Congregazione per i Vescovi – vol. II

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    Autore: Alejandro M. Dieguez

    L’attività dell’attuale Congregazione per i Vescovi all’indomani dell’Unità d’Italia, è da indagare sotto un duplice aspetto. Quello della Congregazione Concistoriale, istituita da Sisto V con la costituzione Immensa aeterni Dei del 22 gennaio 1588 per la preparazione degli atti relativi alle decisioni da sottoporre in concistoro per l’approvazione formale dei cardinali, e quello della Congregazione dei Vescovi e Regolari, per quanto riguarda la competenza sui vescovi, da Pio X affidata alla Concistoriale con la riforma della curia romana.

    Con la Sapienti consilio del 29 giugno 1908, appunto, la Concistoriale uscì notevolmente rafforzata: oltre all’antico compito di predisporre gli atti preparatori ed esecutivi per i concistori, acquistò giurisdizione personale e completa sui vescovi: preparava gli atti di provvista, sceglieva i candidati e li proponeva al pontefice per l’approvazione e la nomina; sorvegliava la loro attività, esercitando la vigilanza e la tutela sul governo delle diocesi e sullo stato economico delle mense vescovili ed esaminando le relazioni diocesane presentate alla S. Sede ogni cinque anni. Provvedeva inoltre alla nomina dei coadiutori, ausiliari, amministratori apostolici e altri ordinari particolari, come quello militare. Quanto alle diocesi (incluse le prelature ed abbazie nullius), la sua competenza si estendeva dall’erezione, unione, soppressione delle stesse, alla rettifica dei confini, alla costituzione dei capitoli cattedrali o collegiali e ad ogni provvedimento riguardante la costituzione, conservazione e stato di esse – nominando, nel caso, dei visitatori apostolici –, nonché la costituzione delle province ecclesiastiche e delle regioni conciliari.

    Dal punto di vista territoriale esercitava la sua giurisdizione sulle diocesi latine di diritto comune. Invece ogni volta che per la nomina dei vescovi e l’erezione delle diocesi occorreva trattare con i governi civili in base a concordati o convenzioni, come nel caso dell’Italia in seguito ai Patti Lateranensi del 1929, la competenza spettava alla Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, alla quale la Concistoriale subentrava solo per la redazione degli atti esecutivi e per la giurisdizione sul governo diocesano.

    La Concistoriale ebbe inoltre il compito di vigilanza sui seminari, i collegi e le scuole dipendenti dall’autorità ecclesiastica dal 1908 al 1915, quando fu istituita la nuova Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi. Nel 1912, Pio X decretava un ulteriore ampliamento delle competenze della Concistoriale affidandole l’assistenza spirituale di tutti gli emigranti di rito latino ed il controllo dell’emigrazione dei sacerdoti. Con la costituzione di riforma generale della Curia romana Regimini Ecclesiae universae del 15 agosto 1967, Paolo VI confermava sostanzialmente tali disposizioni, ridefinendo però alcune delle competenze del dicastero e attribuendogli l’attuale denominazione di Congregazione per i Vescovi.

    Rispetto all’Italia unita, l’attività della Congregazione dei Vescovi e Regolari inizialmente sembra attestarsi su posizioni difensive, davanti al «nuovo ordine delle cose». Fu costretta anzitutto ad occuparsi di riordinare tutta la materia beneficiale, sconvolta «ob usurpationes et gravamina bonorum Ecclesiae in Italia existentium» (1871, 1873, 1881). Dovette poi fare i conti con l’ingerenza governativa nella nomina dei vescovi e con il preteso diritto di regio patronato sulle chiese cattedrali di Italia (1878). In seguito alle nuove leggi sulle confraternite ed altre opere pie, intervenne a difesa di queste istituzioni, «da sacrilego spoglio colpite e defraudate dei mezzi necessari a religiosamente adempiere le inviolabili volontà dei fondatori» (1891).

    Della formazione e disciplina del clero italiano si occupò ripetutamente, impartendo disposizioni sulla sacra predicazione per condannare l’opera dei «predicatori ammodernati», responsabili di portare sul pulpito «quelle pompose dicerie che trattano argomenti più speculativi che pratici, più civili che religiosi» (1894). «Ob mutatas rerum vices in Italia», emanò il divieto per il clero secolare e regolare di frequentare le università statali (1896), mentre della formazione e disciplina dello stesso clero, davanti al serpeggiare di una «cotal brama d’innovazioni inconsulte», ebbe cura sia sorvegliando l’adempimento di quanto prescritto dalle encicliche pontificie Fin dal principio (1902) e Pieni l’animo (1906), sia promulgando il Programma generale di studi per uniformare e migliorare l’insegnamento nei seminari italiani (1907) e le conseguenti Norme per l’ordinamento educativo e disciplinare degli stessi istituti (1908). Attenzione che con la Concistoriale assunse una dimensione piuttosto scrupolosa, vietando ad esempio agli ordinari di Italia l’introduzione nei seminari della Storia della chiesa antica di Louis Duchesne (1911) ed indicando con altra apposita circolare i libri e i manuali da dare in lettura ai seminaristi (1913).

