Dizionario Storico Tematico “La Chiesa in Italia”
Diretto da P. Filippo Lovison, B
Volume I – Dalle Origini All’Unità Nazionale
Immagine: Basilica superiore di San Francesco d’Assisi, affresco di Cimabue, particolare: la scritta “Italia” compare sopra la città di Roma
Cantiere Storico: “La Chiesa in Italia”
integrazioni, completamenti, aggiornamenti alla Voce da parte di Autori diversi
ultimo aggiornamento del 17 aprile 2024
Sacra Congregatio de Propaganda Fide– Autore: Flavio Belluomini
La Sacra Congregatio de Propaganda Fide nacque per volontà di Gregorio XV (1621-23) il 6 gennaio 1622 inserendosi tra le congregazioni stabili della Curia Romana che, soprattutto a seguito della riforma sistina del 1588, contribuivano all’accentramento del governo del romano pontefice sulla Chiesa universale. La nuova congregazione riceveva dal papa il compito di governare le missioni nel mondo intero per condurre alla Chiesa cattolica, intesa come unica garante delle salus animarum, coloro che vi si erano allontanati o che non la conoscevano: gli “eretici protestanti”, gli “scismatici ortodossi”, gli “infedeli musulmani”, nonché i popoli extraeuropei ignari del cristianesimo. Gregorio XV, al pari degli altri papi controriformisti, avvertiva come praecipuum pastorale officium del pontificato ricondurre all’unico ovile della Chiesa cattolica tutte le genti. Una congregazione romana che si occupasse delle missioni esprimeva, dunque, la volontà del papato postridentino di governare direttamente l’opera della propagatio fidei.
Secondo un ampio filone storiografico, Gregorio XV era prevalentemente interessato alla conversione dell’Europa protestante e a riallacciare i rapporti con l’Oriente ortodosso, minore era l’interesse verso il mondo extra-europeo.
Già con Urbano VIII (1623-1644), pur rimanendo ferma l’attenzione al Vecchio Continente, crebbe la dimensione universalistica dell’attività della Congregazione. In questo orizzonte di cattolicizzazione di portata planetaria, Propaganda Fide operò lungo i secoli XVII e XVIII, ricevendo una battuta d’arresto nei due periodi della dominazione francese di Roma. Il 15 marzo 1798, al tempo della Repubblica Romana, la Congregazione fu soppressa dai francesi anche se, immediatamente, continuò la sua attività in segreto nell’Urbe. Successivamente, le sue funzioni furono ripartite tra monsignor Cesare Brancadoro che risiedeva a Fermo e il cardinale Stefano Borgia che si era stabilito a Padova. Le difficoltà di gestione in due centri portarono Pio VI (1775-99) a nominare Borgia pro-prefetto e la sede della Congregazione rimase così a Padova fino al luglio 1800, quando con Pio VII (1800-1823) il papa tornò a Roma. Nel 1809, gli uffici amministrativi di Propaganda Fide e il suo archivio furono portati in Francia per volere di Napoleone, il quale tentò di utilizzare il dicastero per esercitare un protettorato sulle zone missionarie extraeuropee. Cessato il potere dell’imperatore dei francesi e tornato nuovamente Pio VII a Roma, tra il 1814 e il 1817 la Congregazione venne riorganizzata e riprese la sua attività, consolidandosi in seguito sotto il pontificato di Leone XII (1823-29). In questa seconda parte della sua esistenza, soprattutto dagli anni Trenta del XIX secolo, essa rafforzò la sua dimensione universalistica impegnandosi particolarmente nell’evangelizzazione del continente africano.
Di fatto, la connotazione di organismo a servizio dell’universale pastorale officium del romano pontefice nel governo delle missioni per l’espansione cattolica si mantenne lungo i secoli XVII-XIX. La storia dell’espansione del cattolicesimo e dell’evangelizzazione può dirsi indissolubilmente legata alla nascita e allo sviluppo della Sacra Congregazione de Propaganda Fide.
Precedenti
È opportuno precisare che la volontà dei papi di centralizzare il governo delle missioni precede il 1622. Nel 1568, Pio V (1566-1572) aveva istituito due congregazioni, una per gli affari spirituali delle missioni, osteggiata da Filippo II che rivendicava i diritti di patronato sul Nuovo Continente, e una per la Germania. Ambedue fallirono perché mancanti di solida organizzazione. Gregorio XIII (1572-1585) riuscì a rivitalizzare la Congregazione Germanica, ne istituì una per le questioni dell’Oriente e si adoperò per la fondazione di collegi nazionali missionari, spesso stabiliti a Roma. L’esperienza più significativa, comunque, fu la fondazione di una Congregatio de Fide Propaganda (chiamata anche con altri nomi), voluta da Clemente VIII (1592-1605), nel 1599, che si occupò prevalentemente degli Italo-greci e dell’Oriente. Nel 1604, morto il cardinale Giulio Antonio Sartori che la presiedeva, essa cessò la sua attività ordinaria, forse prolungandosi per un certo lasso di tempo. Clemente VIII abbandonò l’idea di un organismo collegiale e optò per un’unica figura di riferimento, il sovrintendente delle missioni. Tale carica istituzionale continuò con Paolo V (1605-1621), il quale non mancò di sensibilità nei confronti delle missioni, ma non ristabilì un organismo centrale collettivo. Gregorio XV, succeduto a Paolo V, ritenne che i tempi fossero maturi per la fondazione di una nuova congregazione.
