Missioni interne – vol. II

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    Autore: Angelo G. Dibisceglia

    Nella seconda metà dell’Ottocento, all’interno dell’universalità cristiana contraddistinta dall’azione della Congregazione di Propaganda Fide e dall’Opera per la Propagazione della Fede – con l’articolato e variegato costituirsi di Chiese locali nei diversi continenti e il passaggio da un’accezione di evangelizzazione intesa a senso unico con baricentro Roma a un concetto di incontro mirato, tra l’altro, anche allo scambio con le altre Chiese – un inedito significato di “missione” impegnò la realtà ecclesiale in Italia. Ciò avvenne a più livelli, affiancando alla tradizionale proiezione verso l’“esterno”, l’inedita accezione di un movimento rivolto all’“interno” della realtà ecclesiale. All’antica modalità tridentina di interpretare la missione come azione tipica degli ordini religiosi messa in atto per indottrinare le popolazioni ritenute “distanti” dalla ortodossia cristiana e, in particolare, nel passaggio tra Ottocento e Novecento, per accompagnare l’opera di colonizzazione realizzata dalle potenze europee, fu affiancata un’inconsueta – fino a quel momento – modalità di intendere l’azione missionaria, tesa a fronteggiare il diffondersi di processi di secolarizzazione che, originatisi con la Rivoluzione Francese, avevano trovato anche nella penisola – nazione storicamente “cattolica” – accanto alla Questione Romana e alla diffusione del socialismo, la loro più incisiva espressione.

    Nel passaggio tra vecchio e nuovo secolo non mancò la consapevolezza di dover mobilitare la realtà ecclesiale italiana attraverso la realizzazione di “missioni interne” allo scopo di sviluppare metodi e tecniche utili per difendere, ri-cristianizzandola, una società comunque cattolica ma esposta, per ovvie ragioni, ai rischi del laicismo. Nel 1889, con la definizione delle regioni ecclesiastiche, papa Leone XIII mirò alla realizzazione di una Chiesa italiana – il “paese reale” – da contrapporre all’Italia liberale – il paese legale – che aveva “chiuso” il Papa in Vaticano, inaugurando – di fatto – l’inedita stagione che la “cittadella assediata” si accingeva a vivere nel nuo­vo Regno d’Italia. Ben presto, però, emersero notevoli differenze. Non era poca, infatti, la distanza esistente anche tra vescovi di diocesi vicine, così come molteplici apparvero le conseguenze derivanti dall’assenza di una concorde e convinta applicazione delle decisioni adottate collegialmente. Fu quello il periodo durante il quale emerse l’esistenza di un nord, caratterizzato dalla pastorale di matrice borromaica, contrapposto a un sud ancora segnato dall’assenza di una strutturata presenza parrocchiale, dove – alla fine del XIX secolo – continuava a perdurare una “gestione del sacro” legata, in gran parte, ai capitoli cattedrali e ai sodalizi confraternali.

    I primi tentativi per uniformare una realtà alquanto diversificata coinvolsero l’associazionismo cattolico, protagonista di una fase di ripensamento tesa a indirizzare il tradizionale concetto di assistenza filantropica verso la realizzazione di interventi più mirati. In quegli anni, mentre la Chiesa ripensava le diverse modalità della sua presenza nella società italiana, il settentrione registrò, accanto all’impegno profuso dai “preti sociali” – Leonardo Murialdo (1828-1900), Luigi Guanella (1842-1915), Guido Conforti (1865-1931), Luigi Orione (1872-1940) – lo sviluppo di cooperative, società di mutuo soccorso, segretariati per il popolo, fra i quali scopo della cassa rurale fu di fornire sostegno economico alla classe operaia e bracciantile impegnata a difendersi – già a quei tempi – dalla diffusa piaga dell’usura. Se il modello della cassa rurale registrò un notevole sviluppo soprattutto nelle regioni settentrionali – nel 1897 se ne contavano 921, coordinate a partire dal 1905 dalla Federazione Italiana delle Casse Rurali, che nel 1922 giunse a censirne oltre 3000 diffuse in Veneto, Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Sicilia e Sardegna – il Mezzogiorno continentale non fu estraneo a quella spinta rinnovatrice che mirava a superare la tradizionale e dichiarata chiusura all’introduzione di una pastorale fondata sul magistero ecclesiale e sul riferimento a Roma. La Calabria, nel 1896, celebrò il suo primo congresso cattolico regionale. La Puglia si radunò nel 1901 a Taranto alla presenza di Romolo Murri. Il primo «Congresso delle sezioni meridionali della Società della Gioventù Cattolica Italiana» si svolse a Benevento nel 1908. Quelle prime esperienze, però, costituirono iniziative isolate con risultati, spesso, parziali.

    Solo il nuovo assetto dell’Italia repubblicana avviò definitivamente, attraverso nuove “missioni interne”, il processo teso a delineare la specificità di una Chiesa italiana e, quindi, il concretizzarsi di una pastorale comune alle singole diocesi. Dal voto del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 non scaturì soltanto la nuova identità della nazione – la nascita della repubblica sulle ceneri della monarchia sabauda – ma il suffragio universale rivelò principalmente come il Paese – anche dal punto di vista politico – fosse proiettato verso la ricostruzione racchiudendo in sé due Italie: un nord legato alla repubblica e un sud ancora legato alla monarchia, a conferma di come il contesto storico che aveva legato il Mezzogiorno al Regno delle Due Sicilie si fosse protratto oltre «la fine di quel regno». Tale situazione, ritenuta alquanto rischiosa per il futuro del Paese dai vertici vaticani, esponeva la nazione, dopo l’esperienza fascista, al rischio di un nuovo regime di matrice comunista. Occorreva, quindi, ricucire – dal punto di vista politico ed ecclesiale – le distanze che dividevano il Paese.

