Autore: Tommaso di Carpegna
“Urbe” per eccellenza, capitale dell’Impero, dello Stato pontificio e sede del capo della Chiesa cattolica, nonché una delle più popolose città della penisola italiana, Roma ha sempre vissuto due dimensioni diverse ma strettamente intrecciate, essendo al contempo un luogo fisico e simbolico. Situata sul fiume Tevere a poca distanza dalla foce, compresa nel circuito delle mura Aureliane, con propaggini sulla riva destra (Trastevere e il Vaticano), per una superficie che all’interno della cinta fortificata si aggirava sui 1400 ettari, la città ha conosciuto una storia demografica complessa, le cui cifre sono ancora oggetto di dibattito tra gli storici. Popolata da forse un milione di persone nel I secolo d.C., ebbe un tracollo demografico nel corso del VI secolo, una significativa ripresa nel periodo compreso tra il IX e il XIII secolo, un ulteriore calo durante il Trecento e una crescita continua – interrotta solo dal Sacco del 1527 – nel corso dell’età moderna. La sua popolazione viene calcolata, per l’età medievale, sull’ordine di alcune decine di migliaia e di circa 100.000 abitanti durante l’età moderna. Nel periodo in cui cessò la propria funzione di capitale dello Stato pontificio (1870) essa aveva circa 200.000 abitanti, mentre il XX secolo è stato il periodo del suo sviluppo esponenziale. Durante tutta la sua storia, la popolazione si è caratterizzata per una conformazione decisamente aperta, essendo sempre stata centro di imponenti flussi migratori.
La città conobbe l’evangelizzazione di Pietro e Paolo solo poco tempo dopo la morte di Gesù, negli anni Cinquanta del I secolo. I due apostoli vi ricevettero il martirio verso il 67. Pietro fu sepolto vicino al luogo dell’esecuzione, sul colle del Vaticano; Paolo, che era stato decapitato ad Aquas Salvias (oggi S. Paolo alle Tre Fontane), fu sepolto sulla via Ostiense. Sulle loro tombe si sviluppò progressivamente il culto ad limina Apostolorum, principale meta del pellegrinaggio romeo, che poi andò indirizzandosi anche ai luoghi di culto del suburbio, le basiliche cimiteriali e le catacombe, e infine alle chiese entro le mura, colme di reliquie e di icone. La popolazione fu cristianizzata tra il II e il V secolo (i primi tituli, cioè le chiese fondate entro abitazioni private e divenute chiese battesimali, risalgono al III e al IV secolo). L’impulso fondamentale all’istituzionalizzazione della Chiesa romana fu dato dall’imperatore Costantino, che dopo la battaglia di Ponte Milvio donò al vescovo di Roma vaste proprietà del fisco imperiale, soprattutto il Laterano (dove fu edificata la cattedrale del SS. Salvatore, in seguito intitolata a San Giovanni) e il Vaticano (dove fu edificata la basilica cimiteriale di San Pietro), e che prossimo alla morte ricevette il battesimo. Alla fine del V secolo, l’impianto della struttura ecclesiastica era ormai definito, con la cattedrale, che aveva accanto gli edifici di amministrazione (detti episcopio, poi patriarchio, indi palazzo Lateranense), con le due basiliche dedicate agli apostoli Pietro e Paolo e le altre due basiliche di S. Lorenzo fuori le Mura e di S. Maria Maggiore. A queste si affiancavano i tituli, cioè le chiese battesimali rette da un presbitero cardinale, e gli edifici sacri costruiti sopra le catacombe. Nel corso dell’alto medioevo, ai già numerosi luoghi sacri si aggiunsero le diaconie, originariamente edifici destinati all’accoglienza, nonché un enorme numero di monasteri, oratori, cappelle, scholae e xenodochia per i pellegrini. Oltre che dalle evidenze architettoniche, dalle emergenze archeologiche e dalle guide per i pellegrini, diffuse durante tutto il medioevo e l’età moderna, traiamo queste informazioni soprattutto dal Liber pontificalis, il testo contenente le biografie dei pontefici che fu redatto continuativamente dal VI alla fine del IX secolo e fu poi ripreso nel basso medioevo. Numerose altre chiese, situate soprattutto nell’ansa del Tevere, che era la più abitata, furono edificate dal X al XIII secolo, tanto che al principio del Trecento – ci informa una fonte denominata Catalogo di Torino – le chiese romane erano oltre quattrocento (ma in totale, il numero di chiese attestate a Roma tra antichità e contemporaneità supera di molto le mille unità).
