Editoria – vol. II

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    Autore: Fulvio De Giorgi

    L’unificazione nazionale, coronamento del Risorgimento nazionale, segnò pure l’avvio di quello che qualcuno definì un “risorgimento tipografico e librario”. Il libro popolare, ad alte tirature, in brossura, di piccolo formato e a basso costo, diffuso anche attraverso canali diversi dalle tradizionali librerie, divenne il fine imprenditoriale di editori come Sonzogno o Trevisini a Milano (o come Perino a Roma e Chiurazzo a Napoli), che tra l’altro ripresero dagli editori d’inizio secolo l’idea della Collezione, così che il lettore popolare fosse in qualche modo ‘fidelizzato’ e portato perciò ad acquistare gli altri volumetti messi sul mercato dallo stesso editore. È vero però pure che, talvolta, i libri “a un soldo” nascevano da piccole e precarie tipografie, incapaci di lanciarsi su produzioni di qualità più elevata: erano dunque una necessità più che una scelta strategica editoriale.

    Lo scontro ideologico dell’Italia laica con l’Italia clericale portava ad impegnarsi maggiormente, da una parte e dall’altra, per contendersi l’egemonia sulla cultura popolare italiana. Per i cattolici l’impegno nel campo di tale editoria per il popolo era spesso sentito come una necessità “di difesa”, rispetto al laicismo massonico prima e al socialismo anticlericale poi.

    Dopo l’Unità e in particolare dopo la presa di Roma nel 1870, un centro importante per l’editoria cattolica fu la Bologna di Acquaderni e della Società della Gioventù Cattolica italiana, con le sue iniziative. Interessante era pure la realtà di Napoli, dove nel 1868 lo stampatore Ferrante pubblicava una “Collana di buoni libri su varii argomenti di pietà e dottrine cattoliche” e, trent’anni dopo, nel 1897 Andrea e Salvatore Festa stampavano “Letture cattoliche popolari gratuite”. Ma il caso editoriale partenopeo più significativo era la collana “Letture cattoliche di Napoli”, che – tra il 1862 e il 1865 – pubblicò numerosi volumetti dalle trenta alle cinquanta pagine.

    La caduta dello Stato pontificio portò ad un più forte e diffuso impegno dei cattolici sul piano della propaganda popolare e del giornalismo e dunque alla vera e propria nascita di una stampa cattolica più modernamente organizzata e più largamente diffusa. Se dal 1860 al 1874 la stampa periodica cattolica era passata da 7 a 18 testate, nel 1884 vi erano già 159 giornali cattolici, divenuti 271 nel 1893. Occorre poi ricordare il gran numero di bollettini, numeri unici e opuscoli, collegati alle nuove associazioni devozionali, che strutturarono in modo nuovo la sociabilità cattolica negli ultimi decenni dell’Ottocento: dall’Apostolato della Preghiera alle Figlie di Maria alle tante altre forme associative.

    In quegli stessi anni, procedevano e si acceleravano le trasformazioni della cultura e delle letture della borghesia italiana, in sintonia con le borghesie europee. Il romanzo di consumo, alla moda (spesso in traduzione dal francese), era fenomeno della media e piccola borghesia. A partire dagli anni ’70, la letteratura popolare dunque – in particolare le “letture amene” – ebbe un notevole progresso. Anche gli stampatori cattolici cercarono di seguire queste trasformazioni, sollecitati probabilmente dagli stessi ambienti sociali a cui facevano riferimento e seguendo, talvolta, il modello inaugurato con successo, come si è visto, da Don Bosco. Con l’esperienza salesiana si entrava anche sia nel mercato del libro scolastico (con posizioni che si direbbero monopolistiche: cioè nelle scuole salesiane e, più in generale, nelle scuole cattoliche) sia nell’esperienza del teatro educativo e della stampa di testi teatrali per le tante filodrammatiche popolari o giovanili cattoliche. È qui il caso di rimarcare l’ambito dell’editoria scolastica, anche perché il libro per la scuola ebbe pure, in qualche modo, la funzione di un libro per il popolo.

