Chiese Ortodosse – vol. II

    image_pdfimage_print
    Autore: Giovanni Coco

    I greci. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, vi fu un progressivo ricambio nella presenza e consistenza delle comunità greco ortodosse. Le antiche e languenti comunità di Ancona, Livorno e Venezia colsero le opportunità offerte dall’estensione dello Statuto Albertino e, con diversa fortuna, riorganizzarono le primitive confraternite, assicurando con maggiore regolarità il servizio religioso, spesso precario nel passato. Altrove, come a Napoli, i greco-ortodossi si emanciparono dal controllo dei cattolici e ottennero il controllo della chiesa parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo (1865), mentre a Roma venne eretta la chiesa di Sant’Andrea Apostolo come cappella della Legazione greca presso il Quirinale. Nel 1922, con l’istituzione dell’esarcato di Thyatira per l’Europa centrale ed occidentale sotto la direzione del metropolita Ghermanos Strinopoulos (1871-1951), il Patriarcato ecumenico riorganizzava le comunità d’Italia, alle quali si sarebbe aggiunta Milano (1925). L’ortodossia greca avrebbe conosciuto una seconda fase di stallo negli anni del secondo dopoguerra, ma un ulteriore sviluppo sarebbe sopraggiunto negli anni postconciliari grazie al clima più disteso creato dal dialogo ecumenico. Le nuove comunità, più diffuse sul territorio e di carattere più eterogeneo che in passato, si presentavano composte non solo elementi greci ma anche di italiani che, per interesse personale o per matrimonio misto, si erano avvicinati alla Chiesa ortodossa. Nel 1970, su proposta del patriarca Atenagora I, il sacerdote Ghennadios Zervós venne eletto vescovo ausiliare con il titolo di Cratea, e l’anno seguente fu consacrato in Napoli, dove rimase per due decenni a svolgere il ministero pastorale, primo vescovo ortodosso in Italia dopo 257 anni. Nel 1991 il Patriarcato ecumenico istituiva l’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta, con cattedrale nella storica chiesa di San Giorgio a Venezia, sede di cui il vescovo Zervós diveniva il titolare con il rango di metropolita; da quel momento si sono moltiplicate nella penisola le parrocchie e le comunità ellenofone, con un significativo sviluppo anche di piccoli centri monastici.

    Una menzione a parte merita il caso di Montaner, comune italiano sito in diocesi di Vittorio Veneto. Nel 1967, in seguito alla nomina di un nuovo parroco da parte di mons. Albino Luciani, al tempo vescovo diocesano, la popolazione si ribellò a quel provvedimento con veri e propri atti di violenza che le costarono l’interdetto; per ritorsione una parte dei fedeli passò all’Ortodossia, costituendo una comunità che, dopo tristi vicissitudini, è stata infine incardinata nell’Arcidiocesi ortodossa d’Italia.

