Confessione, Penitenza – vol. II

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    Autore: Alessandra Costanzo

    Nel XX secolo il percorso della teologia e della prassi penitenziale è segnato da alcune tappe decisive avvenute in Italia. Nel 1905 il decreto sulla comunione frequente, promulgato da papa Pio X, introduce la pratica di confessarsi altrettanto frequentemente (DS 3375-3383) prima di ricevere l’eucaristia. L’invito di Pio X viene recepito dai fedeli e trova un adeguato sostegno nell’attività penitenziale del frate cappuccino Pio da Pietrelcina. Ricevuta l’ordinazione presbiterale nel 1910 a Benevento, dal 1916 fino alla sua morte, avvenuta nel 1968, Padre Pio esercita il suo ministero a S. Giovanni Rotondo, ponendo al centro del suo apostolato l’amministrazione del sacramento della penitenza. Il suo carisma penitenziale attira per oltre 50 anni innumerevoli pellegrini, che egli accoglie con pronta disponibilità nel suo confessionale, rendendosi “generoso dispensatore della misericordia divina”, come ricorderà papa Giovanni Paolo II nell’omelia in occasione della canonizzazione di Padre Pio, avvenuta il 16 giugno 2002.

    Intanto, pochi anni prima della morte del frate cappuccino, tra il 1962 e il 1965, si svolge il Concilio Vaticano II, che nella Costituzione sulla Sacra Liturgia richiede un rinnovamento del rito della penitenza in modo da esprimere più chiaramente il vero significato del sacramento (SC 72). Il Concilio si limita ad avanzare tale richiesta, senza entrare direttamente nella questione. Tuttavia la prospettiva ecclesiale, presente in tutti i documenti conciliari, e che ricorre anche laddove si parla del sacramento della penitenza (cfr. LG 11 b; PO 5 a; LG 11 b; 8 c, 65, UR 3,7) offre già un’indicazione utile per operare quel rinnovamento, richiesto dalla SC, relativamente alla celebrazione del sacramento. Prima di realizzare tale compito passano circa 10 anni.

    Nel frattempo, all’indomani del Concilio, il 17 febbraio 1966, papa Paolo VI promulga la Costituzione apostolica Paenitemini, sulla disciplina penitenziale. Il documento, articolato in tre parti, in cui vengono presi in esame gli aspetti biblici e teologici, pratici e normativi della penitenza, recepisce la prospettiva ecclesiale indicata dal Vaticano II, ritenendo la Chiesa santa per vocazione divina, ma allo stesso tempo continuamente bisognosa di conversione nelle sue membra (LG 8). La penitenza dunque, pur essendo un atto religioso personale, che richiede un intimo e totale cambiamento interiore, capace di esprimersi in forme penitenziali visibili, riguarda tutti i fedeli, chiamati a partecipare all’opera di Cristo.

    L’anno di promulgazione della Paenitemini, il 1966, segna anche l’inizio del lavoro delle commissioni per la riforma del rito, promossa dal Concilio; lavoro che trova il suo compimento solo il 2 dicembre 1973, quando papa Paolo VI promulga il nuovo Ordo paenitentiae (l’edizione italiana è dell’8 marzo 1974). Nel frattempo infatti era emersa in piena luce la crisi del sacramento della penitenza, sicché non ci si poteva limitare alla riforma del rito, ma si dovevano analizzare tutti gli elementi (storici, teologici e pastorali) per rispondere ai problemi che affliggevano la prassi sacramentale e operare un efficace rinnovamento rituale. Necessaria è stata un’attenta riflessione sulla natura del sacramento, che si è alimentata del confronto con il decreto tridentino e la fonte biblica. Il nuovo Ordo riprende lo schema classico del Concilio di Trento per la struttura del sacramento, che si compone di quattro parti; tuttavia ne modifica l’ordine, iniziando non più dall’assoluzione, ma dagli atti del penitente, che acquistano così un rilievo non ancora conosciuto a Trento. Dalla fonte biblica il nuovo Ordo recupera il concetto di metanoia, intesa come “conversione del cuore”, che diviene l’elemento chiave sul quale si fonda tutta la riforma, a livello teologico, pastorale e rituale. Ogni singola componente del sacramento viene infatti definita in rapporto alla metanoia, che si rivela così l’elemento unificante di tutte le parti. Il rilievo dato alla conversione del cuore si riflette anche sul ruolo del ministro, considerato non più, come a Trento, simile a un giudice, ma, in linea con le immagini bibliche, simile a un Padre e Pastore, rappresentante di Cristo e dell’intera Chiesa che, come insegnano il Vaticano II e la Paenitemini, partecipa attivamente all’opera di conversione del peccatore attraverso la carità, l’esempio e la preghiera. All’interno di questo quadro ecclesiologico, il nuovo Ordo prevede, oltre al rito ordinario per la riconciliazione dei singoli penitenti, anche altre due forme rituali non ordinarie: il rito per la riconciliazione di più penitenti con confessione e assoluzione individuale e quello per la riconciliazione di più penitenti con confessione e assoluzione generale. Entrambe queste forme presentano carattere di eccezionalità, nella misura in cui sono concretamente realizzabili in piccole comunità (secondo rito) o laddove si presenti una grave necessità (terzo rito). Coerentemente con il rilievo dato alla metanoia, il nuovo Ordo prevede inoltre la possibilità di celebrazioni penitenziali non sacramentali, che pur essendo prive del momento rituale dell’assoluzione (dunque ben distinte dal sacramento della penitenza), intendono tuttavia suscitare, attraverso l’ascolto della Parola di Dio, la conversione del cuore.