La lunga storia della Roma medievale e moderna può essere compendiata osservando il mutare delle sue istituzioni ecclesiastiche e laiche. Durante l’alto medioevo vi fu un articolato sistema amministrativo che prevedeva l’esistenza di sette regioni ecclesiastiche, rette da altrettanti diaconi, e di circa ventotto titoli, equivalenti alle parrocchie. Il pontefice era coadiuvato dai rettori di questi istituti (diaconi e presbiteri cardinali), nonché dai vescovi delle diocesi vicine a Roma (vescovi suburbicari): costoro avrebbero costituito, nel corso del tempo, il Collegio cardinalizio. Tra XI e XII secolo si attuò una sorta di specializzazione in seno al clero romano: una parte di esso, collegato all’amministrazione centrale, si trasformò nella Curia romana (il termine è in uso dalla fine del secolo XI), presieduta dal papa e dai cardinali e comprendente diverse centinaia di ecclesiastici che, distribuiti nei principali uffici della Camera, Cappella, Penitenzieria e Cancelleria, operavano soprattutto nei due centri principali del Laterano e del Vaticano. La Curia romana è dunque quell’organismo complesso e dalla vocazione universalistica che diresse la Cristianità occidentale e che ancora governa la Chiesa cattolica. Mentre si sviluppava la Curia, andò formandosi anche un clero romano distinto da essa e preposto all’amministrazione delle chiese e della cura d’anime della popolazione: il Clerus Urbis, incardinato nella diocesi romana. Durante il basso medioevo, le antiche ripartizioni dell’amministrazione ecclesiastica urbana cedettero il campo all’istituzione delle parrocchie e dei tredici (poi quattordici) rioni. Con l’editto Savelli del 1569, la geografia ecclesiastica fu riformata, le parrocchie furono ridotte a ventiquattro e tale configurazione si mantenne poi sostanzialmente anche in seguito. Il prelato delegato dal pontefice all’amministrazione e alla cura della città fu il cardinale vicario, coadiuvato, in età moderna, da uffici molto articolati. Ancora oggi, presso l’Archivio storico del Vicariato si conservano gli “stati delle anime”, registri della popolazione che partono dalla fine del Cinquecento e che costituiscono una delle principali fonti per indagare la storia della città. Sul versante delle istituzioni laiche occorre osservare come, passato il periodo del diretto controllo bizantino e tranne in alcuni periodi eccezionali come nel corso del X secolo (principato di Alberico), durante l’alto medioevo non si fossero sviluppate forme di governo esclusivamente secolari. In realtà, nel lungo periodo compreso tra la fine del VI e la fine dell’XI secolo – che vide l’imporsi del pontefice sui territori già bizantini del ducato di Roma (corrispondenti all’incirca al Lazio contemporaneo), la popolazione laica e quella ecclesiastica, pur tra aspri conflitti, vissero un forte senso di condivisa identità civica. Il comune di Roma, le cui origini potrebbero rimontare alla fine del secolo XI ma che si costituì ufficialmente con la Renovatio Senatus del 1143, svolse in seguito una funzione di governo autonoma e spesso antagonista rispetto al papato, edificando tra l’altro un nuovo centro – anche simbolico – di potere: il palazzo del Campidoglio. Differentemente però dalla storia di quasi tutte le città comunali italiane, dove il contrasto tra comune e vescovo avrebbe condotto all’esautorazione politica del secondo, a Roma accadde l’inverso. Si data infatti al 1398 (dopo il ritorno del pontefice da Avignone) la fine del comune di Roma come istituzione libera e la sua definitiva sottomissione al papa, che di lì a poco, nel corso del secolo XV, sarebbe divenuto un sovrano territoriale a tutti gli effetti, investito del governo di buona parte dell’Italia centrale (Marche, Romagna, Umbria, Lazio). Ciononostante, la presenza della Curia e delle magistrature comunali, e dunque delle loro rispettive aristocrazie e centri di potere – una presenza resa ancor più complessa dai numerosi forestieri e stranieri residenti – sarebbe rimasta per secoli una tra le chiavi per comprendere la dialettica politica della città.
Il concetto fondamentale che aiuta a meglio definire la natura di Roma durante tutta la sua storia è quello di spazio sacro. Roma fu innanzitutto una città sacra, ovvero una città-santuario, sia per il suo ruolo di capitale dell’Impero (antico e medievale) che per quello di centro e capo della Cristianità. Celebre è infatti il motto «Roma caput mundi regit orbis frena rotundi» (Roma capo del mondo regge le redini del mondo rotondo). Vera e propria “città rituale”, Roma deve la sua forma, i suoi apparati scenografici e gran parte dei monumenti medievali e moderni alla volontà di trasporre i valori simbolici e religiosi nel piano della fisicità reale (cioè la topografia, l’architettura e le opere d’arte). Il simbolo viene così espresso attraverso i cicli liturgici e i solenni rituali celebrati nelle sue strade, piazze e chiese. Il microcosmo, l’Urbe, rimanda al macrocosmo, la storia della salvezza: così la liturgia stazionale – antichissima e ripresa in tempi recenti – trasferisce l’anno liturgico nello spazio urbano; S. Maria Maggiore (in cui si conserva la reliquia della Mangiatoia di Betlemme) è la grande chiesa del Natale; il Colosseo, dove morirono i martiri, è il luogo della penitenza quaresimale, e S. Giovanni – nel cui battistero secondo tradizione fu guarito dalla lebbra Costantino – e che insieme con S. Croce in Gerusalemme conserva le reliquie della Passione, è la chiesa della Resurrezione. Con lo stesso metro, cioè attraverso le nozioni di ritualità e di sacralità espresse in un luogo reale, si riesce a meglio comprendere anche il significato dei giubilei, iniziati nel 1300, delle solenni cerimonie pontificie del Possesso o del Corpus Domini, come anche le grandi cavalcate, le incoronazioni dei sovrani, i trionfi festosi, le rievocazioni della Roma antica nonché la scelta dell’Urbe come luogo deputato alla celebrazione dei concili ecumenici, il suo grandioso rifacimento in età barocca, il suo essere la meta prediletta del Grand Tour e infine la sua essenza profonda di vero e proprio scrigno di opere d’arte.