    La cultura popolare era promossa dai salesiani ma anche da altre Congregazioni religiose otto-novecentesche, come i Giuseppini di Murialdo, gli Artigianelli di Piamarta e, in qualche misura, gli Artigianelli Pavoniani. Un rilievo tutto particolare ebbero poi le edizioni della “Civiltà Cattolica”, oltre naturalmente alla stessa rivista dei gesuiti italiani. Tra il 1861 e il 1870, tali edizioni crebbero molto in attività e impegno.

    Tra Otto e Novecento. Con Leone XIII si abbandonò definitivamente quel sentimento ambivalente, se non ambiguo, verso la stampa che era stato presente fino a Pio IX: una preminente visione negativa per il giornalismo come veicolo di idee anticristiane, per la libertà di stampa che concedeva gli stessi diritti alla verità e all’errore, per la stampa stessa come fenomeno moderno potenzialmente corruttore del popolo. Ci si indirizzava ormai verso una considerazione attenta della grande influenza educatrice (o diseducatrice) che la stampa poteva svolgere, ma la si intendeva come uno strumento in sé neutro che poteva essere messo al servizio del bene o del male: dunque la competizione era aperta, l’impegno nel campo era un dovere, la latitanza o il disinteresse peccati gravi di omissione.

    Negli ultimi decenni del secolo, dopo la presa di Roma e in conseguenza delle traversie subite dalla Compagnia di Gesù in Italia, le edizioni della “Civiltà Cattolica” subirono un vero e proprio tracollo. Furono stampati pochissimi titoli. Nel 1886, a Brescia, dalla fusione della piccola tipografia Bersi, che stampava “Il Cittadino di Brescia”, con la Libreria Queriniana, nasceva la Tipografia editrice Queriniana, assunta dal Pio Istituto dei poveri Artigianelli, fondato da Giovanni Piamarta. Nel 1897 la Queriniana diventava di esclusiva proprietà dell’Istituto.

    Dal censimento effettuato, sotto l’egida dell’Opera dei Congressi, da Luigi Bottaro nel 1887, su istituzioni e stabilimenti relativi alla stampa cattolica in Italia, risultano oltre duecento giornali stampati e più di cento, tra editori, tipografi e librai. La distribuzione geografica mostrava una decisa prevalenza del Nord, con 65 realtà censite (nell’Italia centrale si censivano 25 presenze; nel Sud solo 18 e concentrate nel capoluogo partenopeo). Il censimento rivelava, indirettamente, alcuni aspetti che dovettero in effetti caratterizzare l’attività editoriale cattolica – a parte il caso dei Salesiani, ormai avviati verso una vera industria editoriale di massa – negli anni del passaggio dalle forme artigianali della stampa e dai circuiti locali del mercato allo sviluppo di realtà aziendali più solide, capaci anche di competere su un mercato nazionale. Una prima caratteristica stava nella preminenza delle città sulla campagna: l’ambiente urbano favoriva l’attività editoriale non tanto perché presentasse maggiori tassi di alfabetizzazione, quanto perché in esso si concentravano disponibilità economiche (problema di fondo e di lunga durata) e si realizzavano quelle nuove forme della sociabilità devota, alle quali già si è fatto cenno, tipiche del XIX secolo soprattutto tra quei ‘ceti di frontiera’ tra piccola e piccolissima borghesia e strati popolari più elevati.

    Un’altra caratteristica era nel carattere disgregato e frammentato, cioè – più precisamente – locale, del variegato mondo di stamperie e tipografie, necessariamente dipendenti dalla committenza delle parrocchie e delle altre realtà istituzionali e aggregative delle Chiese locali, peraltro proprio per questo ben radicate nelle situazioni popolari e sensibili ai loro bisogni religiosi: un inizio di superamento di questa caratteristica (che era un punto di forza, ma che poteva pure costituire un limite) stava da una parte nell’apostolato di Congregazioni religiose, sempre più diffuse sul territorio nazionale e perciò in grado di organizzare una rete sia di stampa che di distribuzione e, dall’altra, nei tentativi di coordinamento – per quanto deboli e tra molte difficoltà – messi in atto dall’Opera dei Congressi.

