Miniatura – vol. I

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    Autore: Giovanni Liccardo1

    Definizione. La miniatura (da minium, il colore ottenuto con ossido salino di piombo con il quale si eseguivano le prime versioni dell’ornamentazione della scrittura, quali titoli, iniziali o segni che marcassero i paragrafi) passa ingiustamente per aspetto “minore” dell’attività artistica; con questo termine si intendono le forme di decorazione eseguite a mano e non a stampa su libri (manoscritti e dal XV secolo in poi anche libri stampati) con più inchiostri o altre materie coloranti. Illustrazione, miniatura tabellare, capolettera, cornice non costituiscono però generi di decorazione strettamente distinti: essi si trovano combinati in tutte le maniere possibili, fino a raggiungere risultati di estrema complessità e ricchezza.

    La miniatura venne assumendo un carattere basilare nell’arte medievale; in essa scrittura e immagini stabilirono un rapporto intimo e strettissimo. Basti pensare allo sviluppo dell’iniziale che si sviluppò dapprima con elementi decorativi, a intreccio, vegetali o animalistici e divenne poi figurata e istoriata. Allo stesso modo le grandi miniature a piena pagina palesano esiti del tutto confrontabili con i risultati raggiunti dalla pittura monumentale. Per di più, in alcuni periodi, come nell’età carolingia o ottoniana, proprio la miniatura rappresenta una fonte essenziale per conoscere la cultura stilistica e iconografica della parallela arte pittorica, considerata la perdita di molti cicli ad affresco o di tavole. Anche dopo la nascita della stampa continuarono fino ai primi decenni del Cinquecento a prodursi libri manoscritti e libri stampati, gli uni e gli altri decorati a mano; da questo momento tuttavia la diffusione della stampa e l’avvento delle tecniche incisorie meccaniche, soprattutto la xilografia, soppiantarono la decorazione e l’illustrazione miniata.2

    Storia e centri di produzione. La progressiva cristianizzazione dell’Occidente determinò un fondamentale connotato iconografico; le storie bibliche divennero protagoniste di un’alta percentuale di codici che diffusero in ogni luogo le Sacre Scritture, con una perdita di interesse verso la realtà percepita dai sensi e il predominio di uno stile figurativo dove ogni elemento acquistava valore solo in quanto metafora del mondo trascendente. Si sviluppò una relazione stretta tra testo e immagini, con iniziali figurate (umane o animali) e istoriate (con piccole scene o decori vegetali), bordi decorati, monogrammi a piena pagina per le prime lettere del testo, tavole di canoni, immagini didattiche e mnemoniche. Si moltiplicarono anche i libri destinati alla liturgia, strumenti per la celebrazione del culto, strettamente legati all’arredo dell’altare. Ai codici dedicati alla preghiera pubblica (breviario e messale), utilizzati per l’ufficio canonico e la celebrazione eucaristica, si affiancano presto i libri concepiti per la preghiera individuale e silenziosa; così il libro d’ore, destinato alla meditazione personale dei laici, venne di frequente commissionato da sovrani, principi e nobili e si diffuse a tal punto da diventare anche oggetto di una produzione quasi seriale, destinata alla vendita.

    Le modalità di organizzazione e diffusione delle miniature furono determinate dall’accentramento della produzione negli scriptoria allestiti nei centri monastici che andavano diffondendosi in ogni parte d’Europa; nei monasteri si preparava la pergamena, si rigava e scriveva il manoscritto, lo si illustrava e infine veniva eseguita la legatura. Qui i libri, lungi dall’essere beni materiali, oggetto di compravendita, diventavano opus spirituale; prodotti e conservati all’interno di un monastero o di una scuola cattedrale, erano oggetti di valore, da conservare o, al massimo, da donare: preziosi in sé, per il loro contenuto sacrale, tanto più se composti con materiali pregiati. E per esaltare al massimo la parola divina, la si scriveva con inchiostri d’oro o d’argento, su fogli di pergamena colorata di porpora.3

    Nell’Italia altomedievale i centri nei quali vengono prodotti i più importanti libri illustrati sono, accanto a Roma che mantiene attraverso i secoli una situazione privilegiata, gli scriptoria dei grandi monasteri benedettini e quelli delle grandi sedi vescovili come Milano, Vercelli, Ivrea, Verona, Padova ecc.. E ancora, i monasteri di Bobbio, fondato nel 612 da san Colombano, e centro di diffusione delle influenze insulari che ebbe un importante ruolo fino a tutto il X secolo, e quello di Nonantola, fondato nel 756 da Anselmo duca del Friuli fattosi monaco e molto attivo nel campo della produzione libraria. Tra i poli romanici celebri furono Polirone (fondata nel 1007), l’antica abbazia di Nonantola, San Salvatore all’Amiata, i monasteri di Roma e dintorni, l’abbazia imperiale di Farfa nella Sabina, Subiaco e soprattutto Montecassino in cui la produzione artistica e lo scriptorium furono rinnovati dall’abate Desiderio (1058-87).

