Canonici Regolari – vol. I

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    Autore: Flavio Rurale

    La storia della Chiesa ha conosciuto fin dalle sue origini esperienze volte a soddisfare l’aspirazione a una vita di assoluta coerenza evangelica e in rapporto diretto con Dio, lontano dalle lusinghe e dalle tentazioni del mondo. Nei primi secoli scelta eremitica (anacoretismo) e vita di comunità (cenobitismo) furono l’occasione per sperimentare in luoghi distanti dai centri abitati e talora poco accessibili condizioni di perfetta solitudine, ascesi e contemplazione, nell’osservanza di un sistema di rinunce e divieti precisatosi più tardi in “regole” e “voti” (di povertà, castità e obbedienza). Per soddisfare il medesimo bisogno di perfezione guardarono al modello “regolare” anche i chierici con vocazione del tutto diversa dalla vita solitaria del monaco eremita, inclini cioè a conservare un proprio ruolo entro la società e tra i fedeli, esercitando l’apostolato e la predicazione: e tuttavia attratti dall’esperienza contemplativa e dal rigido stile monacale. Gli obblighi imposti dai sacri canoni richiesero in particolare a questi chierici, a lungo designati con diversi appellativi (claustrali, canonici, religiosi), un impegno costante al rispetto della comunanza dei beni. Numerose comunità sorsero ovunque in Europa per volontà dei vescovi con simili caratteri, secondo l’antico uso «di convivere sotto una regola col clero della propria cattedrale» (G. Moroni, Dizionario, VII, 249).

    Ma il progressivo attenuarsi della rinunzia all’uso personale di rendite e denari e le concessioni al diritto di proprietà previste dalla regola imperiale di Aquisgrana del IX secolo introdussero tra i chierici comportamenti inclini ad abusi e rilassatezza, rendendo necessari interventi volti a restaurare la vita comune e il rispetto del voto di povertà. Sulla scia di queste riforme e nell’ambito di un più generale processo di rinnovamento delle istituzioni ecclesiastiche, si giunse nell’XI secolo (età gregoriana) alla distinzione tra canonici secolari (refrattari alla riforma e propensi a condurre una vita privata godendo individualmente di una parte della rendita ecclesiastica sottoforma di beneficio) e canonici riformati o regolari, come appunto da allora vennero chiamati i chierici che esercitavano la cura pastorale (riconosciuta loro verso la fine del secolo e vietata ai monaci), con l’obbligo di vivere in comune (in perfetta povertà) e recitare coralmente l’officio liturgico.

    In molte comunità, in gran numero istituite oltralpe e del tutto indipendenti, dal XII secolo (periodo del loro maggiore sviluppo: a quell’epoca risale la fondazione dei premostratensi a Prémontré, in Francia, nel contesto della riforma avviata da s. Norberto) fu introdotta la regola di s. Agostino, in sostituzione di quella imperiale di Aquisgrana. Ne uscì rafforzata l’organizzazione interna e favorito lo sviluppo successivo in collegiate, abbazie e priorati, in alcuni casi riuniti in strutture federative o congregazioni («tradizionalmente considerate una caratteristica dei grandi ordini monastici»), con una direzione superiore (canonica principale) e «organi di controllo quali il capitolo generale e la visita periodica di tutte le canoniche» (C. Andenna, Studi recenti sui canonici regolari, 124-125).

    Oltre all’attività pastorale (comunque soggetta a restrizioni) i canonici regolari furono impegnati nell’opera missionaria e di conversione; e con le loro scuole spirituali e teologiche – “studio e contemplazione furono un tutt’uno nei chiostri del XII secolo” (Ardura, Premostratensi, 41) – contribuirono allo sviluppo della cultura cristiana, raccogliendo seguito anche tra i laici. Nel periodo che seguì il grande scisma d’Occidente (XV secolo) e precedette la protesta luterana va ricordato, nella cerchia dei canonici regolari della congregazione di Windesheim di fine ’300, il sorgere della straordinaria esperienza della devotio moderna, poi ramificatasi dal nord Europa anche in Italia.

