Assistenza – vol. II

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    Autore: Tiziano Civiero

    Premessa. Già annunciata dai rivolgimenti dei secoli precedenti, dopo l’Unità d’Italia, giunta a realizzazione piena solo nel 1870, con la presa di Roma e la sua proclamazione a capitale del neonato Regno d’ Italia, l’attività assistenziale della Chiesa subisce una svolta epocale, poiché le nuove forze politiche, economiche e sociali convergono nel favorire l’assunzione di tale attività da parte dello Stato, facendo così cessare il predominio degli Ordini religiosi in questo campo, da loro monopolizzato, se non altro per mancanza di sensibilità assistenziale da parte di soggetti civili interessati, soprattutto a partire dalla fondazione degli Ordini ospedalieri, educatori e assistenziali in genere.

    Il passaggio è graduale e non senza resistenze, a volte perché ancora legati a un modello assistenziale del passato, fondamentato esclusivamente su motivazioni religiose; ma è comunque inevitabile, mano a mano che matura, da parte della società civile, la coscienza che il benessere, la salute, l’istruzione, l’assistenza in genere, ricadono nell’ambito dei così detti diritti della persona, che devono essere garantiti dalla società tutta e assicurati dall’amministrazione pubblica dello Stato, senza discriminazione alcuna per nessuno.

    Tutto ciò si affermerà in maniera definitiva solo dopo la seconda guerra mondiale e fino agli anni ’90 del Novecento, quando inizierà una fase nuova anche per l’assistenza pubblica, dovuta in parte al trasferimento dell’industria manifatturiera europea in Asia, in Latino-America o in Paesi est-europei appena usciti dal comunismo, e in parte alla crescente denatalità e all’ingresso, sempre più ritardato, dei giovani nel mercato del lavoro, che porterà a rivedere tutto il sistema pensionistico per anziani e lavoratori, non più rivitalizzato dal flusso dei contributi di nuovi assunti al lavoro. Pur con feroci opposizioni non resterà che innalzare l’età della pensione, per evitare di aggravare ancora di più il deficit dello Stato. Per effetto domino, dopo le pensioni, stesso ridimensionamento toccherà a scuola, sanità e posti di lavoro in genere, con una sempre maggiore delega ai “privati” in questi campi: al momento di scrivere la tendenza è di “privatizzare” tutti i così detti servizi sociali, con il conseguente riflusso di percentuali sempre più elevate di fasce di popolazione verso la mensa vescovile, alias Caritas diocesana, e verso le opere di assistenza gestite dagli Istituti religiosi. La crisi del sistema assistenziale pubblico, dunque, sta dando maggiori responsabilità e carichi alle opere caritative della Chiesa.

