Autore: Emanuele Boaga †
Un notevole esempio di associazionismo dei laici è costituito dalle confraternite tra medioevo e epoca moderna. Tale esperienza cristiana aggrega un gruppo di fedeli allo scopo di venire incontro – attraverso la mutua assistenza, opere di carità e di pietà – ad esigenze differenziate ed avvertite da larghi strati delle popolazioni urbane e rurali alle quali le istituzioni allora esistenti non erano in grado di dare una risposta adeguata. Per gli associati o membri essa costituisce, in diverse misure, un luogo di socializzazione, di scambio di idee e di elementare acculturazione; ed è anche mezzo notevole d’inserimento sociale tramite la partecipazione degli associati alla gestione di opere e iniziative, e l’embrionale mutua assistenza in contingenze difficili. Ma soprattutto, l’esperienza confraternale offre ai membri un concreto e puntuale impegno religioso, una prassi comunitaria cultuale, liturgica e di preghiera, e una partecipazione a benefici, indulgenze, e suffragi per le proprie anime.
L’origine delle confraternite è molto incerta. Per alcuni studiosi gli antecedenti nel mondo tardo antico sarebbero le associazioni dei “fossores” a Roma e a Cirta, dei “parabolani” a Costantinopoli, dei “philopones” e “spoudaei”. Le scarse notizie su tali associazioni mostrano però una loro forte differenza rispetto alle confraternite medievali, che risultano invece un fenomeno tipicamente medievale con complessa varietà.
Nel suo sviluppo storico l’associazionismo confraternale in Italia presenta infatti una varia denominazione da regione a regione. I termini più frequenti sono: confraternitas, fraternitas, fraterie, confraterie, consortia, fratele, fraglia, sodalitium, gilda, gildonia, schola e congrega. In uso a Napoli vi è anche il termine estaurita o staurita. Inoltre i singoli tipi o famiglie delle confraternite in relazione alla loro finalità risultano estremamente varie. Qui di seguito si offre un breve panorama delle loro origini e sviluppo facendo riferimento ad alcune particolarmente importanti.
In Italia l’esistenza delle confraternite è provata dal secolo IX in poi. Riscontri e documenti più precisi per il secolo X attestano l’esistenza a Napoli di diverse associazioni miste di chierici e laici, mentre a Modena vi era una “fraternitate” di laici (75 uomini e 44 donne) intitolata a S. Geminiano. Nel secolo XI si hanno esempi a Ravenna e Ivrea di laici che si associano «pro Dei timore et Christi amore». Nel frattempo, in alcune chiese di Napoli, di Sorrento e di Benevento si hanno i casi di fedeli ammessi ed iscritti a confraternite clericali. Ma è soprattutto dal secolo XII che i laici sviluppano le confraternite autonome, come quelle composte da uomini e donne e sorte per scopi ospedalieri nel Veneto già nella seconda metà di quel secolo.
Nel secolo XIII il dilatarsi del movimento dei Disciplinati nell’Italia centrale e settentrionale spinge al sorgere di numerose confraternite di carattere penitenziale. La prima di esse sorge a Perugia nel 1260. Notevole è anche il numero di confraternite che sorgono sotto l’impulso dei laudesi, avendo la loro origine a Siena nel 1267. A Roma nel 1246 nacque la compagnia dei Raccomandati di Madonna S. Maria, riconosciuta da Clemente IV nel 1267 fu favorita dagli ordini mendicanti e unita ad altri sodalizi diverrà nel 1486 con intervento di Innocenzo VIII la confraternita del Gonfalone, che conoscerà con il passare degli anni una larga diffusione e una forte influenza. Altre confraternite nascono nel secolo XIII per scopi assistenziali e devozionali, e anche dal movimento cosiddetto dei Bianchi ne derivarono numerose in tutta Italia a partire dal 1399 a Chieri presso Torino. Un caso particolare riveste invece la confraternita di S. Maria delle Neve sorta nel 1258 nel regno di Napoli che, alle attività devozionali collegate ai santi suoi patroni, aggiunse il fine di contrastare il potere politico svevo in favore della politica filopontificia.