    Non mancarono nei secoli successivi altri momenti in cui si rese necessaria un’intensa attività riformatrice, che comportò in alcuni casi la secolarizzazione dei capitoli un tempo regolari o la loro organizzazione in commenda (come accadde nel primo Cinquecento per la stessa abbazia di Prémontré, amministrata dai cardinali italiani Francesco Pisani e Ippolito d’Este). Un percorso in un certo senso originale, emblematico delle difficoltà incontrate da tali esperienze, caratterizzò i canonici di S. Giorgio in Alga (Venezia), priorato regolare ridotto nel 1404 in collegiata di canonici secolari, cui Pio V impose di abbracciare di nuovo una regola e i voti: furono infine soppressi nel 1668 e i loro beni finirono alla Repubblica di Venezia impegnata nella guerra contro i Turchi.

    Tra le congregazioni italiane più importanti vi è quella dei canonici lateranensi (istituita nel XV secolo dopo una prima antica fase in cui fu organizzata in forma di priorato): devono il loro nome al luogo di residenza, la basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma. Eredi di molte antiche canoniche regolari, rimasti a lungo uniti «in fraterna carità» con il noto priorato dei canonici di S. Frediano di Lucca (N. Widloecher, Canonici regolari di sant’Agostino, 556), i canonici lateranensi conobbero il periodo di maggiore fervore e osservanza nel Cinquecento: «le comunità erano numerose […] fecondo l’apostolato della predicazione. L’impronta contemplativa era prevalente (non era permesso il ministero parrocchiale)», (C. Egger, Canonici regolari della congregazione, 105). La loro ricostituzione, dopo la dispersione dovuta alla dominazione napoleonica, avvenne nel 1823, quando si ebbe l’unione celebrata in San Pietro in Vincoli coi canonici del Santissimo Salvatore di Bologna (congregazione renana) ad opera dell’abate Vincenzo Garofali.

    Caratteristiche originali ebbero gli ospitalieri di sant’Antonio Abate, comunità di sacerdoti secolari di origine francese, da Bonifacio VIII dichiarati soggetti direttamente alla santa sede e trasformati in canonici regolari. Con competenze mediche che ne favorirono la diffusione anche in Italia (a Roma ebbero chiesa e convento con l’attiguo ospedale di S. Antonio presso Santa Maria Maggiore), avevano l’obbligo particolare di accompagnare la corte papale nei suoi spostamenti: «per l’incombenza di seguire i padri ovunque andavano a risiedere […] avendo cura de’medicamenti per i bisogni di tutta la corte e curia romana». Dopo gli interventi di riforma di inizio Seicento (e le nuove costituzioni nel 1630), vennero soppressi da Clemente XIV nel 1769 e incorporati nell’ordine gerosolimitano (G. Moroni, Dizionario di erudizione, VII, 263).

    Come larga parte degli ordini religiosi, molte di queste comunità conobbero cicli di crisi e rinnovamento e periodiche riforme da parte sia dei pontefici sia delle autorità secolari (particolarmente drammatiche furono le soppressioni napoleoniche), approdando ora a unioni con altri istituti ora alla chiusura e alla definitiva dispersione. Molti dei loro conventi «in progresso di tempo […] , venendo abbandonati, […] per lo scarso numero dei canonici furono dichiarati commende e poi, per le lagrimevoli vicende degli ultimi anni del secolo XVIII ed i primordi del corrente, […] terminarono di esistere» (ibid., 260).

    Fonti e Bibl. essenziale

    G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da s. Pietro sino ai nostri giorni, Tipografia Emiliana, Venezia 1840-1861, VII, ad vocem; N. Widloecher, Canonici regolari di sant’Agostino, in Enciclopedia Cattolica, Ente per l’Enciclopedia Cattolica e per il Libro Cattolico, Città del Vaticano 1949, III, 553-562; C.D. Fonseca, Medioevo canonicale, Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 1970; C. Egger, Canonici regolari della congregazione del SS. Salvatore lateranense, in DIP, Edizioni Paoline, Roma 1975, II, 101-107; S. Tramontin, Canonici secolari di S. Giorgio in Alga, in DIP, Edizioni Paoline, Roma 1975, II, 154-158; B. Ardura, Premostratensi. Nove secoli di storia e spiritualità di un grande ordine religioso, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 1997; C. Andenna, Studi recenti sui canonici regolari, in G. Andenna (ed.), Dove va la storiografia monastica in Europa? Temi e metodi di ricerca per lo studio della vita monastica e regolare in età medioevale alle soglie del terzo millennio, Vita e Pensiero, Milano 2001, 101-129; C.D. Fonseca, La pastorale dai monaci ai canonici regolari, Vita e Pensiero, Milano 2004.


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