Autore: Angelo Manfredi
Nel 1981 la nota pastorale Criteri di ecclesialità dei gruppi, movimenti, associazioni della Commissione episcopale per l’apostolato dei laici tentava una “definizione”: “il movimento è in genere così caratterizzato: alcune ‘idee-forza’ e uno ‘spirito comune’ fanno da elementi aggreganti più delle strutture istituzionali; spesso l’aggregazione avviene, o almeno inizia, attorno alla figura e alla proposta di un ‘leader’; più che in uno ‘statuto’, ci si riconosce in una ‘dottrina’ e in una ‘prassi’, fortemente caratterizzanti, che tendono a diventare quasi una ‘spiritualità’; l’adesione non è formale, ma vitale: il movimento ‘sta’ sulla adesione vitale continuamente rinnovata dai membri, senza iscrizioni o tessere” (Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana, 3 [1980-1985], Bologna 1986, 312).
Sembra difficile offrire una mappa precisa del fenomeno, anche solo restringendosi al campo italiano. Una possibile area di delimitazione può essere la seguente: intendiamo per “movimenti” o “nuove comunità” quelle forme recenti di aggregazione ecclesiale ispirate a spiritualità carismatiche, ossia collegate a figure di leadership dal punto di vista dello stile e dei contenuti, e impegnate in strategie di “nuova evangelizzazione” (cfr. Faggioli 2010, 1151). Ciascuno di questi termini (aggregazione, leader carismatico, strategia, nuova evangelizzazione), e perfino l’espressione “movimento”, si presta a contestazioni e approfondimenti, ma non possiamo rinunciare a tentare empiricamente di delineare un processo storico visibile per vari aspetti nella Chiesa italiana soprattutto dagli anni ’70 del XX secolo ad oggi. Sembra che i tre focus della “forma di aggregazione”, dell’origine carismatica della spiritualità, e della prassi d’impegno di nuova evangelizzazione, siano elementi sufficientemente caratterizzanti la novità storica dei “movimenti” in Italia.
Alcuni studi propongono un’incubazione analoga e parallela tra ciò che oggi definiamo “movimenti ecclesiali” e ciò che è entrato nel novero dei “cattolici del dissenso”. Il dibattito sul legame tra alcuni di questi gruppi e il “movimento cattolico” italiano ed europeo del XIX secolo è ancora aperto. Sembra storicamente accertato che con Pio X e Pio XI le forme di militanza laicale come risposta alla secolarizzazione, alla perdita del potere temporale del papa, al diffondersi dei regimi liberali, furono incluse nell’Azione Cattolica direttamente controllata dai vescovi. In Italia l’organizzazione di AC era particolarmente articolata, e integrava anche quelle sperimentazioni di tipo carismatico e proselitistico che poi sbocceranno nei movimenti. L’AC di Pio XI e di Pio XII non aveva un impegno direttamente politico ma aveva sviluppato una forma di “collateralismo” rispetto alla Democrazia Cristiana come partito unitario dei cattolici. Nel secondo dopoguerra i mutamenti sociali e culturali, i primi sintomi di distacco dalla pratica religiosa, esigenze e inquietudini spirituali e sensibilità diverse rispetto all’impegno politico provocarono forme di tensione rispetto al quadro unitario AC – DC: è in questo periodo che si collocano i primi passi di sperimentazione verso il mondo studentesco (L. Giussani), verso una spiritualità innovativa (Ch. Lubich) e verso l’attenzione agli ultimi (O. Benzi).
La celebrazione del Concilio Vaticano II apre a una visione più complessiva della presenza del laicato nella Chiesa. D’altra parte si pone in modo nuovo la questione della Chiesa nel mondo. In concomitanza a questo mutamento, si fa urgente il problema dell’impegno politico, condizionato dal duro dibattito riguardante l’alleanza tra DC e Partito Socialista e dall’esplodere della contestazione giovanile. I movimenti laicali si sentono svincolati da una visione monolitica della militanza. Una parte di essi interpreta l’impegno cristiano come riforma delle strutture di Chiesa e scelta politica di sinistra, e si muoverà progressivamente verso il dissenso cattolico. Un’altra parte tende a escludere dal proprio pensiero motivi di riforma ecclesiastica e a estraniarsi dalla lotta politica giovanile orientata a sinistra, o scegliendo di dedicarsi ad aspetti spirituali e comunitari (Opera di Maria ossia Focolari, Comunità di Bose) o al servizio ai poveri (Comunità Giovanni XXIII, Comunità di S. Egidio, SerMiG), oppure prendendo le distanze, attraverso una crisi dolorosa, dalle tendenze marxiste, per proporre una visione dell’impegno politico dei cattolici in forme simili a quelle dell’intransigenza militante (Comunione e Liberazione), mentre l’AC, attraversando un drastico alleggerimento delle strutture centrali e un calo vistoso di adesioni, ripensava completamente la sua forma di presenza ecclesiale e sociale attraverso la cosiddetta “scelta religiosa” promossa da V. Bachelet.