Struttura e Funzionamento
All’inizio la Congregazione era composta da tredici cardinali, due prelati e il segretario. Poco tempo dopo, Gregorio XV vi inserì il carmelitano scalzo Domingo de Jesùs Maria, famoso per la sua presenza alla battaglia della Montagna Bianca dell’8 novembre 1620, dove le truppe cattoliche ebbero la meglio su quelle protestanti. Urbano VIII, nel 1626, vi aggiunse un protonotario e, dal 1630, l’assessore del Sant’Uffizio diventava membro di diritto di Propaganda. Il numero dei componenti varierà nel tempo, mentre la sua struttura rimarrà invariata fino ad oggi. L’organo di governo era la congregazione generale, riunione plenaria che avveniva sotto la presidenza del cardinale prefetto, indicativamente con cadenza mensile. In essa un cardinale, detto “ponente”, o il segretario, presentava la questione da trattare, la “ponenza”; l’assemblea, dopo averla discussa, emetteva il rescriptum, cioè dava la risoluzione, oppure rimandava ad ulteriore approfondimento. La discussione in congregazione generale, di solito, aveva alla base lettere e memoriali con richieste di facoltà, presentazione di dubbi e proposte che provenivano da missionari, vescovi, nunzi, principi e altri soggetti che avevano a che fare con le missioni. In seguito divennero oggetto di discussione anche gli atti dei sinodi locali per eventuale approvazione. Dalla Congregazione, poi, partivano lettere, istruzioni e decreti in cui si esponeva la volontà dell’organismo centrale. Di particolare importanza per la storia della Congregazione fu l’istruzione del 1659, indirizzata ai vicari apostolici in Cina e Indocina, con l’invito a promuovere il clero autoctono, conoscere la cultura del luogo senza combattere i costumi e le tradizioni del paese, eccetto quando contrastanti la fede e la morale cattoliche.
Come tutti gli organismi di curia, Propaganda Fide sottostava all’autorità suprema del romano pontefice, in nome del quale agiva, e doveva presentargli i casi che uscivano anche presumibilmente dalla propria competenza. Nella seduta del 26 settembre 1622, fu chiesto al papa di partecipare almeno una volta al mese ad una congregazione. Le riunioni con la presenza del papa erano chiamate congregationes coram Sanctissimo. Con Alessandro VII (1655-1667), a partire dal 1666, si ebbe un’ulteriore partecipazione del papa che cominciò a ricevere il segretario della Congregazione in apposite udienze, soprattutto per la concessione di facoltà.
Le questioni che necessitavano approfondimento venivano sottoposte a congregazioni particolari, di per sé momentanee, composte da cardinali e altro personale competente con lo scopo di presentare una proposta di soluzione in congregazione generale. Alcune di queste si protrassero nel tempo e, in certi casi, divennero permanenti, come la Congregatio Particularis de Statu Temporali. Nel 1626 era stata fondata la tipografia poliglotta che stampava libri e altri testi utili per l’opera missionaria in varie lingue e in diversi alfabeti; per la gestione della tipografia, fin dal 1655, era sorta una congregazione particolare. Nel 1664 ebbe origine la Congregatio Particularis de rebus Sinarum et Indiarum Orientalium la cui attività si protrasse fino al 1856. Nel 1719, Clemente XI (1700-1721) istituì la Congregatio super Correctione Librorum Ecclesiae Orientalis che, sebbene legata a Propaganda Fide, agiva in modo piuttosto autonomo. Essa proseguì il suo lavoro fino al 6 gennaio 1862, quando, su proposta del prefetto Alessandro Barnabò, Pio IX (1846-1878) dispose che all’interno di Propaganda Fide vi fosse una congregazione con pertinenza sugli affari e sui riti orientali, con segretario, consultori, personale e archivio propri. Quest’ultima, il 1° maggio 1917, diverrà una congregazione autonoma, la Congregatio pro Ecclesia Orientali, per volere di Benedetto XV (1914-1922).
La vita ordinaria della Congregazione era gestita dal cardinale prefetto e dal segretario, i vertici di Propaganda. Ad essi vennero ad aggiungersi i consultori e i minutanti; questi ultimi, per la necessità sempre maggiore di scrivere lettere, andarono crescendo di numero dalla seconda metà del XVII secolo. Col tempo si sarebbe stabilita una riunione settimanale, il “congresso”, che riuniva i vertici della Congregazione e i minutanti per occuparsi degli affari correnti e delle questioni che non necessitavano di essere portate nelle congregazioni generali.
All’interno dell’organigramma la carica di maggior rilievo era quella del segretario. Oltre a preparare le riunioni, gestire la vita ordinaria del dicastero e, come abbiamo visto, conferire col papa, il segretario cercava di avere le notizie utili per il governo delle missioni e per nuove possibili imprese missionarie. Monsignor Francesco Ingoli, segretario dal 1622 al 1649, ebbe un ruolo decisivo. Egli, non solo tenne in mano in modo deciso l’aspetto organizzativo, ma contribuì a costruire l’identità della nuova Congregazione. La sua insistenza sulla necessità da parte dei missionari di conoscere le lingue e la cultura dei luoghi di missione e sul vantaggio di avere un clero autoctono resteranno una costante nella vita della Congregazione. Ingoli fu anche il primo archivista, raccogliendo, conservando e ordinando la documentazione. Tale carica non fu ufficialmente affidata ad una persona determinata fino a quando Guglielmo Leslie, nel 1661, sotto il segretario Mario Alberizzi, fu nominato archivista. Per la loro conoscenza del mondo missionario i segretari furono autori di opere rimaste come testimonianza storica delle missioni e del dicastero missionario. Il segretario Ingoli scrisse (probabilmente tra il 1629 e il 1631) La Relazione sulle Quattro Parti del Mondo, Urbano Cerri, nel 1678, fu autore di un rapporto indirizzato a Innocenzo XI e Niccolò Forteguerri, prima di essere segretario – ricoprì tale incarico dall’ottobre 1730 al febbraio 1735 – scrisse per Clemente XI, tra il 1706 e il 1709, le Memorie intorno alle missioni d’Africa, d’Asia e di America estratte dall’Archivio di Propaganda Fide. Sono da ricordare le due memorie programmatiche di Stefano Borgia, segretario della Congregazione dal 1770 al 1789 e in seguito, dal 1799 al 1804, prefetto; egli, a partire da un’approfondita analisi delle missioni, pare sulla base di uno scritto del vice-archivista Vincenzo Costanzi, tornava sulla necessità di una gerarchia ecclesiastica autoctona e proponeva l’uso della lingua volgare nella liturgia nelle zone missionarie; Angelo Mai, nel 1839, sotto il pontificato di Gregorio XVI, compose la Statistica delle missioni cattoliche dell’Europa, Asia, Africa ed America.
