Autore: Roberto Regoli
La Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari nasce con papa Pio VII il 19 agosto 1814, quale istituzione permanente, di natura consultiva, a disposizione della Segreteria di Stato nella trattazione degli affari ecclesiastici. Essa è progettata quale aiuto principale al Papato nell’opera di Restaurazione.
Struttura
La Congregazione è costituita dai cardinali membri, che ne determinano le decisioni. In funzione del lavoro esiste una struttura stabile, operativa ed amministrativa, composta da un segretario, da un sottosegretario, da minutanti ed archivisti. I cardinali membri sono i più rilevanti per il loro ruolo in Curia. A seguito della riforma della Curia del 1908 (costituzione Sapienti Consilio), l’organico della Congregazione viene inserito nella nuova Segreteria di Stato, in una sezione denominata “prima”. Da allora gli officiali della Congregazione sono anche gli officiali della Segreteria di Stato. Sulla struttura interviene una riforma di Pio XI nel 1925, che oltre a stabilire i membri di diritto della Congregazione, determina che a capo vi sia un vero e proprio prefetto, così come avveniva per tutte le altre strutture similari, e stabilisce che lo sia il segretario di Stato. Si esce così dall’anomalia, unica del suo genere, di una Congregazione permanente priva di un prefetto.
Competenze
Le questioni rimesse alla Congregazione concernevano inizialmente i complessi rapporti tra Stato e Chiesa, i problemi spirituali, dogmatici, morali e disciplinari. Era di fatto una competenza vasta ed indeterminata, che a volte invadeva ambiti non evidentemente propri, come l’esame nel febbraio del 1848 dell’opera «Il Gesuita moderno» di Gioberti, che sarebbe stata questione propria dell’Indice. Le competenze rimasero tali fino alla riforma curiale del 1908, quando l’azione della Congregazione è limitata agli affari per i quali occorre alla Santa Sede procedere d’intesa con i Governi civili, massimamente in relazione ai concordati. Allo stesso tempo, alcuni territori (le province dell’America Latina, le diocesi in Russia e i possedimenti coloniali portoghesi d’Asia e d’Africa) vengono sottratti alla sua giurisdizione, eccezion fatta per le questione inerenti la stipulazione dei concordati con le autorità civili, mentre altri le sono affidati (Inghilterra, Scozia, Irlanda, Olanda, Lussemburgo, Canada, Terra Nuova e Stati Uniti d’America fino a quel momento sotto Propaganda Fide). In definitiva, l’influsso della Congregazione rimane pressoché invariato, anche se tende ad essere più significativo nel cosiddetto blocco occidentale, dove il cattolicesimo è meglio strutturato, all’interno di regimi politici più stabili. Le attribuzioni della Congregazione vengono ulteriormente confermate e meglio definite nel Codice di Diritto Canonico del 1917, al canone 255, specificando la sua competenza in relazione alle nomine episcopali per i paesi in cui ci sono accordi («pacta»). Nonostante la chiarificazione delle competenze, si hanno diverse testimonianze di frizioni con la Congregazione Concistoriale in relazione alle nomine vescovili, sicuramente in Francia (dopo la reprise del 1921) e in Italia (dopo il concordato del 1929). In quest’ultimo paese solo poche nomine passano di fatto per gli Affari Ecclesiastici Straordinari (nel 1929 L’Aquila, Crema, Pinerolo e Pontremoli), ma senza incisività in quanto alla fine le decisioni dei cardinali sono cambiate da Pio XI, anche là dove c’era unanimità di voti. In quello stesso anno, il papa fa presente che per l’Italia «non è favorevole ad una sollecita riduzione di diocesi, potendosi far peggio, però esige che per il mantenimento di diocesi si abbia la garanzia di un minimo per la vita conveniente e prospera di esse». A volte le due Congregazioni devono necessariamente cooperare alla pari, come nel caso della diocesi di Gorizia e del suo vescovo (1925), quando quest’ultimo viene contestato davanti al governo italiano e al papa da pochi preti per mancanza di lealtà governativa. L’ambito operativo della Congregazione si allarga nel 1922, quando le sono affidate Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia, e nel 1923, quando i territori coloniali africani ed asiatici del Portogallo rientrano nuovamente nella sua giurisdizione. Rispetto alla Segreteria di Stato, si nota una graduale fagocitazione della Congregazione, sin da inizio Novecento. La Congregazione diviene di fatto sempre più luogo di riflessione di fronte alle emergenze e crisi degli anni Trenta del Novecento: si pensi in particolare alla situazione politico-religiosa in Spagna e Germania. Le grandi questioni sono affiancate da altre meno rilevanti. Per il Regno d’Italia, ad esempio, la Congregazione tratta nel 1924 dell’Ordine militare Costantiniano sotto il titolo di S. Giorgio, dal quale la Santa Sede prende distanza. Alcune questioni che possono apparire secondarie, come l’aumento di congrua ai capitoli minori di Roma (16 agosto 1925), vanno comprese ed affrontate in una visione politica più ampia, che dice del rapporto Chiesa-Stato in Italia:la Santa Sede nel tempo della legge delle guarentigie non può permettere a nessun capitolare romano o suburbicario di chiedere aumenti di congrua al governo italiano, perché corrisponderebbe ad una legittimazione del Regno.