Quanto riferito a proposito di Roma si ripropone nell’idealizzazione della romanità (romanitas), che naturalmente non può disgiungere il piano reale da quello simbolico. I cittadini romani, sui quali esiste una vastissima letteratura in cui è spesso contrapposta l’idealità alla realtà (per esempio nel motto Roma fuit: Roma non esiste più, e ciò che resta ne è solo un lontano fantasma), hanno sempre avuto orgogliosa consapevolezza dell’alto valore della loro appartenenza. Romanità vale infatti per cittadinanza universale, per civiltà del diritto, dello Stato, della cultura e dell’arte. In questo senso, l’asse interpretativo fondante, che informa di sé gran parte della storia romana medievale e moderna, è quello del continuo recupero degli ideali antichi di purezza e perfezione, anche quando poi gli esiti non portarono a una restaurazione, bensì a una innovazione. Questo è accaduto con la renovatio Imperii (al tempo di Carlomagno, nel IX secolo, di Ottone III alla fine del X, ma anche al tempo di Cola di Rienzo, nel pieno Trecento), con la renovatio Senatus (l’istituzione del comune, a imitazione della Repubblica romana), con le diverse ri-forme della Chiesa (instar primitivae Ecclesiae forma), e con i plurimi ri-nascimenti della sapienza, dell’architettura e dell’arte antiche, il più imponente dei quali (il Rinascimento propriamente detto) si situa tra il XV e i primi decenni del XVI secolo. Roma infatti è senza dubbio, insieme a Firenze, culla e patria del Rinascimento, che fu in gran parte promosso dai papi. Dal punto di vista propriamente cristiano, infine, la “romanità” si colora di accezioni maestose per numerose ragioni complementari: per il “primato” di Pietro, principe degli Apostoli; per il fatto che Paolo dichiarò solennemente di essere cittadino romano (At 16,37 e 22,25-29); per l’equivalenza tra “Santa Romana Chiesa” e “Chiesa cattolica” e poiché la popolazione romana è direttamente e più volte ricordata nelle Sacre Scritture, (1 e 2 Maccabei; Atti; Lettera di Paolo ai Romani).
Fonti e Bibl. essenziale
I volumi della collana “Storia di Roma” dell’Istituto nazionale di studi romani, Cappelli, Bologna, dal 1938 al 1990; M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, nuova ediz. a cura di C. Cecchelli, Ruffolo, Roma 1942; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del medioevo, Desclée, Roma 1942-1950; C. Sbrana, R. Traina, E. Sonnino, Gli stati delle anime a Roma dalle origini al secolo XVII, La Goliardica, Roma 1977; R. Krautheimer, Roma, profilo di una città, 312-1308, Edizioni dell’Elefante, Roma 1981; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel medioevo, nuova edizione integrale a cura di L. Trompeo, rist. anast. Casini, s.l. 1988; E. Sonnino (ed.), Popolazione e società a Roma dal medioevo all’età contemporanea, a cura di E. Sonnino, Il Calamo, Roma 1998; A. Giardina – A. Vauchez, Il mito di Roma da Carlo Magno a Mussolini, Laterza, Roma-Bari 2000; A. Pinelli (ed.), Roma nel Rinascimento, Laterza, Roma-Bari 2001; A. Vauchez (ed.), Roma medievale, Laterza, Roma-Bari 2001; T. di Carpegna Falconieri, Il clero di Roma nel medioevo. Istituzioni e politica cittadina (secoli VIII-XIII), Viella, Roma 2002; G. Ciucci (ed.), Roma moderna, Laterza, Roma-Bari 2002.
Immagine: La Ecclesia Romana. Frammento del perduto mosaico absidale dell’antica basilica di San Pietro in Vaticano. Roma, Museo Barracco (cf. A. Paravicini Bagliani, Le chiavi e la tiara. Immagini e simboli del papato medievale, Roma, Viella, 1998, tav. 23).