Protestantesimo – vol. I

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    Autore: Stefano Cavallotto

    Il termine “protestante” è nato alla II Dieta di Spira del 1529, quando gli Stati evangelici elevarono una solenne protesta contro la decisione di imporre un’interpretazione rigida dell’Editto di Worms (1521), sostenuta dalla maggioranza dei principi cattolici con l’intento di bloccare sino a futuro concilio ogni processo di rinnovamento già avviato peraltro nei territori passati alla Riforma.

    In Italia il protestantesimo si è diffuso già nel XVI secolo in forme diverse a seconda delle personalità coinvolte, dei luoghi (Repubblica Veneta, Stato di Milano, Napoli, Sicilia, Lucca, ducato di Ferrara, Piemonte, Calabria, Puglia) e delle fasi storiche del suo processo. Qui interessa partire dagli inizi dell’Ottocento quando, dopo il lungo periodo della Controriforma e la fine dell’Ancien Régime (1798), all’isolata presenza dei [→] valdesi nelle valli piemontesi cominciano ad aggiungersi nuovi arrivi: i «Liberi», i «Fratelli», i metodisti, i battisti, i pentecostali; una galassia di chiese che nel «grande Risveglio» e nella lotta patriottica per l’unificazione trovano un’occasione storica per un rilancio missionario in Italia. In effetti, dopo l’epoca dell’Ortodossia, fonte di aspre dispute interne e di un esasperato confessionalismo, e del Puritanesimo di stampo calvinista inglese e americano, e dopo l’ondata di rinnovamento spirituale del Pietismo tedesco e l’opera evangelizzatrice e di “rinascita” portata avanti in Inghilterra dalle «società metodiste», si diffonde tra i protestanti d’Europa e del Nuovo Mondo un movimento di ispirazione pietista tendente a «risvegliare» la testimonianza degli evangelici attraverso una maggior consapevolezza ed entusiasmo verso la fede, la conversione personale e il rinnovamento della vita. Così, in Gran Bretagna nasce e si spande all’interno dell’anglicanesimo la corrente «evangelical», mentre tra i circoli «awakened» si costituisce nel 1804 la British and Foreign Bible Society e nel 1812 la Church Missionary Society per la diffusione della Scrittura e sorgono nuovi movimenti come quello dei «Fratelli di Plymouth», guidato da John Nelson Darby (†1882), e dell’ «Esercito della Salvezza» a sostegno degli emarginati dalla società urbana. Dal «Reveil» svizzero prende vita la «Società degli Amici» ad opera di Ami Bost (†1874) e di Robert Haldane (†1842) in polemica con la “razionalistica” chiesa ufficiale e la Compagnia dei Pastori di Ginevra; inizia altresì la predicazione carismatica di Felix Neff (†1829), capace di coinvolgere nel rinnovamento della vita protestante europea le comunità valdesi delle valli del Pinerolese, e ancora ne rimane profondamente influenzato, seppure con posizione critica, il magistero del grande teologo Alexandre Vinet (†1847), teorico della separazione della chiesa dallo stato ed ispiratore della «chiesa libera» in alternativa a quella di Stato e difensore appassionato della libertà religiosa e della superiorità dell’individuo sulla collettività. In Germania dalla «Erweckung», dominata dalle prestigiose figure del teologo August Tholuk (†1887) e del predicatore guaritore Johann Christoph Blumhardt (†1880), prende slancio il movimento della Missione interna, volta a congiungere evangelizzazione ed azione sociale a favore delle masse povere.

    In Italia il «Risveglio», introdotto sostanzialmente da esuli, viene a connettersi profondamente col grande moto risorgimentale, marcando però diversità e rotture tra le varie componenti dell’evangelismo italiano. I membri della «Chiesa libera», militanti fra le truppe garibaldine e politicamente radicali e repubblicani, coltivano un anticlericalismo così acceso da giungere a collaborare con la massoneria del tempo per abbattere la Roma papale. Personaggio di spicco ne è l’ex-barnabita Alessandro Gavazzi (†1889), predicatore appassionato, patriota e più tardi esponente della Sinistra, che propugna una chiesa evangelica nazionale alternativa a quella cattolico-romana e nel 1852 organizza una «Chiesa Cristiana Libera in Italia» con una forma di tipo presbiteriano (ad imitazione della Free Church of Scottland), staccandosi anche per questo dalla «Chiesa dei Fratelli», e destinata a sciogliersi nel 1905 per confluire nelle comunità metodiste. In effetti, gli appartenenti alle «Assemblee dei Fratelli», introdotte dal conte fiorentino Piero Guicciardini (†1886) con una struttura “congregazionalista” sul modello della «Fratellanza di Plymouth» (senza pastori specializzati, ma dove tutti i fedeli possono prendere la parola per formulare preghiere, leggere la bibbia, cantare inni, ecc.) considerano il moto risorgimentale come un’occasione provvidenziale di evangelizzazione dei territori del papa, in attesa della venuta del Regno. E pertanto, pur ritenendosi profondamente italiani, preferiscono rimanere missionari e propagatori della bibbia piuttosto che impegnarsi attivamente nella politica.

    Calviniste e Cavouriane sono invece le comunità valdesi, e per questo accusate dai «Fratelli» di scarsa “italianità” e di autoritarismo interno e dai «Liberi» di conservatorismo e legami stretti con lo Stato sabaudo. Dopo le “Lettere Patenti”, concesse da Carlo Alberto nel 1848 col riconoscimento dei diritti civili, i valdesi sull’onda del cammino risorgimentale e sollecitati dagli impulsi evangelizzatori dell’anglicano e «risvegliato» Charles Beckwith (†1863) non solo avviano un’opera di alfabetizzazione capillare (le «scuolette Beckwith») e di rinascita religiosa tra i valligiani, ma allargano la loro presenza al di là delle Valli, abbandonando così una certa connotazione etnico-regionale (la Facoltà teologica nel 1860 viene spostata da Torre Pellice a Firenze e nel 1922 a Roma e nascono in tutta Italia numerose comunità e una fitta rete di scuole), e a partire dalla fine degli anni Cinquanta del XIX secolo si spingono persino oltreoceano, fondando “colonie” e chiese tra le pianure uruguaiane e argentine del Rio de la Plata.

    Fonti e Bibl. essenziale

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    LEMMARIO