Pellegrinaggio – vol. I

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    Autore: Giovanni Liccardo1

    Storia e definizione. Il pellegrinaggio costituisce un momento rilevante nell’esperienza religiosa collettiva e individuale dell’uomo; quello cristiano ha origini ebraiche e greco-romane (con templi o monti o fiumi sacri a determinate divinità taumaturgiche presso i quali i fedeli si recavano in pellegrinaggio per ottenere favori e risoluzioni ai loro problemi). Solitamente si differenziano due tipi di pellegrinaggio: quello devozionale e quello penitenziale. Il primo, più antico, ha come mete la Palestina, ossia i luoghi in cui Cristo visse e operò con i suoi discepoli; tuttavia, la novità del culto cristiano ne trasformò presto il fine rispetto a quello veterotestamentario. Se, infatti, nell’AT si trattava di raggiungere il luogo della presenza di Dio, nel NT – che ha spostato il centro del culto nell’eucaristia, celebrata in ogni momento e in ogni punto della terra, e ha proclamato tempio di Dio il corpo di ogni battezzato – aspirazione di ogni pellegrino era di mettere realmente i propri passi sulle orme di Gesù nei luoghi della vita nascosta e pubblica e in particolare della Passione. Per tale ragione, le prime e naturali destinazioni del pellegrino sono state, in particolare, le due “pietre sacre”: quella del Calvario, su cui fu innalzata la croce, e quella del Sepolcro, rimasto vuoto dopo la risurrezione.

    I palmieri, come erano chiamati i pellegrini che si recavano a Gerusalemme e il cui nome deriva dalla pratica di raccogliere e riportare in patria le palme di Gerico, si trovarono in difficoltà nell’adempiere il proprio pellegrinaggio con la conquista islamica di Gerusalemme del 637; nondimeno, dal IV secolo si erano già andate precisando altre mete, per l’Italia Roma principalmente, con le sue memoriae apostolorum e dei martiri, e il santuario rupestre di San Michele al Monte Gargano, dove si ricordava la manifestazione dell’arcangelo. Per altre destinazioni i presupposti del pellegrinaggio erano il culto delle reliquie di santi e martiri, che per tutto il medioevo ebbe dimensioni significative: è raro che una città non abbia i resti di un santo, di un confessore o della Vergine che venera e rivendica come propri.

    Invece, il pellegrinaggio penitenziale, o espiatorio, ha origini più tarde legate a consuetudini anglosassoni e soprattutto irlandesi, poi estese nel resto dell’Europa a partire dal VI secolo. All’inizio fu una forma di riprovazione verso una colpa grave (dall’omicidio all’incesto), nella quale incorrevano particolarmente gli ecclesiastici; il colpevole era condannato a peregrinare senza interruzione vivendo di elemosine e portando ben visibili i segni del suo peccato.2

    I pellegrinaggi si sono intensificati specie negli anni prossimi al Mille, quando la leggendaria opinione di una vicina fine del mondo trasformò la salvezza della pro­pria anima in un problema assai sentito; paura e angoscia atta­nagliarono allora la cristianità occidentale e si mol­tiplicarono le manife­stazioni di fede. Ma ancor di più nei secoli successivi, quando l’intera cristianità visse un indubbio fervore devozionale e si palesò una certa ripresa economica, si risvegliarono la religiosità e il desiderio di peregrinare. Figure quali Pietro l’Eremita, l’abate di Cluny Pietro il Venerabile e Bernardo di Clairvaux rappresentano il rinnovamento spirituale e la rinascita religiosa ed ecclesiastica dell’XI secolo, con un rilevante aumento dei voti di pellegrinaggio. Anche il XII secolo fu teatro di un forte dinamismo spirituale, però a seguito della distinzione tra voto di crociata (che prevede l’indulgenza, solo successivamente plenaria) e voto di pellegrinaggio, la prima diviene una vera e propria istituzione all’interno della Chiesa cattolica: la crociata è un pellegrinaggio armato con lo scopo di liberare Gerusalemme e può essere indetta solo ed esclusivamente dal pontefice. A piedi o a cavallo si raggiungevano per fare peni­tenza, oltre a Roma naturalmente, soprattutto Assisi, che aveva conosciuto le gesta di San Francesco, e Loreto, dove era stata ritrovata nei boschi di lauro (lauretum) la Santa Casa di Nazareth.

