Cattolici del dissenso – vol. II

    image_pdfimage_print
    Autore: Angelo Manfredi

    Sotto l’etichetta “cattolici del dissenso”, comoda e introdotta soprattutto dai mezzi di comunicazione, ma spesso rifiutata da coloro che sono protagonisti degli anni della contestazione, raggruppiamo quella varietà di fenomeni che non si esaurirono nella “contestazione” ma tentarono di proporre e dare durata a alternative all’interno dello stesso mondo ecclesiale.

    Al di là dei problematici legami o “fili rossi” rispetto al modernismo di inizio XX secolo, già negli anni ’40-’50 emergevano nella Chiesa italiana figure e gruppi che per vari motivi non si sentivano interamente interpretati dal blocco della militanza di AC. Alcuni di essi daranno vita a realtà del dissenso, altri invece saranno all’origine di alcuni movimenti ecclesiali.

    Il fenomeno del dissenso, tuttavia, difficilmente si può ricondurre a queste forme di insofferenza rispetto a un modello di presenza pastorale e sociale tipico dell’AC dei “tre Pii” (X, XI e XII). Molti degli esponenti del cattolicesimo della contestazione, alla conclusione del Concilio Vaticano II che portava con sé molte aspettative, produceva documenti di grande equilibrio ma vedeva gran parte dell’episcopato italiano in posizione di arretratezza e di diffidenza, fecero riferimento, più che alla “lettera” del concilio, percepita come inadeguata, a una sorta di “spirito” conciliare. In contemporanea, si diffondeva in tutto il mondo occidentale la contestazione giovanile, fenomeno sostanzialmente estraneo alla vita ecclesiale ed alle sue esigenze, ma che si saldò, per contemporaneità, sintonia nell’ambito della “rivoluzione” e dell’antiautoritarismo, sensibilità personali, con i fermenti di una parte del mondo cattolico, italiano e non solo.

    Molti studiosi sembrano concordi sull’individuare, tra le caratteristiche prima della “contestazione” e poi del “dissenso” cattolico in Italia: la sensibilità giovanile verso i movimenti di liberazione del cosiddetto “terzo mondo”, come la guerra in Viet Nam e le guerriglie di sinistra in America Latina; la scelta di passare a un impegno politico diretto, mentre i gruppi che poi saranno all’origine dei “movimenti ecclesiali” si sganciarono dalla lotta politica; l’assunzione, variamente modulata, di categorie di pensiero di origine marxista per comprendere e vivere efficacemente la lotta politica scelta come impegno dei cattolici “nell’ora attuale”; infine la richiesta di riforme, anzi di una “rivoluzione” interna alla stessa Chiesa: “La presenza dei cristiani nella rivoluzione suppone ed esige la presenza della rivoluzione nella Chiesa, nei suoi modelli di vita, nelle sue abitudini di pensiero” (P. Ricoeur, M.-D. Chenu e altri teologi nel 1969, cit. in Martina 1977, 160).

    Si potrebbero distinguere nel processo che denominiamo “dissenso cattolico” in Italia alcune fasi. Una prima fase, più direttamente di contestazione, vide una serie di eventi simbolici: nel 1967, l’occupazione studentesca dell’Università Cattolica di Milano; l’anno successivo, il “controquaresimale” degli studenti davanti alla cattedrale di Trento, l’occupazione della cattedrale di Parma, la lettera di solidarietà a queste vicende del parroco del quartiere fiorentino dell’Isolotto, don Enzo Mazzi, e la sua rimozione da parte dell’arcivescovo E. Florit. Una seconda fase è quella della formazione dei gruppi o comunità di base, quasi “antiparrocchie” e incarnazioni di una Chiesa del popolo. Una terza fase, tra il 1971 e il 1974, vide il nascere di alcuni movimenti propriamente politici come i “cristiani per il socialismo”, il “movimento 7 novembre” e la “scelta socialista” delle ACLI, con un impegno durante il referendum promosso dalla DC contro la “legge Fortuna” che per la prima volta in Italia autorizzava il divorzio.

    Una delle differenze tra i “movimenti ecclesiali” rimasti poi in seno alla comunità cattolica e queste aggregazioni, è che i movimenti ecclesiali non politici riuscirono ad imprimere una durata alla propria aggregazione, mentre si può affermare che i cattolici del dissenso appartengano sostanzialmente a una generazione. Molti degli esponenti e dei militanti di quegli anni hanno vissuto drammatiche separazioni rispetto alla compagine ecclesiale e alla fede, altri al contrario hanno ripudiato la scelta marxista spesso assumendo posizioni polarmente opposte. Altri ancora hanno successivamente fatto riferimento a iniziative e ambiti che in vario modo interpretavano i loro antichi ideali, come ad esempio la piattaforma proveniente dai paesi tedeschi e denominata “Noi siamo Chiesa”.

    Via via che il tempo pone la necessaria distanza critica rispetto al post-concilio in Italia, emergono punti di certezza, come ad esempio la rilevanza delle riviste impegnate del mondo cattolico, e questioni aperte, come il rapporto di questi gruppi con la realtà conciliare, lo spessore laicale o clericale della leadership, la realtà elitistica o di massa del fenomeno, la capacità della Chiesa italiana di recepire le istanze più autentiche della contestazione, le motivazioni dei singoli partecipanti e l’efficacia nell’incidere nel tessuto sociale, culturale e politico.

    Fonti e Bibl. essenziale

    1968: fra utopia e Vangelo. Contestazione e mondo cattolico, a cura di A. Giovagnoli, Roma (AVE) 2000; S. Burgalassi, Dissenso cattolico e comunità di base, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), I/2, Torino (Marietti) 1981, 278-284; M. Guasco, Chiesa e cattolicesimo in Italia (1945-2000), Bologna (EDB) 2001; Fr. Malgeri, La Sinistra Cristiana (1937-1945), Brescia (Morcelliana) 1982; G. Martina, La Chiesa in Italia negli ultimi trent’anni [1946-1976], Roma (Studium) 1977; D. Saresella, Dal concilio alla contestazione. Riviste cattoliche negli anni del cambiamento (1958-1968), Brescia (Morcelliana) 2005.


    LEMMARIO