Autore: Alexandra von Teuffenbach
Il Concilio Vaticano I fu annunciato da papa Pio IX ai soli cardinali di curia – con la richiesta di indicare le loro opinioni – in una seduta della congregazione dei riti il 6.12.1864, due giorni prima della promulgazione dell’enciclica Quanta cura e del Sillabo. Fino a marzo 1865 avevano risposto in modo dettagliato solo quindici porporati, quasi tutti italiani: si contavano 13 favorevoli e 2 contrari, di cui uno riteneva però la decisione di convocare un Concilio di diritto esclusivo del papa. Il papa istituì quindi una Commissione, la “congregazione speciale direttrice per gli affari del futuro Concilio generale”, composta inizialmente da cinque cardinali: Costantino Patrizi, Antonio M. Panebianco, Giuseppe Andrea Bizzarri, Prospero Caterini e Karl August von Reisach, unico tedesco della congregazione, che risiedeva a Roma già dal 1856. A loro si aggiunsero nel tempo anche Alessandro Barnabò, Luigi Bilio, Annibale Capalti e Antonio de Luca. Fu nominato segretario della Commissione il vescovo titolare Pietro Giannelli che fin dalla prima seduta non fece mistero dell’avversione che provava per la “rivoluzione” che era in atto in Italia e per gli impedimenti che ne sarebbero derivati alla libera circolazione e alla partecipazione al Concilio dei vescovi italiani, tanto da sostenere che esso sarebbe potuto essere sufficientemente rappresentativo anche senza i vescovi italiani. Sulla scelta della sede di Roma ci furono varie perplessità, anche di natura politica.
Su suggerimento della commissione centrale il papa chiese a 36 vescovi latini di varie diocesi del mondo, tra cui 11 italiani, di indicare i temi che secondo loro si sarebbero dovuti trattare al Concilio. Successivamente la domanda fu rivolta anche a molti vescovi orientali.
La preparazione del Concilio ebbe una battuta d’arresto a causa della terza guerra d’indipendenza che non rese possibile l’attuazione del progetto originario, di indirlo cioè per il 29 giugno 1867 – a 1800 anni dal martirio di Pietro e Paolo. La situazione politica di Roma intanto era diventata instabile. Dopo il plebiscito che portò – grazie all’aiuto dei francesi – Venezia e Mantova alla casa piemontese, Vittorio Emanuele aveva espresso chiaramente l’intenzione di voler conquistare anche lo Stato Pontificio. L’11.12.1866 le truppe francesi lasciarono Roma e lo Stato Pontificio rimase sotto la protezione di Vittorio Emanuele. Il papa, seppure consapevole di quello che la mutata situazione poteva significare, invitò i vescovi di tutto il mondo alle solenni celebrazioni per l’anniversario del martirio di Pietro e Paolo.
Le continue scaramucce dei Garibaldini nei territori pontifici indussero Napoleone III – dal 30.10.1867 – a riportare lo stato pontificio sotto la protezione delle truppe francesi. Il Concilio poteva quindi celebrarsi con relativa sicurezza. Fin dall’inizio della preparazione del Concilio fu dichiarata più volte l’intenzione di coinvolgere esperti di tutto il mondo. Fu richiesto il parere di 96 consultori, di cui però solo 35 non erano romani.
Il Concilio iniziò l’8.12.1869 e vi parteciparono 774 padri, tra cui 49 cardinali e 10 patriarchi. Gli italiani erano il gruppo maggioritario, sia tra i cardinali, sia tra i 529 vescovi, di cui ben 122 erano italiani; per questo furono mosse alcune critiche relative alla sua insufficiente internazionalità. Molti romani, soprattutto le famiglie nobili dell’urbe, diedero ospitalità ai vescovi più poveri – anche italiani che avevano visto confiscati i loro beni – mettendo a disposizione dei futuri padri conciliari stanze e case.
Oltre ai padri Conciliari, per il funzionamento del Concilio, era necessaria la presenza di numerose persone, tra queste i presidenti del Concilio che erano tutti italiani in quanto von Reisach morì subito dopo l’inizio del Concilio e fu sostituito da Filippo de Angelis. Gli altri presidenti furono scelti tra i cardinali della congregazione centrale che aveva preparato il concilio: de Luca, Bizzarri, Bilio, Capalti. Come Custodi del Concilio furono nominati due nobili romani, rappresentanti delle famiglie Colonna e Orsini. Gli altri ufficiali del Concilio furono tutti italiani ad eccezione di Joseph Fessler, segretario del Concilio e vescovo di St. Pölten in Austria e di alcuni stenografi, scelti appositamente tra le varie nazioni. Era italiano anche l’architetto – Virgino Vespignani – che allestì la parte di basilica di San Pietro che fu adibita ad aula Conciliare.
Il giorno di apertura del Concilio sulla tribuna d’onore c’erano italiani come la famiglia reale di Napoli e il granduca di Toscana. Mancavano, chiaramente, i regnanti piemontesi. Fin da subito si formarono delle “fazioni” che criticarono il regolamento del Concilio e che composero delle liste in cui inserire nomi di prelati “infallibilisti” o “antiinfallibilisti” per pilotare l’elezione di candidati nella deputazione della fede e avere così la maggioranza in essa. Nelle liste che furono preparate risulta un vescovo italiano, Mons. Ghilardi di Mondovì. Furono poi eletti in quella deputazione anche i mons. d’Avanzo di Calvi e Teano, Cugini di Modena, Zinelli di Treviso e Cardoni vescovo di Edessa. Anche il presidente della deputazione, il card. Bilio, era italiano.