    I russi. Nel corso del XIX l’Italia divenne sempre più meta di soggiorno dell’aristocrazia, dell’intellighenzjia e dell’alta borghesia mercantile russe, e questo fattore fu determinante per lo sviluppo di una presenza religiosa che, avvalendosi del più robusto ed influente sostegno dell’apparato statale e diplomatico di San Pietroburgo, nonchè del supporto economico del mecenatismo statale e privato, poteva rapidamente conquistare il vuoto lasciato dai confratelli greci. Una piccola chiesa russa (San Nicola il Taumaturgo), cappella dell’Ambasciata russa a Roma, era stata aperta al culto sin dal 1823, ma fu nel 1898 che l’archimandrita Kliment Vernikovskij propose la costruzione di un edificio di culto ortodosso nel cuore della “capitale del Cattolicesimo romano”. La progettazione e l’esecuzione richiesero tuttavia più decenni e la chiesa, eretta come parrocchia nel 1921 dall’archimandrita Simeon Narbekov, venne ultimata solo nel 1932. Inoltre, sotto la spinta del dinamico e discusso vescovo Vladimir Putjata, altre comunità russe si organizzarono sul territorio nazionale, e vennero erette le chiese parrocchiali di San Nicola a Firenze (1899-1903), e di Cristo Salvarore a Sanremo (1912-1913), mentre a Bari fu costruita la chiesa di San Nicola con annessa foresteria per i pellegrini russi (1912-1913). La presenza russa rimase immutata sino al 1918, quando gli eventi rivoluzionari in Russia e il sopraggiungere di numerosi esuli, tra i quali molti piccoli aristocratici, ecclesiastici o funzionari statali rovinati dalla Rivoluzione, cambiò definitivamente l’assetto delle comunità, scosse al loro interno una profonda crisi che, dal punto di vista religioso, culminò nel distacco dalla giurisdizione della chiesa madre di Mosca e nell’aggregazione all’Esarcato russo (oggi Arcidiocesi) in Europa occidentale, creato nel 1926 dal metropolita Evloghij Gheorghievskij (1864-1946) e posto sotto la tutela del patriarcato ecumenico (1930). Inoltre non mancarono crescenti difficoltà sul piano pratico ed economico; emblematica fu la vicenda della chiesa di Bari che, oltre alla chiusura, rischiò persino di essere ceduta al governo sovietico, provvedimento scongiurato anche grazie all’energico intervento di Pio XI, che ne chiese ed ottenne la destinazione al demanio italiano (1937). Unica eccezione in questo desolante panorama fu l’erezione di una chiesa a Milano, centro di attrazione per le nuove correnti di emigrazione. Dal 1945 sino al 1990, a causa del mancato ricambio generazionale, la presenza russa subì una flessione, ma a partire dagli anni ’90, grazie ai nuovi flussi migratori provenienti dagli stati dell’ex-Unione Sovietica, le comunità russofone si sono moltiplicate in quantità e numero. Al presente le comunità ortodosse russofone si presentano organizzate in due distinte giurisdizioni: il decanato d’Italia dell’Arcidiocesi russa per l’Europa occidentale, sotto la tutela del patriarcato di Costantinopoli, e il decanato d’Italia della diocesi di Cherson, appartenente al patriarcato di Mosca. Fanno eccezione la chiesa romana di Santa Caterina sul Gianicolo e di San Nicola di Bari, restituita al culto ortodosso nel 2008, che dipendono direttamente dal patriarcato russo. Inoltre singolare è la posizione della parrocchia di San Marco d’Efeso a Palermo, fondata nel 1985 dal prebistero Gregorio Cognetti: posta inizialmente sotto la giurisdizione di Mosca, attualmente è incardinata nell’Arcidiocesi d’Italia del patriarcato ecumenico.

    Altre comunità. Negli ultimi anni il Patriarcato di Bucarest ha istituito sul territorio italiano una vasta diocesi (2007) per assistere i numerosissimi fedeli giunti in Italia, e significativa è anche la presenza di comunità copte, al punto che il Patriarca Shenouda III di Alessandria nel 1995 ha costituito due diocesi (Roma e Torino).

    Fonti e Bibl. essenziale

    G. Battaglia, L’ortodossia in Italia: le sfide di un incontro, Edizioni Dehoniane, Bologna 2011; A. Cazzago, Il cristianesimo orientale e noi. La cultura ortodossa in Italia dopo il 1945, Jaca Book, Milano 2008; V. Ciciliot, Il caso Montaner. Un conflitto politico tra chiesa cattolica e chiesa ortodossa, Venezia – Ca’ Foscari, 2004; R.G. Roberson, The Eastern Christian Churches: a brief survey, Orientalia Christiana, Roma 2008; Marija Šurgina, Vsja pravoslavnaja Italija ot Milana do Sicilii: spravočnik-putevoditel’ po monastyrjam i chramam: istorija i architektura; žitija, čudotvornye ikony, mošči, adresa, telefony, Blago Russkij chronograf, Moskva 2007; M. Talalay, Russkaja tzerkovnaja žizn’ i chramostroitel’stvo v Italii, Kolo, Sankt-Peterburg 2011; B.C. Wojcik, An Anthology of Orthodox Churches in Italy, University of Minnesota, Minnesota 1992.


    LEMMARIO