Giurisdizione
Secondo la bolla di fondazione Inscrutabili divinae Providentiae arcano, del 22 giugno 1622, preparata dai membri della Congregazione, Propaganda Fide esercitava la sua giurisdizione sui territori di missione e sui missionari che vi operavano in qualsiasi parte d’Europa e del mondo si trovassero. Perché un territorio fosse individuato come terra missionis era necessario che vi si riscontrasse la necessità della propagatio catholicae fidei e della sua tuitio. La Congregazione doveva determinare le zone del mondo dove la fede cattolica era assente, dove il credo dei cattolici era minacciato in quanto questi vivevano a contatto con chi ne professava un altro o dove mancava una gerarchia ecclesiastica stabile che tutelasse le pratiche e le normative tridentine. Queste caratteristiche rendevano un territorio terra missionis e su di esso la Congregazione rivendicava le competenze giuridico/istituzionali che le altre congregazioni della Curia esercitavano in ambito cattolico, con esclusione della giurisdizione della Penitenzieria Apostolica per il foro interno. Restavano poi esclusi gli ebrei la cui conversione permaneva di pertinenza del Sant’Uffizio e anche la Casa dei Catecumeni a Roma costituitasi già prima di Propaganda. Ora, se Propaganda Fide aveva la possibilità e il dovere di vigilare costantemente sull’Orbe, la sua giurisdizione effettiva si ampliava e si riduceva a seconda dei mutamenti che la presenza cattolica subiva nel mondo. Ad esempio, nel XVII secolo, l’Irlanda entrò nell’orbita di Propaganda Fide a seguito delle limitazioni imposte ai cattolici e della quasi estirpazione della gerarchia ecclesiastica da parte della dominazione inglese protestante; oltreoceano, la Nuova Francia, passando, nel 1763, dalla sovranità francese cattolica a quella inglese, divenne terra missionis.
Questa giurisdizione sulle terre di missione, anche se in linea di principio totale, dovette fare i conti con realtà che già esistevano e gestivano l’opera missionaria: il patronato delle monarchie iberiche, i vescovi di terre cattoliche minacciate dall’eresia, le congregazioni romane, soprattutto il Sant’Uffizio.
Dalla fine del XV secolo agli inizi del XVI, i papi, tramite bolle pontificie, avevano delegato ai sovrani iberici l’evangelizzazione e l’organizzazione ecclesiastica dei territori coloniali (patronato reál o padroado) la cui attuazione rese difficile l’intervento romano in quelle realtà. Inoltre, per quanto riguarda in particolare Propaganda, in alcune zone di competenza portoghese o castigliana era ormai presente una struttura diocesana ed erano stati introdotti i principi tridentini; tali zone geografiche non potevano, quindi, essere considerate terrae missionis, anche se in esse non mancavano realtà missionarie, specialmente sulle frontiere. Propaganda non rinunciò a tentare di intervenire, contestando anche il diritto di Patronato, almeno laddove non venisse effettivamente esercitato. Inoltre la Congregazione si diresse verso aree geografiche di nuova scoperta, dove il patronato non era ancora giunto, e in zone sottratte al dominio delle corone cattoliche dalle potenze protestanti. In quest’ultimo caso, cadendo sotto la dominazione di un sovrano “eretico”, tali territori potevano essere considerati missionari e dunque soggetti a Propaganda. Ad esempio, nel 1630, a seguito dell’occupazione olandese del Nordest del Brasile, Propaganda autorizzò una missione di frati cappuccini francesi affinché si prendessero cura dei cattolici portoghesi rimasti sotto sovranità protestante olandese. In tale circostanza i cappuccini colsero l’occasione per convertire anche i nativi. Le difficoltà col patronato sarebbero andate avanti nei secoli a seguire. Durante il XVIII secolo, il Portogallo propose di istituire nuove diocesi in Cina, Indocina e India. La Congregazione, che pur mirava a istituire una struttura diocesana nelle terre extraeuropee, si oppose in quanto in tali diocesi, proprio perché inserite nei territori di patronato, i vescovi sarebbero rientrati sotto la giurisdizione del re. Essa, in situazioni come queste, preferiva intervenire tramite i vicari apostolici (figura istituzionale che verrà presentata di seguito) che, in quanto non titolari di una sede locale, sarebbero rimasti alle dipendenze della Sede Apostolica tramite Propaganda.
Per quanto riguarda il rapporto con la giurisdizione dei vescovi, tale questione si presentava in certe zone di confine dove si temevano le “contaminazioni protestanti”, come la Valtellina e zone alpine del Piemonte, e in enclaves cattoliche nelle zone islamiche, protestanti e ortodosse. Propaganda interveniva, cercando però di collaborare con l’ordinario locale all’opera di difesa e propagazione della fede cattolica, senza oltrepassare i limiti della sua competenza.
Prima del 1622 era compito del Sant’Uffizio intervenire nelle missioni concedendo le facultates (per la fondazione di una nuova missione, per poter assolvere gli eretici pentiti, per leggere libri proibiti e così poterli confutare etc.) e di rispondere ai dubia che sorgevano, in modo non preventivato, in un contesto variegato come quello missionario. Con la fondazione di Propaganda Fide sarebbe toccato a quest’ultima intervenire in tali ambiti. Il Sant’Uffizio però reclamò il suo ruolo di custode universale e supremo della dottrina cattolica e, già con Gregorio XV, Propaganda faceva riferimento a tale Congregazione per questioni dottrinali e anche di disciplina. Urbano VIII, come abbiamo detto, volle la presenza dell’assessore del Sant’Uffizio in Congregazione; egli, nel 1633, istituì una Commissio super facultatibus missionariorum nella quale confluirono rappresentanti delle due congregazioni. Si giunse ad una standardizzazione delle facoltà mediante l’elaborazione di formule articolate per punti, definendo una procedura di concessione. Nel 1658, Alessandro VII stabilì che i dubia dottrinali in tutta la Chiesa fossero di competenza del Sant’Uffizio. Per le facoltà e per la risoluzione dei dubbi, sebbene il Sant’Uffizio mantenesse l’ultima parola, la collaborazione o almeno la relazione tra i due dicasteri diventò necessaria. Propaganda aveva un ruolo determinante nell’acquisizione delle conoscenze e nella preparazione delle decisioni sulla base della rete di informazioni da essa posseduta. La controversia sui riti cinesi e malabarici, ad esempio, che si protrasse dal secolo XVII fino agli anni Quaranta del XVIII, con il pontificato di Benedetto XIV (1740-1758), vide impegnate le due congregazioni.