    Il secolo del Liberalismo. Ma, per non rimanere nel vago, ecco qualche dato, riferito alle iniziative più conosciute, che vedono impegnati anche i papi, in particolare Pio VII (1800-1823), che, nel 1821, conferma ufficialmente la fondazione dell’ospedale “Tata Giovanni”; mentre Leone XII (1823-1829) istituisce, nel 1826, la così detta “Commissione dei sussidi”, continuata anche da Gregorio XVI (1831-1846), per soccorrere i bisognosi. Altre iniziative sorgono a Genova, dove la “Scuola di carità” di don Lorenzo Garaventa (†1783), operante nel campo della rieducazione, sarà rilevata, nel 1837, dai Fratelli delle Scuole Cristiane; a Verona, dove sono attivi il p. C. C. Bresciani, il B. Carlo Steeb e la Fratellanza, fondata dal Servo di Dio, don Pietro Leonardo; a Torino, dove il Lanteri avvia la Pia Unione di S. Paolo Apostolo con finalità caritative e apostoliche, mentre S. Giuseppe B. Cottolengo, S. Giuseppe Cafasso, S. Giovanni Bosco e la marchesa Giulia di Barolo incarnano l’animo caritativo cattolico, soccorrendo le fasce più emarginate con ospedali per i reietti umani e assistenza ai condannati a morte; con scuole, oratori e avviamento al lavoro per i giovani disadattati della società piemontese; con aiuto alle ragazze di strada ed educazione delle fanciulle. A Genova lo scolopio G.B. Assarotti (†1829) avvia l’assistenza ai sordomuti, imitato anche fuori dell’Italia, a Siena, a Milano, a Modena e a Cuneo; mentre il prete mantovano Ferrante Apporti (†1858) istituisce, nel 1827, i primi asili infantili, dando nuovo impulso alla pedagogia, allora ai primi passi. Dal canto suo, Maddalena di Canossa (1774-1835) brilla di luce propria, assolutamente originale e innovativa, con un’attività multiforme, che va dall’educazione delle bambine povere all’assistenza ai vecchi e agli ecclesiastici, alla formazione delle maestre di campagna, tratte dalla campagna e destinate a ritornarvi per svolgere la loro opera educatrice, e, infine, all’istituzione di corsi di esercizi spirituali per donne, affiancati da corsi annuali per donne di ogni ceto sociale. Senza parlare dei veneziani fratelli Cavanis e di altre innumerevoli Congregazioni femminili, fondate allo scopo, occupandoci dell’assistenza cattolica nell’800, non si possono tralasciare le celebri Società (dette anche Conferenze) S. Vincenzo De Paoli: fondate a Parigi da F. Ozanam, e dai suoi sette volontari, nel 1835, allo scopo di formare “gruppi di credenti desiderosi di aiutare il prossimo”, e introdotte a Roma negli anni 1836-1842, si diffusero abbastanza rapidamente in parecchi Stati italiani preunitari, distribuendo aiuti materiali tramite la visita alle famiglie bisognose, l’avviamento dei giovani alla istruzione e alla professione, e con l’istituzione della Cassa degli affitti, che aiutava i più indigenti a pagare l’affitto, e il Pane di Sant’Antonio, che assicurava ai più miserevoli una dignitosa sopravvivenza; propagando inoltre il catechismo e la buona stampa. “Il forte richiamo che il progetto suscitava in tanti cristiani stava tutto nel fatto che l’esercizio della carità ne costituiva la ragione essenziale”. Ritenute politicamente innocue, perché composte in maggioranza da aristocratici, esse riuscirono, anche dopo il 1870, a non confondersi con le altre organizzazioni del mondo assistenziale cattolico italiano, mantenendo una loro autonomia e differenziazione che le avrebbero caratterizzate anche nei decenni a venire.