    Alle soglie del 1300 ai romei, come erano denominati coloro che andavano a Roma, verrà offerta un’altra fondamentale motivazione al loro peregrinare: il Giubileo. Come «anno di remissione», antecedente all’indulgenza plenaria e differente, era prassi in qualche modo già diffusa nel cristianesimo altomedievale (ad esempio, l’indulgenza concessa ai visitatori della Porziuncola da Onorio III nel 1216). Tuttavia, il cardinale Stefaneschi, autore del De centesimo seu iubileo anno, fonte primaria per lo studio del giubileo romano, scrivendo di una folla smisurata di pellegrini venuti a Roma tra la fine del 1299 e l’inizio del 1300, spingerà papa Bonifacio VIII il 22 febbraio dell’anno 1300 a pubblicare la bolla con la quale venne indetto il primo Giubileo della storia, che avrebbe dovuto concludersi nel Natale dello stesso anno; ai romei era concessa l’indulgenza plenaria con l’obbligo di visitare in pellegrinaggio le basiliche di S. Pietro e di S. Paolo fuori le mura.3

    Nel corso del Cinquecento le critiche luterane al pellegrinaggio ne ridimensionarono l’importanza e il flusso; molti pellegrini cominciarono a dimostrare interessi nuovi oltre a quelli religiosi, prestando attenzione a quello che la strada gli offriva. Alcuni diari di viaggio mostrano una nuova attrazione verso le città, monumenti, i costumi e gli usi delle popolazioni incontrate. Il cammino si trasformò da “travaglio” a piacere per la conoscenza e amore per la cultura e cominciarono i viaggi oltreoceano. Nel 1670 Richard Lassels nel suo The Voyage of Italy usa per primo l’espressione Grand Tour per descrivere la moda che si era diffusa tra i giovani aristocratici del nord Europa; si trattava di viaggi molto lunghi, grazie ai quali intellettuali e rampolli delle ricche famiglie entravano in contatto con il vasto patrimonio storico-artistico della classicità. Questa tipologia di viaggio aristocratico e romantico si conclude alle soglie del Novecento, quando nuovi strati sociali iniziano ad accedere a quella particolare forma di impiego del tempo libero che è il turismo.

    L’esperienza del pellegrinaggio è un fenomeno di rilievo anche del nostro tempo, basti pensare alle migliaia di presenze annuali negli albergues lungo il cammino di Santiago de Compostela, ai pellegrini che a piedi raggiungono santuari tradizionali, ai giovani della Gmg, ai giovani dell’annuale pellegrinaggio promosso dalla comunità di Taizé, ecc. E il Grande Giubileo del Duemila non è stato un punto di arrivo, ma di partenza per i fedeli che annualmente raggiungono Roma, trovando accoglienza soprattutto in parrocchie e comunità religiose.

    Strade, guide e arte del pellegrinaggio. Quantunque non sia mai esistito un cammino stereotipato, dalla tarda antichità si sono definite vere e proprie vie di pellegrinaggio. I viaggi si svolgevano lungo la rete delle antiche strade romane, che ci si sforzava di preservare curandone come si poteva la manutenzione. E non erano certo viaggi agevoli; le strade erano per lo più semplici piste ricoperte di fango o di ghiaccio ed era necessario fare i conti, specie d’inverno, con gli ostacoli naturali quasi insormontabili, come le Alpi. Di solito, i viaggi comportavano percorsi compositi: un tratto di strada, il traghettamento di un corso d’acqua, un sentiero attraverso una foresta, un tratto di navigazione fluviale. In ogni caso, la coscienza dei rischi da affrontare era tale che chi doveva partire per un lungo viaggio vi si preparava (per esempio facendo testamento) sapendo che sarebbe potuto non tornare. Prima di partire erano necessarie la confessione e la benedizione da parte del prete o del vescovo. La benedizione era impartita anche agli oggetti essenziali del buon pellegrino con una preghiera apposita che però poteva variare a seconda della meta scelta: il bordone; la bisaccia contenente cibo e denaro; il mantello; il petaso (il cappello a larghe falde per proteggersi dal sole e dalla pioggia). Il pellegrino, solo con la sua fede e le sue preghiere mentre cammina, non segue però solo le antiche e solitarie strade romane, ma anche le vie parallele lungo le quali sorgono villaggi, xenodochia (strutture di assistenza e sosta poi chiamate hospitium), locande, chiese e abbazie. E ancora oggi, l’Ufficio Nazionale per la pastorale del turismo, sport e tempo libero della Conferenza episcopale italiana, non manca di sottolineare l’obbligo dei vescovi di accogliere i pellegrini nelle chiese locali ed assicurare loro l’ospitalità.

