Autore: Luigi Michele de Palma
La nuova esperienza di vita religiosa, nata all’indomani della prima crociata e accolta nella Chiesa cattolica tramite l’approvazione della regola dei Templari nel concilio di Troyes (1129), ebbe larga risonanza sul territorio italiano fra XII e XIII secolo. Nel frattempo era sorto l’Ordine italiano detto dei Giovanniti – o semplicemente Ospedalieri – la cui organizzazione si deve a Gerardo (†1120); mentre l’Ordine dei Cavalieri tedeschi, o Ordine Teutonico, fu costituito in occasione della terza crociata – guidata da Federico Barbarossa – e confermato da Innocenzo III nel 1199. Furono numerosi i membri della famiglie aristocratiche, dediti al mestiere delle armi, i quali abbracciarono l’idea di porre la propria professionalità al servizio della fede, in difesa della Chiesa e in favore dei più indigenti. Essi considerarono confacente alla loro condizione di milites l’ingresso in un ordine religioso militare, entro cui non veniva modificato lo status di laici e, nello stesso tempo, era riconosciuta la loro attività militante come via di perfezione evangelica. La vocazione del frate cavaliere apriva la strada – specie per quanti avevano avuto un trascorso burrascoso – alla conversio, iniziava alla vita di penitenza e conduceva alla santità anche attraverso il “martirio”. Essa rappresentava la natura religiosa e cristiana del novum militiae genus, elogiata da s. Bernardo nel De laude novae militiae, entro cui veniva chiamata a rispecchiarsi la nobiltà europea.
Il favore della Sede Apostolica e delle autorità politiche locali consentì il proliferare di numerosi insediamenti degli O.m. lungo la penisola italiana e la formazione di cospicui patrimoni, da cui gli O.m. traevano finanziamento e foraggiamento per le proprie attività in Terra Santa. Nella prima metà del XII sec. i Templari erano presenti nelle città costiere della Puglia ed anche a Messina, come pure a Venezia, a Genova e a Pisa, città di antica tradizione marinara. Nel secolo successivo le sedi templari si moltiplicarono fino a contarne almeno 150 e poco meno di un terzo nel Regno di Sicilia. È probabile che in origine le province italiane dell’ordine siano state costituite in Sicilia, in Puglia e in Lombardia. Inoltre, anche la militarizzazione di alcuni ordini ospedalieri, dediti prevalentemente all’assistenza dei pellegrini (ad es. l’Osp. di S. Giovanni di Gerusalemme, l’Osp. di S. Maria dei Teutonici, l’Osp. di S. Lazzaro), contribuì al diffondersi di case, ospedali, commende, precettorie e baliaggi nelle regioni italiane e in particolare lungo la via Francigena e sulle coste liguri e del basso Adriatico. Prettamente italiana è la fondazione dell’Ordine di S. Giacomo di Altopascio (Lucca), sorto presso un ospedale forse istituito – fra il 1070 e il 1080 – dalla contessa Matilde di Canossa. Nato come ordine ospedaliero (la prima notizia è del 1084) per volontà di 12 Lucchesi, i suoi frati si dedicavano all’assistenza dei pellegrini, alla cura delle strade e alla manutenzione dei ponti. Anch’esso, dopo l’approvazione della regola templare, si militarizzò e nel XII sec. si diffuse in varie zone dell’Italia, per poi, nel secolo successivo, estendere le proprie dipendenze (obedientie) in Spagna, Portogallo, Germania, Inghilterra e Francia. L’ordine venne soppresso dapprima da Pio II (1459) e definitivamente da Sisto V (1587), mentre i suoi beni ebbero differenti destinazioni.