    Il Novecento. Il nuovo secolo si apre con un grande fervore di iniziative assistenziali in campo cattolico, come ci testimonia, tra gli altri, anche mons. G. Bonomelli, vescovo di Cremona (1871-1914), nella sua lettera pastorale del 1900 Il secolo che muore. Il prelato non è famoso solo per le sue “aperture” al nuovo corso politico italiano, ma soprattutto per le opere da lui fondate a favore degli emigranti italiani (Opera Bonomelli), degli operai e dei contadini. Lo slancio caritativo dei cattolici italiani non si era, dunque, affievolito al volgere del secolo, ma conosceva una nuova primavera di realizzazioni, assicurando così alla Chiesa ancora una lunga presenza nelle attività tradizionali di assistenza e di formazione professionale, che, per effetto della legge Crispi del 1890, godevano ora anche degli aiuti governativi. Nell’enumerare le iniziative più importanti va ricordato innanzittutto il S. Leonardo Murialdo (†1900), benemerito dell’assistenza ai lavoratori e del movimento operaio cattolico, mentre per quanto riguarda la tradizione pedagogica (rappresentata nell’800 da giganti quali l’Assarotti, l’Aporti, il Lambruschini, il Don Bosco) non ci sono grandi novità, ma solo prosecuzione di quanto fino ad allora attuato. Anche altre istituzioni, come asili, ospizi, case di riposo e altri si adeguano alle mutate condizioni, rinnovando sedi e metodi assistenziali. Nuovi orfanatrofi sorgono per opera di don Annibale Maria di Francia (†1927), sacerdote messinese, fondatore dei Rogazionisti del Cuore di Gesù. Molteplici iniziative, soprattutto nel campo dell’educazione e dell’assistenza, che rimasero sempre i due pilastri fondamentali della sua azione, furono approntate anche da Mons. Giovanni Antonio Farina, vescovo di Treviso (1850-1860) e di Vicenza (1860-1888). Infatti, alla sua morte, la Congregazione delle Suore Maestre di S. Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, da lui fondata nel 1836, gestiva quattordici (14) scuole elementari, una (1) scuola per sordomute, una (1) per cieche; cinque (5) asili infantili, una (1) scuola di lavoro, cinque (5) collegi annessi alla scuola elementare; un (1) convitto per ragazze di scuola superiore, quattro (4) orfanatrofi e due (2) brefotrofi; quattordici (14) ospedali, tre dei quali avevano incorporato il reparto manicomio; cinque (5) case di ricovero per anziani, una casa di riposo per suore anziane, una cucina economica per i poveri. Uno dei frutti della Rerum Novarum (1891) di papa Leone XIII (1878-1903), che poneva i fondamenti della questione sociale in termini assolutamente nuovi, e inauditi per i cattolici, cioè di giustizia e non più solo di carità, fu la fondazione di numerosissime Casse rurali, circa 2000 tra il 1900 e il 1914, allo scopo di sovvenire con il credito le attività delle campagne, settore fino ad allora assai marginalizzato nel campo dell’assistenza sociale. Spesso queste iniziative avevano come promotori proprio gli stessi parroci di campagna, che intuivano le possibilità di promozione economica e umana, offerte dalle nuove realtà finanziarie dell’associazionismo, della redistribuzione di quanto accumulato e del risparmio. Infatti, a fianco del prete solo pastore di anime, negli anni successivi all’Unità d’Italia va affermandosi la figura del prete animatore sociale. Le prese di posizione sulla necessità, o meno, che i preti uscissero dalla sacrestia, come si diceva allora, per essere accanto alle necessità concrete della povera gente erano numerose in seno al clero cattolico e, spesso, anche autorevoli, con l’appoggio, più o meno esplicito, di qualche vescovo. Come detto sopra, una rete enorme di casse rurali e di cooperative, piccole banche e di associazioni, vedono quasi sempre il ruolo determinante di un prete: ruolo che passa attraverso varie fasi. Dapprima ci sono i così detti preti sociali: la espressione è usata soprattutto a Torino, specialmente nei confronti di don Bosco e di Leonardo Murialdo. Tuttavia, “figure analoghe sono presenti in quasi tutte le diocesi italiane, dove i preti sociali sono tutti impegnati in un’azione caritativa di vario genere, si rivolgono a varie categorie di persone, privilegiano l’assistenza alle persone più povere ed emarginate”. A Modena don Severino Fabriani (1792-1849) si dedica ai sordomuti, primo in Italia ad organizzare un’assistenza specifica per essi, tanto da scrivere anche una Grammatica per sordomuti. A Cesena don Giovanni Ravaglia (1864-?), vivace ingegno intellettuale e fondatore de Il Savio, anima le attività riguardanti le emergenze sociali; allo stesso tempo, e allo stesso modo, agiscono don Giuseppe lo Cascio (??) a Palermo, don Carlo De Cardona (1871-1958) a Cosenza, mentre a Verona, a Parma, a Cremona, a Piacenza, a Torino, preti, o anche vescovi, fondano Congregazioni dedite all’annuncio missionario in paesi lontani. In seguito però le cure dei preti sociali “si rivolgono a contadini, operai e imprenditori, fondando associazioni, cooperative, casse rurali”. Una delle prime latterie sociali è fondata da un prete, don Antonio della Lucia (1824-1906), a Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo) nel 1872. Il suo modello di latteria sociale è esportato in tutto il Regno d’Italia e don Antonio, perciò, è insignito del titolo di cavaliere del Regno. Non solo, ma egli fonda anche il primo asilo rurale, le prime biblioteche circolanti, i cui libri viaggiavano su carretti, le cooperative di consumo, le società di mutuo soccorso per gli animali bovini. “Altri danno vita a forni, mulini, farmacie cooperative; un altro fonda nel Friuli la Federazione delle cooperative. Un prete veneziano, Luigi Cerutti (1865-1934), diventa il profeta della cassa rurale, e scrive testi in difesa dei contadini” e della loro realtà, rimanendo per lungo tempo l’animatore di questa nuova forma di cooperativismo sociale cattolico.

