Sacro romano impero – vol. I

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    Autore: Tommaso di Carpegna

    Con questa espressione viene designata per lunga tradizione l’istituzione sovrana che governò su differenti parti d’Europa dall’anno 800 (incoronazione di Carlomagno) all’anno 1806 (deposizione della corona imperiale da parte di Francesco II d’Asburgo dietro pressione napoleonica). Il termine non è del tutto esatto, in quanto il Sacro Romano Impero propriamente detto è basso medievale e moderno, ma il suo uso è generalmente accettato poiché condensa il concetto di fondo dell’esistenza di un Impero romano rifondato in Occidente dopo la fine di quello antico (476). I milleduecento anni della sua storia si suddividono in sei fasi fondamentali: Impero carolingio (800-887); Impero ottoniano o della dinastia sassone (962-1024); Impero della dinastia salica (1024-1125); Impero della dinastia sveva (1139-1250); Impero basso medievale (1273-1428); Impero della dinastia asburgica (1438-1806).

    La conquista franca del regno longobardo (774) e il rivolgimento degli indirizzi politici del papato, che smise di guardare all’ oriente bizantino e si rivolse all’ occidente franco, sono le premesse della prima Renovatio dell’Impero, avvenuta con l’incoronazione di Carlomagno la notte di Natale dell’800. Invocando come giustificazione l’assenza di un sovrano sul trono imperiale a Costantinopoli (era infatti imperatrice una donna, Irene), con l’incoronazione di Carlo si volle sancire il ritorno dell’Impero in Occidente, dopo che, nel 476, Odoacre aveva restituito le insegne imperiali a Bisanzio. L’Impero carolingio, che perdurò sino all’887 (deposizione di Carlo III il Grosso) fu proposto come il rinnovato Impero romano, sebbene la sua conformazione territoriale non corrispondesse all’istituzione antica: mentre infatti l’antico impero aveva il baricentro nel Mediterraneo, quello carolingio corrispondeva sostanzialmente all’Europa centro-occidentale. Al tempo della sua massima espansione (regni di Carlomagno e di Ludovico il Pio) esso comprendeva una parte considerevole dell’Europa continentale, corrispondente alle attuali Spagna del Nord, Francia, Italia centro-settentrionale, Svizzera, parte della Germania, Austria, Slovenia. Con il trattato di Verdun (843) l’Impero fu diviso in tre parti. Quella più occidentale si sarebbe distaccata definitivamente dando origine al regno di Francia e ai regni cristiani di Spagna, mentre le parti centrale e orientale, ricompattate (e aumentate di superficie verso oriente nei secoli successivi) avrebbero continuato a costituire l’Impero. In particolare, il regno italico, situato nella parte centro-settentrionale della penisola, corrispondeva all’antico regno longobardo, con l’aggiunta del ducato di Spoleto e delle Marche. L’Italia meridionale rimase invece parte araba, parte bizantina e parte longobarda; mentre i territori già bizantini corrispondenti all’Esarcato cominciarono a essere rivendicati dall’arcivescovo di Ravenna e dal pontefice romano. Nei secoli successivi queste regioni, con l’aggiunta di parte del ducato di Spoleto e delle Marche, avrebbero costituito lo Stato della Chiesa. Soprattutto per l’azione sinergica dell’imperatore e del pontefice, il periodo carolingio segnò una fase fondamentale di costruzione della societas christiana, che fu organizzata dal punto di vista istituzionale, ponendosi allora le basi per una koinè culturale che, fatte salve le numerose differenze locali, si sarebbe mantenuta per secoli. L’Impero carolingio fu peraltro una costruzione politica non duratura, che implose alla fine del secolo IX.

