Storiografia (età contemporanea) – vol. II

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    Autore: Saverio Xeres

    Lo sdoppiamento dell’identità di Roma – divenuta, con l’Unità d’Italia, capitale di uno Stato nazionale oltre che centro della cattolicità – può ben rappresentare quel profondo divaricamento fra la storiografia assunta a disciplina scientifica autonoma, con metodi e strumenti propri, e la tradizionale storiografia ecclesiastica, ancora collocata in ruolo dipendente rispetto alla teologia e al Magistero. La nascente storiografia critica in Italia – sia quella protesa verso il massimo rigore documentario, sia quella attenta anche a ricuperare il valore attuale delle vicende passate – si attesta comunque prevalentemente su posizioni anticlericali. Più ancora che di ostilità, si deve parlare di indifferenza, secondo un atteggiamento imposto soprattutto dalla influente personalità di Benedetto Croce (1866-1952). D’altra parte, la ricerca storica in ambito ecclesiastico rimane a lungo renitente ad assumere i metodi di una storiografia “scientifica” che sembrava dovesse andare solo a discapito della Tradizione cristiana. L’iniziativa di Leone XIII che, nel 1883, con la lettera Saepenumero considerantes, comunicava l’avvenuta apertura dell’Archivio Vaticano alle indagini degli storici, se da un lato esprimeva ancora un intento difensivo nei confronti della storiografia “laica”, dall’altro riconosceva di fatto alla ricerca storica, anche in ambito ecclesiastico, un ruolo positivo e fecondo. Ora, però, significativamente, negli anni stessi in cui Roma – a seguito dell’iniziativa di Leone XIII – diventava sede dei diversi Istituti storici promossi dalle principali nazioni europee appunto al fine di sfruttare la formidabile miniera documentaria dell’archivio vaticano, il neo costituito Istituto storico italiano si distinse nel perseguire come scopo primario il ricupero delle fonti della storia “italiana” (con la collana Fonti per la storia d’Italia), oltre che il coordinamento delle diverse deputazioni locali di “storia patria”, in modo da fornire un fondamento storico e documentario all’identità nazionale. Con l’inizio del nuovo secolo, fu soprattutto all’interno del più ampio fenomeno denominato “modernismo” che si tentò di aprire anche le ricerche sul passato della Chiesa alle nuove metodologie storiche. Peraltro, proprio per tutelare i dati della tradizione rispetto alla critica storica, si giunse ad una nuova divaricazione tra “storia della Chiesa”, intesa come conferma nella vicenda storica di affermazioni di origine teologica, e “storia del cristianesimo”, limitata alla ricostruzione operabile sulla base dei soli dati razionalmente verificabili. Di fatto, i primi tentativi di attuare, in ambito ecclesiastico, una ricerca storica fondata sulla verifica rigorosa della tradizione, soprattutto di quella antica, incontrarono sospetti e condanne: emblematico il caso di uno storico molto legato all’ambiente romano, Louis Duchesne (1843-1922), la cui Histoire ancienne de l’Eglise venne condannata nel 1912.

    Anche dopo l’avvenuta conciliazione tra Chiesa e Stato, con i Patti lateranensi del 1929, sopravvisse a lungo, in Italia, l’atteggiamento di scarsa considerazione nei confronti dell’apporto culturale cattolico, da parte degli ambienti ufficiali, dominati dal magistero di Croce oppure allineati alle esigenze del regime fascista. D’altro canto, ancora precoce, soprattutto per la vicinanza cronologica e la ancora insufficiente decantazione dei fatti, risultava la riproposizione storica dei tormentati rapporti fra l’iniziativa risorgimentale, la Chiesa romana e i cattolici italiani. Benché la repressione antimodernista avesse sostanzialmente congelato ogni pur timido germoglio di storiografia critica, qualche apertura si ebbe, negli anni successivi, ad esempio con la chiamata alla cattedra del Seminario Romano, da parte dello stesso papa Pio X, di Pio Paschini (1878-1962), ammiratore e seguace del già citato Duchesne o con l’opera del gesuita Pietro Tacchi Venturi (1861-1956). Prevaleva comunque l’interesse per la ricerca erudita, soprattutto orientata all’epoca antica – come nell’opera di Francesco Lanzoni (1862-1929) sull’origine delle diocesi italiane -, e di ambito locale, mentre l’insegnamento della storia della Chiesa continuava a restare confinata nell’ambito clericale: insegnata da preti (spesso impegnati in più discipline diverse) a seminaristi.