    A ciò si affiancarono gli Uffici del lavoro e i cappellani del lavoro. Mentre per quanto riguarda l’emigrazione (in poco più di un secolo, 1861-1964, sono usciti dall’Italia circa 30 milioni di persone), anche se hanno operato in altri Paesi, si sono distinti S. Maria Francesca Cabrini, mons. G.B. Scalabrini (1839-1905), vescovo di Piacenza dal 1876, fondatore della Società dei Missionari di S. Carlo; mons. G. Bonomelli (1831-1914), vescovo di Cremona dal 1871, e la sua Opera di Assistenza agli Emigranti. Il vescovo di Cremona si occupò costantemente anche della questione operaia e dei rapporti degli operai con il movimento socialista, per cui si adoperò per creare casse rurali e società di mutuo soccorso. Insieme alla promozione economica il movimento associazionista cattolico si preoccupa sempre anche della promozione umana delle persone coinvolte nell’attività assistenziale. A Firenze il prof. R. Bettazzi (†1941) fonda, nel 1902, l’Istituto della Protezione della giovane, emanazione di un’analoga organizzazione internazionale, allo scopo di proteggere e aiutare le giovani che andavano a lavorare in città; nel 1912 dà vita alla Associazione cattolica italiana contro l’alcoolismo, iniziativa apprezzata e sostenuta anche dalla gerarchia. A sua volta Filippo Crispolti (1857-1942) avvia il Movimento antiduellista e don A.

    Argiolas (†1914), sacerdote sardo, svolge attività a favore dei sordomuti anche attraverso la pubblicazione di scritti a ciò dedicati. Un grande contributo all’elevazione delle classi operaie e del laicato cattolico in genere lo ha dato mons. G. Radini Tedeschi, vescovo di Bergamo, di cui fu segretario il giovane don Angelo G. Roncalli (1881-1963), futuro papa Giovanni XXIII (1958-1963), dal 27 aprile 2014 S. Giovanni XXIII: nell’autunno del 1909, si schierò pubblicamente con gli scioperanti di Ranica, lavoratori di una fabbrica tessile, aderenti al sindacato cattolico, che chiedevano una riduzione dell’orario di lavoro, allora di 11 ore giornaliere per sei giorni alla settimana, e fu accusato per questo di modernismo e progressismo. Nell’occasione soccorse i più bisognosi di essi.

    Non va tralasciato il settore sportivo, che ha sempre avuto una certa rilevanza in ordine all’educazione della gioventù, specialmente cattolica. Nel campo delle attività sportive si distinse dapprima la Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche, dalla sua fondazione (1906) e fino alla sua soppressione da parte del Fascismo (1927). Ad essa è succeduto il Centro Sportivo Italiano, fondato dal prof. Luigi Gedda, presidente dell’Azione Cattolica Italiana, il 5 gennaio 1944: raccogliendo il testimone ideale della prima organizzazione sportiva cattolica, il nuovo organismo, fin dal cambiamento della propria denominazione esprime l’idea di aprire i propri impianti anche ai giovani non cattolici. Fornito di uno Statuto, di organi dirigenti, di una sede centrale (Roma), di sedi periferiche (Regioni), per complessivi 17 Comitati regionali, 92 Comitati provinciali, 60 Comitati zonali, 3.000 Società sportive, circa 80.000 tesserati nel 1955, di una rivista ufficiale, Stadium, lo sport del CSI si forma inizialmente all’ombra dei campanili: le sue Società sportive si coagulano attorno agli Uffici Sportivi Diocesani e sono espressione, per la maggior parte, di Parrocchie (Oratorio) e di Istituti religiosi. Il suo motto è: educare attraverso lo sport, cui va affiancato quell’altro, che recita: a ognuno il proprio sport.