Origini italiane ebbe anche l’Ordine dell’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme. Frate Gerardo l’Ospedaliero, monaco amalfitano, gestiva l’ospedale benedettino, sito nell’area circostante il Santo Sepolcro denominata Mauristan (località di Mauro) e fatto edificare, fra il 1055 e il 1060, da alcuni mercanti di Amalfi insieme al monastero e alla chiesa di S. Maria Latina. Dopo la conquista di Gerusalemme (1099), Gerardo dette inizio alla costruzione di un nuovo e più grande ospedale congiunto alla chiesa di S. Giovanni Battista. Con Gerardo vivevano altri confratelli, probabilmente monaci o membri della familia monastica, i quali assicuravano il servizio all’interno dello xenodochio. Nel 1113 Pasquale II concesse a Gerardo il privilegium protectionis Beati Petri (Pie postulatio voluntatis), che poneva l’Ospedale al riparo da qualunque ingerenza, tanto ecclesiastica quanto laicale, e salvaguardava la sua condizione di autonomia. Rese, dunque, esente lo xenodochio gerosolimitano e indipendente il gruppo di frati, gettando le basi per la successiva trasformazione della fraternitas gerosolimitana in un ordine ospedaliero internazionale. L’Ospedale fu posto sotto la protezione della Sede Apostolica e il papa affiliò ad esso numerosi ospizi europei. Nonostante la resistenza di molti frati, gelosi del carattere ospedaliero dell’ordine, le esigenze dell’assistenza ai pellegrini e della difesa del Regno Latino di Gerusalemme determinarono la militarizzazione dell’Ospedale. Di conseguenza si accrebbe la componente aristocratica che diventò rapidamente preponderante in seno all’ordine.
Dopo la perdita di San Giovanni d’Acri (1291), ultimo caposaldo latino, gli O.m. dovettero abbandonare la Terra Santa e trasferire le proprie sedi conventuali. Nel frattempo, però, s’indeboliva la loro principale funzione, strettamente connessa alla Terra Santa e svaniva la speranza della riconquista, mentre si consolidava l’idea della difesa della cristianità dal pericolo turco (compresa la liberazione della penisola iberica), della propagazione della fede presso le popolazioni nordeuropee non ancora evangelizzate e della lotta contro gli eretici. I Teutonici si trasferirono a Venezia (1291-1309) e poi in Prussia, dove costituirono un principato ecclesiastico (Ordennsstat). Gli Ospedalieri di S. Giovanni, invece, conquistarono Rodi (1306-1309), sottraendola ai Bizantini, ed anch’essi dettero vita ad un principato ecclesiastico, indipendente dalle altre potenze politiche e sotto l’egida della Sede Apostolica. La metamorfosi salvò i due ordini dagli attacchi sferrati dagli stati europei contro gli O.m., i cui frati, lontani dalla Terra Santa, venivano considerati “imboscati”, mentre i loro beni attiravano l’avidità di alcuni sovrani. I primi a soffrirne le conseguenze furono i Templari, accusati di eresia e d’immoralità da Filippo il Bello, ma assolti da Clemente V e soppressi per via amministrativa (1312). Fra il 1308 e il 1311 si svolsero numerosi processi a carico dei Templari in Puglia, nelle Terre della Chiesa, in Abruzzo, in Toscana, nella Marca d’Ancona e nella provincia ecclesiastica di Ravenna, mentre a Messina e in Sardegna nessun Templare venne sottoposto alle inchieste. Soprattutto sui territori lontani dall’influenza francese l’esito dei processi andò a vantaggio dell’innocenza dei Templari.
Per disposizione papale, destinatario ed erede dei beni del Tempio fu l’Ospedale Gerosolimitano, sebbene gran parte delle proprietà templari fossero state sottratte dai principi ed anche dal papa. Tuttavia i Giovanniti raddoppiarono il loro patrimonio e soprattutto in Italia i beni dei Templari passarono all’Ospedale Gerosolimitano. Di fatto venne consolidata l’organizzazione dell’Ospedale sul territorio italiano, che contava 7 priorati (istituiti fra XII e XIII sec.: Lombardia, Venezia, Pisa, Roma, Capua, Barletta e Messina) e 130 commende, a cui si aggiungevano 4 monasteri femminili (Firenze, Genova, Penne e Pisa). Nel frattempo, però, continuava il declino degli O.m.: la cavalleria non era più la prestigiosa punta di diamante degli eserciti e i suoi membri avevano assunto le vesti dei cortigiani; l’aspirazione alla riconquista della Terra Santa era rimasta un sogno. Gli O.m. avevano perso la loro funzione originaria e vennero fagocitati dai principi, i quali ne laicizzarono la struttura e la composizione, ponendole alle loro dipendenze. Sul piano ecclesiale queste ingerenze politiche incontrarono spesso l’appoggio della Sede Apostolica, la quale, dinanzi al degrado dell’osservanza della disciplina, tentò più volte di sollecitare la riforma interna degli O.m. L’Italia fu interessata soprattutto agli interventi dei papi avignonesi nei confronti dell’Ospedale e durante lo scisma d’Occidente diventò teatro di una divisione dell’Ordine Gerosolimitano: Urbano VI nominò Gran Maestro Riccardo Caracciolo (1383-1395), riconosciuto dai priorati italiani, mentre il convento di Rodi restò obbediente a Juan Fernandez de Heredia e fedele a Clemente VII. A questa epoca risale il diffondersi di culti locali riservati a Giovanniti italiani ed entrati nel santorale dell’ordine: Nicasio (†1187, martire), Ugo Canefri (1168-1233), Gherardo Mecatti di Villamagna (1174ca-1264), Gerlando (†1271) Pietro Pattarini (1250-1320), nonché Ubaldesca Taccini (1136-1206) e Toscana (1280-[1343-1344]).