I soggetti della missione
Per l’esercizio delle sue funzioni, la Congregazione fece riferimento a figure istituzionali esistenti e ne creò di nuove. Tra le esistenti un ruolo determinante lo ebbero i nunzi apostolici. Il nunzio che risiedeva in un paese cattolico poteva essere il referente per un’area geografica non cattolica a lui assegnata da Propaganda. Ad esempio, per quasi tutto il XVIII secolo, il nunzio di Bruxelles svolgeva la sua attività presso i rappresentanti della corte di Vienna a Bruxelles per ciò che riguardava i Paesi Bassi austriaci che erano cattolici, ma, contemporaneamente, da quella posizione seguiva i cattolici nei territori protestanti. Era infatti il referente per i cattolici di Inghilterra e di Irlanda e delle Provincie Unite d’Olanda. In quest’ultimo caso, essendo la Chiesa cattolica organizzata in arcipreture, dunque priva di vicari apostolici rivestiti di carattere episcopale, il nunzio ebbe la nomina di superiore diretto delle missioni di Olanda e gli arcipreti erano considerati come suoi vicari.
Propaganda non mancava comunque di cercare e di mantenere rapporti diretti con i missionari; proprio per questo, al fine di legarli a sé e tutelarne l’attività, concedeva ad alcuni il titolo di “missionario apostolico”.
Per avere una figura di riferimento che presiedesse la missione vennero istituiti i prefetti apostolici, di solito membri dell’ordine religioso a cui era affidata la missione. Questi rimanevano soggetti al proprio Ordine per ciò che riguardava la vita regolare, ma erano dipendenti da Propaganda nelle questioni missionarie.
Venne, poi, utilizzata la carica di vicario apostolico, in questo caso il soggetto in questione era rivestito di dignità episcopale. Tale figura giocò un ruolo importante perché poteva essere utilizzata là dove i tempi non erano maturi per istituire una diocesi; inoltre, come accennato, non essendo vescovo di una sede locale, ma titolare in partibus infidelium, il vicario apostolico si trovava ad essere completamente svincolato dalla soggezione alle corone, sia per la nomina che per l’attività.
Per acquistare un’effettiva autorità sulle terre di missione la Congregazione cercò di provvedere ad un clero missionario, soprattutto secolare, che ricevesse una formazione idonea e fosse alle sue dirette dipendenze. Già dal 25 aprile 1622, Propaganda divenne responsabile dei collegi nazionali di formazione missionaria. Il primo agosto 1627, poi, Urbano VIII dette vita a un collegio internazionale missionario, in seguito chiamato Collegio Urbano; esso, ospitava gli alunni di tutto il mondo nello stesso palazzo della Congregazione e mirava alla formazione romana di un clero autoctono. Nel 1658, su proposta dei francesi Pierre Lambert de la Motte et François Pallu, rispettivamente vicari apostolici in Cocincina e Tonchino, nacque il Séminaire des Missions étrangères de Paris, con lo scopo di formare giovani disposti a dedicare la vita all’attività missionaria. Lungo il secolo XVIII, la Congregazione non mancò di insistere sulla formazione di un clero autoctono, come pure sulla preparazione di coloro che sarebbero partiti per la missione. A questi ultimi si continuava a raccomandare di conoscere la lingua del luogo dove avrebbero esercitato l’apostolato, di condurre una vita moralmente corretta e di non intromettersi in politica, affinché la missione rimanesse scevra dagli interessi delle singole nazioni europee. Nel 1805, in un pro-memoria per una congregazione particolare si sosteneva ancora una volta che, per superare la crisi delle missioni era necessario concentrare le energie sulla formazione di un clero autoctono.
Durante il XIX secolo, l’idea di matrice romantica di una ricristianizzazione del mondo, in contrasto con la mentalità illuministica e rivoluzionaria, condusse ad una fioritura missionaria che vide il sorgere di nuovi istituti religiosi tipicamente missionari e tra questi anche quelli femminili. A seguito del periodo rivoluzionario le missioni cattoliche soffrivano per debolezza economica alla quale Propaganda Fide non poteva sopperire. Per quest’ultimo aspetto possiamo registrare l’opera del laicato cattolico che diveniva sempre più partecipe nel sostenere l’azione missionaria. Di ciò sono un’immagine eloquente, tra gli anni Venti e Quaranta, l’Associazione della propagazione della Fede e la Fondazione dell’Opera della Santa Infanzia, sorte in Francia. La Congregazione cercò di gestire tutte queste potenzialità. In tale opera un ruolo di rilievo lo ebbe il cardinale Mauro Cappellari, futuro Gregorio XVI (1831-1846), prefetto di Propaganda dal primo ottobre 1826 fino a quando divenne papa. Durante la sua prefettura, e successivamente sotto il suo pontificato, crebbe l’universalismo dell’opera di Propaganda Fide e, attraverso una riorganizzazione della stessa, egli si adoperò per un’efficace centralizzazione del governo delle missioni.
Riguardo all’Italia
Tramite un’inchiesta che i nunzi fecero presso i vescovi italiani, la Congregazione, all’inizio della sua attività, si rese conto che, nel complesso, la situazione nella penisola italiana non destava grosse preoccupazioni. I suoi vari Stati erano cattolici, in essi erano presenti i nunzi apostolici ed operava l’Inquisizione; il territorio italiano era considerato sicuro e, per certi aspetti, esemplare, quasi funzionale alla stessa Roma. L’eccezione era data delle zone lungo l’arco alpino, soprattutto la Valtellina e il Piemonte, per i rapporti che ivi potevano intercorrere con i protestanti. A tale proposito, è interessante osservare come Alessandro VII, alla proibizione stabilita per l’ingresso di italiani nel Collegio Urbano, fece eccezione per Como e le zone della Valtellina i cui giovani potevano esservi ammessi per ricevere una formazione e ritornare come missionari in quei luoghi ritenuti a rischio di eresia. Erano poi vigilati i porti di Venezia, Genova, Livorno e Napoli per il timore che da essi potessero giungere soggetti portatori di idee eretiche.