    Importanti si rivelarono soprattutto le Settimane Sociali, avviate in seguito alla soppressione dell’Opera dei Congressi da parte di Pio X (1904): la prima fu celebrata a Pistoia nel 1907 sotto la presidenza del card. Maffi; dopo di che, e fino al 1935, se ne celebrarono ben diciotto, che dibatterono i più scottanti problemi sociali allora in auge. In generale, però, va detto che “nella secolare storia dell’associazionismo [cattolico e non], solamente durante il ventennio fascista il volontariato organizzato dovette confrontarsi con il potere politico per assecondarne indirizzi e orientamenti”, in quanto il regime fascista scoraggiava fortissimamente l’associazionismo che non fosse sua diretta emanazione, per cui “molte associazioni furono chiuse o costrette a farlo, mentre il regime colpiva il movimento cooperativo in maniera sistematica”. Solo la Società di S. Vincenzo potè salvarsi, dando assistenza ai bisognosi.

    La post-Modernità. Nel secondo dopo guerra l’attività assistenziale e caritativa della Chiesa ha continuato a operare, abbracciando anche le nuove emergenze che via, via andavano prendendo piede nella società. A tutt’oggi l’elenco dell’impegno assistenziale e caritativo cattolico è molto lungo e copre praticamente tutto l’ambito del sociale. Si va dalle scuole agli ospedali, dagli oratori alle colonie marine (ora in via di cessazione), dall’assistenza agli operai a quella ai profughi, ai prigionieri, ai reduci, alle nuove famiglie, agli immigrati. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si va dalle associazioni di assistenza agli alcolisti alle molte comunità di recupero per i tossicodipendenti, dei malati di AIDS, delle giovani, soprattutto extracomunitarie, sfruttate dal mondo della prostituzione, dei giovani disadattati, vere piaghe della società postmoderna: la maggior parte di queste associazioni sono attivate e animate da preti, continuando così, in altri settori del disagio sociale, l’esperienza animatrice dei preti della seconda metà dell’Ottocento. Iniziativa affatto originale è stata Nomadelfia, fondata nel 1941 da don Zeno Saltini (1900-1981) come Opera Piccoli Apostoli per dare una famiglia ai piccoli abbandonati e riconosciuta da Giovanni Paolo II nel 1980. In questo scorcio di secolo è doveroso ricordare, se non altro per la vastità delle sue realizzazioni, un gigante quale è stato p. Ottorino Marcolini (1897-1978), bresciano, della Congregazione dell’Oratorio, amico personale di Paolo VI, “prete fuori serie” come ebbe a definirlo lo storico (mons.) Antonio Fappani, il prete-muratore, il prete-imprenditore. Nella provincia bresciana, stremata dalla guerra, con l’iniziativa “una casa per la famiglia” egli costruì le prime case, che sarebbero diventate migliaia e migliaia in tutta Italia, (in trent’anni, a partire dal secondo dopoguerra, 30.000 alloggi in 12 Province!), utilizzando spesso la tipologia del villaggio, all’interno del quale, con spazi dedicati alla preghiera, allo svago, al gioco, “le famiglie possono vivere a misura d’uomo, incontrandosi negli spazi comuni ed occupando il tempo libero in un fazzoletto di orto e di giardino”. Questo prete, così geniale e tenace, che mai per un momento ha dimenticato la preghiera e la vita interiore, è stato tanto dinamico e benefico da meritarsi l’appellativo di “muratore di Dio”. La sua opera richiama considerazione, perché, essa ci dà l’idea esatta di come preti, laici, organismi, istituzioni ecclesiali siano continuativamente impegnati a soccorrere i più bisognosi. Notevole anche lo sforzo, da parte della Chiesa, di coordinare, centralizzandola, tutta l’attività assistenziale, dandole una caratteristica di razionalizzazione di attività e risorse economiche: ne è un chiaro esempio la Pontificia Opera di Assistenza (P.O.A.). Fondata da papa Pio XII nel 1946 come Pontificia Commissione di Assistenza con il compito di occuparsi dei prigionieri, profughi e reduci di guerra, nel 1953 fu trasformata in Pontificia Opera di Assistenza, estendendo la sua competenza anche ad altri ambiti di bisogno sociale. Sciolta nel 1970, perché il suo compito si era esaurito, Paolo VI pensò ad un nuovo organismo che recepisse le indicazioni del Vaticano II (1962-1965), in particolare della costituzione pastorale Gaudium et spes, per cui ad essa subentrò la Caritas Italiana, avviata concretamente dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 1971, e affidata alla guida di don Luigi Nervo. Questo evento influenzò profondamente sia il mondo dell’assistenza, che quello del volontariato: “Si trattò di una vera e propria rivoluzione culturale nel campo dell’assistenza: il volontariato comprese che era giunto il momento di rivedere i propri obiettivi per superare un assistenzialismo troppo angusto, assai poco in sintonia con l’idea di promozione umana al centro dell’attenzione conciliare e ormai ampiamente condiviso dall’opinione generale”.