    Al suo disfacimento seguì un periodo turbolento (888-962) durante il quale i singoli regni e ducati di cui l’Impero si componeva assunsero fisionomie sempre più autonome. Il regno italico costituì un’entità separata, in cui gli appartenenti a pochissime grandi famiglie si contesero il trono e in i cui sovrani assunsero – è il caso di Guido e Lamberto di Spoleto – anche il titolo imperiale, pur non governando, nei fatti, al di fuori della penisola. Il periodo ottoniano è quello compreso tra gli anni 962 (incoronazione di Ottone I) e il 1024 (morte di Enrico II). Con il matrimonio tra Ottone I di Sassonia e Adelaide di Borgogna (951) il riconquistato regno italico diventò parte fondamentale della sfera di azione dei sovrani germanici, che ne assunsero il governo diretto. Il nuovo Impero, rifondato il 2 febbraio del 962 con l’incoronazione di Ottone seguita alla guerra vittoriosa contro Berengario II, comprendeva gran parte della Germania e dell’Italia centro-settentrionale e, dal 1033, anche il regno di Borgogna. Poiché non includeva più il regno dei franchi occidentali, spesso si è soliti considerare l’Impero ottoniano, anziché quello carolingio, come la prima autentica espressione del Sacro Romano Impero (benché, come si è detto, tale termine in quel’epoca non esistesse ancora). È in particolare agli anni di regno di Ottone III (996-1002) che si deve la grande costruzione ideologica della Renovatio imperii Romanorum in chiave costantiniana e avente come capitale simbolica la città di Roma. Da allora, il vincolo con l’Urbe e la cristomimesi dell’imperatore diventarono sempre più marcate, trovando una fase di climax durante il regno di Enrico III, che imponendo nel 1046 un proprio candidato sul trono pontificio avrebbe dato avvio alla grande stagione della Riforma della Chiesa. Solo se il re dei romani (cioè l’imperatore designato) veniva incoronato a Roma, egli diveniva a tutti gli effetti imperatore: un vincolo e un obbligo che giustifica, sia in chiave politica che simbolica, una parte preponderante dell’azione di tutti gli imperatori fino al 1452, quando Federico III d’Asburgo ricevette per l’ultima volta la corona a Roma dal pontefice. Suo nipote Carlo V, le cui truppe avrebbero messo per mesi a sacco la città di Roma nel 1527, fu incoronato invece a Bologna nel 1530, tuttavia seguendo ancora l’antico rituale.

    L’incontro di volontà politica e ideologica tra Impero e Papato si ruppe nel periodo detto della Lotta per le Investiture (1076-1122), quando le due massime istituzioni della Cristianità occidentale si combatterono l’un l’altra per l’egemonia. Benché l’Impero all’apparenza non perdesse allora che poche delle proprie prerogative (il Concordato di Worms del 1122 è infatti un compromesso), in realtà era ormai in atto un processo di lunga durata che avrebbe indebolito l’istituzione imperiale, desacralizzandola. Al tempo di Federico I, detto il Barbarossa (1155-1185) fu coniata l’espressione sacrum imperium, poi trasformatasi nella dizione corrente di Sacro Romano Impero. Riprese allora lo scontro con il Papato, sovrapponendosi alla base tradizionale della lotta due novità fondamentali: da una parte la volontà imperiale di ricondurre nella forma del tradizionale controllo sovrano le nuove realtà istituzionali che proliferavano in Italia del Nord, cioè i comuni; dall’altra l’assunzione di fondamenti ideologici che si rifacevano direttamente alla romanità classica e che portarono alla riscoperta e al reimpiego del diritto romano. Dopo il 1183 (pace di Costanza) e fino ai primi decenni di regno di Federico II, si riebbe una fase di sostanziale equilibrio nei rapporti tra Papato e Impero, sfociata però in una guerra aperta.

    Dalla morte di Federico II (1250), cui seguì un interregno senza imperatori durato oltre venti anni, l’Italia si trovò sempre più svincolata dal controllo diretto dell’imperatore. Nonostante gli iterati tentativi di ricostruire l’assetto italiano-tedesco e il ritorno a una monarchia di aspirazioni universali (soprattutto nel corso dei primi decenni del secolo XIV con il regno di Enrico VII – si pensi alla Monarchia di Dante – e con il regno di Ludovico il Bavaro) e nonostante la lotta accanita combattuta fra Due e Trecento dalla fazione ghibellina, cioè imperiale, contrapposta a quella guelfa, cioè pontificia e angioina (una lotta che però nascondeva soprattutto contrapposizioni e disequilibri locali) in realtà l’Impero assunse da allora una fisionomia sempre più marcatamente germanica, resa formale dalla Bolla d’Oro di Carlo IV di Lussemburgo, re di Boemia (1356), con la quale vennero stabiliti i grandi principi elettori preposti alla scelta dell’imperatore, che erano tutti tedeschi e che de facto regolavano l’elezione imperiale da oltre cento anni. Dal XV secolo si cominciò a usare l’espressione «Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca» (termine ufficializzato nel 1512), che perdurò durante tutta l’età moderna.

