Web – vol. II

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    Autore: Chiara Giaccardi

    Web significa “ragnatela” e anche “rete”, ed è comunemente usato come abbreviazione di world wide web (www), ovvero “grande rete mondiale”.

    Al cosiddetto web 1.0 degli anni ’90, composto prevalentemente di siti statici e fruibili nella forma della navigazione (visualizzazione di documenti ipertestuali, collegati da link) grazie ai motori di ricerca (Google il più usato) è subentrato il web 2.0, che presenta un più elevato livello d’interattività, un’enfasi sulla condivisione di materiali piuttosto che sulla consultazione e un affermarsi delle forme più collaborative e “sociali” di uso della rete: “il web 2.0 non è che questo: la Rete trasformata in un network sociale, luogo di partecipazione e di condivisione” (A. Spadaro, Web 2.0, Milano, San Paolo 2010, 5). Tra le forme di condivisione e costruzione partecipata del sapere più diffuse sono le applicazioni wiki, un software collaborativo che consente la costruzione aperta di contenuti ipertestuali cui gli utenti hanno accesso, potendo collaborare all’aggiornamento, alla modifica e all’implementazione dei contenuti esistenti (come Wikipedia, nata nel 2001).

    La tecnologia si è sviluppata nel segno di una “convergenza” delle piattaforme grazie al digitale (H. Jenkins, Cultura convergente, Milano, Apogeo 2007), ma è l’uso della rete, il modo in cui questo ambiente digitale viene “abitato”, che ne ha orientato il cambiamento nella direzione di uno spazio di esperienza sempre più integrato nella vita quotidiana. Il fenomeno attualmente più significativo è quello dei Social Network, in particolare Twitter e Facebook. Twitter (letteralmente “cinguettìo”) è nato nel 2006 e si basa sulla possibilità di condividere testi di non oltre 140 caratteri inviati da computer o smartphones. Per la facilità e velocità di utilizzo, questa piattaforma ha svolto un ruolo importante nelle mobilitazioni politiche, dalle elezioni presidenziali americane a diverse manifestazioni di protesta, comprese quelle che hanno dato inizio alla “primavera araba” del 2010.

    Facebook è certamente il più popolare tra i Social Network (tra gli altri Linkedin, MySpace, Ning, Google Plus, Badoo). Nato nel 2004 da uno studente di Harvard, Mark Zuckerberg, per mettere online i profili degli studenti del college, si estende rapidamente ad altre università americane, per diffondersi anche in Europa dal 2006 e in Italia soprattutto dal 2008. La capacità di mettere in contatto le persone è il punto di forza di Facebook, che consente di mantenere, allargare, condividere le cerchie degli “amici” (così si chiamano i “contatti”). Facebook rappresenta un ambiente comunicativo accessibile, un luogo per la “manutenzione delle relazioni” e per stare con altri, anche se in forma smaterializzata, dove gli usi relazionali tendono a prevalere su altre forme di utilizzo come l’intrattenimento, la consultazione, la performance (C. Giaccardi, a cura di, Abitanti della rete. Giovani, relazioni e affetti nell’epoca digitale, Milano, Vita e Pensiero, 2010). Secondo il fondatore, nell’ottobre 2011 sono circa ottocento milioni le persone iscritte a Facebook.

    Il web in Italia. I dati storici di diffusione di Internet nel nostro paese sono non di rado discordanti, soprattutto per quanto riguarda gli anni ’90. Ciononostante, sembra possibile riconoscere quattro fasi distinte nella diffusione dell’utenza di Internet, secondo i dati raccolti a livello mondiale dalla World Bank:

    • dal 1993/94 al 1998: fase caratterizzata da una crescita relativamente costante; si passa dall’1% circa del 1996, al 2.3% del 1997, al 4.6% del 1998 (pari a 2.6 milioni di persone).
    • 1998-1999: fase di crescita accelerata, che già nel 1999 risulta più che triplicata, passando al 14.4%, per raggiungere poi il 23.3% nel 2000 (13.2 milioni).
    • dal 2000: rallentamento del tasso di crescita, lieve prima, e via via più marcato; si passa dal 27,4% del 2001 al 28,2% del 2002 al 28,7% del 2003 quando, superati i 16.52 milioni di utenti, sembra raggiunta una prima soglia di saturazione.
    • dal 2003: la percentuale di utenti riprende a crescere, in concomitanza con una prima accelerazione della diffusione della banda larga e delle tariffe flat (con la percentuale di penetrazione dell’ADSL che passa dall’1.7% del 2003 al 4.8% del 2004). La percentuale degli utenti di Internet passa così al 35,4% nel 2005, 40,7% al 2007, al 48,6% del 2009. I dati Word Bank permettono, per il 2009, una comparazione con i principali paesi europei, dove l’Italia appare ancora in posizione piuttosto attardata (Germania 79,51%, Francia 69,14%, Spagna 61,25%).

    Utilizzando i più dettagliati dati Audiweb, aggiornati all’Ottobre 2011, per uno sguardo ravvicinato agli scenari contemporanei, in Italia il numero di persone con accesso a Internet risulta salito al 73,6% (35,388 milioni), con una crescita del 7,3% rispetto ai 68,6% dell’anno precedente, e con l’accesso da dispositivi mobili che cresce di oltre il 73% in un anno (dall’11,1% al 19,3%). Rispetto al profilo dei soggetti che hanno accesso alla rete, persiste, benché attenuandosi, una certa disparità di genere (75,7% uomini contro il 71,5% donne), mentre più marcata risulta la disparità relativa all’età anagrafica (con le fasce tra gli 11 e 54 anni tutte sopra all’80%, e con una brusca contrazione al 45,2% per la fascia dai 55 ai 74 anni). Rilevante risulta anche il livello di scolarizzazione ( 98% laureati, 38% dei senza titolo di studio).

    Chiesa e web. Se oltre l’80% delle persone tra gli 11 e i 54 anni ha accesso al web, questo significa che anche in Italia viviamo ormai in un ambiente “ipermediale”, dove i media non sono più strumenti da usare quando servono, ma costituiscono un sistema integrato sempre attivo nel quale siamo immersi quasi costantemente. La nostra esperienza quotidiana si articola quindi tra i territori reali e quelli smaterializzati del web senza soluzione di continuità e soprattutto senza contrapposizione. Questa situazione inedita presenta rischi, ma anche opportunità, e la Chiesa negli ultimi 10 anni ha manifestato grande attenzione e consapevolezza rispetto a quello che ormai definisce un “nuovo contesto esistenziale” (Orientamenti Pastorali della CEI per il decennio 2010-2020 “Educare alla vita buona del Vangelo, n.51).

    Una delle prime riflessioni sulla rete è il documento del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali La Chiesa e Internet (2/2/2002). Riconoscendo appunto che «l’esperienza umana in quanto tale è diventata una esperienza mediatica » (n. 4), il documento afferma che comprendere Internet « è necessario al fine di comunicare efficacemente con le persone, in particolare quelle giovani, immerse nell’esperienza di questa nuova tecnologia, ma anche per utilizzarlo al meglio» (n. 5). Viene inoltre espressa chiaramente la necessità di distinguere, soprattutto riguardo a liturgia e sacramenti, l’esperienza che la rete rende possibile rispetto a quella che ha luogo nelle situazioni di compresenza fisica: “La realtà virtuale non può sostituire la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, la realtà sacramentale degli altri sacramenti e il culto partecipato in seno a una comunità umana in carne e ossa. Su Internet non ci sono sacramenti. Anche le esperienze religiose che vi sono possibili per grazia di Dio sono insufficienti se separate dall’interazione del mondo reale con altri fedeli” (n. 9).

    Le due realtà, materiale e digitale, sono dunque contigue e integrate, ma data la loro intrinseca differenza l’una non può sostituire l’altra.