    Un valido contributo a questa trasformazione è venuto sia dalle grandi encicliche giovannee Mater et Magistra e Pacem in terris, sia dalla costituzione conclliare Gaudium et spes, sia dall’enciclica di Paolo VI Populorum Progressio e, prima ancora, dalle riflessioni di don Primo Mazzolari (1890-1959) ne La parola ai poveri.

    Non si può non accennare qui, per le evidenti connessioni con tutta la problematica della regolazione artificiale della fecondità umana, attraverso la così detta interruzione volontaria della gravidanza, alias aborto, al Movimento per la vita (MOvit), organizzazione sorta nel 1975 e operativa su tutto il territorio nazionale mediante i Centri di aiuto alla vita. “Culturalmente e religiosamente il Movimento s’ispira al magistero della Chiesa cattolica, che sul tema della vita fa riferimento alle encicliche Humanae vitae ed Evangelium vitae di Paolo VI e Giovanni Paolo II del 1968 e del 1995”.

    Un ulteriore campo di intervento per l’attività assistenziale dei cattolici si è aperto, a partire dal 2000 e andato via, via intensificandosi fino ad assumere le caratteristiche di una vera e propria emergenza sociale, con la progressiva intensificazione dei flussi migratori in ingresso sul territorio nazionale italiano. Ma vanno ricordati anche i vari ostelli per i poveri gestiti dalla Caritas, in sinergia con le Ferrovie dello Stato Italiane, nei locali delle grandi stazioni Termini di Roma e Centrale di Milano, non che in parecchie altre. Le molte mense Caritas, aperte anche agli extracomunitari, e presenti in ogni città; le molte “Messe della Carità”, organizzate presso i Santuari mariani. Mentre, sempre a Roma, va segnalata l’attività assistenziale ai barboni di strada, svolta dalla Comunità di Sant’Egidio. Nelle nuove povertà che avanzano la Chiesa trova spazio per la sua opera assistenziale, che si prefigura, a volte, come una supplenza, anche se non dichiara e non esplicitamente riconosciuta, delle attività sociali dello Stato, non sempre puntuali ed esaustive.