A Rodi l’Ospedale Gerosolimitano aveva costruito lo xenodochio e trasformato i suoi frati in esperti marinai, impegnati nella “guerra di corsa”: non era una guerra offensiva, bensì difensiva: una forma di rappresaglia contro quanti violavano le acque territoriali dell’isola, estremo baluardo della cristianità al confine con l’Islam. Il reclutamento dei frati cavalieri, provenienti da vari paesi europei, comportò l’organizzazione dell’Ospedale a seconda della nazionalità (“Lingue”) dei suoi membri. La Lingua d’Italia occupò un ruolo rilevante nell’organismo dell’ordine e per consuetudine ai frati italiani vennero riservate alcune alte cariche e ruoli istituzionali. Dopo il terzo assedio, caduta Rodi nelle mani dei Turchi (1522), i Giovanniti vagarono per sette anni alla ricerca di una sede del convento. Dapprima sostarono a Candia, a Messina e a Baia (nel golfo di Napoli), poi si stabilirono a Civitavecchia, a Viterbo e a Nizza (1528). Infine Carlo V donò all’Ospedale l’arcipelago maltese, feudo imperiale nel Regno di Sicilia. Da Malta, punto strategico all’incrocio delle rotte sul Mediterraneo centrale diventato principato dell’Ordine (1530), i Giovanniti ripresero la propria attività, svolgendo la funzione di polizia marittima in difesa dei territori del Regno. Anche su quest’isola venne edificato un ospedale, presso cui i frati cavalieri svolgevano il loro servizio di assistenza, e fu fondato un monastero di Giovannite.
Nel passaggio all’età moderna la crisi religiosa degli O.m. si accentuò maggiormente. Se i Teutonici subirono, in parte, l’influenza della riforma protestante e avviarono la secolarizzazione del loro principato e dell’ordine, a Malta i Giovanniti vissero momenti di tensione interna e seri tentativi di autoriforma. L’Ospedale Gerosolimitano continuava a godere del sostegno della Sede Apostolica e, di fatto, rimase l’unico ordine ospedaliero-militare a mantenere in vita l’antico ideale religioso del miles Christi e del servus pauperum. Tuttavia il modello degli O.m. continuò ad ispirare il sorgere di nuovi ordini. Il 1° ottobre 1561 Pio IV approvò l’Ordine di Santo Stefano, istituito da Cosimo I de’ Medici con sede a Pisa.Parallelamente si dette vita anche al ramo femminile con la fondazione dei monasteri di Firenze e di Pisa. Missione dell’ordine, secondo la volontà del fondatore, era la difesa del mare dalle scorrerie dei pirati berberi. Sebbene le regole ricalcassero la Regola benedettina e per un triennio i cavalieri – rigorosamente reclutati fra l’aristocrazia – dovessero risiedere nel convento per ricevere la necessaria istruzione militare, il sodalizio si presentava come un o.m. laico. I suoi affiliati, infatti, non professavano i classici voti dei religiosi, bensì quelli di carità, di castità coniugale (nel matrimonio religioso) e d’obbedienza agli ordini dei superiori. I cavalieri Stefaniani esaurirono il loro compito verso la metà del XVIII sec., sia per il superamento degli armamenti utilizzati dall’ordine sia per effetto dei trattati di pace stipulati dal Granduca di Toscana con i Turchi. Nonostante alcuni tentativi di riorganizzazione, l’ordine venne abolito dal governo francese nel 1809, ripristinato dal granduca Ferdinando III nel 1817 sotto forma di onorificenza, e definitivamente soppresso dal governo Ricasoli nel 1859.
