Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa

Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia
Dopo l'Unità Nazionale
Roma 2015
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Conferenza Episcopale Italiana - vol. II


Autore: Francesco Sportelli

Nella seconda metà degli anni Quaranta del Novecento iniziano a profilarsi esigenze di una organizzazione centrale per i vescovi italiani, distinta dalle strutture della Santa Sede. La prima idea risale al 1946 e si rivela all’interno della Commissione episcopale nominata dalla Santa Sede per la preparazione dei nuovi statuti dell’Azione cattolica italiana dove viene presentato un progetto per una commissione di presidenti delle conferenze regionali allo scopo di studiare i problemi della Chiesa in Italia. Il progetto è giudicato prematuro e si nomina una Commissione episcopale per l’alta direzione dell’Azione cattolica. Fra il 1947 e il 1948 è il gesuita Riccardo Lombardi ad inviare al papa un progetto per rinnovare il cattolicesimo, all’interno del quale c’è l’istituzione di un organismo ecclesiastico nazionale per l’intero episcopato.

Nel 1951 il cardinale di Palermo Ernesto Ruffini compie passi decisivi per la costituzione di un organismo unitario dell’episcopato italiano. Chiede a Pio XII di farsi promotore di una riunione dei presidenti delle conferenze regionali e il papa acconsente. La congregazione Concistoriale invia il 12 dicembre 1951 una lettera riservata a tutti i cardinali e i vescovi presidenti delle conferenze regionali convocandoli dall’8 al 10 gennaio 1952 a Firenze per discutere i problemi del clero e del laicato cattolico. Inizia così la vicenda della Conferenza episcopale italiana, denominazione utilizza già nel 1952 nel verbale del primo incontro. Altre riunioni della CEI si tengono a Sestri Levante e Pompei. Nel febbraio 1954 viene pubblicata la prima lettera pastorale collettiva dei presidenti delle conferenze episcopali regionali a nome di tutti i vescovi italiani, mentre il 1° agosto 1954 è approvato il primo statuto provvisorio della CEI. I primi incontri della CEI rappresentano un osservatorio di interesse estremo per leggere l’Italia cattolica dei primi anni Cinquanta. Si riscontrano poche vocazioni perché, secondo i vescovi della Conferenza, è diminuito il senso cristiano delle famiglie. Preoccupano le condizioni economiche dei preti che non sono assicurati contro le malattie, l’invalidità e la vecchiaia. C’è molto imbarazzo nell’affrontare il problema dell’eccessivo numero delle diocesi, quasi trecento e molto diverse fra loro. C’è ignoranza sulle verità religiose, i vescovi vorrebbero una revisione del catechismo di Pio X e una maggiore presenza degli adulti agli incontri. Nei primi dibattiti si trova molta attenzione per la situazione politica, soprattutto per il partito dei cattolici e per il comunismo, forte avversario. I primi itinerari della CEI sono fortemente condizionati e diretti dagli uffici vaticani. Una funzione decisiva è svolta da Montini e dal segretario della Concistoriale, Piazza, che si occupa dei vescovi e dirige l’unica struttura episcopale nazionale, la commissione per la direzione dell’AC. Il problema che si pone per l’Italia è quello del rapporto tra il ministero del papa e l’azione collettiva dell’episcopato, ma è un problema risolto alla partenza, visto che l’episcopato italiano non esprime una volontà di distacco da Roma, anzi moltiplica durante le prime riunioni della CEI gli attestati di fedeltà al papa.