    La rimozione della storia della presenza dell’Impero in Italia durante l’età moderna è stata pressoché totale fino a tempi recenti, causata in gran parte dalla connotazione ideologica anti-tedesca della nostra storiografia risorgimentale (e il suo ruolo nella storia ecclesiastica attende ancora uno sguardo di sintesi). Ciononostante, il progressivo attenuarsi della capacità di azione dell’imperatore in Italia, non significò affatto che l’antico regno d’Italia non continuasse a essere considerato parte integrante dell’Impero durante tutto l’Ancien Régime. Pur contendendo il territorio italiano con altre potenze (sopra tutte la Francia e la Spagna), i territori facenti parte dell’antico regno italico rimasero, almeno nominalmente (e non di rado ben più che nominalmente) sotto l’alto dominio imperiale. In alcuni periodi, come la prima metà del Cinquecento, la fine del Seicento e il periodo 1745-1799 (quando è strettissimo il vincolo dinastico tra Impero e granducato di Toscana), l’autorità imperiale nella penisola fu molto accentuata. In termini generali, erano considerati come appartenenti all’Impero gli Stati sabaudi, il Monferrato, la Repubblica di Genova, gli Stati toscani, gli Stati di Milano, Mantova, Parma, Piacenza, Modena e alcuni altri Stati padani come Guastalla e Reggio Emilia. L’imperatore rivendicava l’alta sovranità sopra tutti questi territori e i principi vi dominavano in quanto suoi vicari, mentre il duca di Savoia era vicario dell’imperatore per l’Italia intera. Accanto a questi feudi imperiali che si è soliti definire maggiori, esistevano anche numerosi altri feudi imperiali che si è soliti definire minori, i quali avevano la caratteristica di essere quasi tutti collocati in zone di confine tra i feudi imperiali maggiori, oppure inseriti all’interno di quelli, o, ancora, posti al confine con lo Stato pontificio.

    Durante la prima età moderna, il peso dell’imperatore in Italia ebbe rilievo anche sotto il profilo della storia religiosa ed ecclesiastica, in quanto la linea perseguita fu sempre la difesa del cattolicesimo. Si verificarono però allora fortissimi contrasti tra la politica imperiale e quella papale, sia nei termini di schieramenti politico-militari (sacco di Roma del 1527 e successiva pacificazione del 1530), sia intorno al Concilio di Trento (0000), che si celebrò in più fasi in un territorio che si trovava compreso entro i confini dell’Impero, ma che era altresì di lingua italiana e retto da un principe vescovo. In generale, tuttavia, mentre il dominio nei territori germanici protestanti dovette portare a soluzioni politiche di compromesso con i principi protestanti, l’azione dell’imperatore, del papa e poi soprattutto quella del re di Spagna possono essere considerate un elemento fondamentale alla base dell’insuccesso della riforma protestante e, viceversa, del successo della riforma cattolica nel corso del XVI secolo in Italia. Sebbene non fosse più advocatus della Chiesa romana come era stato durante il medioevo e sebbene non potesse scegliere il pontefice (come era accaduto soprattutto tra la seconda metà del X e la prima metà dell’XI secolo), l’imperatore continuava ad esercitare prerogative nella designazione dei cardinali e manteneva un diritto di veto nell’elezione pontificia. Nel corso del Settecento furono attuati ampli processi di secolarizzazione negli Stati italiani in qualche modo aggregati alla monarchia asburgica (Toscana, Lombardia), sebbene tale processo vada colto come conseguenza delle politiche ecclesiastiche delle rispettive dinastie, indipendentemente dalla formale appartenenza all’Impero.

    Fonti e Bibl. essenziale

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    LEMMARIO