Funzionamento
Le riunioni della Congregazione possono essere plenarie (quando è convocato l’insieme dei suoi membri), particolari (una parte dei suoi componenti) o miste (insieme a cardinali membri di altre Congregazioni). Durante il pontificato di Leone XIII (1878-1903) esiste un’altra modalità di riunione denominata commissione, includente uno stretto numero di cardinali. La Congregazione tratta le tematiche che le vengono trasmesse dalla Segreteria di Stato ed è il segretario di Stato a dare corso alle risoluzioni approvate. Le riunioni cardinalizie sono discontinue, dipendono dalla volontà superiore (papa e cardinale segretario di Stato) di voler coinvolgere la Congregazione o meno. Anche là dove vi è una sua chiara competenza, come per le questioni concordatarie, non sempre è convocata. La stessa constatazione vale per le nomine episcopali, gli ordinamenti ecclesiali, le relazioni diplomatiche e via dicendo. Il reale spazio operativo della Congregazione dipende dalle esigenze dei papi e dei segretari di Stato, cioè dal loro temperamento, carattere, cultura, progetto di governo e visione ecclesiale. Nel tempo si arriva all’eliminazione del ruolo decisionale dei cardinali membri della Congregazione, quando questa si trasforma da Congregazione cardinalizia a Gabinetto di Governo, divenendo prima Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa (costituzione di Paolo VI Regimini Ecclesiae universae del 1967) e poi l’attuale seconda sezione della Segreteria di Stato (costituzione Pastor Bonus del 1988, firmata da Giovanni Paolo II). La seconda parte del Novecento costituisce la lenta agonia della Congregazione, che, cambiando il nome nel 1967, muore nel 1988, essendo soppiantata da una Segreteria di Stato sempre più forte e presente nei lavori della Curia.
Riguardo all’Italia
Dando uno sguardo all’Italia, la Congregazione interviene su più ambiti sin dal tempo degli Stati pre-unitari, come anche sotto il Regno d’Italia. Proprio al 1861 risalgono le riunioni che si preoccupano delle soppressioni di congregazioni religiose, collegiate, abbazie, cappellanie, conventi, ecc. attuate da parte del nuovo governo italiano per i territori umbri e marchigiani (cioè del precedente Stato Pontificio). Delle soppressioni, in realtà, quella Congregazione se ne era occupata anche negli anni precedenti per i diversi territori italiani, secondo la più ampia categoria interpretativa delle «pretenzioni» e «usurpazioni» governative sull’amministrazione ecclesiastica. Nell’attenzione all’orbe cattolico, si erano seguiti da vicino gli avvenimenti del 1848 e il processo di unificazione italiana. È in questo contesto che nel 1860 i vescovi italiani ottengono speciali facoltà. E sono proprio questi che nel 1865 chiedono istruzioni sulle elezioni parlamentari, tanto che i cardinali della Congregazione devono discuterne. Questione che sarà dibattuta ancora nel 1868. Curiosamente i cardinali non si occupano per niente dell’Italia tra il 1870 ed il 1875, un periodo stranamente lungo, nonostante le evidenti tensioni tra le due sponde del Tevere. A partire da quel tempo, le questioni presentate ai cardinali riguardano affari ecclesiastici ma con implicazioni e conseguenze politiche relative al governo italiano (regio exequatur, provviste di priorati, ecc.). Un esempio particolare riguarda l’atteggiamento della Sede Apostolica in occasione della morte e dei funerali del re italiano Vittorio Emanuele (1878). Questioni più volte affrontate dai cardinali hanno a che fare con le nomine episcopali (là dove il governo italiano pretende la nomina regia) o le collazioni di benefici ecclesiastici. Per tutta l’ultima parte del XIX secolo, le nomine episcopali sono la questione principe, affiancata dalla ricerca da parte dei porporati dell’individuazione di atteggiamenti e modi di procedere dell’episcopato italiano nel contesto politico-religioso di allora. La Congregazione si occupa della partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche sin dal 1882, ma è sul finire del pontificato di Leone XIII che i maggiori temi di attualità politica e del movimento cattolico entrano nelle discussioni cardinalizie: la Democrazia Cristiana ed il più ampio movimento sociale cattolico (1899-1903). Con un papa pastore (Pio X) ed un segretario di Stato non italiano (Merry del Val), la Congregazione ha una visione più mondiale e per niente italiana. Le problematiche peninsulari vengono affrontate solo in una riunione nei primi mesi del pontificato, che appare più una conclusione di un dossier del precedente pontificato, che un nuovo impulso, trattandosi ancora una volta della Democrazia Cristiana e dell’Opera dei Congressi. Secondariamente si affronta in una sola riunione la politica del governo italiano, ma in relazione ai missionari dello Chan-si. È con un papa diplomatico e politico (Benedetto XV) che l’Italia ridiviene significativa, ma ancora marginale nelle discussioni della Congregazione, sia in relazione alle contingenze della prima guerra mondiale, sia nella problematica più tipicamente peninsulare circa la partecipazione dei cattolici italiani alle elezioni politiche. Tra le due guerre mondiali (per lo più sotto Pio XI) le problematiche italiane sono affrontate, ma solamente quelle secondarie (ad esempio non si discute dei Patti Lateranensi del 1929). Il papa è attento all’ordinamento ecclesiastico dell’Etiopia (in quel momento colonia italiana) per la quale richiede un’adunanza in sua presenza (1937). Si può allora comprendere che a partire dal pontificato di Pio X le questioni italiane sono trattate direttamente dal papa e dalla Segreteria di Stato, evitando il più possibile di passare per le istanze collegiali della Congregazione. L’attività di questa Congregazione aiuta a vedere effettivamente il pensiero e lo sguardo della Santa Sede sulla società ed il paese Italia, come la reale consistenza del rapporto tra episcopato nazionale e mondo romano, che veramente determina ed indirizza le forme ecclesiali della Penisola.
Fonti e Bibl. essenziale
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