    Dieci anni dopo la promulgazione dell’Ordo paenitentiae, nel 1983, si riunisce il Sinodo dei vescovi sulla “Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa”, da cui scaturisce, nel 1984, l’Esortazione apostolica di papa Giovanni Paolo II Reconciliatio et paenitentia. Il documento si apre con un proemio, nel quale dall’invito a riscoprire le parole del vangelo di Marco – “convertitevi e credete al vangelo” – sorge la domanda sulle ragioni della conversione. L’analisi dei segni di divisione presenti nel mondo e nella stessa realtà ecclesiale conduce il papa ad individuare nel peccato la radice di tutte le lacerazioni e a riscoprire nella nostalgia della riconciliazione la possibilità di un cammino di autentica metanoia. Dopo il proemio, l’Esortazione prosegue articolandosi in tre parti: nella prima, il papa rileva che sia compito della Chiesa operare per la conversione del cuore e la riconciliazione degli uomini, sottolineando però che per essere riconciliatrice la Chiesa deve essere riconciliata, testimone di riconciliazione anzitutto al suo interno. Nella seconda parte del documento, il papa riflette sul peccato come rottura della relazione con Dio e con i fratelli, ed individua, come peccato del secolo, attivo nel mondo e nella Chiesa, la perdita del senso del peccato. Invita così a recuperare il mysterium iniquitatis da parte dell’uomo, ma anche a riscoprire il mysterium pietatis da parte di Dio, che è l’amore più potente di ogni peccato. Nella terza parte dell’Esortazione, il papa si occupa della pastorale della penitenza, considerando la catechesi e i sacramenti come strumenti fondamentali attraverso i quali la Chiesa può suscitare la conversione e offrire il dono della riconciliazione. Benché il sacramento della penitenza non esaurisca in se stesso il cammino della metanoia (che si esprime anche in altre forme), tuttavia il papa si sofferma sul quarto sacramento come segno efficace della misericordia divina; ne sottolinea il carattere terapeutico e la dimensione personale ed ecclesiale, che sostengono il penitente nel suo sforzo di autentica conversione del cuore e di vita.

    L’esigenza della conversione, che l’Esortazione apostolica estende dalla realtà ecclesiale al mondo, viene ribadita dal secondo convegno della Chiesa italiana, che si svolge a Loreto dal 9 al 13 aprile 1985, sul tema “Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”. La riflessione del convegno si colloca in un delicato momento storico del Paese, messo a dura prova dagli anni bui del terrorismo, e quindi particolarmente sensibile alla domanda di riconciliazione. Il discorso di papa Giovanni Paolo II, tenuto l’11 aprile, affronta in modo sistematico i nodi fondamentali della difficoltà della riconciliazione, sia all’interno della Chiesa che nel suo rapporto con la realtà sociale italiana. Come nell’Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, il papa sottolinea l’importanza di una Chiesa internamente riconciliata per poter essere primizia del mondo riconciliato. Il pontefice invita inoltre a riscoprire il sacramento della penitenza nella pienezza della sua dimensione personale e comunitaria, e richiama l’attenzione sul rapporto tra la celebrazione della misericordia e la rigenerazione di un impegno morale che corrisponda alla misericordia ricevuta, attraverso il contributo che la Chiesa è chiamata a dare, in ambito culturale, sociale e politico, alla costruzione della comunità degli uomini.