    Ma i movimenti dei pellegrini non aprirono strade nuove, fruirono di quelle convergenti su Roma da gran parte della penisola. Ne è un esempio quella con il nome di “Francigena”; il suo percorso varcava le Alpi in valle d’Aosta (passo del Gran S. Bernardo) scendeva dal Piemonte e dalla Lombardia nella pianura Padana, attraversava l’Appennino verso Berceto, scorreva lungo la Toscana e il Lazio per raggiungere Roma. Un tragitto alternativo che in passato si collegava al cammino di Santiago arrivava in Italia al Monginevro e le due strade si congiungevano a Vercelli. Altra via di grande importanza è la via Postumia, la strada che metteva in comunicazione Aquileia con Genova passando per Verona, Cremona, Piacenza, Tortona. La diffusione, dalla fine del V secolo, del culto dell’arcangelo Michele, venerato nei santuari del monte Gargano, del Mons Aureus presso Olevano sul Tusciano, presso Larino e a Potenza, e l’assestamento politico del Mezzogiorno, tra VI e VII secolo, sotto i bizantini e i longobardi di Benevento, resero più sicuro il transito e favorirono varie forme di pellegrinaggio, di laici e religiosi, per le strade più importanti del meridione d’Italia: la vita di Santa Artellaide consente di cogliere l’importanza dell’itinerario “Benevento-Siponto” nei collegamenti tra il settentrione d’Italia e le sponde adriatiche nella dinamica dei pellegrinaggi verso la Terrasanta, che, da Roma sino a Benevento, scendevano lungo la via Latina e la via Appia. La rilevanza raggiunta dai porti pugliesi oltre che dalle testimonianze itinerarie è attestata anche dalle mansioni fondate dai Templari a Bari, Barletta, Trani, Brindisi e lungo il percorso dell’Appia antica e dell’Appia Traiana.4

    Lungo queste vie vennero costruite grandi chiese strettamente apparentate fra loro per pianta, alzato, caratteri costruttivi e decorazione; pure temi iconografici specifici, dal luogo in cui erano sorti, si ripetevano a distanza di migliaia di chilometri, a testimonianza della volontà dei pellegrini di conservare e diffondere il ricordo della loro santa impresa. È il caso del Volto Santo, che si credeva scolpito da Nicodemo, venerato a Lucca, città crocevia dei pellegrinaggi, la cui riproduzione e devozione è attestata dall’XI secolo in Francia, Germania, fino all’Inghilterra e a Perelló, in Catalogna, dove l’ordine cavalleresco toscano di San Giacomo di Altopascio possedeva un ospedale per pellegrini. Elementi distintivi comuni si codificarono anche nelle sculture, come dimostrano specialmente le chiese lungo i cammini nella parte iberica (Jaca, Loarre, Frómista, San Isidro di León, Santiago de Compostela) e in quella francese (Sainte-Foy, Saint-Sernin, Saint-Gaudens, Saint-Sever).