    Tuttavia un’altra caratteristica, molto importante, stava in realtà proprio nel sistema di relazioni che, localmente, veniva comunque a crearsi tra stamperie e tipografie, librerie, associazioni per la buona stampa: venivano così a stabilirsi interessanti canali di sociabilità culturale e devota, limitrofi e variamente collegati alle comunità ecclesiali e alle case religiose e comunque confluenti nell’interesse verso il ‘libro’. Si può cioè affermare che il catalogo di uno stampatore-editore cattolico, almeno fino ai primi anni del Novecento, non sia ancora espressione di un progetto editoriale autonomo, elaborato in proprio, e non sia però neppure il risultato meccanico di una generica e casuale committenza per una mera prestazione tipografica: esso invece appare come l’espressione di quel sistema di relazioni, nel quale l’editore rappresentava il ‘nodo’ centrale di convergenza, in vista appunto della confezione del ‘libro religioso’ (o di altro servizio di stampa).

    Peraltro, sul piano storico, non è immediatamente ovvio cosa fosse il ‘libro religioso’ e che valore avesse la stampa nel mondo cattolico. Peraltro dopo la Rerum Novarum di Leone XIII e fino ai primi anni del Novecento, lo sviluppo del movimento democratico cristiano, con la sua sensibilità sociale, portò ad un certo pugnace svecchiamento della pubblicistica cattolica. Ciò fu merito principalmente di Don Romolo Murri e della rivista “Cultura Sociale”, da lui promossa. Ma si ebbero varie iniziative: a Torino, per esempio, Giulio Speirani pubblicava una “Biblioteca popolare di propaganda sociale cattolica”. Il 2 agosto 1898 poi Murri diede vita alla “Unione editrice cattolica”. Successivamente, il 1 novembre 1901, le varie iniziative editoriali murriane trovarono un’organizzazione unitaria nazionale nella Società Italiana Cattolica di Cultura Editrice, promossa a Roma.

    Un caso a sé era poi quello della “ La Civiltà Cattolica”, le cui vicende erano ovviamente condizionate, come già si è visto, dalla situazione della Compagnia di Gesù in Italia, ma anche all’estero (per esempio in Spagna). Dopo che nel 1894 furono pubblicati alcuni testi, le pubblicazioni gesuitiche ripartirono con una certa intensità solo nella seconda metà degli anni ’90. La vera ripresa, anche sul piano qualitativo, si ebbe ai primi del Novecento.

    Del resto, in quegli anni, tra la fine dell’Ottocento e l’avvio del nuovo secolo, si modificavano, allargandosi significativamente e consolidandosi (ma con alterni livelli di vendite), la domanda e l’offerta nel mercato della carta stampata. I primi anni del Novecento segnarono, dunque, una soluzione di continuità. Ci fu, certamente, un cambiamento del clima intellettuale, spirituale e pastorale: di cui ben si avvide Bonomelli scrivendo a Piamarta. Il modernismo, prima, e la reazione antimodernista, poi, furono effettivamente una ‘svolta periodizzante’. Ma ci fu pure un nuovo e diverso articolarsi della nascente industria culturale, la necessità – via via sempre più evidente – di passare con decisione dalla dispersione di strutture delocalizzate, quasi frammentate, a più solide intraprese editoriali: sia per far fronte alle esigenze di un pubblico di alfabetizzati ormai vasto, sia per interne esigenze ecclesiali (che spingevano comunque verso forme di centralizzazione), sia anche per avere più forza in un mercato editoriale che vedeva ormai competitori nazionali di sempre maggiore capacità imprenditoriale.

    Morfologia e caratteri degli editori cattolici del Novecento. Dai primi decenni del Novecento ad oggi si è dunque progressivamente sviluppato un complesso e articolato ‘sistema’ di editoria cattolica, che ha avuto un particolare impulso dopo il Concilio Vaticano II. Nel 2012 nell’UELCI (Unione Editori e Librai Cattolici Italiani) si riuniscono 48 editori e 105 librerie. Tale sistema ha una configurazione di ‘costellazione pentagonale’. Si possono cioè distinguere cinque gruppi di editori dalle caratteristiche diverse (e naturalmente con differente forza sul piano della produzione e della distribuzione): il gruppo congregazionale; il gruppo scolastico e culturale laico; il gruppo universitario; il gruppo associativo; il gruppo dei piccoli editori ‘carismatici’.