Dal XIV al XVIII secolo si assiste ad una larga diffusione e sviluppo delle confraternite. Molte di esse divennero importanti e portarono un contributo non indifferente non solo nella lotta contro le eresie, ma anche per contrastare il protestantesimo nei vari Stati della penisola. Numerose furono le confraternite che forti dal punto di vista finanziario contribuirono efficacemente allo sviluppo sociale, artistico ed economico delle città e paesi in cui erano inserite. Ad esse infatti si devono l’erezione di ospedali, ospizi per i poveri e pellegrini, orfanatrofi e conservatori per ragazze in pericolo, di chiese, oratori e monumenti, nonché la organizzazione e gestione di scuole per diffondere la conoscenza di mestieri e l’educazioine religiosa, ed infine, ma non ultimo, per gestire luoghi di sepoltura. Notevolissimo è stato poi l’apporto che esse hanno dato allo sviluppo delle arti, commissionando agli artisti per le loro sedi sculture, dipinti, oggetti pregiati e di culto. Diedero anche un forte impulso alla musica; basta pensare allo Stabat Mater di Pergolesi composte su commissione dell’arciconfraternita dei Cavalieri della Vergine dei Sette Dolori di Napoli. Inoltre, in occasione delle feste e delle processioni alimentavano anche espressioni folkloristiche.
Già nel secolo XIV erano numerose le confraternite che amministravano ospedali, specialmente per i malati non accolti altrove a causa della loro infermità ripugnante, come ad es. nel “ridotto degli incurabili” di Genova (1499). A Roma nel 1499 esisteva una confraternita di S. Rocco, alla quale Alessandro VI dava l’autorizzazione di costruire chiesa ed ospedale. Altre confraternite gestivano delle banche per la lotta contro l’usura.
Nel secolo XV si assiste al diffondersi tra gli scopi delle confraternite l’assistenza ai malati e ai condannati a morte, come ad esempio a Genova la confraternita della Misericordia e a Napoli quella dei Bianchi della Giustizia. E non mancano casi in cui l’opera dei membri di una confraternita era l’impegno nel pacificare gli animi divisi da interessi e fazioni cittadine, come a Genova con la confraternita «pacis et amoris» nella chiesa di S, Lorenzo. Né mancano confraternite che sorgono per assistere gli indigenti e dare sepoltura ai poveri. In questo un caso particolare a Roma è la Confraternita della Pietà dei fiorentini sorta in occasione della peste del 1448. Più tardi sempre a Roma, con il sacco compiuto nel 1527 dai lanzichenetti al soldo di Carlo V, alcuni laici provvidero a dare cristiana sepoltura ai numerosi cadaveri che giacevano sulle vie e sui campi dell’Urbe. Tale iniziativa caritativa continuò e assunse caratteri organizzativi più definiti in occasione della grave carestia che colpì nel 1538-39 la città eterna e i suoi dintorni, mietendo numerosissime vittime. Nacque così la confraternita della Morte ed Orazione, che ha svolto in seguito una vasta azione per la sepoltura dei cadaveri di vagabondi e pellegrini rimasti insepolti, ricercati e raccolti a Roma e negli agglomerati isolati delle campagne circostanti. Lo sviluppo di questo tipo di compagnie della Morte fu in epoca moderna assai impetuoso e vasto in tutta Italia, poiché la cura dei defunti, la tumulazione delle salme, la gestione dei luoghi funerari furono sempre considerate questioni inerenti strettamente alla pietà e carità cristiana, più che ad una preoccupazione di natura pubblica e civile.