    Su aspetti più prettamente disciplinari il dicastero intervenne disciplinando l’afflusso del clero secolare delle diocesi meridionali italiane alla città di Napoli (1908), vietando ai chierici di prendere parte all’amministrazione di banche e casse rurali (1910), di accedere alle cariche di consigliere comunale e provinciale e di appartenere ai sindacati (1914). Davanti a casi estremi di violazione della disciplina ecclesiastica reagì energicamente fulminando l’interdetto alle città di Adria (1909) e Galatina (1913), in seguito all’aggressione fisica subita dai rispettivi vescovi.

    Rispose agli sconvolgimenti cagionati dalla Grande Guerra impartendo direttive sul clero militarizzato (1916-17) e istituendo un ordinario comune per i sacerdoti e i seminaristi profughi, internati o dispersi nelle varie diocesi di Italia (1918). Alla fine del secondo conflitto mondiale, con una circolare del 1945 assunse dirette informazioni dai vescovi italiani circa l’entità dei danni provocati dagli eventi bellici a persone e cose nelle loro diocesi. Le gravi strettezze economiche della maggior parte del clero italiano furono oggetto di alcuni provvedimenti straordinari tendenti a far sì che «chi serve l’altare possa e debba vivere dell’altare» (1919).

    Dal 1908 al 1929, la Concistoriale si occupò dell’elezione dei vescovi in Italia, provvedendo le sedi vacanti con soggetti che possedessero capacità organizzative per far fronte alla scristianizzazione della società per mezzo di una attività pastorale ispirata ai criteri definiti da Pio X, dello sviluppo dell’associazionismo cattolico e della repressione di ogni indizio di modernismo.

    Fino al 1970, quando fu costituita l’apposita commissione pontificia, la Concistoriale si prese cura poi delle problematiche legate al fenomeno migratorio con circolari ai vescovi italiani sulla cura dei migranti (1914-15) e ai vescovi calabresi sulla costituzione di patronati ecclesiastici in favore degli stessi (1916), con l’istituzione di un prelato per l’emigrazione italiana (1920) e con la “tessera ecclesiastica” dell’emigrante (1923). Con circolare del 1947 il dicastero chiese ai vescovi italiani di presentare “sacerdoti di vita intemerata” e “pronti al sacrificio” per l’assistenza agli emigranti. Promosse e coordinò inoltre diverse iniziative per l’apostolato del mare, dell’aria e dei nomadi. La giurisdizione dell’ordinario militare e dei cappellani militari in Italia fu invece definita con due decreti (1925, 1940).

    Per quanto riguarda le conferenze episcopali italiane, sanzionate già a livello regionale da una circolare del 1889 della Congregazione dei Vescovi e Regolari, fu disciplinata la celebrazione dei concili regionali (1919) e approvato lo statuto della nuova Conferenza Episcopale Italiana (1965). Per rispondere meglio alle mutate esigenze della cura animarum da una parte invitò gli ordinari italiani ad una migliore distribuzione del clero, esortando a soccorrere generosamente le diocesi che ne erano sprovviste (1951), dall’altra sancì diversi riordinamenti destinati a dare alle diocesi «una dimensione demografica ed ecclesiastica sufficiente» per rispondere alle esigenze del diritto canonico e dei bisogni pastorali moderni (1966, 1987).

    Come per altre congregazioni romane, la linea dominante nell’interazione con l’Italia sembra evolvere da una posizione di iniziale resistenza alla novità dello Stato unitario ad una posizione più attenta alle nuove esigenze pastorali e sociali, ovviamente risentendo di volta in volta degli orientamenti dei diversi pontificati e del personale direttivo del dicastero.

    Fonti e Bibl. essenziale

    M. Costalunga, La Congregazione per i Vescovi, in La Curia romana nella Cost. Ap. «Pastor Bonus», Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1990, 281-292; N. Del Re, La Curia romana. Lineamenti storico-giuridici, Edizioni di storia e letteratura, Roma 19984, 136-145; G. Vian, La riforma della Chiesa per la restaurazione cristiana della società. Le visite apostoliche delle diocesi e dei seminari d’Italia promosse durante il pontificato di Pio X (1903-1914), Herder, Roma 1998, 241-934; F. Jankowiak, La Curie romaine de Pie IX à Pie X. Le gouvernement central de l’Église et la fin des États pontificaux (1846-1914), École française de Rome, Rome 2007, 573-576; L’attività della S. Sede, 1939-2005; A.R. Baker, Congregación para los obispos, in Diccionario general de derecho canónico, II, Universidad de Navarra-Thomson Reuters Aranzadi, Navarra 2012, 554-556; A.M. Dieguez, Governo della Chiesa e vigilanza sulle chiese nelle plenarie della Congregazione Concistoriale. Proposte degli eminentissimi padri e decisioni del Santo Padre, in Le gouvernement pontifical sous Pie XI: pratiques romaines et gestion de l’universel, a cura di Laura Pettinarioli, École française de Rome, Roma 2013, 585-606.


    LEMMARIO