In territorio italiano un interesse particolare fu riservato alla presenza degli Italo-greci, sia degli stanziali presenti in Calabria, Sicilia e Puglia, che di coloro che erano di passaggio: marinai, mercanti, preti che facevano scalo nei porti italiani. La Congregazione teneva contatti con i vescovi dove erano presenti le comunità italo-greche e vi inviava missionari, affinché questi gruppi minoritari mantenessero l’unione con Roma e, nello stesso tempo, venisse loro assicurato il rito orientale, conservato nella sua purezza.
Un legame tra l’Italia e Propaganda Fide si ebbe sicuramente con la presenza predominante della componente italiana nell’organigramma del dicastero. Va sottolineato poi che la lingua italiana, non solo veniva parlata ordinariamente, ma dal 1657 venne assunta anche negli Acta delle Congregazioni Generali ai tempi del segretario Alberizzi.
Per ciò che riguarda il clero, la comunanza della lingua, la vicinanza a Roma, l’affinità di formazione facevano sì che, nel complesso, i preti italiani fossero considerati fedeli al papa, in altre parole preti “romani”, affidabili da un punto di vista missionario. Anche per questo, nel corso dei secoli XVII e XVIII, si pensò all’istituzione di collegi di preti secolari italiani da formare per la missione e direttamente dipendenti da Propaganda. La Congregazione delle Apostoliche Missioni, fondata a Napoli da Sansone Carnevale, negli anni Quaranta del XVII secolo, sebbene non abbia avuto successo, rientra in tale logica. Questo esempio ci mostra come sul territorio italiano fosse presente una sensibilità all’opera missionaria e la Sede Apostolica nutrisse fiducia nel clero italiano. In virtù di tale fiducia, nel 1706, Propaganda Fide chiese a gran parte degli episcopati e ai nunzi degli Stati italiani di inviare preti a Roma per essere formati per l’opera missionaria. La risposta, però, deluse completamente le aspettative. Il rapporto privilegiato con l’Italia e con il clero italiano – messo alla prova nel periodo rivoluzionario – riprese vigore durante la Restaurazione, nel contesto dell’intransigentismo cattolico avverso ai principi dell’Illuminismo e della Rivoluzione. Il risveglio missionario italiano, soprattutto piemontese, sebbene in modo minore di quello francese, vi giocò un ruolo non secondario, operando per portare nel mondo la fede e la civiltà cattoliche in un legame profondo col papa all’interno di uno spirito ultramontano.
Davanti all’inesorabile processo di unificazione dell’Italia, Pio IX, già prima della definitiva abolizione del potere temporale a seguito della presa di Roma, come contrappeso alla situazione italiana, rafforzò le relazioni internazionali. La crescita della presenza missionaria nelle varie parti del pianeta, favorita anche dai nuovi mezzi di trasporto, il nascere di nuove diocesi nei territori di missione, come anche il fiorire di nuovi istituti dipendenti da Propaganda o ad essa facenti riferimento portò ad un aumento delle questioni da sottoporre a Roma e fece crescere il legame del papa con il mondo. Mentre si infrangeva il rapporto del papa con l’Italia, almeno come entità politica, la Congregazione, seppur indebolita a seguito della confisca del patrimonio dopo il 1870, contribuiva al cosmopolitismo dell’azione pontificia e il romano pontefice, anche grazie a Propaganda Fide, assurgeva ancor più come capo supremo dell’opera della propagazione della fede.
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Santus C., Rome, avant-poste de la France en Orient. Les chrétiens orientaux dans la Ville Éternelle et la Congrégation de la Propagande pendant l’occupation napoléonienne (1808-1814), «Annales Historiques de la Révolution française», 401/3 (2020), 135-157.
Sastre Santos E., La circolare ai nunzi comunica la fondazione di Propaganda Fide, 15 gennaio 1622, «Ius Missionale» 4 (2010), 151-186.
Sastre Santos E., La fundación de Propaganda Fide (1622) en el contexto de la guerra de los Treinte Años (1618-1648), «Commentarium pro Religiosis et Missionariis», 83/3-4 (2002), 231-261.
Sastre Santos E., La victoria de la Montaña Blanca, 8 noviembre 1620: la causa de la fundación de la S.C. de Propaganda Fide, 6 enero 1622, «Revista española de derecho canónico» 79/192 (enero-junio 2022), 251-323.
Zhang R., La missione del primo Legato pontificio Maillard de Tournon. All’origine delle relazioni tra Santa Sede e Cina (1622-1742), Città del vaticano 2022.
Antigesuitismo – Autore: Sabina Pavone
Rivista da Antonio Salvatore Romano, Dottorando della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Osservazioni e integrazioni alla voce:
L’autrice è tra le più importanti studiose della storia della Compagnia di Gesù, e in particolar modo delle polemiche antigesuitiche.
Sabina Pavone prende avvio nel suo lemma dal riconoscimento ufficiale della Compagnia (1540) da parte di papa Paolo III, evidenziando come fin dai primi anni essa fosse stata oggetto di sospetto e talvolta addirittura di eterodossia.
A giusta ragione, l’autrice ricorda come, a causa di divisioni interne alla stessa Compagnia fra un partito italiano e un partito spagnolo, fosse nato il cosiddetto “antigesuitismo gesuita”; così come di fondamentale importanza fu la posizione veneziana assunta contro i gesuiti in occasione dell’Interdetto del 1606, con le ben note critiche di Paolo Sarpi.
Altro ben noto momento di tensione nella vita della Compagnia fu la polemica alimentata nella Curia Romana per la questione dei riti cinesi e malabarici; tale situazione, secondo l’autrice, avrebbe contribuito non poco, nei decenni successivi, ad alimentare quell’astio nei confronti della Compagnia di Gesù che sarebbe poi sfociato nella espulsione da vari Stati europei e nella soppressione da parte di Clemente XIV nel 1773.
