Geografia ecclesiastica, Diocesi – vol. II

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    Autore: Emanuele Castelli

    Dall’Unità ai Patti Lateranensi. Il problema della geografia ecclesiastica italiana e, nello specifico, la questione del numero delle diocesi sul territorio nazionale si posero con forza sin dai primi anni della raggiunta Unità per le seguenti ragioni. Delle 845 diocesi registrate intorno al 1861 in tutto il mondo cattolico, 538 diocesi appartenevano a Paesi latini (la cui popolazione cattolica assommava a 134 milioni di persone) e di queste 293 nella sola Italia, la cui popolazione era però di circa 26 milioni di abitanti (per questi dati cfr. C. Snider, L’episcopato del cardinale A.C. Ferrari, II, I tempi di Pio X, Vicenza 1982, p. 185). Inoltre, il numero delle diocesi sul territorio italiano era superiore di parecchie volte a quello delle province del nuovo Regno. L’alto numero di circoscrizioni diocesane sul territorio italiano sia in rapporto al restante mondo cattolico latino sia rispetto alla suddivisione territoriale statale poneva di conseguenza vari problemi. Da un lato, la molteplicità degli enti di culto non favoriva una razionale amministrazione del patrimonio ecclesiastico italiano. Dall’altro, la non corrispondenza tra circoscrizioni diocesane e province comportava che, per esempio, uno stesso prefetto fosse contemporaneamente obbligato a confrontarsi, per la gestione del territorio affidato, con cariche e uffici ecclesiastici di diverse circoscrizioni.

    Il bisogno di eliminare questi e altri inconvenienti pose perciò la questione del riordino della geografia ecclesiastica italiana avendo come obiettivo una riduzione del numero delle diocesi. Per raggiungere tale risultato, si rendeva naturalmente necessaria la collaborazione tra Stato Italiano e S. Sede, ma nessun significativo provvedimento poté essere adottato fino alla stipula dei Patti Lateranensi nel 1929. Le difficoltà che ostacolarono così a lungo il raggiungimento di tale primo accordo furono molteplici. Da un lato, infatti, andavano superati gli attriti che si trascinavano sin dai primi decenni dell’Unità tra i due Stati. Dall’altro, la riduzione del numero delle circoscrizioni diocesane, voluta all’epoca soprattutto da parte del Governo Italiano, pur essendo auspicata anche dalla S. Sede, non poteva non incontrare una certa opposizione da parte degli enti ecclesiastici che dovevano essere soppressi e dei fedeli il cui vescovado sarebbe stato trasferito. Fu perciò solo nel 1929 che si giunse a un primo accordo per una ridefinizione del numero delle diocesi, affinché esso fosse maggiormente corrispondente al numero delle province civili.

    Dai Patti Lateranensi al decreto della Congregazione dei vescovi del 1986. Gli articoli 16 e 17 dei Patti Lateranensi tra Stato e Chiesa italiana furono riservati al tema della riorganizzazione diocesana. Vi si stabilì tra l’altro che le “Alte Parti contraenti procederanno d’accordo, a mezzo di commissioni miste, ad una revisione della circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente a quella delle province dello Stato” (primo com., art. 16). Si stabilì, inoltre, che la “riduzione delle diocesi che risulterà dall’applicazione dell’articolo precedente, sarà attuata via via che le diocesi medesime si renderanno vacanti” (primo com. art. 17). Si sancì poi che le diocesi fossero raggruppate in modo tale che “i capoluoghi delle medesime corrispondano a quelli delle province” (sec. com., art. 17). Furono queste le prime norme in materia di revisione del numero e della distribuzione sul territorio nazionale delle diocesi. Si trattava, com’è evidente, di disposizioni direttive e programmatiche, le quali rimasero tuttavia in buona parte non attuate nei decenni successivi, sebbene non ci sia mai stata da parte statale e ecclesiastica alcuna iniziativa di rinuncia, abrogazione o modifica di quelle stesse disposizioni. Tra la seconda Guerra Mondiale e il Concilio Vaticano II non mancarono peraltro alcuni casi di riorganizzazione di circoscrizioni ecclesiastiche: in queste occasioni si tenne conto della necessità di fare corrispondere la nuova diocesi con la provincia civile (Faenza è provincia di Ravenna, ma resta diocesi a se stante). Fu così accorpata Cervia a Ravenna (in realtà già unite in persona episcopi fin dall’inizio del ’900 con la morte di mons. Foschi ultimo vescovo di Cervia) e, tra gli altri casi, tutta la provincia ecclesiastica di Santa Severina fu attribuita a Reggio Calabria. Furono inoltre riorganizzate le circoscrizioni del Trentino-Alto Adige.

