Scultura – vol. I

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    Autore: Giovanni Liccardo1

    Dalle origini al gotico. La scultura cristiana, rispetto alla pittura, si sviluppò più lentamente prendendo a prestito i suoi primi temi dal simbolismo funerario pagano. In effetti, sono state recuperate poche copie di sculture cristiane; il Buon Pastore fu uno dei soggetti più ripetuti, come prova la statuetta conservata a Roma e risalente al III secolo. Di controversa esegesi è la statua che raffigura S. Ippolito (III secolo); scoperta a Roma nel 1551 fra le rovine dell’area soprastante la catacomba omonima, non aveva la testa, il petto e le mani (poi aggiunte nel restauro), ora è sistemata ai piedi dello scalone d’ingresso della Biblioteca Vaticana: ai lati della cattedra, dove è seduto il personaggio, si leggono due lunghe iscrizioni in greco, una contenente il ciclo pasquale e l’altra l’elenco dei suoi scritti.

    Nondimeno, la maggior parte della scultura cristiana antica ha carattere funerario e nasce nel III secolo; alla fine dell’età tetrarchica (inizio del IV secolo) compare la figura dello stesso Cristo, dapprima barbato come un filosofo cinico, in seguito con aspetto giovanile, quindi si moltiplicarono le scene dei miracoli sui sarcofagi (solitamente di marmo in tutte le sue varietà e tonalità). Di questo periodo esistono bellissimi modelli, alcuni a due registri, come il sarcofago di Adelfia di Siracusa, quello detto dogmatico o teologico dei Musei Lateranensi e quello detto dei due fratelli, il cui stile sempre più classico porterà al più tardo (359) sarcofago del console Giunio Basso (Roma, Grotte Vaticane) dove sono introdotte scene della Passione di Gesù. Quest’ultimo pezzo è considerato la più alta realizzazione della corrente postcostantiniana; la divisione delle scene è ottenuta mediante colonne, particolare caratteristico degli ultimi anni del regno di Costantino e dell’epoca di Teodosio.

    Per quanto riguarda i centri di produzione, dopo la scomparsa delle fabbriche di Roma, dovute al sacco della città da parte di Alarico nel 410, Ravenna divenne un polo assai originale, come testimoniano i sarcofagi del V e VI secolo conservati nelle sue note basiliche; tra le altre influenti officine si distinse anche Milano, dove sul finire del IV secolo furono prodotti numerosi esemplari (come quello della basilica di S. Ambrogio).2

    Ovviamente, l’arte dello scolpire fu utilizzata anche per realizzare i capitelli delle colonne, le transenne, i plutei, le balaustre e altre decorazioni liturgiche e cultuali. Tra gli oggetti di arte minore, realizzati in metallo prezioso, in avorio, in bronzo, in terracotta, in legno ecc., molto diffusi furono i dittici. In avorio con ornati e figure furono realizzate anche coperture di codici, come quelle del Museo del Duomo e del Museo Archeo­logico di Milano, e cofanetti-reliquiari, come la lipsanoteca del Museo Cristiano di Brescia, forse del IV secolo. Molto nota è la cosiddetta Cattedra di Massimiano, prezioso esemplare di suppellet­tile liturgica, interamente rivestita di placche in avorio istoriate. Tra le decorazioni lignee, infine, di grande valore è la porta intarsiata della basilica di S. Sabina a Roma, risalente forse alla metà del V secolo, o poco più tardi.