Nel lemma Sabina Pavone ricorda, infine, come l’antigesuitismo, peraltro mai sopito, si fosse ripresentato con virulenza dopo il ristabilimento della Compagnia nel 1814, anche a causa della posizione intransigente e antiliberale assunta dai gesuiti lungo tutta la Restaurazione; fenomeno che ebbe il suo culmine nella polemica promossa da Vincenzo Gioberti, le cui opere furono poi messe all’Indice tra il 1849 e il 1852.
Data la grandissima competenza dell’autrice sull’argomento, il lemma appare completo e dotato di un’ottima sintesi, elemento proprio di un Dizionario storico-tematico.
Per una maggiore completezza bibliografica soprattutto sul XIX secolo, potrebbe essere utile aggiungere nella Bibliografia essenziale i seguenti studi:
Inglot, La Compagnia di Gesù nell’Impero Russo (1772-1820) e la sua parte nella restaurazione generale della Compagnia, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1997; Martina, Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983), Morcelliana, Brescia 2003; Malusa – L. Mauro, Cristianesimo e modernità nel pensiero di Vincenzo Gioberti. Il Gesuita moderno al vaglio delle Congregazioni romane (1848-1852), Franco Angeli, Milano 2005; Sale, La Civiltà Cattolica tra censura borbonica e svolta “intransigentista”, in U. Dovere (a cura di), Chiesa e Risorgimento nel Mezzogiorno, numero monografico di Campania Sacra 43 (2012) 157-186.
Bibbia – Autore: Giovanni Rizzi
Rivista dall’Autore Giovanni Rizzi, 20 marzo 2018
Biblioteche– Autore:Federico Gallo
Rivista dall’Autore Federico Gallo, 24 aprile 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia:
A. Rita, Biblioteche e requisizioni librarie a Roma in età napoleonica, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2012 (Studi e testi, 470).
Catari – Autore: Luigi Michele de Palma
Rivista dall’Autore Luigi Michele de Palma, 2 luglio 2018
Catechesi, Catechismi – Autore: Luigi La Rosa
Rivista dall’Autore Luigi La Rosa, 27 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
P. BRAIDO, Storia della catechesi. 3 Dal “tempo delle riforme” all’età degli imperialismi (1450-1870), LAS, Roma 2015; La catechesi nell’antichità, Giotto arte della stampa, Messina 2017.
Rivista da Antonio Salvatore Romano, Dottorando della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Osservazioni e integrazioni alla voce:
Il lemma curato da Luigi La Rosa risulta essere completo e di facile comprensione. Sviluppa i temi centrali senza perdersi nelle innumerevoli argomentazioni che, su questo tema complesso, sono state portate avanti nel corso del tempo. In particolare, l’autore individua due grandi macroperiodi: i secoli II-XV e i secoli XVI-XIX.
Prendendo le mosse dalla sequela Christi e dalla inculturazione del mondo ellenistico-romano, La Rosa legge l’evoluzione della catechesi in una linea di perfetta continuità attraverso i duemila anni di Storia della Chiesa. Ovviamente, egli non manca di segnalarne le particolarità e le vistose diversità manifestatesi lungo i secoli, individuando un punto di passaggio fondamentale nella pubblicazione del Catechismo Romano nel 1566; a ciò si aggiungano i numerosi catechismi utilizzati dai missionari per formare il “buon cristiano” nelle terre di missione. L’autore non manca di ricordare come l’insegnamento del catechismo in epoca post-tridentina sia diventato il fulcro delle missioni popolari promosse dai gesuiti, dai barnabiti, dai redentoristi e altre congregazioni religiose per la “ricristianizzazione” delle popolazioni rurali.
Molto importanti sono, da parte dell’autore, le citazioni dei più significativi volumi di argomento catechetico pubblicati nelle varie epoche prese in esame. Unica pecca è l’essersi soffermato maggiormente sulla realtà siciliana in età moderna, dedicando solamente pochi accenni alle altre realtà italiane.
Sarebbe stato utile inserire un richiamo alla grande diffusione dei “catechismi politici” e dei cosiddetti “catechismi degli stati di vita” nella seconda metà del Settecento, nella maggior parte dei casi a opera di vescovi e sacerdoti.
La bibliografia, data la gran mole di pubblicazioni esistenti, risulta essenziale. Limitandosi alle monografie, potrebbe, però, essere utile aggiungere anche i seguenti volumi:
- Sarnataro, La catechesi a Napoli negli anni del card. Giuseppe Spinelli (1734-1754). Contributi alfonsiani alla storia della catechesi, Pontificia Università Lateranense, Roma 1988;
- Felici (a cura di), Esegesi e catechesi nei Padri (secc. II-IV), LAS, Roma 1993;
- Felici (a cura di), Esegesi e catechesi nei Padri (secc. IV-VII), LAS, Roma 1994;
- Cattaneo (a cura di), I ministeri nella Chiesa antica. Testi patristici dei primi tre secoli, Paoline, Milano 1997;
- I. Bradley, The Roman Catechism in the Catechetical Tradition of the Church. The Structure of the Roman Catechism as Illustrative of the “Classic Catechesis”, Univesity Press of America, London – New York 1990;
- Il Catechismo Romano, traduzione a cura di T. Centi, Leonardo – Mondadori, Milano 1994;
- Becchi – M. Ferrari (a cura di), Formare alle professioni. Sacerdoti, principi, educatori, Franco Angeli, Milano 2009.
Censura ecclesiastica – Autore: Gigliola Fragnito
Rivista dall’Autore Gigliola Fragnito, 4 marzo 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia:
Church, Censorship and Culture in Early Modern Italy, G. Fragnito (ed.), Cambridge, Cambridge University Press, 2001; G. Fragnito, Un archivio conteso: le “carte” dell’Indice tra Congregazione e Maestro del Sacro Palazzo, in «Rivista Storica Italiana», CXIX, 2007, pp. 1276-1318;
Clero secolare –Autore: Gaetano Greco
Rivista da Lee Jaehyup, Dottorando della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Integrazioni alla voce:
Lo stato di decadenza del Clero fu appunto uno dei mali più gravi a cui il Concilio di Trento portava rimedio, perché alcuni Padri del Concilio di Trento hanno trovato la prima e principale causa dell’esplosione del Protestantesimo nell’indebolimento della disciplina ecclesiastica in mezzo al Clero.