Negli anni della modernizzazione dell’Italia i vescovi della CEI studiano intensamente i temi emergenti dalla realtà ecclesiale e dalla società civile. Profonde trasformazioni stanno cambiando l’Italia. Durante gli anni Cinquanta alla CEI si discute sui cambiamenti del costume, le migrazioni, la disgregazione della famiglia, le condizioni delle periferie urbane e la scristianizzazione, le difficoltà dei preti, l’adeguamento dell’istruzione religiosa, la situazione del Sud. Alla CEI sono preoccupati della trasformazione delle campagne, ma ci sono problemi anche nel laicato organizzato. Lo sforzo di analisi dei vescovi alla CEI è notevole e talvolta spietato. Le questioni politiche sono molto intrecciate con i problemi religiosi. L’Italia sta entrando nel boom economico e i vescovi della CEI capiscono che molti equilibri tradizionali stanno per essere sconvolti. Giudicano positivamente la modernizzazione italiana, che provoca avanzamento e miglioramento generale delle condizioni economiche, ma criticano gli effetti: allontanamento dalla religione, diffusione di orientamenti morali distorti, laicizzazione della vita collettiva. Nel 1958 muore Pio XII, gli succede Angelo Giuseppe Roncalli che ha partecipato alle riunioni della CEI.

Nel 1959 la CEI ha un nuovo statuto, rispetto al vecchio criterio che dava la presidenza al cardinale decano si stabilisce che il direttivo indichi il nominativo del candidato al papa, al quale rimane riservata la nomina. Così Giuseppe Siri viene designano e nominato presidente nell’ottobre 1959. Al Vaticano II l’Italia presenta l’episcopato più numeroso del mondo, 430 convocati. Dopo tre giorni dall’apertura tutti i vescovi d’Italia si incontrano alla Domus Mariae, è la prima riunione dell’intero episcopato italiano. Al concilio la CEI arriva con una struttura in via di consolidamento, non produce interventi collettivi e concordi, come altri episcopati. Il concilio, però, porta l’episcopato italiano ad uscire da un lungo periodo di particolarismo istituzionale per accedere a punti di riferimento unitari e capaci di approfondimenti, proposte e sintesi per l’intero paese. E’ al Vaticano II che si delinea la fisionomia di una chiesa “italiana”, dovuta allo sforzo di Paolo VI che vive intensamente il ruolo di primate d’Italia. Il 16 dicembre 1965 viene approvato un nuovo statuto che tiene conto delle indicazioni conciliari. Scompare la CEI dei presidenti regionali. La CEI rinnovata dal concilio comprende tutti i vescovi italiani che costituiscono l’assemblea generale, massimo organo dell’episcopato. A questa CEI tocca il compito di lavorare per la recezione del concilio fra problemi delicati e in anni carichi di fermenti innovatori in campo ecclesiale e civile. Ha inizio un nuovo periodo nella storia della Chiesa italiana, l’impostazione di una pastorale globale per l’intero Paese è il punto di arrivo. Una delle tappe imprescindibili è il riordino delle diocesi che arriverà nell’ottobre 1986 quando verrà varato un definitivo riordinamento che ridurrà da 325 a 228 le diocesi in Italia. Il 4 febbraio 1966 Paolo VI nomina Giovanni Urbani presidente della CEI. Il tema dell’introduzione del divorzio sollecita la CEI a parlare dell’unità dei cattolici in politica. Alla CEI si discute di “mediocre” cultura teologica italiana, di clima anticoncordatario, contestazione studentesca all’Università Cattolica, scelta socialista delle ACLI. Urbani con pazienza e mediazione tiene insieme le tessere della Chiesa italiana e traghetta la CEI dai vecchi incontri di cardinali e presidenti alle nuove assemblee, diventando uno degli esponenti più caratteristici della “via italiana” alla recezione del Vaticano II. La CEI degli anni Settanta è guidata da Antonio Poma, arcivescovo di Bologna. In questi anni la CEI elabora il piano pastorale pluriennale “Evangelizzazione e sacramenti” che segna la fine esplicita del collateralismo alla DC. E’ un piano per una nazione in crisi e afferma il primato dell’evangelizzazione. Il cambiamento conciliare porta al rinnovamento della catechesi, con la stesura di nuovi catechismi che modificano in profondità l’educazione alla fede delle nuove generazioni e all’approvazione dei nuovi libri liturgici e del nuovo messale che rinnovano l’immagine della Chiesa che prega. Nasce anche la Caritas che modifica l’impegno sociale dei cattolici. In questo cammino si inserisce il 4 settembre 1972 Enrico Bartoletti, nominato da Paolo VI segretario generale della CEI in sostituzione di Andrea Pangrazio. La sua segreteria assume un ruolo di propulsione; il papa lo ascolta e lo utilizza per compiti e contatti spesso lontani dal suo ruolo istituzionale.