    In linea con questa riflessione sulla relazione Chiesa-mondo, il 30 dicembre 1987 viene pubblicata l’enciclica Sollicitudo rei socialis, in cui il papa affronta le questioni inerenti la condizione di grave disparità sociale ed economica che affligge il mondo contemporaneo, e propone il rispetto e la promozione della dignità della persona perché si possa realizzare un autentico sviluppo a vantaggio di tutti. Nella sua “lettura teologica dei problemi moderni” (capitolo V del documento, che si articola in 7 capitoli), il pontefice individua alcune “strutture di peccato”, cui il mondo risulta sottomesso. Egli rileva che tali strutture, radicate nel peccato personale – come già aveva sostenuto nell’Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia – sono introdotte dalla brama del profitto e dalla sete di potere, ricercati a qualunque prezzo. Di qui l’invito, rivolto a tutti gli uomini, anche a quelli privi di una fede esplicita, a prendere coscienza dell’urgente necessità di un cambiamento degli atteggiamenti spirituali per ridefinire il rapporto con se stessi, con gli altri e con la natura. In particolare, ai cristiani il papa rivolge il suo appello alla conversione, attraverso la quale possano vincere le strutture di peccato, sostituendo alla brama del profitto e alla sete di potere gli atteggiamenti opposti della disponibilità a perdersi in favore e a servizio dell’altro.

    A distanza di cinque anni dall’enciclica Sollicitudo rei socialis, nel 1992 viene pubblicato il Catechismo della Chiesa cattolica, che dedica al sacramento della penitenza un’ampia sezione, articolata in ben 62 paragrafi (parr. 1422-1484), a cui ne seguono altri 13 di sintesi (parr. 1485-1498). Il Catechismo offre dunque una trattazione teologica che intende comprendere tutti gli aspetti del quarto sacramento, nella quale confluiscono le acquisizioni maturate nel corso della riflessione teologica precedente, in particolare quelle espresse nel decreto tridentino e nell’Ordo paenitentiae.

    Di assoluta novità è invece il documento Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato, ad opera della Commissione Teologica Internazionale, pubblicato il 7 marzo 2000, in occasione della celebrazione del Giubileo. Il documento viene redatto infatti in vista della Giornata del perdono, che si tiene alcuni giorni dopo (il 12 marzo) nella basilica di S. Pietro a Roma: si tratta di un atto penitenziale senza precedenti nella storia, in cui il papa, a nome della Chiesa, chiede perdono delle colpe commesse dai cristiani nel passato. Il riconoscimento di tali colpe sorge dall’esigenza di una “purificazione della memoria”, della quale avevano già sottolineato l’importanza, al fine di vivere la grazia del Giubileo, la Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente (10 novembre 1994) e la Bolla di indizione dell’Anno Santo del 2000, Incarnationis mysterium (29 novembre 1998). La purificazione della memoria si fonda sulla fiducia nella forza della Verità ed è volta alla glorificazione di Dio, nella misura in cui la confessione della sua misericordia si realizza attraverso la confessione delle colpe. Il documento Memoria e riconciliazione si compone di sei capitoli e si propone di chiarire i presupposti che rendono fondato il pentimento relativo a colpe passate. Il giudizio storico deve infatti coniugarsi con quello teologico per individuare le implicanze morali, pastorali e missionarie del pentimento. Come nell’Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, il papa riconosce che il peccato è personale, e pertanto nessuno può sostituirsi al peccatore nella sua richiesta di perdono; tuttavia è la stessa particolare natura del soggetto ecclesiale – per cui la comunione nell’unico Spirito fa sì che i cristiani di oggi si sentano legati a quelli di ieri – a rendere ragione della domanda di perdono delle colpe passate. Così, a nome della Chiesa, papa Giovanni Paolo II opera la purificazione della memoria, chiedendo perdono, per la prima volta nella storia, dei comportamenti dei cristiani che hanno contraddetto il Vangelo (per citarne solo alcuni: la divisione delle Chiese; l’uso della violenza nell’evangelizzazione; i pregiudizi antigiudaici; la responsabilità per i mali di oggi). Dal riconoscimento delle colpe e dalle richieste di perdono formulate dal papa scaturisce il monito a non ripetere gli errori del passato e a favorire un percorso di rinnovamento e riconciliazione. Al tempo stesso però la purificazione della memoria costituisce un esempio, che richiama ogni uomo ad un esame di coscienza attento e onesto del proprio operato in vista della riconciliazione.