«Un altro tema importante che si può approfondire solo a livello di storie locali è quello dei rapporti tra potere civile e autorità religiosa, i cui orientamenti sono molto diversi nei singoli Stati. L’Impero austro-ungarico, soprattutto nel periodo delle grandi di forme politico-religiose che precedono i tempi della Rivoluzione francese e si accentuano con la Restaurazione, tende a centralizzare la formazione dei futuri preti, pretende di indicare disciplina di vita e programmi di studio, allo scopo di formare dei preti che svolgano anche il ruolo di veri e propri funzionari statali» (M. Guasco, Per una storia della formazione del clero: problemi e prospettive, in «Chiesa chierici sacerdoti, Clero e seminari in Italia tra XVI e XX secolo», a cura di M. Sangalli, Roma, Herder Editrice e Libreria, 2000, 29-30).
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia:
E. Patrizi, La formazione del clero veronese dopo Trento: le origini del Seminario diocesano e la riforma della Scuola degli accoliti, in «History of Education and Children’s Literature», vol. 9, 2014, 339-380; D. Maselli, L’organizzazione della diocesi e il clero secolare, in «San Carlo e il suo tempo, Atti del Convegno Internazionale nel IV centenario della morte», Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1986, 413-425; G. Greco, Chiesa di Siena in età moderna, in «Chiesa chierici sacerdoti, Clero e seminari in Italia tra XVI e XX secolo», a cura di M. Sangalli, Roma, Herder Editrice e Libreria, 2000, 111-139; G. Parasiliti, Il clero secolare e la vita comune (Dal sec. XVI al sec. XIX), dissertazioni dottorali, Roma, PUG, 1938; M. Guasco, La Formazione del clero, Milano, Jaca Book, 2002; M. Guasco, Per una storia della formazione del clero: problemi e prospettive, in «Chiesa chierici sacerdoti, Clero e seminari in Italia tra XVI e XX secolo», a cura di M. Sangalli, Roma, Herder Editrice e Libreria, 2000, 25-38.
Concordati – Autore: Carlo Fantappiè
Rivista dall’Autore Carlo Fantappiè, l’11 settembre 2018
Confessione, Penitenza – Autore: Alessandra Costanzo
Rivista da José Joao, Dottorando della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 8 marzo 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
Renzo Gerardi, Eucaristia e Penitenza: sacramenti di riconciliazione, nella dottrina del Concilio di Trento, Pontificia Università Lateranense, Roma, 1975; Fabio Fabbi, La confessione dei peccati nel cristianesimo, Ed. Pro Civitate Christiana, Assisi, 1947; Nicola Bux, Confessione, penitenza e comunione nelle epistole canoniche di San Basilio, Milano 1983; Elena Brambilla, Alle origini del Sant’Uffizio: penitenza, confessione e giustizia spirituale dal medioevo al XVI secolo, Il Mulino- Bologna, 2000; Dino M. Manzelli, La confessione dei peccati nella dottrina penitenziale del Concilio di Trento, Centro di Studi Ecumenici Giovanni XXIII: Sotto il Monte, 1966; Dizionario degli Istituti di perfezione, edizione paoline, Tipografia Città Nuova della PAMOM, Roma, 1975.
Congregazioni religiose femminili – Autore: Gaetano Greco
Rivista da Joanna Bryske, Dottoranda della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
Zarri G., Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Bologna, 2002; Id., Ordini e congregazioni religiose in età moderna: genere, autorità, missione, in Storia della chiesa in Europa, a cura di Luciano Vaccaro, Brescia, 2005, pp. 335-349; Id., Il ‘terzo stato’, in Tempi e spazi di vita femminile tra medioevo ed età moderna, a cura di S. Seidel Menchi – A. Jacobson Schutte – T. Kuehn, Bologna, 1999, pp. 311-334
Crociate – Autore: Luigi Michele de Palma
Rivista dall’Autore Luigi Michele de Palma, 2 luglio 2018
Diritto Canonico – Autore: Carlo Fantappiè
Rivista dall’Autore Carlo Fantappiè, l’11 settembre 2018
Emigrazione, Immigrazione – Autore: Matteo Sanfilippo
Rivista dall’Autore Matteo Sanfilippo, 26 marzo 2018
Fonti e Bibl.
Opere inserite nella bibliografia:
Ad ultimos usque terrarum terminos in fide proganda. Roma fra promozione e difesa della fede in età moderna, a cura di M. Ghilardi, G. Sabatini, M. Sanfilippo e D. Strangio, Viterbo, Sette Città, 2014; A. Menniti Ippolito, Il Cimitero acattolico di Roma. La presenza protestante nella città del papa, Roma, Viella, 2014; Chiese e nationes a Roma: dalla Scandinavia ai Balcani, a cura di A. Molnár, G. Pizzorusso e M. Sanfilippo, Roma, Viella, 2017.
Eremitismo – Autore: Mariano Dell’Omo
Rivista da Dabiré Doniku Sylvain, Dottorando della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Integrazioni alla voce :
Definizione: «Etimologicamente l’eremitismo è l’atto di ritirarsi nel deserto, cioè lontani dal mondo e dalle ambizioni temporali, da soli o in gruppo. Lo scopo può essere quello de trovare raccoglimento interiore per poter vivere nella Contemplazione di Dio, o quello di fare penitenza, sia per i propri peccati che per quelli dell’umanità, o ancora di testimoniare la propria fede mediante un’Ascesi particolarmente rigida…” (Dizionario enciclopedico del Medioevo, Città Nuova Editrice 1998, art., Eremitismo, p. 655).