    Le disposizioni espresse dal Concilio Vaticano II col decreto Christus Dominus (nn. 22-24), le norme attuative contenute nel motu proprio Ecclesiae Sanctae” (a. 1966, I, n. 12) in merito alla revisione delle circoscrizione diocesane e ancora, in particolare per il territorio italiano, i numerosi interventi del pontefice Paolo VI hanno costituito un punto di partenza, a partire dalla metà degli anni ’60, per un progetto di riordinamento e conseguente riorganizzazione delle diocesi sul territorio nazionale. Rimanendo naturalmente vigenti le precedenti disposizioni concordatarie, è venuto così maturando in seno alla Chiesa Cattolica prima ancora che su sollecitazione dello Stato italiano un effettivo bisogno di riforma della geografia ecclesiastica del Paese. Paolo VI e il consiglio di Presidenza della CEI, a partire dal 1966, hanno tra l’altro indicato le linee direttive e i criteri affinché ogni diocesi potesse operare in “condizioni di efficiente funzionalità sia per estensione di territorio che per numero di abitanti”, tenendo ben in considerazione le mutate condizioni demografiche e le nuove esigenze pastorali italiane. I lavori della Commissione istituita a tal scopo dalla CEI prevedevano una consistente riduzione delle circoscrizioni diocesane sino a un numero di 119, ma questo progetto non si è realizzato, tra l’altro, perché il clima culturale che ha interessato l’Italia (e non solo) tra la fine degli anni ‘60 e gli inizi del decennio successivo sconsigliò di procedere a troppo incisive azioni di riforma. Con la costituzione della Regioni civili nella Repubblica Italiana si è peraltro introdotto in questa fase un nuovo aspetto di cui tenere conto anche per una contestuale riorganizzazione delle Regioni ecclesiastiche. Di tale aspetto la S. Sede ha tenuto conto in questo periodo senza tuttavia rigidi vincoli e senza operare troppo strette coincidenze, per esempio nel caso della Valle d’Aosta, che è stata assoggettata alla giurisdizione di un solo vescovo e che oggi fa parte della Regione ecclesiastica del Piemonte. Nel 1965, a fronte di una popolazione di circa 52 milioni di abitanti, v’erano comunque ancora 271 diocesi: la loro riduzione era avvenuta in minima parte (cfr. La revisione delle diocesi in Italia, in Aggiornamenti Sociali (18) 1967, p. 209).

