Conservatori – vol. I

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    Autore: Ferri Giacomo

     

    Per noi oggi i conservatori indicano le scuole superiori di musica. Tuttavia, anche se il loro significato si è evoluto nel susseguirsi delle epoche storiche, con scopi anche per la formazione musicale, fino all’epoca recente i conservatori sono stati una delle configurazioni più caratteristiche dell’offerta assistenziale e caritativa in Italia. Essi sorgono inizialmente come istituti di internamento assistenziale destinati ad accogliere bambine e bambini orfani o abbandonati, con il compito di conservarne la virtù. Questi luoghi indicano, verso la fine del medioevo, gli orfanotrofi e gli istituti per i giovani pericolanti, di entrambi i sessi, ove i bambini sono «conservati», ovvero internati, con il fine di crescerli in un ambiente protetto. Tali istituti sono sostenuti ordinariamente da alcune confraternite, da benefattori: sia membri del clero, vescovi protettori, che da ricchi nobili.

    I conservatori e strutture assistenziali di questo tipo si sviluppano nei secoli, con una grande affermazione nel periodo post-tridentino, che accentua la preoccupazione etico-religiosa della salvezza, rinvigorendo gli ideali di carità, fino alla fine dell’Ottocento, quando cesseranno di esistere.

    Tra Seicento e Settecento, si ha il maggiore periodo di attenzione alle opere di carità, si attua dunque, il perfezionamento di pie opere, quali ospedali, confraternite, ospizi, istituti scolastici, carceri, secondo il sistema di stretta e controllo sociale degli Stati di Antico Regime. In questo determinato contesto, i conservatori assumono una funzionalità perlopiù in favore del genere femminile, dal momento che la separazione sociale, in base al sesso, comprende, non solo il lavoro, ma anche l’assistenza caritativa. La donna all’interno della società è considerata essenzialmente figlia, moglie, madre e sorella, all’interno di un ambiente famigliare il cui governo spetta prevalentemente all’uomo, se non per alcune mansioni domestiche. La seconda alternativa per la donna è la vita monastica, soprattutto di vita claustrale, che diventa obbligatoria con le imposizioni tridentine. Il Concilio di Trento, con le disposizioni sulla clausura, determina la nascita dei «monasteri aperti», che non accettano la clausura (Devote, Oblate, Pinzochere, Case sante, Beghine, Stabilite), ma che si identificano nell’istituto, tollerato dai canoni, denominato comunemente «conservatorio». La presenza di questo tipo di istituti permette la sopravvivenza dei carismi – non claustrali – della vita religiosa, all’interno del più ampio insieme dell’assistenza, e dell’integrazione della donna nella società.

    La nascita dei conservatori è legata alla necessità di togliere dalla strada e dalla povertà le cosiddette donne “pericolanti”. Il Piazza, alla fine del Seicento, descrive così i conservatori: «Tra’ l’altre Opere di segnalata Pietà esercitata in Roma, spicca a meraviglia quella di conservar l’onestà nelle povere Zitelle abbandonate da ogni umano aiuto; peroché se li altri istituti servono per sanar le ferite, e per nodrire i corpi, e sostentarli; questo conserva l’innocenza de’ corpi, e dell’anime, e le assicura dalla preda de’ tristi». Il cardinale Morichini, nel suo studio dell’assistenza caritativa in Roma nell’Ottocento afferma: «I conservatori furono eretti, perché ponessero in salvo l’onestà delle fanciulle, dessero loro una cristiana educazione, ed abilitandole ai lavori donneschi e alle faccende domestiche, le preparassero a diventar buone madri di famiglia». La povertà rende pericolosi tutti i soggetti sociali, ma ancor più la donna è minacciata dall’uomo, per questo sorge la necessità di proteggerla. Allo stesso tempo l’instabilità sociale della donna, simbolicamente identifica il disordine morale, mentre la condizione degli uomini, diversamente potrebbe essere soprattutto causa di un pericolo di tipo criminale. Infatti, se per gli uomini il soccorso comporta l’inserimento nel mondo del lavoro e la scolarizzazione, per evitare il vagabondaggio e la delinquenza, nei confronti della donna il soccorso si propone di tenerle lontane dalla prostituzione. Di qui interventi preventivi o riparativi tesi a soccorrere – tramite reclusione – esposte, orfane, ragazze pericolanti, donne pentite, malmaritate e vedove con l’intenzione di avviarle ai destini femminili secondo l’ordine sociale del tempo: il matrimonio, o la monacazione.

    Il soccorso alle «zitelle» – come venivano chiamate le nubili, con un accento non ancora spregiativo – ha lo scopo di salvaguardare – conservare – l’onore femminile in pericolo.

