delle biblioteche soppresse. In questi casi si verificò una sorta di innesto su un corpo estraneo, per esempio facendo confluire nella biblioteca di un seminario diocesano o di un episcopio un vasto fondo proveniente dalla casa soppressa di un ordine religioso. Ancora una volta, con un risultato disarmonico e disomogeneo.
Restarono in vita le biblioteche di pertinenza diocesana; quelle monastiche, conventuali e religiose rinacquero con le difficoltà or ora esposte; proseguirono il loro cammino le grandi istituzioni come la Vaticana e l’Ambrosiana; altre, come la biblioteca dell’Università pontificia «La Sapienza», passarono di proprietà allo Stato. Tra le biblioteche particolarmente significative dell’Italia unita vi furono quelle dei seminari. Esse vennero sempre accrescendosi e ammodernandosi, per accompagnare la formazione dei futuri pastori con strumenti copiosi e adatti. Una biblioteca molto ricca e celebre è quella del Seminario Arcivescovile di Milano, che ha attualmente sede a Venegono Inferiore (Varese). Furono altrettanto interessanti e idealmente complementari le biblioteche “popolari” cattoliche, sórte soprattutto nelle parrocchie sùbito dopo l’Unità d’Italia a servizio dei fedeli, con una diffusione non omogenea sul territorio nazionale e con caratteristiche altrettanto disomogenee per estensione, periodo di attività e tipologia di libri. La Federazione italiana delle biblioteche cattoliche nacque a Milano nel 1904. Vanno annoverate anche le biblioteche delle Congregazioni religiose moderne, come pure quelle degli istituti missionari.
Un settore molto importante nato, o perlomeno sviluppato in modo nuovo, nel Novecento riguarda le biblioteche degli atenei. Sorte contestualmente all’istituzione, esse ne sono parte essenziale e vivace. Vi sono anzitutto le Università pontificie romane con i loro numerosi Istituti: Gregoriana, Lateranense, Urbaniana, Angelicum, Salesiana, Santa Croce, Antonianum, Anselmianum, Regina Apostolorum; e le Facoltà Teologiche Seraphicum, Teresianum, Marianum. Fuori Roma vi sono le Facoltà Teologiche di Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Bari, Palermo, Cagliari. Vanno inoltre menzionate le biblioteche degli Istituti di Scienze religiose; esse talvolta, oltre al patrimonio di testi per lo studio della teologia, sono ricche anche di opere di interesse religioso. Oltre agli atenei delle facoltà e degli istituti teologici, sono da annoverarsi altri enti cattolici: in primis l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con le sue sedi e relative biblioteche a Milano, Brescia, Piacenza, Cremona, Roma, Campobasso. Vi sono poi le biblioteche degli istituti culturali, delle riviste e delle pubblicazioni cattoliche, dei centri culturali, dei collegi vescovili e delle associazioni cattoliche.
Per quanto concerne la legislazione ecclesiastica riguardante le biblioteche, nulla si può trovare nei Codici di Diritto Canonico del 1917 e del 1983, che legiferano invece a proposito degli archivi. Delle biblioteche si occuparono alcune lettere circolari della Santa Sede dirette ai vescovi italiani, la prima delle quali fu emanata da Leone XIII nel 1902; essa contiene una serie di indicazioni molto puntuali di carattere biblioteconomico. A questa lettera ne seguirono altre sotto i pontificati successivi, segno che le esortazioni ad una migliore e più moderna gestione delle biblioteche venivano puntualmente disattese, oppure che al progredire della dottrina biblioteconomica non sapeva tenere il passo l’impegno dei vescovi, specie nel periodo delle due Guerre Mondiali. Particolarmente ricche e particolareggiate sono le lettere circolari redatte negli anni dal 1942 al 1950 dal prefetto della Biblioteca Vaticana Giovanni Mercati.
L’urgenza della salvaguardia del patrimonio culturale ecclesiastico, prima ancora che di una sua corretta vita di studio e di incremento, sollecitò una lettera circolare della Sacra Congregazione per il Clero nel 1971 e un documento della CEI nel 1974: entrambi riguardavano l’intero patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia.
A partire dal 1978 le biblioteche ecclesiastiche possono contare su un’associazione che tutte le riguarda: l’ABEI (Associazione Bibliotecari Ecclesiastici Italiani). Essa sorse in quell’anno con l’intento di enumerare tutti gli istituti bibliotecari di natura ecclesiastica, di qualificarne il profilo professionale, di favorire l’adeguamento alle norme biblioteconomiche e di raccordare esperienze ed iniziative; fu riconosciuta dalla CEI nel 1990, anno in cui fu pubblicato un primo elenco delle biblioteche, suddiviso per regioni d’Italia, oggi costantemente aggiornato e consultabile all’indirizzo elettronico dell’ABEI.
