Sindacati – vol. II

    image_pdfimage_print
    Autore: Andrea Ciampani

    Con l’affermarsi della rivoluzione industriale si diffondono tra le classi lavoratrici nuove organizzazioni di rappresentanza collettiva: il sorgente associazionismo sindacale è una risposta alle difficoltà di vita e di lavoro connesse al rapporto di subordinazione del lavoro salariato, ai mutamenti introdotti nel processo produttivo e al diffondersi della condizione proletaria del moderno capitalismo. Quando, infatti, l’esigenza di difesa individuale della persona che lavora si proietta in un’azione solidale di tutela collettiva prendono forma i sindacati, associazioni permanenti di lavoratori dipendenti, salariati, che hanno per finalità di mantenere e di migliorare le condizioni di lavoro (sulla base di motivazioni immediate di natura economica, ma anche di principi politici e morali), in grado di darsi autonome e democratiche leadership. Ricevendo dall’iscritto il mandato a rappresentare i propri interessi in forma collettiva, col moltiplicarsi delle adesioni personali i sindacati realizzano un’alterazione nel senso del controllo associativo dell’offerta di lavoro rispetto al disequilibrio del potere sociale presente nell’impresa. Attraverso il dispiegamento dell’azione contrattuale e negoziale, responsabile verso il mandato associativo, e l’organizzazione confederale, che consente agli attori sociali di contribuire al generale sviluppo socio-economico, i sindacati affermano nuovi diritti attraverso una rappresentanza sociale che si distingue per natura, finalità e metodo d’azione dalla rappresentanza politica.

    Nel corso del tempo e nei molteplici ambienti culturali, sociali e politici, il movimento sindacale si è articolato in una pluralità di forme organizzative ed orientamenti culturali. Così, è accaduto anche nel Regno d’Italia, durante il lento processo di industrializzazione del Paese. Il cambiamento di status dei lavoratori, in particolare nel settore tipografico e della seta, fece emergere l’esigenza di superare le esperienze del mutuo soccorso, che in alcuni casi avevano radici nelle corporazioni di mestiere, verso prime forme di federazioni sindacali e leghe di “resistenza”. Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, segnato dall’imporsi della questione sociale e dal moltiplicarsi degli scioperi, si diffuse una sindacalizzazione instabile negli ambienti industriali e nelle campagne; in alcune città, si costituirono le Camere del lavoro, presto collegate al nascente movimento socialista. Dopo il 1900, unioni professionali di soli operai sorte con una matrice confessionale arricchirono la diffusa presenza del movimento sociale cattolico italiano, contrastato dall’anticlericalismo e dai diversi riflessi politici di una questione romana ancora aperta.

    La tolleranza dei sindacati nell’Italia giolittiana, che consente dopo il 1901 il costituirsi di permanenti federazioni sindacali nazionali e nel 1906 la nascita della socialista e riformatrice Confederazione Generale del Lavoro (CGdL), era finalizzata a un progetto politico e riformatore che favorì una certa marginalizzazione del sindacalismo cattolico. Nel 1906 le unioni professionali cattoliche esistenti raccoglievano circa 70.000 soci; tre anni dopo, sviluppatosi sul piano organizzativo, il sindacalismo “bianco” poteva vantare due federazioni nazionali, il Sindacato italiano tessili e il Sindacato nazionale ferrovieri. Solo nel marzo 1918, grazie all’opera di Giovan Battista Valente, i sindacati cattolici ormai diffusi anche nel settore agricolo, metallurgico e dell’impiego pubblico si raccoglievano nella Confederazione Italiana dei Lavoratori (CIL). Diretta prima da Giovanni Gronchi e poi da Achille Grandi, la CIL accompagna il sorgere del Partito Popolare Italiano e condivide il suo declino politico durante l’avvento violento del regime fascista. Il richiamo al carattere confessionale della CIL non le consentì alcuna protezione durante il periodo che va dal Patto di Palazzo Vidoni del 1925, che segnò la fine della libertà contrattuale, alla legge Rocco del 1926, che instaurò un sindacato unico obbligatorio giuridicamente riconosciuto.