La partenza dei piani pastorali e la stabilizzazione statutaria postconciliare concorrono fortemente ad una definizione di coscienza unitaria dei vescovi. La CEI è ormai un organismo consolidato, articolato, funzionale e maturo per assumere la guida della Chiesa italiana. Nel 1976 si svolge a Roma il primo convegno ecclesiale della chiesa italiana, “Evangelizzazione e promozione umana”, una esperienza non immaginabile prima del Vaticano II. L’elezione di un papa non italiano non porta al cambiamento immediato della Chiesa in Italia, ma l’avvento del nuovo papa rappresenta un crinale per i rapporti fra Chiesa e società. L’impostazione del nuovo pontefice è alternativa rispetto alla linea della CEI voluta da Montini. Giovanni Paolo II attende dal cattolicesimo italiano un annuncio esplicito delle verità cristiane e un ruolo attivo dentro la vita della nazione. Il 18 maggio 1979 il papa nomina presidente della CEI il carmelitano Anastasio Ballestrero, arcivescovo di Torino; nel 1985 gli succederà Ugo Poletti, vicario del papa per la diocesi di Roma. Per gli anni Ottanta la CEI vara un piano pastorale sul rapporto fra comunione e comunità, seguito dal documento “La Chiesa italiana e le prospettive del paese” che qualifica in modo nuovo la presenza e il coinvolgimento della chiesa nei problemi del paese. La CEI organizza il secondo convegno ecclesiale a Loreto nell’aprile 1985 dove il papa interviene e sottolinea che l’identità storica del popolo italiano non è separabile dal cristianesimo.

Dopo Loreto per la CEI e per la Chiesa italiana si apre una nuova fase. L’impostazione di papa Wojtyla alla CEI si armonizza e si incontra con la revisione del Concordato del 1984 e con l’attuazione per l’Italia del Codice di diritto canonico del 1983. Nel nuovo statuto del 1985 si riconosce alla CEI una competenza distinta da quella della Santa Sede per trattare con le autorità civili, questa valorizzazione della CEI non è estranea al progetto di Giovanni Paolo II per l’Italia. In questo decennio la CEI riprende le settimane sociali, si occupa del Mezzogiorno e lancia gli orientamenti pastorali per gli anni Novanta sul tema dell’evangelizzazione e la testimonianza della carità. Il segretario generale Ruini guida il potenziamento della CEI che coincide con il processo di rinnovamento wojtyliano della Chiesa italiana. Agli inizi del 1991 Ruini è il nuovo presidente della CEI, avverte subito l’esigenza di una nuova inculturazione della fede. Al convegno ecclesiale nazionale di Palermo del 1995 viene proposto un “progetto culturale ispirato e orientato in senso cristiano”.

La settimana sociale di Napoli del 1999 si interroga su “quale società civile per l’Italia di domani?”. È una domanda che proietta la CEI, e con essa la Chiesa italiana, nel terzo millennio. Nel 2005 muore Giovanni Paolo II, Benedetto XVI chiede alla CEI di “proseguire nel lavoro che avete intrapreso perché la voce dei cattolici sia costantemente presente nel dibattito culturale italiano”. Le linee pastorali della CEI per il primo decennio degli anni 2000 riguardano gli aspetti della comunicazione del Vangelo in un mondo che cambia. Il quarto convegno ecclesiale di Verona dell’ottobre 2006 costituisce un momento di questo piano pastorale in cui domina l’attenzione alla speranza. Il 7 marzo 2007 termina la presidenza di Ruini e il papa nomina Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova.

Fonti e Bibl. essenziale

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