Fonti e Bibl. essenziale
Opere utili (non tutte nuove) che possono essere inserite nella attuale bibliografia:
G. Penco, L’eremitismo irregolare in Italia nei secoli XI-XII, “Benedictina” 32 (1985), 201-21 ; Id., Storia del monachesimo in Italia, Roma 1983 ; Id., Caratteri e obiettivi della storiografia monastica italiana contemporanea, “Studia monastica” 44 (2002), 229-238 ; Id., La storiografia monastica italiana negli ultimi trent’anni, “Benedictina” 46 (1999), 445-78. G. Vitolo, Forme di eremitismo indipendente nel Mezzogiorno medievale, “Benedictina” 48 (2001), 309-23 ; M. Stirpe, Eremi e eremiti di Veroli dal X al XIX secolo, “Rivista di Storia della Chiesa in Italia” 33 (1979), 435-54 ; Il monachesimo femminile in Italia dall’alto medioevo al secolo XVII : a confronto con l’oggi. Atti del sesto Convegno del Centro di studi farfensi (Santa Vittoria in Matenano, 21-14 settembre 1995), a cura di G. Zarri, Milano 1997 ; V. Musardo Talò, Il monachesimo femminile : la vita delle donne religiose nell’occidente medievale, Cinisello Balsamo 2006 ; Jean Sainsaulieu, Ermites en Occident, in Dictionnaire d’Histoire et de Géographie Ecclésiastique, IV, 771-787 ; F. Salvestrini, La più recente storiografia sul monachesimo italico d’età medievale (ca. 1984-2004) in Percorsi recenti degli studi medievale. Giornate di studio in occasione del ventennale del Dottorato di ricerca in storia medievale delle Università di Firenze, Bologna e Roma “La Sapienza” (Firenze, 27-28 gennaio 2004), a cura di A. Zorbi, Firenze 2006, 69-163.
Giurisdizionalismo – Autore: Carlo Fantappiè
Rivista dall’Autore Carlo Fantappiè, l’11 settembre 2018
Maria Santissima – Autore: Luca Di Girolamo
Rivista dall’Autore Luca Di Girolamo, 29 luglio 2018
Monetazione papale tra XV e XVI secolo. La Zecca di Roma
– Autore: Tomassoni Roberto
Nuova voce, 31 maggio 2018
Nunziature – Autore: Antonio Menniti Ippolito
Rivista da Joanna Bryske, Dottoranda della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
Oliveri M., Natura e funzioni dei legati pontifici nella storia e nel contesto ecclesiologico del Vaticano II, (Storia e attualità, 8), Città del Vaticano, 1982; Feldkamp Michael F., La diplomazia pontificia, Milano, 1998; Giordano S., Uomini e apparati della politica internazionale del papato, in Visceglia M. A. (a cura), Papato e politica internazionale nella prima età moderna, Roma, 2013, pp. 131-148; Andretta S. Cerimoniale e diplomazia pontificia nel XVII secolo. In: Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIXe siècle) Roma, 1997. pp. 201-222.
Ordini militari – Autore: Luigi Michele de Palma
Rivista dall’Autore Luigi Michele de Palma, 2 luglio 2018
Pataria – Autore Belluomini Flavio
Nuova voce, 16 marzo 2021
Pietà illuminata – Autore: Belluomini Flavio
Nuova voce, 20 settembre 2018
Predicazione – Autore: Roberto Rusconi
Rivista dall’Autore Roberto Rusconi, 19 maggio 2018
Probabilismo – Autore: Amarante Alfonso
Nuova voce, 17 giugno 2018
Riforma protestante – Autore: Stefano Cavallotto
Rivista dall’Autore Stefano Cavallotto, 26 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
L. Addante, Eretici e libertini nel Cinquecento italiano, Laterza, Roma – Bari 2010; E. Fiume, Scipione Lentolo 1525-1599. Quotidie laborans evangelii causa, Claudiana, Torino 2003; G. Fragnito, Cinquecento italiano. Religione, cultura e potere dal Rinascimento alla Controriforma, Mulino, Bologna 2011; S. Peyronel Rambaldi (a cura di), Cinquant’anni di storiografia italiana sulla Riforma e i movimenti ereticali in Italia. 1500-2000, Claudiana, Torino 2002.
Rinascimento – Autore: Yvonne zu Dohna
Rivista dall’Autore Yvonne zu Dohna , 2 agosto 2018
Reliquie – Autore: Mario L. Grignani
Rivista da Joanna Bryske, Dottoranda della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
Congregatio de Causis Sanctorum, Le cause dei santi: sussidio per lo “Studium”, a cura di Vincenzo Cruscolo, Roma 2014, pp. 196-198; Giovanni Paolo II, Divinus perfectionis magister, in: AAS 75 I (1983), p.353; Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum, Normae Servandae, del 7 febbraio 1983, in: AAS 75 (1983), p.401; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, Libreria Editrice Vaticana, 2002; Commissione Episcopale per la Liturgia, L’adeguamento liturgico delle Chiese. Nota pastorale della Commissione Episcopale per la liturgia, in Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana, VI, Bologna 2002, pp. 108-165; Congregatio de Causis Sanctorum, Sanctorum Mater. Istruzione per lo svolgimento delle Inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi, in Acta Apostolicae Sedis 99 (2007), 507-510.
Satira – Autore: Paolo Poli
Nuova voce, 25 maggio 2018
Satire: temi, espressioni, condanne – Autore: Lentini Giuseppe
Nuova voce, 25 maggio 2018
Scuola – Autore: Raffaele Savigni
Nuova voce al 11 ottobre 2018
Valdesi – Autore: Stefano Cavallotto
Rivista dall’Autore Stefano Cavallotto, 26 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
S. Velluto, Valdesi d’Italia, Edizioni Sonda (1a ed. 2003), Casale Monferrato 2008.
Visite apostoliche – Autore: Maurilio Guasco
Rivista da Joanna Bryske, Dottoranda della Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Roma, 22 febbraio 2018
Fonti e Bibl.
Opere utili che possono essere inserite nella attuale bibliografia
Socol C., La visita apostolica del 1584-85 alla diocesi di Aquileia e la riforma dei Regolari, Udine, 1986; Jacob A., Caloro A. (a cura), Luoghi, chiese e chierici del Salento meridionale in età moderna: la visita apostolica della città e della diocesi di Alessano nel 1628, Martina Franca, 1999.