    Il gruppo congregazionale è sia il più importante (sul piano quantitativo, per pubblicazioni e vendite) sia il più antico, nel senso che più si ricollega alla precedente storia dell’editoria cattolica. 13 dei 48 editori infatti si possono riportare a Congregazioni religiose. Rientrano in quest’ambito i Salesiani (SEI, LDC), con la loro forte tradizione, che, come si è visto, risale all’Ottocento. Vi rientra anche il mondo dei ‘Paolini’, cioè delle congregazioni religiose fondate da don Alberione con lo specifico carisma di impegno nel mondo delle comunicazioni sociali (Edizioni Paoline e San Paolo). Ma molto importanti sono anche: Ancora (Pavoniani); Queriniana (Piamartini); Dehoniane (Dehoniani); Messaggero (Francescani di Padova); Editrice Missionaria Italiana (sostenuta dalle Congregazioni missionarie: PIME, Comboniani, Saveriani, Consolata); Monti (Concezionisti). Questo gruppo è anche molto importante per la distribuzione, contando su diverse catene di librerie: la catena alberioniana (58 librerie Paoline e 15 San Paolo), la catena salesiana (13 librerie LDC), la catena pavoniana (6 librerie Ancora). La diffusione della cultura teologica in Italia, come traduzioni e come opere di teologi italiani, deve molto a questo gruppo di editori.

    Meno forte sul piano quantitativo ma allo stesso livello di importanza storica nell’ambito delle vicende della cultura italiana contemporanea è il gruppo che si potrebbe definire ‘scolastico e culturale laico’. Si tratta di tre importanti editrici che nascono come iniziativa laicale e puntando all’autosufficienza economico-aziendale (senza appoggiarsi cioè su congregazioni religiose, associazioni, università): La Scuola (Brescia); Morcelliana (Brescia); Studium (Roma). Se la prima, sorta nel 1904 per opera di un gruppo di laici (vicini all’Opera dei Congressi, cioè all’organizzazione del laicato cattolico), si è impegnata prevalentemente in campo scolastico, nel quale costituisce ancor oggi (insieme alla SEI) la presenza cattolica più importante, la seconda – anch’essa bresciana – è stata fondata e guidata da Fausto e poi da Stefano Minelli, con l’importante contributo di p. Bevilacqua, Giovanni Battista Montini, Giuseppe De Luca, Mario Bendiscioli. Autonoma, ma vicina ai Laureati cattolici e, ancora, a Montini è la terza, giunta per ultima, negli anni del fascismo e per contenderne l’egemonia culturale. Vi è una notevole affinità – di sensibilità culturale, se non proprio di linea editoriale – tra queste tre editrici: una sintonia che, per quel che si è detto, potrebbe definirsi montiniana. Il contributo che questo gruppo ha portato alla presenza dei cattolici nella più generale cultura nazionale è stato decisivo: attraverso i libri scolastici, le traduzioni, i libri di alta cultura, le numerose riviste (di diverso tipo). Da gruppo di editori vicini esso è infine diventato un unico gruppo editoriale.

    Con una particolare (ma non unica ed esaustiva) caratterizzazione di tipo scientifico-accademico è il terzo gruppo, che è venuto sviluppandosi nelle forme della ‘university press’. Esso cioè comprende gli editori interni alle università cattoliche italiane e ai pontifici atenei. Spicca per importanza storica l’editrice Vita e Pensiero, dell’Università Cattolica del S. Cuore. Ma si possono ricordare anche la Gregorian & Biblical Press, la Libreria Ateneo Salesiano, la Urbaniana University Press, l’editrice della Pontificia Università Antonianum e le altre case stampatrici delle pubblicazioni delle università pontificie: alcune di queste, peraltro, si ricollegano anch’esse a ordini o congregazioni religiose (e dunque hanno rapporti con il primo gruppo).