    Caratteristica della riflessione della Chiesa sul web è l’opzione antropologica, che precede e illumina la pur indispensabile comprensione degli aspetti tecnologici. Nel Direttorio sulle Comunicazioni Sociali Comunicazione e missione, (CEI 2004) la centralità di tale questione è esplicitamente messa a tema, riconoscendo come l’universo dei media costituisca il «primo areopago del tempo moderno […]. L’innovazione tecnologica, all’origine di profonde trasformazioni sociali, sta determinando una nuova visione dell’uomo e della cultura» (n. 2). Nell’enciclica Caritas in Veritate (2009) Benedetto XVI sottolineando i rischi di una mentalità tecnicista che fa coincidere il vero con il fattibile (n. 79), riconosce altresì come “nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia” (n. 69) e come i media non siano puri strumenti, ma “opere che recano impresso lo spirito del dono” (n. 37). Per questo “il senso e la finalizzazione dei media vanno ricercati nel fondamento antropologico. Ciò vuol dire che essi possono divenire occasione di umanizzazione non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e d’informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali” (n. 73).

    Il web offre dunque l’occasione per promuovere una “nuova sintesi umanistica” che valorizzi la tecnica, ma sia orientata alla promozione umana: “la dimensione spirituale deve connotare necessariamente tale sviluppo perché possa essere autentico. Esso richiede occhi nuovi e un cuore nuovo, in grado di superare la visione materialistica degli avvenimenti umani e di intravedere nello sviluppo un ‘oltre’ che la tecnica non può dare. Su questa via sarà possibile perseguire quello sviluppo umano integrale che ha il suo criterio orientatore nella forza propulsiva della carità nella verità” (n. 77).

    I messaggi della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sono un altro luogo in cui il Papa ha affrontato questioni antropologicamente cruciali come i mutamenti delle relazioni, della pastorale e della testimonianza nel nuovo contesto esistenziale “misto” (XLIII Nuove tecnologie, nuove relazioni: promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia, 2009; XLIV Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale, 2010; XLV Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale, 2011).

    Da sottolineare anche il lavoro dell’Ufficio Nazionale delle Comunicazioni sociali della Cei sul tema del digitale, con la promozione di ricerche, convegni (a partire dal convegno internazionale Testimoni Digitali, 22-24 aprile 2010), incontri nelle diocesi, pubblicazioni (D. Pompili, Il nuovo nell’antico. Comunicazione e testimonianza nell’era digitale, Milano, San Paolo 2010), il sito (www.chiesacattolica.it/comunicazione/).

    Dal 2007 la Fondazione Comunicazione e Cultura della CEI, valorizzando le opportunità dell’E-learning, ha promosso la realizzazione di corsi online per l’alta formazione degli animatori della comunicazione e della cultura (Anicec), giunto alla terza edizione.

    La fede ai tempi del web. Una delle sfide che il web pone alla fede va oggi oltre la questione della sua “comunicabilità”, e arriva a toccare il tema della “pensabilità” e la nuova intelligenza della fede al tempo del web. Come si legge in Le sfide della cultura digitale (Discorso del Santo Padre alla plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, 28 febbraio 2011): “Non si tratta solamente di esprimere il messaggio evangelico nel linguaggio di oggi, ma occorre avere il coraggio di pensare in modo più profondo, com’ è avvenuto in altre epoche, il rapporto tra la fede, la vita nella Chiesa e i mutamenti che l’uomo sta vivendo (…) domandandosi: quali sfide il cosiddetto ‘pensiero digitale’ pone alla fede e alla teologia? Quali domande e richieste?”.

    Si colloca in questo filone la riflessione sulla “cyberteologia” condotta da p. Antonio Spadaro sulle pagine di La Civiltà Cattolica, e sul sito (www.cyberteologia.it): “La cyberteologia è non riflessione sociologica sulla religiosità in Internet, ma frutto della fede che sprigiona da se stessa un impulso conoscitivo in un tempo in cui la logica della Rete segna il modo di pensare, conoscere, comunicare, vivere” (A. Spadaro “Verso una cyberteologia?”, in La Civiltà Cattolica I, 2011, 15-27).


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