    È solo nel secondo dopoguerra che prende inizio una vera e propria storiografia sulle vicende ecclesiastiche di epoca contemporanea in Italia. Di riflesso del nuovo protagonismo politico di socialisti e cattolici nella Resistenza e nella ricostruzione del Paese, si ricupera la consapevolezza del contributo offerto alla causa nazionale da parte di tali componenti sociali rimaste ai margini del movimento risorgimentale. Nasce, in quest’ottica, il fecondo filone di studio sul “movimento cattolico” (ossia sulla presenza e sulle iniziative dei cattolici nella società italiana), oggetto delle ricerche, oltre che di Fausto Fonzi, Pietro Scoppola (1926-2007), Angelo Gambasin (1926-1990), anche di storici marxisti (Giorgio Candeloro, 1909-1988) e liberali (Giovanni Spadolini, 1925-1994); sempre a partire dal contributo offerto alla causa nazionale, inizia anche un ricupero storico della presenza dei movimenti cristiani non cattolici in Italia. I nuovi studi sul “movimento cattolico” favoriscono anche l’ingresso di laici, professionalmente qualificati, nell’ambito della storiografia di area ecclesiastica. Intanto, iniziano a farsi sentire gli influssi della storiografia francese che sta portando anche in ambito religioso-ecclesiastico, con Gabriel Le Bras (1891-1970), quella nuova linea di storia “sociale” già iniziata con la rivista «Les annales» (1929-), orientando la ricerca storica – più che su personaggi e avvenimenti – alla ricostruzione della vita quotidiana e della “mentalità” dei gruppi sociali. In verità, in Italia, al di là di qualche sporadica inchiesta sociologica (peraltro preoccupata dell’aspetto pastorale, piuttosto che all’indagine storica), tale influsso si concretizza soltanto, negli anni ’50, nell’opera di Giuseppe De Luca (1898-1962) con il suo «Archivio italiano per la storia della pietà» (1951-), compresa quella dei semplici fedeli; le ricerche di storia locale continuano, invece, a procedere su una linea prevalentemente istituzionale. E’, di nuovo, nel secondo dopoguerra che, compiendo un desiderio a lungo coltivato, nasce la «Rivista di Storia della Chiesa in Italia» (1947-), dotata di un prezioso repertorio bibliografico in ogni fascicolo. Esplicitamente indirizzata, fin dal titolo, ad una storiografia di interesse soprattutto istituzionale ed ecclesiastico (non storia del cristianesimo, né storia religiosa), essa la apre comunque definitivamente alle istanze del metodo critico.