    Appena due anni dopo, il risultato delle prime elezioni dell’Italia repubblicana del 18 aprile 1948, registrando l’affermazione della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi con il 48,5% e la sconfitta del Partito Socialista Italiano di Pietro Nenni e del Partito Comunista Italiano di Palmiro Togliatti, mostrò l’esistenza di una nazione che, al di là di specifiche differenze locali, era riuscita a evitare il pericoloso perpetuarsi di un meridione politicamente – e non solo, quindi, ecclesiasticamente – contrapposto al settentrione. La trasformazione del “partito dei cattolici” in “partito italiano” rappresentò un risultato ottenuto – accanto ai Comitati Civici di Luigi Gedda – anche attraverso alcune “missioni interne” messe in atto, in ambito ecclesiale, tra il 1946 e il 1947.

    Quegli interventi, secondo un piano suddiviso in quattro fasi – con i corsi di studio per i propagandisti, le riunioni periodiche per i presidenti regionali, le “Tre giorni” per la formazione dei nuovi propagandisti, la giornata del reclutamento – avevano coinvolto le diocesi italiane utilizzando i carri-cinema e la proiezione di pellicole a carattere religioso – come Bernadette, Pastor Angelicus, Guerra alla Guerra, La città dei Ragazzi – per colmare la «mancanza di principi chiari e di direttive precise». Nei primi mesi del 1947 l’iniziativa “missionaria” fu realizzata in «un gran numero di Diocesi di tutte le Regioni», attraverso 156 missioni, 241 missionari e 2.227 conferenze.

    A metà Novecento, l’azione di valorizzazione della propria identità e della propria funzione svolta dall’associazionismo cattolico fu affiancata dall’impegno svolto, sulla stessa scia e nella medesima direzione, dall’episcopato italiano. Dall’8 al 10 gennaio 1952, a Firenze, la prima riunione dei presidenti delle conferenze episcopali regionali – la cui partecipazione, durante il Concilio Vaticano II, fu estesa a tutti i vescovi residenziali d’Italia – sancì la nascita della Conferenza Episcopale Italiana e, quindi, la creazione di una pastorale in grado di uniformare – ulteriormente – le diverse espressioni del cattolicesimo italiano. Dopo l’incontro fiorentino, la costruzione di nuove chiese – in un’Italia impegnata a fronteggiare i danni provocati dal secondo conflitto mondiale – rappresentò il punto di partenza per l’istituzione di nuove parrocchie – soprattutto nel Mezzogiorno – e, quindi, per una presenza capillare della realtà ecclesiale sull’intero territorio italiano. In quel progetto anche la funzione del parroco assunse un inedito ruolo, facendosi non soltanto interprete delle esigenze cultuali della popolazione ma anche – e soprattutto – testimone delle istanze pastorali richieste dall’autorità episcopale.

    Superata la contrapposizione politica tra nord e sud evidenziatasi a metà Novecento, anche il problema ecclesiale del Mezzogiorno – già analizzato nella lettera collettiva dell’episcopato del sud su I problemi del Mezzogiorno (1948) e nella Lettera dei Presidenti delle Conferenze Episcopali Regionali d’Italia (1954) – diventava problema comune alla Chiesa Italiana, per la quale documenti come Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno (1989) e Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno (2010) hanno reso più visibile il volto nuovo assunto dalle diocesi italiane. Un processo che, attraverso la messa in atto di “missioni interne”, ha registrato non soltanto il protagonismo dell’associazionismo cattolico e dell’episcopato italiano, nell’affrontare nuove problematiche e nel sollecitare nuovi comportamenti, ma che ha ulteriormente sancito l’esistenza di una realtà ecclesiale unitaria, contraddistinta dai piani pastorali decennali come Evangelizzazione e Sacramenti (1973-1980), Comunione e Comunità (1981-1990), Evangelizzazione e testimonianza della carità (1991-2000), Comunicare il vangelo in un mondo che cambia (2001-2010), Educare alla vita buona del vangelo (2010-2020), e dai convegni ecclesiali nazionali su Evangelizzazione e promozione umana (Roma, 1976), Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini (Loreto, 1985), Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia (Palermo, 1995), Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo (Verona, 2006).

    Fonti e Bibl. essenziale

    P. Chenaux, Pio XII. Diplomatico e pastore, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2004; G. Formigoni, L’Italia dei cattolici. Dal Risorgimento a oggi, Il Mulino, Bologna 2010; L. Gheza Fabbri, Solidarismo in Italia fra XIX e XX secolo. Le società di mutuo soccorso e le casse rurali, Giappichelli, Torino 2000; G. Sale, Dalla Monarchia alla Repubblica 1943-1946. Santa Sede, cattolici e referendum, Jaca Book, Milano 2003; F. Sportelli, La Conferenza Episcopale Italiana (1952-1972), Congedo Editore, Galatina 1994; F. Traniello, Religione cattolica e stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2007. Fonti: Archivio dell’Istituto “Paolo VI” (Roma), Nota riservata sulla situazione del Mezzogiorno d’Italia, 1947, in Presidenza Generale: VI – Presidenza Veronesi (1946-1952), n. 92; Archivio dell’Istituto “Paolo VI” (Roma), Relazioni (sulle missioni religioso-sociali), 1947, in Presidenza Generale: VI – Presidenza Veronesi (1946-1952), n. 38.


    LEMMARIO