    Vi sono poi editrici che o per particolari assetti societari e proprietari o per altre forme di collegamento storico si riferiscono ad associazioni ecclesiali: così l’A.V.E. per l’Azione Cattolica Italiana, Città Nuova per il Movimento dei Focolari, Jaca Book per Comunione e Liberazione, Cittadella per la Pro Civitate Christiana. Si può ancora aggiungere la vicinanza di Borla agli Scout. Ancorché non si tratti di un ambito di sociabilità ecclesiale può non essere inopportuno ricordare le Edizioni Lavoro per la CISL. In questo gruppo di editori, in ogni caso, siamo spesso davanti a progetti editoriali fortemente caratterizzati e che, tuttavia, non hanno il loro baricentro in se stessi, nel campo editoriale in quanto tale, ma al di fuori e cioè nella visione spirituale, culturale e pastorale delle Associazioni di riferimento: così che non se ne può tracciare la storia prescindendo dalla stessa storia associativa (come pure, in senso contrario, la ricostruzione storica del progetto culturale di tali Associazioni non può avvenire ignorandone la proiezione editoriale).

    Il quinto ed ultimo gruppo di questa ‘costellazione pentagonale’ comprende una pleiade di piccole editrici di nicchia, in genere legate ad una personalità carismatica. Si potrebbero ricordare vari casi, ma ci si può limitare a La Locusta di Renzo Colla, alle Edizioni di Storia e Letteratura di don Giuseppe De Luca, a Qiqajon di Enzo Bianchi e della Comunità di Bose. Quasi sempre si tratta di edizioni esteticamente sobrie ma molto curate: siano piccoli libri o poderosi tomi eruditi. Si rivolgono a un pubblico molto particolare e selezionato, che ha già, in genere, un personale rapporto spirituale o culturale con la figura che promuove l’editrice. Naturalmente, questa natura personalistica porta di necessità a cambiamenti dopo la scomparsa del fondatore-animatore.

    Un caso a sé è costituito dalle pubblicazioni edite nella Città del Vaticano e che pure possono avere un vasto mercato in Italia: si pensi, in particolare, alla Libreria Editrice Vaticana.

    Secondo il sintetico rapporto del Primo Osservatorio sull’editoria libraria religiosa in Italia, promosso dall’UELCI, nel decennio dal 2000 al 2010 i lettori di un libro religioso sono cresciuti di 900.000 unità, con un incremento del 2% annuo fino al 2007 e, addirittura, del 6% dal 2007 al 2010. La crescita maggiore si è avuta nella fascia compresa fra i 18 e i 54 anni. Nel 2010 si sono pubblicati 5.612 libri religiosi da parte di 796 editori: 579 editori laici (72,7% del totale) hanno pubblicato il 18% dei titoli, mentre 196 editori cattolici (24,6%) ne hanno pubblicato il 79,2%. In ogni caso, si segnala la grande attenzione degli editori laici per il settore religioso.

    Dal 2009 al 2010 c’è stato un aumento dei titoli, con una crescita delle aree di riflessione, divulgativa e di formazione/famiglia e, invece, con un decremento nei settori della varia e degli scolastici. L’ambito devozionale è ancora molto forte.

    Fonti e Bibl. essenziale

    Cultura, religione e editoria nell’Italia del primo Novecento, sezione monografica in “Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, (2009), 16; A. Gigli Marchetti – L. Finocchi, Stampa e piccola editoria tra le due guerre, Milano, Angeli, 1997; A. Melloni, L’editoria religiosa del secondo Novecento: progetti, libri, sogni, mode, in A. Melloni (a cura di), Cristiani d’Italia. Chiese, Stato e società 1861-2011, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2011, 1439-1452; S. Pivato, Strumenti dell’egemonia cattolica, in S. Soldani-G. Turi (a cura di), Fare gli italiani. Scuola e cultura contemporanea, II. Una società di massa, Bologna, Il Mulino, 1993, 361-383; F. Targhetta, Serenant et Illuminant. I cento anni della sei, Torino, Sei, 2008; A. Vittoria, L’editoria cattolica dall’Unità alla fine del fascismo, in A. Melloni (a cura di), Cristiani d’Italia. Chiese, Stato e società 1861-2011, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2011, 1265-1279.


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