Mentre il referendum del 1974 sul divorzio sanciva la definitiva distanza tra cattolici del dissenso e movimenti, ponendo l’AC in una posizione difficile di ricerca di equilibrio, il diffondersi dei movimenti accendeva nella Chiesa italiana la questione del rapporto di questi gruppi con la struttura diocesana e parrocchiale, che invece l’AC rispecchiava. La maggioranza dei vescovi, con l’appoggio di settori rilevanti della curia romana, vedeva con diffidenza le tendenze movimentistiche; per contro i movimenti, molto visibili attraverso i mass media, iniziavano a darsi strutture materiali e aggregative (Loppiano, la “mariapoli” dei Focolarini, nasceva nel 1964; prendeva vita nel 1975 il “braccio politico” di CL, Movimento Popolare), e facevano del riferimento diretto al papato il loro carattere di cattolicità, in questo riprendendo la tradizione ultramontana del XIX secolo. La Santa Sede progressivamente apriva ad alcune forme dirette o indirette di riconoscimento, negli ultimi anni di governo di Paolo VI e soprattutto durante il pontificato di Giovanni Paolo II. La Chiesa italiana dava un primo sguardo organico alle forme dei movimenti con la già citata nota del 1981, che sembra rappresentare un primo tentativo di discernimento di “ecclesialità”. Nel 1993 la nota su Le aggregazioni laicali nella Chiesa recepiva la più ampia apertura ai movimenti delle esortazioni post-sinodali Christifideles Laici (1989) e Pastores Dabo Vobis (1992) pur mettendo in guardia sulla non esclusività dei movimenti. Nel frattempo (1987-88) esplodeva la più dura polemica tra un movimento, Comunione e Liberazione, e una diocesi, ossia la Chiesa ambrosiana, il cosiddetto “caso Lazzati”: sul settimanale “Il sabato”, vicino a CL, apparivano interventi critici contro i dirigenti dell’associazionismo cattolico dal 1974 in avanti, tra cui in particolare Giuseppe Lazzati (1909-1986), già rettore dell’Università Cattolica di Milano, “colpevoli” di aver “protestantizzato” il cattolicesimo italiano. Le reazioni coinvolgevano il tribunale ecclesiastico di Milano; un dirigente di MP alludeva all’arcivescovo Carlo Maria Martini come a un giudice non imparziale. L’abbraccio del Card. Martini e di Mons. Giussani durante un pellegrinaggio nel giugno 1988 chiudeva simbolicamente la vicenda.
I principali movimenti che si collocano nell’ambiente italiano si possono distinguere tra movimenti e comunità di origine italiana e movimenti nati all’estero e attecchiti in Italia.
Il movimento dell’Opera di Maria, meglio noto come “Focolari”, è fondato da Silvia Lubich, detta Chiara (1920-2008), proveniente dalle fila dell’AC trentina, nel 1943, e ha assunto nella sua spiritualità dell’unità e della fratellanza universale la linea conciliare dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Luigi Giussani (1922-2005), giovane sacerdote insegnante in un seminario milanese, nel 1954 sceglie di dedicarsi a “ricostruire una presenza cristiana in ambiente studentesco” e diventa insegnante di religione in un liceo di Milano. Il gruppo di giovani che si raduna attorno a lui, inizialmente chiamato “Gioventù Studentesca”, dopo una fase critica nel periodo della contestazione dà vita a “Comunione e Liberazione”. Nel 1958 un sacerdote della diocesi di Rimini, Oreste Benzi, si dedica a coinvolgere gli adolescenti in un incontro “simpatico” con Cristo. Nel 1968 decide di accogliere ragazzi disabili nei campeggi estivi. Nel 1973 nasce la prima “casa famiglia” e la comunità “Giovanni XXIII”. Nel 1964 un impiegato di banca piemontese, Ernesto Olivero, fonda con altri giovani il Servizio Missionario Giovanile, con una particolare attenzione alle realtà della povertà e della fame nel mondo. Nel 1983 il SerMiG ottiene la gestione di un’immensa area industriale dismessa, l’antico arsenale militare di borgo Dora a Torino, che diviene il centro delle attività assistenziali e delle esperienze giovanili del movimento. La Comunità di Sant’Egidio nasce nella città di Roma nel 1968 da un gruppo di giovani che intendono condurre una vita cristiana di servizio alla povertà e alla pace senza connotazioni politiche. Il fondatore è un liceale, Andrea Riccardi, ora docente universitario. La comunità trova ospitalità presso una chiesa di Trastevere. I punti di riferimento sono la preghiera quotidiana, la comunicazione del vangelo, la solidarietà con i poveri, l’ecumenismo e il dialogo. La comunità si impegna a intervenire anche nei conflitti internazionali con contatti di mediazione. Un gruppo di studenti cattolici, valdesi e battisti di Torino si ritrovavano nel 1963 attorno al giovane Enzo Bianchi per leggere insieme il vangelo. Nel 1965 Bianchi si trasferisce in una cascina della pianura piemontese, a Bose. Sostenuti nei primi passi dall’arcivescovo Torinese Michele Pellegrino, i monaci di Bose offrono la possibilità dell’accoglienza e propongono un percorso ecumenico.