    L’importanza culturale del pellegrinaggio si riscontra con chiarezza anche nella letteratura cosiddetta di pellegrinaggio. Dagli storici gli itinerari, i diari e altri resoconti di pellegrini più o meno illustri sono considerati un vero e proprio genere letterario, distinto dalla grande letteratura che pure tratta e mostra il ruolo significativo di questo inesauribile fenomeno sociale (I racconti di Canterbury di Chaucer o le descrizioni dei diversi pellegrini nella Vita nuova di Dante). In ogni caso tra gli itinerari e le guide specifiche occorre distinguere le descrizioni puramente geografiche (come la Tavola di Peutinger o il Cronografo di Ravenna), e le composizioni il cui carattere è piuttosto agiografico (come sono certe opere di Prudenzio, Paolino di Nola e Venanzio Fortunato), in cui le informazioni a carattere topografico sono secondarie rispetto ad altri scopi. I diari di viaggio a Roma apparvero verso il VI secolo, tra i più importanti sono l’Itinerario del prete Giovanni alla ricerca dell’olio santo dei martiri, su incarico della regina Teodolinda, durante il pontificato di Gregorio Magno (590-604, il papiro è conservato nella cattedrale di Monza); la Notitia ecclesiarium urbis Romae, composta tra il 625 e il 629, che riporta informazioni sulle chiese suburbane dei martiri classificate secondo le vie sulle quali si affacciavano; l’Itinerario di Malmesbury, scritto nel periodo compreso tra il 648 e il 682 (inserito da Guglielmo di Malmesbury, da cui deriva il nome, nelle sue Gesta dei re d’Inghilterra); l’Itinerario di Einsiedeln, dal monastero svizzero dove venne trovato, il cui autore dimostra di aver personalmente visitato Roma al tempo di Carlo Magno, di avere studiato i monumenti e di aver partecipato anche a cerimonie pagane, che sollecitamente ricorda.

    Fonti e Bibl. essenziale

    P. Brezzi, Storia degli anni santi, Mursia, Milano 1975; R. Brooke – C. Brooke, La religione popolare nell’Europa me­dievale, Il Mulino, Bologna 1988; J. Chélini – H. Branthomme, Le vie di Dio. Storia dei pellegrinaggi cristiani dalle origini al Medioevo, Jaca Book, Milano 2004; Il Giubileo. Storia e pratiche dell’anno santo, prefa­zione di S. Quinzio, Vallecchi, Firenze 1995; Il mondo dei pellegrinaggi. Roma, Santiago, Gerusalemme, a cura di P. Caucci von Saucken, Jaca Book, Milano 1999; E.R. Labande, Pauper et peregrinus. Problèmes, comportements et mentalités du pèlerin chrétien, Turnhout, Brepols 2004; M. Marrocchi, I Giubilei. Origini e prospettive, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997; M. G. Muzzarelli, Penitenze nel Medioevo. Uomini e modelli a confronto, Pàtron, Bologna 1994; T. Natalizi, Il pellegrinaggio. Cammino spirituale. Gerusalemme Roma Santiago de Compostela, San Paolo, Casale Monferrato 1999; R. Oursel, Pellegrini del Medioevo. Gli uomini, le strade, i santuari, Jaca Book, Milano 20012a; J. Richard, Il santo viaggio. Pellegrini e viaggiatori nel Medioevo, Jouvence, Roma 2003; D. Scotto (a cura di), Del visibile credere. Pellegrinaggi, santuari, miracoli, reliquie, Olschki, Firenze 2011; F. Sisini, In viaggio. Pellegrinaggi e giubilei del popolo di Dio, Città Nuova, Roma 1998; R. Stopani, Le vie di pellegrinaggio del Medioevo, gli itinerari per Roma, Gerusalemme, Compostela, Le Lettere, Firenze 1995; A. Vauchez, La spiritualità dell’Occidente medioevale, Jaca Book, Milano 2006.

    Immagini:

    1) Pellegrini del Giubileo del 1300, da una Miniatura della “Cronica” di G. Sercambi. Archivio di Stato di Lucca, Biblioteca; 2) Fidenza (Pr), Duomo, sculture sulla torre destra, scene di pellegrinaggio (XII-XIII secolo); 3) Pellegrini che arrivano a Roma in una medaglia del papa Clemente X, 1675; 4) Melfi, Chiesa rupestre di Santa Margherita (XI secolo).

    Sitografia:

    http://www.centrostudiromei.eu/ (sito per lo studio del pellegrinaggio medioevale); http://www.viestoriche.net/ (sito dedicato alle vie e ai luoghi di pellegrinaggio antichi e moderni); http://www.luoghi-sacri.it/ (sito dedicato alla scoperta di chiese, basiliche e monumenti mete di pellegrinaggi antichi e medioevali); http://www.rm.unina.it/ (sito dedicato alla pubblicazione in internet, ad accesso aperto, di studi scientifici medioevali); http://www.santuariosanmichele.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=15&Itemid=102&lang=it (sito del santuario di San Michele con notizie storiche e liturgiche generali).


    LEMMARIO