    Nell’alto medioevo la scultura manifestò un marcato disinteresse verso l’arte classica, ripudiandone le tecniche artistiche e le forme. Frequenti furono i bassorilievi e tutte le opere di piccole dimensioni; nel campo della metallurgia da ricordare i rilievi dell’altare della basilica di S. Ambrogio di Milano, eseguiti nella prima metà del IX secolo da Vuolvino. La scultura intesa come ripresa dei valori plastici e volumetrici, persi a seguito della diffusione del gusto bizantino, ebbe nuovo vigore solamente agli inizi del XII secolo, in corrispondenza col pieno fiorire della civiltà romanica ed elaborò forme di solida plasticità e grande senso figurativo. Peraltro, gli scultori, più che preoccuparsi della perfezione tecnica, curarono anzitutto la finalità educativa; dal momento che bisognava suscitare nelle anime impressioni forti, sentimenti che potessero incitare a fuggire il vizio, il male e a praticare le virtù e il bene, il tema ricorrente (specie nei portali) fu la rappresentazione di Cristo come giudice universale, circondato dai personaggi dell’Apocalisse. Con questa raffigurazione si voleva rimarcare che Cristo è la porta che conduce al cielo; i fedeli, varcando la soglia dell’edificio sacro, entravano in un tempo e in uno spazio differenti da quelli della vita ordinaria. Oltre il portale della chiesa, i credenti in Cristo, sovrano, giusto e misericordioso, nell’intenzione degli artisti potevano gustare un anticipo della beatitudine eterna nella celebrazione della liturgia e negli atti di pietà svolti all’interno dell’edificio sacro.

    Tra le personalità artistiche distintamente riconoscibili furono Wiligelmo (autore per il Duomo di Modena tra 1099 e 1106 delle Storie della Genesi), Benedetto Antelami (che eseguì le decorazioni del Battistero di Parma, tra 1196 e 1270), ancora Bonanno Pisano (che lavorò per la Cattedrale di Pisa). In Guglielmo, infine, che realizzò tra il 1159 e il 1165 il pulpito per il Duomo di Pisa (poi trasferito a Cagliari sostituito da un nuovo manufatto di Giovanni Pisano), gli studiosi riconoscono l’iniziatore di una vera e propria scuola, influenzata dai modi e dalle forme dei sarcofagi; tra gli emuli fu Biduino che nel 1180 scolpì l’architrave del portale della pieve di San Casciano a Settimo.3

    Il fiorire del gotico (almeno fino al XV) segnò il ritorno alla scultura a tutto tondo e alla statuaria; molte sculture furono ancora strettamente legate all’architettura ecclesiastica, altre godettero di maggiore autonomia e raffigurarono re e signori del tempo. In Italia le figure furono simili a quelle romane e ci fu una diffusione delle forme allungate; i materiali più usati furono il marmo, il bronzo, i metalli preziosi, la pietra e il legno. Gli scultori più importanti di quest’epoca furono Nicola Pisano, Giovanni Pisano e Arnolfo Di Cambio.

    La scultura gotica fece delle cattedrali una “Bibbia di pietra”, rappresentando gli episodi del vangelo e illustrando i contenuti dell’anno liturgico, dalla Natività alla Glorificazione del Signore, mentre il Christus patiens divenne un’immagine atta a ispirare pietà e pentimento per i peccati. Con i suoi volti pieni di bellezza, di dolcezza, di intelligenza, la scultura gotica rivelò una pietà felice e serena; frequenti furono anche le manifestazioni “laiche” dell’esistenza, come le rappresentazioni del lavoro dei campi, delle scienze e delle arti. Tutto era orientato e offerto a Dio nel luogo in cui si celebrava la liturgia.

    L’età moderna e contemporanea. Anche la scultura cristiana tra ‘400 e ‘500 risente del rinnovato spirito umanistico che oppone all’universalismo e al senso del trascendente medievale la piena coscienza delle capacità razionali dell’uomo e della sua individualità, secondo una concezione che trova riscontro nel pensiero della civiltà antica che riconosceva all’uomo la sua autonomia e faceva della terra il suo regno; Lorenzo Ghiberti con la realizzazione della Porta del Paradiso a Firenze rappresenta indubbiamente il primo trapasso dalla tradizione gotica alla nuova civiltà rinascimentale. La scultura si affranca dall’architettura e le statue assumono toni sempre più realistici per via del continuo studio dell’anatomia umana. Esemplificativa è una scultura di Andrea del Verrocchio, L’increduiltà di S. Tommaso, nella Chiesa di Orsanmichele, a Firenze. Il centro dell’azione è l’incontro di quelle mani che non si sfio­rano, è il dialogo di quegli sguardi che non si incontrano; il vero significato di quel gruppo è l’incontro fra il divino e l’umano, è l’umana difficoltà a cre­dere «quia absurdum est».