Il Concilio iniziò con la discussione dello schema sulla dottrina cattolica; dei 35 oratori 7 erano vescovi di diocesi italiane e 4 vescovi con titoli di diocesi orientali. Lo schema fu poi inviato alla deputazione della fede per essere completamente rivisto. Successivamente furono trattate alcune costituzioni disciplinari, sia sui vescovi e sui sinodi e vicari generali e sulla sede episcopale vacante (parlarono 37 padri di cui 10 italiani); sull’onestà dei Chierici (38 oratori, di cui10 italiani); infine fu discusso lo schema sul catechismo minore (41 oratori tra cui 9 italiani).
Passarono tre mesi dall’inizio del Concilio senza che esso avesse prodotto alcun risultato, per questa ragione il 20 febbraio fu presentato un nuovo regolamento con norme più rigide, contro cui furono fatte svariate proteste da parte dei vescovi d’oltralpe ed anche di un nutrito gruppo di vescovi del nord d’Italia.
Nella lunga pausa tra quelle che possono essere considerate come la prima (fino al 22.2.) e la seconda parte del Concilio (iniziata il 18.3.), venne ristrutturata l’aula conciliare per migliorarne l’acustica, ma fu anche completata la rielaborazione della costituzione sulla dottrina, ora chiamata “de fide catholica”, con la partecipazione di teologi gesuiti altoatesini e tedeschi, ma residenti a Roma come Franzelin, Schrader e – in questa fase – Kleutgen e il vescovo Gasser di Bressanone. Lo schema fu ripresentato in aula e trovò il plauso generale, anche degli italiani. Fu promulgato nella terza sessione pubblica il 24.4.1870.
Già a fine gennaio era stato distribuito ai padri conciliari lo schema sulla Chiesa, chiedendogli di mandare, per iscritto, la loro opinione. Allo schema fu aggiunto, dopo quello sul primato, un dodicesimo capitolo sull’infallibilità pontificia, dietro ampia richiesta di vari gruppi di padri. Il documento, nonostante il divieto assoluto di pubblicazione, fu dato alla stampa e provocò la reazione negativa di molti governi. In Italia però – e soprattutto a Roma – le idee gallicane non avevano potuto mettere radici e quindi questa problematica fu meno sentita. In seguito al Concilio furono pubblicati degli scritti polemici tra cui quello di Pomponio Leto, e qualche rivista critica, ma per quanto riguarda la stampa non si riscontrò in Italia il fermento e l’ostilità che caratterizzarono gli altri paesi. A questo proposito non è certo da sottovalutare il ruolo della Civiltà Cattolica da sempre su posizioni esplicitamente vicine alla maggioranza conciliare.
Tra gli anti infallibilisti, che non ritenevano fosse il momento adatto per promulgare un dogma sull’infallibilità, inizialmente non c’erano italiani, anche se nella stessa presidenza del Concilio non mancavano perplessità su tale promulgazione. Più tardi troveremo tra loro i vescovi Guttadauro di Reburdone di Caltanisetta, Montixi di Iglesias, Moreno di Ivrea, Losanna di Biella e l’arcivescovo di Milano Nazari di Calabiana. Tutti però aderirono al dogma entro l’anno successivo alla sua promulgazione. Tra i vescovi della maggioranza, in favore quindi della promulgazione del dogma, l’apporto italiano fu fondamentale, non tanto per la presenza di figure di spicco quanto per una generale, solida e costante adesione alla dottrina da promulgare.
A maggio 1870 uno degli ultimi attacchi degli anti infallibilisti fu sventato grazie al giudizio del consultore Sanguineti sj che sostenne la non necessaria unanimità dei padri conciliari nel definire questioni di fede. Dopo la promulgazione del dogma, recepito con favore in Italia, la guerra franco prussiana rese impossibile la prosecuzione del Concilio con un numero sufficiente di vescovi e dopo l’estate, ad un mese dalla fine dello Stato Pontificio, papa Pio IX lo sospese a tempo indefinito.
Fonti e Bibl. essenziale
Fonti: Joannes Dominicus Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, vol. 48-51, Parigi 1901-1927; Acta et Decreta sacrorum conciliorum recentiorum. Collectio lacensis, vol. 7, Friburgo 1890. Opere generali: T. Granderath – K. Kirch, Geschichte des Vatikanischen Konzils von seiner ersten Ankündigung bis zu seiner Vertagung, 3 vol., Freiburg i.Br. 1903-1906; K. Schatz, Vaticanum I, 1869-1870, 3 vol. München-Paderborn 1992-1994; E. Cecconi, Storia del Concilio Ecumenico Vaticano: scritta sui documenti originali, 4 vol., Roma 1873-1879; Roger Aubert, Vatican I, Paris 1964. Opere diverse: J. Friedrich, Documenta ad illustrandum Concilium Vaticanum anni 1870, Nördlingen 1871; A.B. Hasler, Pius IX. (1846-1878), päpstliche Unfehlbarkeit und das l. Vatikanisches Konzil: Dogmatisierung und Durchsetzung einer Ideologie, 2 vol., Stuttgart 1977; F. Nobili Vitelleschi, Otto mesi a Roma durante il Concilio Vaticano: impressioni di un contemporaneo per Pomponio Leto, Firenze 1873. Diari: K. Schatz, Ein Konzilszeugnis aus der Umgebung des Kardinals Schwarzenberg: das römische Tagebuch des Salesius Mayer O. Cist. (1816-1876), Königstein 1975; L. Dehon, Diario del Concilio Vaticano I, a cura di V. Carbone, Vaticano 1962; C. Butler, The Vatican Council: the story told from inside, in bishop Ullathorne’s letters, 2 vol., London 1930, V. Tizzani, Il Concilio Vaticano I: diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), a cura di L. Pásztor, Stuttgart 1991.