    Due anni dopo la pubblicazione del documento sulle colpe del passato, il 7 aprile 2002 papa Giovanni Paolo II pubblica la Lettera apostolica Misericordia Dei su alcuni aspetti della celebrazione del sacramento della penitenza per favorire un modo migliore di amministrarlo. Egli rileva con preoccupazione che in alcuni luoghi si tende sempre più a trascurare la confessione personale in favore di un ricorso abusivo all’assoluzione generale, dimenticando che questa è un mezzo straordinario previsto in situazioni del tutto eccezionali. Il papa invita dunque a ricordare che la confessione individuale è l’unico modo ordinario attraverso il quale il fedele è riconciliato con Dio e con la Chiesa e che le altre forme rituali della celebrazione sono possibili solo in casi di estrema necessità. Nel 2009 viene indetto l’Anno sacerdotale, dedicato alla figura del curato d’Ars, san Giovanni Maria Vianney (1786-1859), del quale ricorre il 150° anniversario della morte. Frutto dell’Anno sacerdotale sarà, nel 2011, il sussidio della Congregazione per il Clero, dal titolo Il sacerdote ministro della misericordia divina, che vuole essere uno strumento utile alla riscoperta del valore della celebrazione del sacramento della riconciliazione e della direzione spirituale.

    Fonti e Bibl. essenziale

    Studi: E. Mazza, La celebrazione della penitenza. Spiritualità e pastorale, EDB, Bologna 2001; G. Pasquale, Padre Pio. Maestro e guida dell’anima. Le lettere del santo di Pietrelcina, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2006; J. Ramos-Regidor, Il sacramento della penitenza. Riflessione teologica biblico-storico-pastorale alla luce del Vaticano II, ElleDiCi, Leumann (Torino) 1972; A. Costanzo, Cambiare vita. Epoche, parole e fonti del “fare penitenza”, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2014. E. Mazza, La liturgia della penitenza nella storia. Le grandi tappe, EDB, Bologna 2013. W. Kasper, Misericordia. Concetto fondamentale del vangelo – Chiave della vita cristiana, Queriniana, Brescia 2013. Documenti magisteriali (in ordine cronologico): Paolo VI, Costituzione apostolica Paenitemini del 17/02/1966; Ordo paenitentiae del 2/12/1973; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia del 2/12/1984; Id., Enciclica Sollicitudo rei socialis del 30/12/1987; Il Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, nn. 1422-1498; Commissione Teologica Internazionale, Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato del 7/03/2000; Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Misericordia Dei del 7/04/2002; Congregazione per il Clero, Il sacerdote ministro della misericordia divina. Sussidio per confessori e direttori spirituali, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011. Integrazioni bibliografiche: Associazione italiana “Noi siamo Chiesa”, Confessione addio?, edizione la meridiana paginealtre, 2005; Giuseppe Sovernigo, L’umano in confessione: la persona e l’azione del confessore e del penitente, Edizioni Dehoniane: Bologna, 2003; Jan Dohnalik, Il precetto pasquale: la normativa sulla Comunione e la Confessione annuale (cann. 920 e 989) alla luce della tradizione canonica, Pontificia Università Gregoriana: Roma, 2015; Vincentius Kraljic, La celebrazione liturgica della penitenza comunitaria come forma penitenziale autonoma e propria: analisi liturgico-dogmatica, Angelicum, Roma, 1974; Bronislaw Sienczak, Partecipazione dei fedeli al sacramento della penitenza, Pontificia Università Gregoriana, 1974; Pietro Hui Nam Kim, La penitenza: il sacramento della conversione e riconciliazione: riflessione teologico-pastorale alla luce del Concilio Vaticano II, Pontificia Università Urbaniana, Roma, 1991; Fabio Fabbi, La confessione dei peccati nel cristianesimo, Ed. Pro Civitate Christiana, Assisi, 1947.


    LEMMARIO