Pur non essendo nato in Italia, ma nella periferia di Madrid, il cammino neocatecumenale attecchisce quasi subito in Italia, con una comunità presso la parrocchia dei santi Martiri Canadesi in Roma, nel 1968. Anche altri movimenti di origine ispanica e definiti di riconquista cristiana della società si diffondono in Italia: i Cursillos di Cristianità, nati dai giovani di AC di Mallorca (in Italia dal 1965), e l’Opus Dei, il cui fondatore J. Escrivá de Balaguer (1902-1975), si trasferisce a Roma nel 1946.
Una interessante diffusione in tutta la penisola ha Rinnovamento nello Spirito, la forma italiana del movimento carismatico cattolico sorto nei college americani con analogie e contatti con il movimento pentecostale protestante.
Dagli anni ’80 fino all’inizio del XXI secolo i movimenti in Italia hanno vissuto alcuni passaggi di svolta. La scelta di papa Wojtyła di proclamare una fase di “nuova evangelizzazione” per il mondo occidentale offre una cifra che accomuna molti di questi gruppi. In Italia, la CEI dà origine alla Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali (1993), che apre una stagione di riconciliazione con le associazioni come l’AC e lo scoutismo (Agesci). Negli ultimi tempi molti dei movimenti italiani si trovano ad affrontare il delicato momento della scomparsa del fondatore: Luigi Giussani (2005), Oreste Benzi (2007), Chiara Lubich (2008), il sacerdote bresciano Dino Foglio, storico leader di Rinnovamento nello Spirito (2006).
Accenniamo ad alcune questioni aperte. I movimenti sono stati e sono l’avanguardia della Chiesa cattolica verso il mondo contemporaneo, o sono un fenomeno di nostalgia, di retroguardia (D. Menozzi), oppure una “anti-contestazione” (G. Martina)? Quanto ogni singolo movimento ha veramente e non solo nominalisticamente assunto le linee del Concilio Vaticano II? I movimenti e le nuove comunità sono percorsi di nuova evangelizzazione rivolti al mondo secolarizzato, oppure in realtà “pescano” proseliti sostanzialmente all’interno del mondo dei credenti praticanti (M. Faggioli)? I movimenti sono nuove forme di vita laicale nella Chiesa, o rappresentano un fenomeno di tipo clericale?
Fonti e Bibl. essenziale
M. Casella, L’Azione Cattolica nell’Italia contemporanea: 1919-1969, Roma (AVE) 1992 Chiesa in Italia. Annale 2010 di “Il Regno”; M. Faggioli, Breve storia dei movimenti cattolici, Roma (Carocci) 2008; M. Faggioli, Movimenti religiosi, in Dizionario del sapere storico-religioso del novecento, a cura di A. Melloni, II, Bologna (Il mulino) 2010, 1151-1155; Fedeli Associazioni Movimenti, XXVIII incontro di studio (2-6 luglio 2001), a cura del Gruppo italiano docenti diritto canonico, Milano (Glossa) 2002; M. Guasco, Chiesa e cattolicesimo in Italia (1945-2000), Bologna (EDB) 2001; D. Hervieu-Léger, Il pellegrino e il convertito. La religione in movimento, Bologna (Il mulino) 2003; G. Martina, La Chiesa in Italia negli ultimi trent’anni [1946-1976], Roma (Studium) 1977; D. Menozzi, La continuità di un modello nella chiesa postconciliare: il “caso Lazzati”, in D. Menozzi, La Chiesa cattolica e la secolarizzazione, Torino (Einaudi) 1993, 232-263; E. Preziosi, Obbedienti in piedi. La vicenda dell’Azione Cattolica in Italia, Torino (SEI) 1996.