    Gli anni ’60/’70 rappresentano un periodo assai vivace, in Italia, per il lavoro storiografico, con provocazioni e influssi positivi anche in ambito ecclesiastico. Se l’apporto della storiografia di ispirazione marxista, ad esempio – rappresentata in Italia dalla riflessione di Antonio Gramsci (1891-1937) – provoca la neonata storiografia sul movimento cattolico ad una maggiore attenzione per gli aspetti socio-economici (Sergio Zaninelli), il successivo decadere dalle grandi ideologie propizia, invece, il ricupero del valore religioso e, dunque, la ricerca sui retroterra ecclesiali di iniziative certo non riducibili alla sola sfera economica e politica. E’ soprattutto la preparazione e la celebrazione del concilio Vaticano II, nella prima metà degli anni Sessanta, ad offrire nuove visuali di Chiesa e, di conseguenza, a dare impulso anche alla ricostruzione della sua storia. Proprio in quanto frutto maturo di una nuova consapevolezza lentamente cresciuta lungo la prima metà del ‘900, anche in Italia, il concilio favorisce indubbiamente l’interesse per un passato recente non ancora indagato in profondità: la complessa vicenda del modernismo, ad esempio – avviata a migliore conoscenza anche grazie all’istituzione del Centro studi per la storia del modernismo, costituito da Lorenzo Bedeschi (1915-2006) presso l’Università di Urbino all’inizio degli anni ’70 -, la problematica relazione tra Chiesa e fascismo, la partecipazione dei cattolici e del clero alla Resistenza e alla ricostruzione economica e politica del Paese. E’ soprattutto il valore stesso della storia, riconosciuta nel suo pieno, autonomo spessore, che trapela da tutto l’insegnamento conciliare: una storia da discernere attentamente per cogliervi i “segni dei tempi”. Di qui un notevole impulso ad ampliare la ricerca sul passato, soprattutto quello recente, in un clima di grande libertà. Possono così venire a frutto i germogli apparsi negli anni ’50, orientando la ricerca verso temi inediti, attinenti la spiritualità e la devozione, pur senza arrivare ad una effettiva, sistematica messa in opera dei metodi della sociologia storica di origine francese. Nuova e più approfondita attenzione si pone alla conoscenza della storia del clero (in particolare con le ricerche di Xenio Toscani e Maurilio Guasco), indagando la sua formazione, i suoi legami sociali, le sue concrete condizioni di vita. Viene assunta esplicitamente nella considerazione storiografica anche la componente laicale della Chiesa in Italia, con le sue associazioni (l’Azione Cattolica in primo luogo) e i diversi movimenti, e anche con una nuova, specifica attenzione alla componente femminile (Paola Gaiotti de Biase). Si consolida l’indagine storica sulle comunità non cattoliche, con l’avvio di una collana di Storia del Movimento evangelico in Italia (1971-), e vi sono alcune prime indagini sulle comunità ebraiche e i loro rapporti con la Chiesa. Tale slancio storiografico ad ampio raggio è, ad un tempo, causa ed effetto di nuove iniziative di ricerca. La primogenitura, in tal senso, spetta indiscutibilmente al “Centro di documentazione”, poi “Istituto per le scienze religiose”, avviato a Bologna da Giuseppe Dossetti, fin dagli anni ’50, con la costituzione di una biblioteca aperta ad un orizzonte internazionale. Nel decennio successivo nascono i due Centri studi di Vicenza e di Salerno, rispettivamente «per le fonti della storia della Chiesa nel Veneto» e «per la storia del Mezzogiorno», guidati entrambi da Gabriele De Rosa (1917-2009). Sia pure con obiettivi e metodi diversi, gli intenti comuni sono la salvaguardia e l’utilizzo delle fonti archivistiche locali (le visite pastorali, innanzitutto) per giungere a quella conoscenza approfondita della mentalità e del vissuto di fede e devozione delle popolazioni rurali da tempo annunciata come la nuova frontiera della storiografia ecclesiastica in Italia, come già in Francia. Frutto di tali ricerche, oltre ad alcuni importanti convegni (tra cui, nel 1979, quello su La parrocchia in Italia nell’età contemporanea), sono la pubblicazione di un periodico («Ricerche di storia sociale e religiosa, 1972-), di una «Biblioteca di storia sociale» (1973-) e di una collana di regesti di visite pastorali (Thesaurus Ecclesiarum Italiae recentioris aevi, saecc. XVIII-XX). Un’iniziativa simile si registra anche in Piemonte, dove Franco Bolgiani, con alcuni colleghi dell’Università di Torino, fonda un «Centro studi sulla storia e sociologia religiosa del Piemonte» (1970) che concentra la propria attenzione specificamente sulle fonti ecclesiastiche locali di età contemporanea; per iniziativa dello stesso Bolgiani era nata, nel 1965, la «Rivista di storia e letteratura religiosa». Anche il nuovo e specifico settore di studio sul movimento cattolico può giovarsi, dal 1966, di una rivista specializzata, nella forma di “Bollettino” dell’Archivio del Movimento sociale cattolico in Italia, fondato nel 1962 da Mario Romani, economista dell’Università Cattolica di Milano. Sono sempre questi anni fecondi che vedono sorgere l’Associazione italiana dei professori di Storia della Chiesa (1967), prezioso strumento di coordinamento di un lavoro in crescita.