Inoltre, sempre nel secolo XV, non vanno dimenticate le confraternite erette, presso le proprie chiese, da frati degli ordini mendicanti: a Mantova la confraternita della Madonna, che nel 1460 ebbe regola e statuti dal b. Bartolomeo Fanti, e le confraternite «de signo ordinis» presso i carmelitani; la confraternita di S. Orsola di Faenza e quelle dei Cinturati di S. Monica e S. Agostino presso gli agostiniani; la confraternita della S. Corona, quella della Purità in S. Maria Novella a Firenze e la compagnia di S. Tommaso a Perugia presso i domenicani; la compagnia di S. Bernardino e il Consorzio della Carità a Milano nonché la confraternita di S. Giovanni a Perugia presso i francescani.
La complessa e molteplice importanza delle confraternite nella vita religiosa italiana del secolo XV viene rivelata anche dai compiti e dalle caratteristiche che dal punto organizzativo e da quello della spiritualità emergono dall’esame delle relative regole o statuti, dalla scelta dei Santi titolari, dall’impegno dell’insegnamento catechistico. Sovente da quest’epoca in poi le confraternite cercarono uno spazio proprio tra gli organismi ecclesiali e il popolo, e spesso venivano ad essere alternativa o sostegno delle attività di pertinenza delle parrocchie. Significativo è pure il diffondersi, all’interno delle confraternite sotto lo stesso titolo e finalità, degli schemi iconografici propri, come nel caso della prima filiale italiana – fondata nel 1480 a Venezia – della Confraternita del Rosario e della sua ulteriore diramazione in varie città, con la raffigurazione della Vergine col Bambino e i santi Domenico e Caterina da Siena.
Agli inizi del secolo XVI la confraternita del SS. Sacramento, che in precedenza era scarsamente diffusa, conobbe una forte rifioritura. La prima confraternita eucaristica romana eretta in S. Lorenzo in Damaso, alla quale nel 1508 lo stesso papa Giulio II volle essere affiliato. Ad essa seguì poco dopo nel 1513 quella a S. Maria in Traspontina, ed entrambe vennero poi trasferite in altre sedi. Quella eretta nel 1538 a S. Maria sopra Minerva e approvata l’anno seguente da Paolo III e dotata dei privilegi liturgici delle basiliche, divenne in breve il modello di tutte le altre che sarebbero sorte successivamente e che si sarebbero a centinaia aggregate ad essa. Ciò determinò un incremento della devozione eucaristica, anche se le altre antiche e nuove confraternite continuavano a seguire la consuetudine della santa Comunione una volta al mese.
A partire alla metà del secolo XVI, anche se il Concilio di Trento si soffermò in modo frettoloso e non organico sulle confraternite, non mancarono iniziative promosse dai vescovi per l’attuazione dello spirito tridentino nel mondo confraternale. Emblematica di ciò è la riforma delle confraternite disciplinate operata a Milano da S. Carlo Borromeo, che imponeva ai vescovi suffraganei la visita di quelle esistenti nei territori della loro giurisdizione, l’esame dei loro statuti e libri di preghiera, e l’accertamento dello stile di vita dei loro membri. Negli anni successivi queste disposizioni furono seguite non solo nelle diocesi suffraganee di Milano, ma anche in altre diocesi in Piemonte e in Liguria.
Sempre in questo periodo assai florido per le confraternite italiane, i papi elargirono molte indulgenze e privilegi alla arciconfraternite, che venivano designate tramite una bolla o breve pontificio. Inoltre volsero la loro attenzione alla riorganizzazione giuridica. Così nel 1595 Clemente VIII, in applicazione del Concilio di Trento che aveva stabilito la dipendenza dai vescovi delle pie associazioni e le confraternite, parlava di indulti e facoltà necessari all’erezione delle confraternite. E nel 1604 lo stesso papa, con la costituzione Quaecumqua a Sede Apostolica, designava una organica e nuova visione giuridica per le confraternite, definendo chiaramente le modalità della loro erezione, di acquisizione e di partecipazione di indulgenze e privilegi spirituali, i diritti e i doveri di controllo e di disciplina da parte dei vescovi e superiori degli ordini religiosi. Inoltre stabiliva che qualsiasi tipo di confraternite avesse la sede primaria, detta arciconfraternita, in Roma e ad essa dovessero essere aggregate tutte le altre confraternite simili per poter godere dei privilegi e benefici spirituali; anche le confraternite già esistenti erano tenute a chiedere tale affiliazione, aggregandosi così alle arciconfraternite romane. In seguito il titolo e i privilegi delle arciconfraternite vennero pure concessi ad altri sodalizi con sede fuori di Roma.