    L’impostazione politica e l’ordinamento giuridico degli anni tra le due guerre, orientato da suggestioni corporative, esercitarono il loro fascino anche nel dopoguerra, quando si avviò la ricostruzione sindacale nel quadro delle libertà democratiche. In tale contesto, i rappresentanti sindacali antifascisti del Partito socialista, della Democrazia cristiana e del Partito comunista firmarono nel giugno 1944 la costituzione di un sindacato unitario, la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL). Nel mondo cattolico italiano, che influì nel dibattito che portò alla formulazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione, si svilupparono diversi orientamenti tra coloro che volevano un sindacato giuridicamente regolato, strutturato in organizzazione professionali confessionali, e coloro che vedevano nella libertà associativa la chiave di volta per una rappresentanza responsabile dei lavoratori, in grado di partecipare alla formazione delle decisioni del processo d’industrializzazione che si doveva sviluppare nel Paese. Nel luglio 1948, dopo la proclamazione dello sciopero politico seguito all’attentato a Togliatti, la Corrente sindacale cristiana si separò da una CGIL ormai egemonizzata dalla maggioranza comunista, decidendo di dar vita alla Libera CGIL, sindacato che abbandonava la caratterizzazione confessionale: da allora in Italia non vi è stato più una confederazione sindacale “cristiana”.

    Collegandosi al sindacalismo internazionale “libero” e democratico, col proposito di coinvolgere tutti i lavoratori in una rappresentanza sociale indipendente dai partiti, Giulio Pastore condusse la Libera CGIL in un processo di unificazione che approdò, nell’aprile 1950, alla costituzione della Confederazione Italiana Sindacati dei Lavoratori (CISL). Grazie alla riflessione scientifica del maggiore studioso del movimento sindacale contemporaneo, Mario Romani, la CISL introdusse in Italia i presupposti di una nuova soggettività sociale, promuovendo la formazione sindacale, rivendicando il sindacato in azienda e la contrattazione articolata, negoziando la produttività, invitando le parti sociali e le istituzioni alla concertazione e al dialogo sociale. Tra i cattolici italiani, in gran parte aderenti alla CISL, questo sindacato ha messo in discussione le tentazioni del collateralismo al partito democristiano e ha rinnovato la cultura delle loro associazioni. La CISL svolse così un ruolo decisivo in quel processo di emancipazione morale e materiale del mondo del lavoro che venne riconosciuto nel 1969. Dal 1972 la CISL partecipò all’esperienza rivendicativa della Federazione unitaria CGIL, CISL, UIL, conclusa nei primi anni Ottanta per la dipendenza del sindacato comunista dalle decisioni del partito. Dopo aver sostenuto gli accordi di concertazione dei primi anni Novanta, in un momento di grave crisi politica, la CISL ha spinto gli altri sindacati ad introdurre patti sociali e riforme nel sistema di relazioni industriali coerenti alle dinamiche socio-economiche della società industriale. La sua scelta europeista e di partecipazione sociale ai processi di unificazione internazionale dei mercati si è riflessa nella costituzione della Confederazione europea dei sindacati (CES), nel biennio 1973-1974, e della Confederazione internazionale dei sindacati (CIS) nel 2006, organizzazioni sorte grazie all’unificazione del sindacalismo laburista e del sindacalismo cristiano.

    Fonti e Bibl. essenziale

    A. Carera, L’azione sindacale in Italia, voll. 1-2, Editrice la Scuola, Brescia, 1979; V. Saba, Il problema storico della Cisl. La cittadinanza sindacale in Italia nella società civile e nella società politica (1950-1993), Edizioni Lavoro, Roma, 2000; V. Saba, Il sindacato come associazione, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2001; A. Ciampani, Giancarlo Pellegrini (a cura di), La storia del movimento sindacale nella società italiana. Vent’anni di dibattiti e di storiografia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005; A. Ciampani (a cura di), Mario Romani, Sindacalismo libero e società democratica, Edizioni Lavoro, Roma 2007; A. Ciampani, Emilio Gabaglio, L’Europa sociale e la Confederazione Europea dei Sindacati, Bologna, Il Mulino 2010; A. Ciampani, Giancarlo Pellegrini (a cura di), L’autunno sindacale del 1969, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013.


    LEMMARIO