Rosminianesimo – vol. I

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    Autore: Fulvio De Giorgi

    Rosmini. Il ‘rosminianesmo’ in senso generale fa riferimento alla figura e all’opera di Antonio Rosmini (1797-1855). Tale opera riguarda sia i suoi scritti filosofici (relativi alla gnoseologia, all’ontologia, alla filosofia morale, alla filosofia della politica, alla filosofia del diritto), teologici (relativi all’antropologia ‘soprannaturale’, all’ecclesiologia, alla teodicea, alla teosofia), pedagogici (sull’educazione cristiana e la catechesi, sull’unità e sulla metodica dell’educazione), ascetici e spirituali sia il suo impegno di educatore, di fondatore di un Istituto di perfezione (Istituto della Carità) e perfino di politico, nel corso delle vicende del 1848 e del periodo immediatamente successivo. La cifra sintetica di tale multiforme opera è data dalla volontà di imprimere un indirizzo nuovo al pensiero cattolico – così da porlo in dialogo aperto e fecondo con la modernità – e quindi alla spiritualità e alla vita pastorale. Il fulcro è dato dall’idea dell’essere o, meglio, dalla distinzione tra essere reale, essere morale e essere ideale.

    Rosminiani/e. In senso proprio con questo termine si indicano i religiosi del già ricordato Istituto della Carità e le Suore della Provvidenza. Tra le figure di spicco, nell’Ottocento, si ricordano Francesco Paoli, segretario e primo biografo di Rosmini, e Giovanni Battista Pagani, superiore generale e autore di una Vita che poi – ampliata da Rossi – è stata ed è ancora il testo di riferimento per la ricostruzione delle vicende del prete di Rovereto. Nel Novecento, tra i maggiori rosminiani si ricordano Giuseppe Bozzetti, significativo autore ascetico, il poeta Clemente Rebora, Giovanni Pusineri, il vescovo Clemente Riva e Remo Bessero Belti, fine scrittore di spiritualità. Per la comprensione del carisma specifico dell’Istituto è importante la distinzione di una triplice carità, presente nelle Costituzioni: carità corporale, carità intellettuale e carità spirituale.

    Filo-rosminianiani. Una significativa area di simpatia per Rosmini e per il rosminianesimo si ebbe, nel corso dell’Ottocento, ma anche nel Novecento, nel clero secolare e in molti ordini e congregazioni religiose. Durante il Risorgimento gran parte del clero ‘nazionale’ (a Milano e, in generale, in Lombardia, in Piemonte e in Veneto) fu filo-rosminiano. Così pure dopo l’Unità: bastino i nomi dell’abate Stoppani e del vescovo di Torino Gastaldi. Tra i religiosi si possono ricordare i barnabiti e gli scolopi, il mazziano Francesco Angeleri, Sebastiano Casara secondo fondatore dell’Istituto Cavanis, nonché i cappuccini Luigi Puecher Passavalli, Claudio Poggi e, nel Novecento, Paolo Piombini. Più in generale la filosofia rosminiana fu vista complessivamente con favore nel vasto mondo francescano, che ne scorgeva le affinità con l’indirizzo serafico bonaventuriano.

    Rosministi. I seguaci, anche laici, della filosofia di Rosmini e dei suoi indirizzi culturali possono, più propriamente, essere chiamati ‘rosministi’. Tra questi vi furono, pur con una loro autonomia, alcuni illustri amici dello stesso Rosmini come Alessandro Manzoni (nel dialogo Dell’Invenzione) e Niccolò Tommaseo (in particolare negli scritti pedagogici). Importante fu pure l’opera di alcune riviste, come “Ateneo Religioso” (di Biginelli), “La Sapienza” (di Vincenzo Papa), “Il Rosmini” (di Stoppani), “Il Nuovo Rosmini” (di Michelangelo Billia) e, soprattutto, “Rivista Rosminiana” (che iniziò le pubblicazioni nel 1906 e che continua tuttora). Un puntuale esegeta degli scritti rosminiani, per dimostrarne la perfetta ortodossia, fu Giuseppe Morando. Ma, nel corso del Novecento, i filosofi cattolici italiani che con più forza speculativa ripresero il rosminianesimo o ne furono significativamente influenzati furono Giuseppe Capograssi, Michele Federico Sciacca e Pietro Prini.