    Negli ultimi due decenni del secolo XX, insieme ad una prevalente linea di continuità o, per meglio dire, di rinnovata insistenza sugli aspetti istituzionali o su singoli personaggi, si conferma e si approfondisce, in Italia, l’interesse della storiografia ecclesiastica – parallelamente a quanto avviene in quella generale – ai nuovi ambiti tematici e metodologici, di ordine spirituale (ad esempio, l’evolversi dei “modelli” di santità), culturale e sociale (la scuola, il sindacato, la riflessione politica), in ambito sia cattolico sia di altre confessioni cristiane, soprattutto quella valdese, con Valdo Vinay (1906-1990) e Giorgio Tourn. L’apertura di orizzonti vasti, quanto a metodo e a contenuti, caratterizza programmaticamente anche il nuovo periodico «Cristianesimo nella storia» che nasce a Bologna, all’aprirsi degli anni ’80, come emanazione del già citato Istituto di scienze religiose. A fronte di un ritardo piuttosto pesante, in Italia, nel predisporre repertori ed edizioni di fonti, vanno ricordate alcune iniziative notevoli. Tra i repertori, la Guida degli Archivi diocesani d’Italia (1990-1998) appare significativamente in una collana del Ministero dei beni culturali; per le edizioni di fonti, si segnalano i regesti delle lettere pastorali dei vescovi (1986-), a cura di Daniele Menozzi, e la pubblicazione, diretta da Silvio Ferrari, dei sinodi diocesani celebrati nell’Italia post-unitaria (1987-). Con il Dizionario storico del movimento cattolico in Italia – pubblicato tra il 1980 da F. Traniello e G. Campanini tra il 1981 e il 1984, arricchito, nel 1997, da un volume di Aggiornamento -, questo filone di studi avviato nel secondo dopoguerra giunge, non soltanto ad un punto significativo di sintesi, bensì anche alla piena assunzione di quell’ampio orizzonte tematico che si era andato progressivamente aprendo, così da mantenere e approfondire il collegamento con la storia della Chiesa in generale, da un lato, e con le vicende italiane, dall’altro. Nuove ricerche si avviano a riguardo di fenomeni caratterizzanti il cattolicesimo italiano del Novecento, quali l’Azione Cattolica e la Democrazia cristiana (Malgeri), o di alcune problematiche vicende, come le due guerre mondiali. Oggetto di un discreto interesse risultano anche le nuove iniziative monastiche di epoca contemporanea e le vicende degli Istituti religiosi la cui conoscenza, peraltro, è grandemente favorita dall’ampio Dizionario degli Istituti di perfezione (1974-2003), diretto da Giancarlo Rocca. Una certa distanza cronologica ormai raggiunta rispetto al concilio Vaticano II, avvenimento centrale per la Chiesa contemporanea, con stretti legami alla specifica situazione italiana, favorisce l’avvio di una intensa stagione di ricerche sul concilio, culminata, allo spirare del secolo, nell’imponente Storia in cinque volumi (1995-2001) prodotta nell’ambito dell’Istituto, poi Fondazione per le scienze religiose di Bologna, frutto di un ampio lavoro collettivo di reperimento delle fonti nonché di intensi confronti e collaborazioni internazionali, guidato con tenacia e lungimiranza da Giuseppe Alberigo (1926-2007); alle ricerche sul concilio si intrecciano quelle sui due papi che ne furono protagonisti: Giovanni XXIII e Paolo VI, per il quale va ricordato anche l’omonimo Istituto di Brescia, attivo dalla fine degli anni ‘70. Ravvivata dalla nuova consapevolezza offerta dal Vaticano II alle Chiese locali, la storia delle diocesi, dopo qualche tentativo a livello regionale – quale la Storia religiosa della Lombardia (1986-), o quella del Veneto (1991-) sembra incamminarsi, finalmente, ad una visione d’insieme, sia con i primi studi sulle conferenze episcopali (regionali e nazionale), sia con il dizionario de Le diocesi d’Italia (2008). I positivi sviluppi storiografici degli ultimi decenni si intrecciano, peraltro, con una produzione fin troppo ampia e dispersiva, spesso ripetitiva, con un eccesso, soprattutto, di pubblicazioni di carattere celebrativo (per fatti e personaggi del passato, ma anche per autori del presente).

    Nel suo complesso, il lavoro storiografico sulla Chiesa in Italia dall’Unità ad oggi risulta intenso e fecondo, soprattutto se si tiene conto dell’arco cronologico ancora relativamente breve. Rimangono in atto, d’altra parte, limiti notevoli: una persistente separatezza, rispetto al panorama storiografico generale, delle ricerche di ambito ecclesiastico, a cui corrisponde specularmente una condizione di marginalità della dimensione religiosa ed ecclesiastica nelle stesse opere di sintesi sulla storia di un paese, come l’Italia, di così vasta e determinante presenza cattolica (o forse proprio in reazione a questo fatto). Ancora desiderata è una sistematica e continuativa pubblicazione di repertori e di fonti, così come un’efficace coordinazione nazionale del lavoro storico-ecclesiastico.

    Fonti e Bibl. essenziale

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    LEMMARIO