    In vista di questo obiettivo, questi luoghi non si limitano ad ottemperare ai bisogni primari, ma si caratterizzano come luoghi deputati a mantenere intatta la virtù delle donne in vista della realizzazione del loro destino. Tuttavia, mentre per gli uomini l’assistenza può durare un periodo determinato, per le donne la reclusione può durare anche tutta la vita, visto che coincide con il loro destino, la realizzazione di ogni donna come sposa, o come monaca.

    Le donne sono educate su un’impronta propria basata sulla costruzione di una femminilità identificata sui i modi e sugli stili di una educazione di genere, preparando buone madri e mogli destinate a lavorare in ambiente esclusivamente domestico.

    I conservatori nascono originariamente per povere e orfane, ma poi finiscono per accogliere ragazze appartenenti ai ceti medio-bassi che godevano di una qualche disponibilità economica o raccomandazione privata. Nel corso degli anni denaro, protezione di padroni e benefattori, raccomandazioni divengono chiave di volta attorno a cui si organizza il sistema di accesso in istituti tesi, più che a soccorrere la miseria, ad aiutare classi particolarmente protette, per esempio le figlie di dipendenti statali. Così all’interno della società, figure di benefattori e protettori, molti di essi cardinali di curia, attraverso rapporti di patronage cercano di amministrare i propri fondi caritativi secondo regole di prestigio familiare e di consolidamento delle proprie clientele, al fine di ottenere l’ascesa nelle istituzioni ecclesiastiche.

    L’esperienza dei conservatori è particolarmente caratteristica del panorama italiano. La Roma pontificia, in particolare è il luogo dove i conservatori sono più numerosi all’interno del suo grande sistema di beneficienza, ma anche nel Regno delle due Sicilie. Nel Granducato di Toscana, invece, dopo la strutturazione leopoldina del 1785, i conservatori hanno più la connotazione di educandati e scuole, assumendo una conformazione propria. Nel resto dell’Italia si notano: la fondazione di Carlo Borromeo, il Conservatorio di Santa Sofia fondato a Milano nel 1572; il conservatorio delle Sapelline a Torino, il conservatorio delle Maestre Pie dell’Addolorata a Coriano; il conservatorio Franceschini a Palestrina; il conservatorio delle Clarisse della SS.ma Annunziata a Porto Maurizio.

    I principali conservatori funzionanti a Roma fino al XIX secolo sono quello delle Proiette del Santo Spirito e quello delle Neofite, per convertite ed ebree esposte; Santa Caterina dei Funari, il più antico, fondato alle metà del ՚500 e quello di S. Eufemia, aperto nel 1595; il conservatorio delle Mendicanti (1650), quello dell’Immacolata Concezione di Maria detto delle Viperesche (1668); il conservatorio della Divina Provvidenza, noto anche come Ripetta (1672), il conservatorio di San Giovanni in Laterano (1692-93), connesso con l’ospizio apostolico di Ripa, dove sarà trasferito nel 1797; quello di SS. Clemente e Crescentino, detto delle Zoccolette (1698). Nel corso del ՚700 vengono aperti S. Maria del Rifugio del padre Bussi, noto poi come S. Onofrio (1703), S. Pasquale Baylon (1737), il conservatorio Pio (1775), quello della Santissima Trinità in S. Paolo primo eremita (1786), il conservatorio Borromeo (1787), il conservatorio della SS.ma Addolorata detto delle Pericolanti (1788), il conservatorio o ritiro della SS. Croce in S. Francesca Romana (1793). Di fondazione ottocentesca sono il conservatorio del Rifugio di S. Maria in Trastevere (1806), il conservatorio dell’Addolorata o della Sagra famiglia (1820), il conservatorio Pallotta (1836), destinato in seguito al ricovero delle orfane del colera del 1837, e il conservatorio Torlonia (1841). Sempre nell’800 vengono rilanciate, sotto il governo delle religiose del Buon Pastore, due istituzioni che erano state fondate rispettivamente nel ՚600 e nel ՚700: S. Croce della penitenza alla Lungara e il conservatorio del Rifugio della Lauretana. Molti altri conservatori sorti nell’arco di questi secoli finirono per estinguersi o confluirono in istituzioni di più forte tenuta.

    Il cambiamento nella composizione sociale delle assistite, il dilatarsi dei tempi di permanenza e il problema degli esiti delle ricoverate – nel quadro di una più generale critica dell’abbandono dello spirito di fondazione – sono i temi che più visibilmente emergono nel corso riformatore dell’800. La Rivoluzione Francese e la dominazione napoleonica, su queste basi, cercano di riformare il sistema assistenziale. In questa fase, si propone la riforma e la ricostituzione degli ordini religiosi, insistendo affinché i conventi femminili siano accessibili a vedove, nubili, malmaritate e divorziate, per risolvere il problema sociale delle donne sole e in difficoltà.