    In questo movimento emerge il nome di Michelangelo Buonarroti; nella sua opera si fondono appieno le due dimensioni spirituali e simboliche del tempo. Nella Pietà incompiuta del Duomo di Firenze, ad esempio, dalle braccia dell’uomo incappucciato scivola a terra l’inanimato corpo di Cri­sto che la Madre non regge, ma al qua­le si stringe quasi a confondersi con esso. È un gruppo che sta per sciogliere i nessi che stringono ancora umano e divino, così come dai larghi piani inerti dove l’ombra quasi inizia la decomposizione, all’angolo secco della gamba, anticipo del­la verità scheletrica, il corpo del Cristo denuncia la morte e bellezza ed energia non hanno più luogo. Solo l’amore della Madre è l’e­mozione viva insieme alla pietà con cui l’uomo religiosamente assolve l’opera di misericordia. Momento intensamente tragico e rassegnato insieme, momento in cui an­che Cristo è divenuto, come gli uomini di cui aveva assunto la forma, materia che sta per perdere perfino la sua organica nobile struttura. A tanto si e assoggettato il Salvatore.4

    In seguito gli scultori manieristi si limitarono ad imitare gli artisti rinascimentali, perfezionando le loro opere. Le statue sono più virtuosistiche e vogliono spingere il fedele a guardarle con più attenzione. Le forme barocche, invece, rimasero dominanti per tutto il XVII secolo; le sculture ebbero configurazioni fortemente dinamiche e rispecchiarono il ruolo della Chiesa nell’età controriformistica. Grande protagonista di questo movimento culturale fu Gian Lorenzo Bernini, che offrì un apporto originalissimo a questo linguaggio, con il movimento di forme immerse nello spazio. Modello esemplare è l’Estasi di Santa Teresa in S. Maria della Vittoria, a Roma. Illuminata dall’alto con una luce vera che scende sulla scia dei raggi d’oro fino a lei, la bianca figura della santa cede all’intensità dell’amore di Dio venendo meno su quel­le stesse nuvole che l’avevano avvicinata al calore divino. L’angelo, quasi un Eros cristiano, lieve e ridente, porta la freccia che puntualizza l’acutezza del dolore d’a­more. Dall’opacità delle nuvole, all’affan­nato chiaroscuro della bianca pesante ve­ste monacale, al guizzo pittorico dell’an­gelo, tutto è colore; solo il volto e la mano della santa, le parti più inerti, sono vero pallore. Alla contem­plazione delle sacre scene immobilizzate nel loro valore di presentazione atempo­rale, si sostituisce ora una partecipazione emotiva che viene sollecitata nel fedele dal dramma in atto.

    Verso la fine del XVIII secolo si svilupparono le forme neoclassiche, caratterizzate ancora da una riscoperta dell’arte classica, che si tradusse nella semplicità e nella regolarità delle forme così come nell’assenza di elementi superflui. Nondimeno, inserita in un complesso architettonico o nella forma di opera plastica isolata, dall’antichità a tutto l’Ottocento la scultura ha coltivato una vocazione primariamente monumentale e celebrativa; da questo punto di vista la sua storia fa risaltare una effettiva continuità fino agli inizi del Novecento, quando essa viene investita da una robusta innovazione che elegge l’antimonumentalità e l’antiretorica a sue caratteristiche vitali e si dispiega nell’elaborazione di nuovi linguaggi, la sperimentazione di materiali non tradizionali, la ridefinizione dei rapporto dell’opera con lo spazio circostante e con l’osservatore.