    Durante la revisione concordataria compiuta tra il 1976 e il 1984 e ratificata nel 1985, la Commissione ministeriale incaricata di studiare il problema ha, da un lato, riconosciuto il forte “squilibrio” tra popolazione e diocesi in Italia rispetto ad altri Paesi; dall’altro, pur rilevando le “difficoltà di ordine storico e ambientale” che avevano impedito l’attuazione delle precedenti norme concordatarie, ha affermato che la questione non è di pertinenza dello Stato italiano e ha posto solo alcuni limiti nell’erezione di nuove diocesi, per esempio a “non includere alcuna parte del territorio italiano in una diocesi la cui sede vescovile si trovi nel territorio di altro Stato”. Poco tempo dopo la S. Sede ha perciò provveduto alla non più differibile riforma che ha portato, con il decreto della Congregazione per i Vescovi del 30 settembre 1986, a ridurre le diocesi italiane, e con esse le comunità ecclesiali assimilate, da un totale di 325 a 228, di cui 39 sedi metropolitane, 21 arcivescovili, 156 vescovili, 2 prelature territoriali, 6 abbazie territoriali, 3 circoscrizioni di rito orientale, 1 ordinariato militare. Questo evento segna a tutt’oggi la più consistente ridefinizione della geografia ecclesiastica italiana in materia diocesana. Si osservi, d’altra parte, che dall’Unità d’Italia la popolazione cattolica è aumentata di circa il doppio, perciò una notevole riduzione del rapporto tra fedeli e diocesi è avvenuta nel corso del tempo ipso facto. In ogni caso, le esigenze pastorali impongono oggi come ieri di tenere conto, ai fini di un ulteriore riordinamento, di vari criteri e questioni, oltre quella naturalmente della corrispondenza con capoluoghi e province civili, e ciò può spiegare per quale ragione l’accorpamento o la riorganizzazione delle diocesi proceda tuttora con relativa lentezza.

    Regioni e diocesi ecclesiastiche oggi. Secondo i dati riportati sul sito ufficiale della Conferenza episcopale italiana nel 2011 (http://www.chiesacattolica.it/) le diocesi italiane sono 224 e sono ripartite in 16 regioni ecclesiastiche (oltre l’Ordinariato militare), aventi ciascuna il seguente numero di diocesi: Abruzzo-Molise 11, Basilicata 6, Calabria  12, Campania 25, Emilia Romagna 15, Lazio 20, Liguria 7, Lombardia 10, Marche 13, Piemonte 17, Puglia 19, Sardegna 10, Sicilia 18, Toscana 18, Triveneto 15, Umbria 8.

    Fonti e Bibl. essenziale

    Fondamentale opera di consultazione è l’Atlante delle diocesi d’Italia, a cura della Conferenza Episcopale Italiana e Istituto Geografico De Agostini, Roma, 2000. Per la situazione delle diocesi prima e dopo i Patti Lateranensi cfr. D. Barillaro, In tema di revisione delle circoscrizioni diocesane, in Il diritto ecclesiastico 42 (1949), 113-155. Fondamentali sono poi i contributi di G. Brunetta e G. Feliciani, dove si offrono e interpretano dati statistici e problemi giuridici. In particolare si veda G. Brunetta, La revisione delle diocesi in Italia, in Aggiornamenti Sociali (18) 1967, 201-220; Id., Riordino delle diocesi italiane (38) 1987, 229-242; G. Feliciani, Diocesi e territorio nella prospettiva di revisione del Concordato lateranense, in “Il diritto ecclesiastico”, 70 (1977), parte I, 202-221; Id. Diocesi, in Enciclopedia Giuridica, vol. XI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1989, 1-3; Id., Il riordinamento delle diocesi italiane (1929-1985), in Vita e pensiero 5 (1992), 365-378; Id., Il riordinamento delle diocesi in Italia da Pio XI a Giovanni Paolo II, in AA.VV., Storia della Chiesa in Europa tra ordinamento politico-amministrativo e strutture ecclesiastiche, a cura di L. Vaccaio, Brescia, Morcelliana, 2005, 283-300. Sulla Commissione ministeriale e la revisione del Concordato cfr. G. Spadolini, La questione del Concordato con i documenti inediti della Commissione Gonnella, Firenze 1976, 273-277. Opera generale di riferimento è: L. Mezzadri, M. Tagliaferri, E. Guerriero, (a cura di), Le Diocesi d’Italia, voll. I-III, Cinisello Balzamo 2008. Cfr. inoltre S. Tanzarella (a cura di), Dizionario Storico delle Diocesi. Campania, Palermo 2010.


    LEMMARIO