La revisione del Concordato lateranense firmata nel 1984 stipulò che per la conservazione e la consultazione delle biblioteche ecclesiastiche si dovessero comporre delle intese tra gli organi competenti; l’esecuzione dell’intesa fu firmata poi nel 1996. Nel 1988 fu creata la Pontificia Commissione per la conservazione del patrimonio artistico e storico della Chiesa e nel 1989 la Consulta nazionale per i beni culturali ecclesiastici; nel 1992 fu emanato un documento della CEI relativo ai beni culturali della Chiesa. Molto rilevante per le biblioteche fu l’intesa tra lo Stato e la CEI firmata nel 2000; tale documento mette esplicitamente a tema i punti di importanza fondamentale per le biblioteche, ovvero la loro conservazione, consultazione e valorizzazione.
Il bibliotecario ecclesiastico odierno necessita di alcune caratteristiche precise. Anzitutto egli deve possedere una formazione qualificata, che lo renda in grado di occuparsi del patrimonio librario con competenza, frutto di una preparazione scientifica in campo bibliografico e biblioteconomico: la conoscenza sempre aggiornata e l’utilizzo consapevole dei moderni criteri di gestione e di conservazione sono oggi irrinunciabili. In secondo luogo egli deve conoscere la storia e le caratteristiche dell’istituzione ecclesiastica presso la quale opera: un’antica biblioteca capitolare non richiederà le medesime attenzioni della moderna biblioteca di un istituto teologico, ad esempio, e viceversa. Inoltre, il bibliotecario ecclesiastico deve sapersi porre in relazione con le realtà ecclesiastiche alle quali la sua istituzione è correlata: l’appartenenza ad una diocesi o a un ordine religioso non sono caratteristiche estrinseche.
Al servizio della formazione di bibliotecari e di archivisti, anche ecclesiastici, sono attive due scuole pontificie: la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica, fondata nel 1884 da Leone XIII, e la Scuola Vaticana di Biblioteconomia, fondata nel 1934 da Pio XI, che era stato Prefetto della Biblioteca Ambrosiana prima e della Biblioteca Vaticana poi. La Scuola di Paleografia intende offrire una formazione soprattutto per gli archivisti e per coloro che lavorano nel campo dei manoscritti; la Scuola di Biblioteconomia è rivolta più specificamente ai bibliotecari.
Le odierne biblioteche ecclesiastiche – a differenza delle biblioteche monastiche e conventuali di un tempo – non richiedono soltanto la presenza di personale qualificato per il loro funzionamento e per la valorizzazione e la tutela del patrimonio librario; esse necessitano sin dalla loro fondazione anche di un’attività amministrativa, che ne assicuri il sostentamento e il regolare incremento.
Vi sono due biblioteche la cui storia ed entità garantisce loro una struttura particolarmente articolata: la Vaticana e l’Ambrosiana. La Biblioteca Apostolica Vaticana, affidata sin dal Medioevo ad un bibliothecarius, a partire dal 1550 è presieduta da un cardinale, che porta il titolo di Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. Da esso dipendono il Prefetto e il Vice Prefetto, che presiedono al lavoro dei Direttori dei dipartimenti. Completano l’organico gli scriptores, i curatori, gli assistenti, l’economo, il segretario, gli addetti ai molteplici servizi. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano è retta dal Collegio dei Dottori, tutti ecclesiastici, coordinati dal Prefetto; ai diversi servizi sono deputati gli addetti. La Congregazione dei Conservatóri, presieduta dal Presidente e assistita dal Segretario Generale, si occupa della gestione amministrativa.
La vita delle biblioteche ecclesiastiche odierne presenta problemi e prospettive. Anzitutto necessita, come già detto, che il personale sia qualificato; esso può essere affiancato da volontari, oggi piuttosto disponibili sullo scenario italiano, ma soltanto per quelle mansioni e responsabilità che non richiedano competenze specifiche. In secondo luogo, il personale deve sì occuparsi della conservazione e dell’aggiornamento del patrimonio librario secondo la scienza biblioteconomica, ma occorrono anche indicazioni diocesane e nazionali e una rete coordinata di rapporti tra biblioteche e istituzioni culturali. Vi è poi il problema concreto delle sedi antiche da mantenere e di quelle nuove da aprire, così come della dotazione di strumenti moderni e funzionali di consultazione. Infine, la possibilità di studio nelle biblioteche ecclesiastiche presenta talvolta, presso le realtà più periferiche o senza personale, difficoltà notevoli; da questo scaturisce la necessità di una particolare attenzione da parte degli organi superiori, nel campo dei patrimoni librari, verso le ricchezze e le potenzialità più nascoste e neglette, perché non vadano ammalorandosi o scomparendo per disattenzione.
Fonti e Bibl. essenziale
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