Nel periodo dopo Trento assai attive furono pure le confraternite – diffuse a Como, Genova, Verona, Parma, Piacenza, Lodi e Cremona – per organizzare e favorire l’insegnamento della dottrina cristiana. I vescovi Carlo Borromeo a Milano e Gabriele Paleotti a Bologna, favorirono la istituzione sistematica di queste confraternite della dottrina cristiana nella parrocchie delle loro rispettive diocesi. Dopo l’erezione in arciconfraternita decretata da Paolo V nel 1607 della scuola fondata a Roma nel 1560 da Marco de Sadi Cusano e Enrico Pietra, questa si diffuse ampiamente anche fuori d’Italia giungendo tra il 1607 e il 1908 ad aggregare 528 analoghe compagnie.
Nel corso del secolo XVII aumentano, sotto nuovi titoli, le confraternite di culto e di devozione alla Vergine Madre di Dio e ai Santi. Ad esse si aggiungono quelle per il suffragio delle anime del Purgatorio, istituite dal cappuccino Alessio Segàla da Salò (†1628), e quelle del nome di Gesù, le congregazioni mariane, le pie società di S. Giuseppe e le associazioni degli Schiavi di Maria istituite dai Teatini, nonché le compagnie dell’Angelo Custode diffuse dai Somaschi.
Nel corso dello stesso secolo, però, i consistenti patrimoni delle confraternite fecero emergere una serie di problemi relativi alla loro amministrazione, tra cui quello del rapporto con i frati, nel caso delle confraternite erette dagli istituti religiosi, e l’eventuale presenza del fenomeno “clericalizzazione“ nella loro gestione. Certo la presenza di sacerdoti diocesani in varie confraternite è un fenomeno rilevante alla fine del secolo XVII e nei secoli seguenti. A volte alcuni di essi divenivano anche priori o governatori delle confraternite. Questo fenomeno trova la sua spiegazione non solo nella pietà e nella devozione dei singoli membri di una confraternita, ma anche nelle necessità amministrative dei patrimoni ormai consistenti che persone poco o per nulla istruite erano incapaci di gestire. Inoltre si ha una pressione da parte dei parroci nei vari luoghi per unire le confraternite più strettamente alla parrocchia, non tanto per motivi pastorali, quanto per situarle meglio nella sfera ecclesiastica. E sempre riguardo all’amministrazione, anche se la documentazione relativa oggi nota spesso mostra una gestione accurata e una particolare attenzione alle attività di culto, non tutto doveva scorrere liscio se a volte in questo secolo XVIII alcuni vescovi intervennero per imporre la compilazione di inventari del patrimoniale difendendolo così da eventuale usurpazione di alcuni, e per comporre e sanare il partitismo che divideva gli animi in questioni amministrative, con discussioni accese e anche violente.
Nell’Italia meridionale, sempre nel secolo XVIII, sotto l’influsso della politica riformista dei Borboni, le confraternite subirono trasformazioni verso un carattere più secolarizzato e più amministrativo sanzionato dai regi assensi, che portavano in vari casi allo sgancio dallo spirito originario, e ad una forte caratterizzazione formale e secolarizzata.
Con le vicende del periodo napoleonico in Italia (1796-1814) molte confraternite vennero soppresse o costrette dall’evolvere degli eventi a ridurre notevolmente le relative attività proprie. Altre invece, si rianimarono o si rifondarono nell’opera svolta per la restaurazione, e non poche assunsero un orientativo caritativo e pastorale con una più stretta connessione con gli organismi ecclesiastici, ma il loro declino era ormai segnato nelle varie regioni d’Italia.
Fonti e Bibl. essenziale
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