Folclore – vol. II

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    Autore: Stefano Brancatelli

    Terminologia. Sin dalla sua coniazione nel 1846, il lemma f. (dal sassone folk = popolo e lore = sapere) è sistematicamente avversato in Italia sia in ambito civile accademico che in quello ecclesiale. Lo studio del f. nel nostro Paese ha in effetti sofferto a lungo una sorta di sudditanza psicologica verso l’estero a causa del mito romantico di una penisola “povera di leggende”, cosicché l’endemico ritardo che ne seguì comportò per lungo tempo la mera applicazione di metodi già sperimentati altrove: fu la “demopsicologia” di Pitré, alla fine dell’800, a riuscire a superare questo complesso d’inferiorità, facendo vantare il primato di una specifica Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia e di una scuola da contrapporre all’allora prevalente indirizzo della cultura inglese e finnica che limitava l’oggetto materiale del f. alle sole “tradizioni letterarie”. A causa di tale tentativo di emanciparsi dalla cultura d’oltralpe, oltre che per repulsione verso i vocaboli stranieri, al termine fu preferito il più comprensivo “tradizioni popolari” che rivela la sensibilità tutta italiana di non precludersi al mondo dell’oralità, delle credenze, dei costumi e dei riti del patrimonio popolare materiale ed immateriale. In ambito ecclesiale, invece, si optò per termini quali religione, religiosità o pietà popolare, indicanti quel sott’insieme del f. purificato da credenze superstiziose spurie rispetto all’ortodossia.

    Excursus storico. L’inizio degli studi sul f. è un fenomeno tutto ottocentesco: se per alcuni autori è possibile rintracciarne i precursori sin dal XVI secolo, in Italia la vera svolta si ebbe col palermitano G. Pitrè (1841-1916). Il suo metodo, desunto dalla scuola antropologica inglese, estese il concetto di tradizione anche alle “reliquie” o “avanzi di riti scomparsi” che gli antropologi scartavano perché non soddisfacenti il criterio di antichità e che i folcloristi relegavano ad una sezione dell’etnologia. Sua, tra l’altro, la monumentale Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane (1870-1913) in cui si occupò di canti, proverbi, racconti, cartelli e pasquinate, medicina popolare, giochi, spettacoli, usi, credenze, feste patronali. Sulla sua scia, furono in particolare R. Corso (Amuleti contemporanei calabresi, 1909; Carri sacri in Italia, 1922; etc.) e R. Pettazzoni (La religione primitiva in Sardegna, 1912; I misteri, 1924; etc.), a tentare di valicare gli argini del f. ancora relegato nell’alveo del naturalismo e a sopperire alla carenza di studi appositi sul f. religioso. Il comparativismo e lo storicismo continuarono però a leggere il f. religioso come persistenza arcaica di sincretismi pagano-cristiani, accentuando in ambito culturale intraecclesiale una deriva antifolclorica a tutto campo: è del 1923, ma edito postumo, il testo Meditazioni vagabonde. Psicologia popolare della vita religiosa in Sicilia di A. Ficarra (già distintosi come esperto di San Girolamo e che nel 1937 diverrà vescovo di Patti), permeato del rifiuto verso qualsiasi forma di devozione popolare ed emblematico di quella dialettica già presente nella Chiesa del primo ‘900 tra elitarismo culturale e religione popolare. Nel secondo dopoguerra, G. De Luca, dall’ambito volutamente sconfinato di interesse del suo “Archivio italiano per la storia della Pietà” (1951-), escludeva a priori gli studi sul f., conducenti per lui effettivamente più “a storia eccentrica del costume, a storia aneddotica delle religioni” (Introduzione, 1951) che ad altro. Si impossessò del tema invece la storiografia marxista: la rilettura che E. De Martino fece dei Quaderni del Carcere di A. Gramsci, indusse la nuova demologia ad accentuare la cesura netta colla tradizionale demopsicologia, accusata di neutralità ideologica ed interesse erudito o estetico, per tentare una definizione di f. scevra dell’idea romantica di identificazione nazionale ed incentrata sul tentativo dei popoli di contrapporsi alla cultura dominante. Nel 1971 A.M. Cirese in Cultura egemonica e culture subalterne contribuì a collocare tali studi all’interno del paradigma della lotta di classe. L’insegnamento conciliare del Vaticano II privilegiò invece una prudente posizione di favore ed integrazione verso “le consuetudini dei popoli, nella misura in cui sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida, le eleva” (LG 13). Su questa linea si pose il Magistero che, pur chiedendo di purificare le feste da incrostazioni superstiziose indulgenti al f., disapprovava forme iconoclaste di disprezzo della pietà popolare. La sistematizzazione di tale pensiero, con la valorizzazione della “religione popolare” ed il superamento del pregiudizio di una sua contrapposizione a quella “prescritta” dalla gerarchia, giunse con Gabriele De Rosa (Chiesa e Religione popolare nel Mezzogiorno, 1970; etc.) e con diversi contributi del gesuita Giuseppe de Rosa.

    Conclusioni. Se il tema, inaspettatamente, è divenuto motivo di scontro tra letteratura scientifica laica e cattolica, a ben rifletterci analogo itinerario ha avuto anche la discussione sulla provenienza delle forme liturgiche da miti precristiani. Il dialogo tra patrologia, liturgia e storia delle religioni ha consentito il superamento della tendenza comparativista ad invenire approssimative analogie con gesti fondamentali comuni a più religioni. L’apporto della Storia della Chiesa, sulle orme della “storia della mentalità” di De Rosa e della “storia della pietà” di De Luca, tolto il pregiudizio, oramai superato, dell’equazione folklore=meridione=arretratezza potrebbe operare similari risultati anche in campo folclorico.

    Fonti e Bibl. essenziale

    G. De Rosa, La religione popolare: storia, teologia, pastorale, Edizioni Paoline, Roma 1981; G. Cocchiara, Storia del folklore in Italia, Sellerio, Palermo 19893; A. Ficarra, Le devozioni materiali: psicologia popolare e vita religiosa in Italia, a cura di R. Cipriani, La Zisa, Palermo 1990; C. Prandi, La religione popolare fra tradizione e modernità, Queriniana, Brescia 2002; G. Pitré, Bibliografia delle tradizioni popolari d’Italia, a cura di A. Rigoli, Documenta, Palermo 2003. Riguardo al Magistero: Episcopato italiano, Vivere la fede oggi, 1971; Episcopato siciliano, Le feste cristiane, 1972; Vescovi dell’Abruzzo e Molise, Le feste religiose popolari, 1994; Congregazione per il culto divino, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 2002.


    LEMMARIO