    Conclusione. A imitazione del loro Signore, Gesù, che passava beneficando e risanando quanti erano sotto il potere del male, fin da subito i primi cristiani affiancarono alla predicazione della buona Novella le opere di assistenza ai bisognosi. Infatti, la comunità cristiana nella sua attività di evangelizzazione fin dalle origini non ha potuto, e non ha voluto, separare la diffusione della Parola di Dio dalla manifestazione delle premure di Dio per la sua gente, visibile nelle opere di assistenza dei bisogni materiali delle persone evangelizzate. Nel concludere la sezione di mia competenza ho voluto richiamare, brevissimamente, i primi tempi della Chiesa, perché i principi ispiratori iniziali dell’attività assistenziale della Chiesa sono rimasti immutati nei secoli, tanto che se ne può condividere una definizione ormai classica, che recita che l’assistenza [sociale] “è l’aiuto agli uomini, che si trovano in necessità e pericolo fisico, morale ed economico. L’obbligo dell’assistenza sociale deriva dal precetto divino della carità”). Ma, un po’ alla volta, accanto a questo quadro, certamente illuminante, le comunità cristiane vedono associarsi altre tematiche, quali la proprietà privata, l’uso dei beni della Chiesa e la definizione di chi è veramente il povero: è, cioè, l’emergere, sia pure lento e, a volte, anche contrastato, di quella che, ai giorni nostri, viene comunemente chiamata la questione sociale e che nei secoli precedenti all’Unità d’Italia era conosciuta semplicemente come le opere di misericordia. Mi pare questo il grande cambiamento intervenuto nell’assistenza da parte della Chiesa: senza trascurare i perenni principi evangelici della carità, la sua organizzazione da parte della Chiesa, dopo l’Unità d’Italia (1861-1870), ha assunto anche la caratteristica della giustizia nel rispetto della dignità della persona assistita, prendendo dalla società civile le forme nuove e più recenti della giustizia sociale. Non più, dunque, e non più soltanto “il contare i poveri”, come si esprimeva il parroco di Barbiana, ma “il far parlare i poveri”.

    Fonti e Bibl. Essenziale

    G. Penco, Storia della Chiesa in Italia, II, Dal Concilio di Trento ai nostri giorni, 257-264 (capitolo terzo, L’Ottocento: uomini ed eventi, 3. Attività caritativa); 451-462 (capitolo quinto, Il Novecento: la parabola di un secolo, 2. Attività apostolica e caritativa), (Già e non ancora, 38), Jacka Book, Milano 1978. Per una più ampia informazione sui Papi degli ultimi due secoli cfr. Enciclopedia dei Papi, 3 voll., Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2000, ora anche in rete (www.treccani.it/catalogo/catalogo_prodotti/i…/papi.html); “Custode di mio fratello”. Associazionismo e volontariato in Veneto dal medioevo ad oggi, a cura di F. Bianchi, 213-336 (Parte Terza, L’Organizzazione della solidarietà in Età contemporanea, di Giovanni Silvano), Istituto per le ricerche di storia sociale e religiosa-Vicenza, Marsilio, Venezia 2010; Assistenza sociale, in Dizionario del cattolicesimo nel mondo moderno, Edizioni Paoline, Alba (CN) 1964, 47-48; P. Consiglio per la Giustizia e la Pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano 2004; Enciclopedia di Pastorale, a cura di Seveso B. – Pacomio L., 4, Servizio Comunità, Edizioni Piemme. Casale Monferrato (AL) 1993; Chiesa e territorio (a cura della Caritas Italiana), Roma 1981. Consulta Nazionale delle Opere Caritative e Assistenziali, Chiesa ed emarginazione in Italia, Rapporto n. 2, 2 voll., Torino 1990; Assistenza [specialmente A. sociale], in Dizionario di Antropologia pastorale, EDB, Bologna1980, 104-115; G.A. Farina – F. De Maria, Memorie storiche. Sulla istituzione della Casa di educazione in parrocchia di S. Pietro di Vicenza per le fanciulle povere e abbandonate dai propri genitori, Suore Maestre di S. Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, Vicenza 2011; M. Guasco, Il Clero Curato. Modelli e Sviluppi, in Cristiani d’Italia, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2011; L. Monchieri, Grazie, Padre! Memoria marcoliniana per i Cinquant’anni delle B.I.M., Edizioni Bréssa, Brescia 1996. Per i personaggi citati nel presente contributo cfr. Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, 72 voll. fin’ora editi, Roma 1960-…, ora anche on line (www.treccani.it/biografie/).


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