    In Italia il Novecento inizia con la ri­velazione sacra e la tenerezza del contatto materno riscoperto attraverso la scultura gotica senese e la solennità espressiva del primo Rinascimento. Figurazione e astrazione vengono sempre più avvertite come tecniche stili­stiche antitetiche o linguaggi contrappo­sti, piuttosto che come metodologie poetiche autonome in parte confinanti, se non confluenti. Tra gli artisti e le opere spiccano Luciano Minguzzi, autore della quinta porta del Duomo di Milano, rea­lizzata negli anni Cinquanta, e della Porta del Bene e del Male terminata nel 1977 per la basilica di San Pietro. Giaco­mo Manzù, invece, lavorò per la stessa basilica dagli anni Cin­quanta – per precisa volontà di Giovan­ni XXIII – alla Porta della Morte, che ebbe realizzazione definitiva nel 1964 e rappresenta l’epicentro di una poetica che nel dialogare con la tradizione ne rifiuta gli aspetti più strettamente accademici. Sia sul fronte larvatamente figurativo che su un piano più o meno astratto, emergono le personalità arti­stiche, tra gli altri, di Marino Marini, di Agenore Fabbri, di Pietro Consagra, di Nino Franchina, di Pericle Fazzini; le loro opere sembrano oggi ancora capaci di atti­rare senza inganni gli sguardi degli spettatori.

    Fonti e Bibl. essenziale

    P. Angiolini Martinelli, Altari, amboni, cibori, cornici, plutei con figure di animali e con intrecci, transenne e frammenti vari, De Luca, Roma 1968; C. Baracchini – G. Parmini (a cura di), Scultura lignea dipinta. I materiali e le tecniche, Spes, Firenze 1996; R. Bossaglia (a cura di), La scultura italiana dall’alto medioevo alle correnti contemporanee, Electa, Milano 1960; M. Chelli, Manuale per leggere una scultura: guida per l’analisi e la comprensione delle opere d’arte, EDUP, Roma 2000; G. Ciardi, La scultura del Cinquecento nelle chiese di Roma, Scriptaweb, Napoli 2007; C. Costantini, Manzù, una vita straordinaria, Editrice Galileo Galilei, Roma 1989; R. Farioli Campanati, La scultura architettonica: basi, capitelli, pietre d’imposta, pilastri e pilastrini, plutei, pulvini, De Luca, Roma 1969; H. W. Janson (a cura di), La scultura nel XIX secolo, CLUEB, Bologna 1984. Pittura e scultura italiane dal 1910 al 1930, catalogo della mostra ordinata dalla VII Quadriennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni, Roma, nov. 1955-1956, De Luca, Roma 1956; G. Previtali, Studi sulla scultura gotica in Italia: storia e geografia, G. Einaudi, Torino 1991; Scultori italiani contemporanei, catalogo della mostra “La Gradiva”, Di Lauro, Roma 1970; G. Wilpert, I sarcofagi cristiani antichi, 3 voll., Città del Vaticano 1929-1936.

    Immagini:

    1) Wiligelmo, Storie della genesi, Duomo di Modena (1106 ca.); 2) Jacopo della Quercia, Madonna dell’umiltà, National Gallery of Art, Londra (1400 ca.); 3) Michelangelo Buonarroti, La Madonna Medici, Sagrestia Nuova, Firenze (1521-1534); 4) Giuseppe Sanmartino, Cristo velato, Cappella Sansevero, Napoli (1753).

    Sitografia:

    http://mv.vatican.va/2_IT/pages/MV_Home.html (sito dei Musei Vaticani); http://www.thais.it/scultura/default.htm (sito dedicato alla scultura italiana, dalle origini a oggi, con ricca documentazione iconografica); http://pintura.aut.org (sito dove le opere possono essere reperite per autore, per musei, per periodi); http://www.calga.it/ (portale italiano dedicato alla scultura moderna); http://www.scultura-italiana.com/ (sito per studiosi e appassionati di storia della scultura italiana dal mille ad oggi).


    LEMMARIO