    Scuola italiana di spiritualità. Il rosminianesimo indica pure un indirizzo di spiritualità: anzi tale indirizzo potrebbe, con molte ragioni, definirsi la ‘scuola italiana’. In essa si ricapitola un lungo cammino – tipico di molte figure spirituali italiane – teso alla “riforma cattolica”: cioè una riforma della Chiesa, ma dall’interno, senza disobbedienze alla gerarchia e senza posizioni eterodosse. Nel corso dell’Ottocento tale indirizzo trova i suoi maggiori esponenti in Rosmini e nel laico Manzoni (ma poi anche in Tommaseo, in Lambruschini, in Gioberti e in molti altri) e ha, al suo centro, la dinamica della Carità. Tra fine Ottocento e primo Novecento ha i maggiori rappresentanti nel cardinale Capecelatro, nel vescovo Bonomelli, nel religioso Gazzola e nel laico Fogazzaro. A tali lezioni si ricollegano anche don Mazzolari e p. Bevilacqua. Un’eco nascosta, ma non invisibile, si ha pure in Roncalli e in Montini.

    Questione rosminiana. Con tale termine si intende la controversia sull’ortodossia di Rosmini e del rosminianesimo, che fu aperta dagli attacchi di autori gesuiti e dalla messa all’Indice, nel 1849, delle due operette rosminiane, pubblicate l’anno prima, La Costituzione secondo la giustizia sociale e Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa. Rosmini si sottomise prontamente. L’insieme degli scritti di Rosmini fu allora preso in esame, ma nel 1854 vi fu la dichiarazione (il cosiddetto Dimittantur) di nessun errore dottrinale contenuto in essi. Dopo la morte del Roveretano e la pubblicazione postuma di altre opere rimaste incompiute, le polemiche si riaccesero. Si giunse così, nel 1887, ad un decreto del Sant’Uffizio (cosiddetto Post-Obitum) che condannava 40 proposizioni rosminiane. Da allora e per lungo tempo il rosminianesimo fu guardato con sospetto e fu emarginato. Solo il Concilio Vaticano II, del cui magistero Rosmini apparve un precursore, avviò a definitiva soluzione la questione. Le Cinque Piaghe furono riabilitate. Con interventi nel 1994 e, soprattutto, nel 2001 Congregazione per la Dottrina della Fede sciolse i dubbi di eterodossia. Nel 1998 nella Fides et Ratio, Giovanni Paolo II citava, tra gli altri, Rosmini. Nel 2007 Benedetto XVI decretava la sua beatificazione.

    Fonti e Bibl. essenziale

    C. Bergamaschi, Bibliografia rosminiana, 9 voll., Milano, Marzorati; poi Genova, La quercia; poi Stresa, Sodalitas, 1967-1999; F. Traniello, La questione rosminiana nella storia della cultura cattolica in Italia, in “Aevum”, 37 (1963), 1-2, 63-103; Id., Società religiosa e società civile in Rosmini, Bologna, Il Mulino, 1966 (nuova edizione Brescia, Morcelliana, 1997); Id., Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870), Milano, Marzorati, 1970; F. De Giorgi, La questione rosminiana nella storia della cultura cattolica, in B. Gariglio – M. Margotti – P.G. Zunino (a cura di), Le due società. Scritti in onore di Francesco Traniello, Bologna, Il Mulino, 2009, 229-252; P. Marangon, Le eredità/1: i rosminiani, in A. Melloni (a cura di), Cristiani d’Italia. Chiese, Stato e società 1861-2011, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2011, 1253-1264.


    LEMMARIO