    Nell’Italia altomedievale i centri nei quali vengono prodotti i più importanti libri illustrati sono, accanto a Roma che mantiene attraverso i secoli una situazione privilegiata, gli scriptoria dei grandi monasteri benedettini e quelli delle grandi sedi vescovili come Milano, Vercelli, Ivrea, Verona, Padova ecc.. E ancora, i monasteri di Bobbio, fondato nel 612 da san Colombano, e centro di diffusione delle influenze insulari che ebbe un importante ruolo fino a tutto il X secolo, e quello di Nonantola, fondato nel 756 da Anselmo duca del Friuli fattosi monaco e molto attivo nel campo della produzione libraria. Anche le formulazioni dell’Italia meridionale occupano un posto di primo piano nella storia della miniatura italiana; le opere testimoniano l’esistenza di legami culturali, oltre che con Roma, soprattutto con l’arte del mondo bizantino, come esemplifica  l’Evangeliario di Rossano, con  i suoi colori di smalto, le sue stilizzazioni, le sue singolari vedute decorative ispirate alla flora, alla fauna, ai motivi più vari, geometrici e d’architettura. Le miniature mostrano la tendenza ad aprirsi a nuove soluzioni, con la presenza di motivi ornamentali che giungono dalla Sicilia, in particolare da Messina, attestanti in modo evidente un atteggiamento estremamente moderno degli artisti, sempre aperti a recepire le nuove proposte culturali che andavano sorgendo nei vari centri di produzione artistica. In seguito, quando la Sicilia fu occupata dagli Arabi dalla metà del secolo IX, si diffondono miniature con evidenti influenze islamiche; tra l’altro, anche i maggiori artisti italiani furono influenzati dal gusto cromatico e decorativo arabo. Arnolfo di Cambio, Duccio di Buoninsegna e soprattutto Giotto che dipinge spesso alle spalle delle Madonne stoffe con motivi islamici. La grafia islamica si trova anche in alcune decorazioni di manoscritti miniati di area bolognese; questa moda dura tuttavia in Italia solo fino agli anni ’30 del Trecento, viene in seguito sopraffatta dalle decorazioni goticheggianti, di ispirazione francese.4

    In seguito il crescente peso acquisito dalla committenza laica (soprattutto rappresentata dai circoli universitari e dall’aristocrazia), stimolò la creazione di ateliers (in Italia primo centro ne è Bologna, seguita poi da Padova, Rimini, Venezia, Milano, Siena, Firenze, Pisa, Perugia, Napoli, Palermo) non più entro mura conventuali, ma nei centri urbani più importanti impegnati a sviluppare e creare iconografie del tutto nuove, attorno ai temi della letteratura profana cortese. Tra i miniatori più noti sono da ricordare Oderisi da Gubbio, attivo tra 1269 e 1271, seguito agli inizi del Trecento da Franco Bolognese e il Maestro della Bibbia di Corradino (ultimo quarto del Duecento), Lando di Antonio, vicinissimo al grande anonimo chiamato Pseudo-Jacopino, il Maestro dell’Arte dei Merciai, Niccolò di Giacomo, Zanobi, il Beato Angelico e Francesco d’Antonio del Chierico.

    Fonti e Bibl. essenziale

    M.L. Agati, Il libro manoscritto. Introduzione alla codicologia, L’Erma di Bretschneider, Roma 2003; De arte illuminandi e altri trattati sulla tecnica della miniatura medievale, a cura di F. Brunello, Neri Pozza, Vicenza 1992; Gregorio Magno e le radici cristiane dell’Europa, a cura di G. Zivelonghi, C. Adami, A.M. Faccini, Ed. C.F.P. “Stimmatini”, Verona 2005; La miniatura italiana. I. Dal Tardoantico al Trecento con riferimenti al Medio Oriente e all’Occidente europeo, a cura di A. Putaturo Donati Murano – A. Perriccioli Saggese, Edizioni Scientifiche Italiane-Biblioteca Apostolica Vaticana, Napoli-Città del Vaticano 2005; La tradizione veronese nelle miniature dei Codici Capitolari, a cura di A. Piazzi – G. Zivelonghi, Ed. C.F.P. “Stimmatini”, Verona 1984; La vita medioevale italiana nella miniatura, a cura di A. Giardini – E. Baggio, Ed.D’arte, Roma 1966; Il codice miniato: rapporti tra codice, testo e figurazione, in Atti del 3° Congresso di storia della miniatura, a cura di M. Ceccanti – M.C. Castelli, L.S. Olschki, Firenze 1992; A. Petrucci, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Carocci, Roma 20012a; M. Rotili, Introduzione alla storia della miniatura e delle arti minori in Italia, Libreria scientifica editrice, Napoli 1970; M. Salmi, La miniatura italiana, Electa, Milano 1955.

    Immagini:

    1) Rossano Calabro, Codex Purpureus Rossanensis, Ultima cena (VII secolo); 2) Firenze, Biblioteca Laurenziana, Codex Amiatinus 1, f. Vr, Ritratto di Ezra, (VIII secolo); 3) Roma, Codice Miniato, Biblioteca Apostolica Vaticana (XIV secolo); 4) Chirignago (Ve), Miniatura dello statuto, Mater Misericordiae (1517).

    Sitografia:

    http://www.riccardiana.firenze.sbn.it (sito della biblioteca Riccardiana che vanta uno dei più preziosi patrimoni manoscritti e di codici miniati); http://manus.iccu.sbn.it//index.php (database che comprende la descrizione e le immagini digitalizzate dei manoscritti conservati nelle biblioteche italiane pubbliche, ecclesiastiche e private); http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/ (sito dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, ICCU).


    LEMMARIO