La storia dell’ordine Stefaniano si sviluppò in controtendenza rispetto all’orientamento generale delle aristocrazie europee perché restò fedele all’ideale comune della cristianità e della mentalità medievale di combattere contro i nemici della fede. Durante l’età moderna l’esito di gran parte degli O.m. fu, se non l’estinzione, la secolarizzazione e la riduzione a mera onorificenza concessa dai principi. Gli stati moderni avevano esautorato le aristocrazie dalle loro funzioni politiche e, dimentichi dei comuni ideali religiosi, impegnarono la nobiltà militare nelle guerre fra cristiani. I sovrani trascuravano il loro dovere di difendere la cristianità dalle insidie degli infedeli e, nello stesso tempo, moltiplicavano le nobilitazioni.
Fino alla fine dell’età moderna, unico depositario dell’autentica tradizione dell’aristocrazia cristiana restò l’Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme, sulle cui navi, al confine centromediterraneo della cristianità, si continuava a combattere contro gli infedeli. Da Malta, con le sue leggi sovrane, l’ordine Giovannita tutelava la nobiltà generosa, garantiva la società nobiliare (soltanto chi apparteneva ad un’antica prosapia veniva ammesso nell’Ospedale e otteneva un riconoscimento internazionale della propria nobiltà) e costituiva un codice di comportamento applicato al modello del cavaliere cristiano. Il frate cavaliere “di Malta” incarnava nei tempi moderni l’idea antica dell’identificazione del nobile col miles Christi e, dunque, l’ideale della nobiltà cristiana, in buona parte rimosso dalle menti dei sovrani assoluti.
Il turbine rivoluzionario che attraversò l’Europa raggiunse anche Malta. L’isola venne occupata da Napoleone e l’ordine dovette abbandonare l’arcipelago (1798). Nonostante il passaggio di Malta nelle mani degli Inglesi, questi non restituirono le isole all’Ospedale e il gran maestro insieme al convento si trasferì temporaneamente a Messina, a Catania, a Ferrara e infine, definitivamente, a Roma (1834). Le soppressioni napoleoniche compresero anche gli insediamenti italiani maschili e femminili dell’Ospedale e vennero espropriati i possedimenti dei 7 priorati della Lingua d’Italia. Con la Restaurazione fu dapprima ricostituito il Gran Priorato di Roma (1816) e poi, tramite la fusione dei precedenti priorati, quelli di Lombardia e Venezia e di Napoli e Sicilia (1839).
Con la perdita di Malta cessò l’impegno bellico dell’ultimo o.m. rimasto attivo. Al suo interno si aprì una fase critica perché, dopo l’abdicazione del gran maestro von Hompesch, alcuni frati offrirono la suprema carica a Paolo I, zar di Russia (ortodosso e coniugato). Questi assunse di fatto il gran magistero, ma non venne mai riconosciuto dalla Santa Sede. Specialmente i Giovanniti italiani, obbedienti alle decisioni di Pio VII, sostennero la nomina di Giovanni Battista Tommasi, nuovo gran maestro (1803-1805). Ciò nonostante la crisi non fu superata e soltanto dopo una serie di luogotenenti di nazionalità italiana (1805-1879) Leone XIII ricostituì la carica di gran maestro, alla quale venne chiamato l’italiano fra’ Giovanni Battista Ceschi a Santa Croce (1879-1905), dando inizio ad un nuovo periodo di vita dell’Ospedale. Nel frattempo il calo vocazionale aveva ridotto il numero dei frati, mentre si accrebbe notevolmente il ceto dei cavalieri non professi. Tuttavia la Lingua d’Italia, con i suoi tre gran priorati, restò la componente nazionale, religiosa e laicale, più numerosa dell’ordine. L’antico ideale del miles Christi continuò ad essere alimentato in seno all’Ordine Gerosolimitano, ma subì un’ulteriore metamorfosi che mantenne lo stretto coniugio con lo spirito del servus pauperum. Pur conservando il tradizionale carattere militare e l’impegno della tuitio fidei, le attività dell’ordine si concentrarono sul settore ospedaliero e dell’assistenza agli indigenti e ai profughi nel caso di guerre, di terremoti o altri cataclismi, con la gestione di case di cura e ambulatori, nonché tramite l’accompagnamento degli ammalati presso vari santuari.
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