    Il fenomeno che determina il maggiore cambiamento è il passaggio da strutture per fanciulle bisognose ad educandati femminili per fanciulle di famiglie oneste e civili. Un indicatore indicativo di questo passaggio è il progressivo aumento in percentuale delle ricoverate che al momento dell’ammissione hanno entrambi i genitori viventi. Le motivazioni dei cambiamenti sono soprattutto di carattere finanziario. I conservatori sono nati quasi sempre su iniziativa di singoli individui o gruppi ristretti di privati che hanno donato beni e una somma circoscritta al fine di mantenere una determinata fondazione. Nella fase successiva, ogni luogo ha bisogno di consolidarsi con aiuti più stabili e protezioni più influenti. A tal scopo si assiste ad una serie continua di aggiustamenti dei progetti iniziali, rimodellati secondo linee di fattibilità in cui risultano rilevanti le risorse economiche e umane che si attivano intorno ad ogni singolo istituto. Una volta finiti i proventi dai benefattori della fondazione, l’istituto non può più assistere in modo indiscriminato fanciulle povere. La presa d’atto del carattere limitato dell’offerta assistenziale impone un’obbligata selezione delle ricoverate. Un’altra ragione del progressivo cambiamento dei conservatori è l’offerta delle doti che ogni istituto detiene per il destino delle proprie fanciulle. I conservatori diventano una sede intermedia tra le famiglie di origine e l’eventuale nuova famiglia, religiosa o laica delle giovani recluse. Per tale ragione, la carità delle origini, pian piano viene sostituita da rapporti dove contano logiche di potere e reti clientelari. Si assiste, anche, nel corso dell’Ottocento, ad un invecchiamento progressivo dell’assistite. Ciò è causato dalla sempre maggiore importanza data dall’istituto alla riuscita del matrimonio o della monacazione della ragazza assistita. Infatti, la dimissione di un istituto di una giovane, senza che abbia ottenuto il suo destino, ne avrebbe decretato il fallimento. Il ristagno delle ricoverate e l’obbligo a contenere il numero dei nuovi ingressi, imposto dai problemi economici, rischia di annullare l’efficacia e la credibilità sociale del progetto dei conservatori con una sempre maggiore diminuzione delle assistite. Inoltre, il mantenimento degli istituti sempre più costoso determina il cambio delle mansioni delle giovani, verso un lavoro di tipo manifatturiero.

    Nell’Ottocento, la mancanza di ricambio delle giovani assistite e il progressivo invecchiamento, dovuto ad una perdita di fiducia negli istituti, è per la società dimostrazione dell’insuccesso dei conservatori, identificati, oramai, come luoghi tesi a riprodurre se stessi, e sempre mento un veicolo di mediazione e di integrazione. Il risultato sarà il progressivo snaturamento dei conservatori, e la loro trasformazione, pur mantenendone il nome, in educandati e scuole professionali. Le questioni riguardanti la nuova fisionomia dei conservatori portano lo Stato Pontificio a riorganizzare i regolamenti di questi istituti, a seguito della visita apostolica ordinata da Leone XII nel 1825. Nell’organizzazione dei conservatori, tentata nel 1826, si cerca di ottemperare al problema alla permanenza delle ospiti, oltre i limiti del bisogno assistenziale, a quello di migliorare la conduzione degli istituti, per mezzo della formazione delle reggenti e a quello di valutare il profitto dei lavori manifatturieri delle donne recluse, non sempre compatibili con l’istruzione e l’educazione delle ospiti per farne buone madri, o monache. Questa riorganizzazione non è mai stata portata a termine, sebbene anche Pio IX abbia proposto di limitare la permanenza nell’istituto ad un massimo di 25 anni di età.

    Alla fine dell’Ottocento conservatorio ed educandato tendono verso una certa simbiosi, sì da essere quasi sinonimi. I conservatori cambiano il personale dirigente e si assiste sempre più al passaggio di numerosi conservatori nelle mani dei nuovi istituti religiosi che trasformano progressivamente le antiche istituzioni o in orfanotrofi, o in scuole, abbandonando le manifatture e limitando la permanenza delle alunne, in accordo con il nuovo Stato Unitario.

    Per quanto riguarda i conservatori intesi come “non monasteri”, la Santa Sede riconosce il carattere religioso, con la Conditae a Christo del 1900, prima, e poi in maniera definitiva con il Codice di diritto canonico del 1917. In questo modo è accettato definitivamente come religioso un «terzo stato» che si pone a metà tra il monastero e il matrimonio. La Chiesa ha accettato la temporaneità dei voti fino alla fine dell’Ottocento, ma poi gradatamente ha chiesto la perpetuità anche agli istituti di voti semplici come condizione per essere approvati. A questo punto il termine conservatorio non è stato più utilizzato, uscendo dall’uso abituale canonico. I conservatori sono ormai trasformati definitivamente in congregazioni religiose centralizzate, o in istituti nuovi.

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    LEMMARIO