Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa

Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia
Dalle origini all'Unità Nazionale
Roma 2015
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Reliquie - vol. I


Autore: Mario L. Grignani

Etimologia. In latino reliquiae e in greco λείψανα, con il significato generale di “ciò che resta”, riferito al corpo umano o parte di esso. La voce r. « fu usata nell’antichità, secondo il senso etimologico (illa quae ex aliqua re relicta sunt) anche per designare resti dei corpi dei defunti o le ceneri dei corpi inceneriti » (Kirsch). Il significato in ambiente cristiano si riferisce, in particolare, ai resti mortali di coloro che sono riconosciuti come martiri e santi e, più in generale, a quegli oggetti che sono stati a contatto della loro persona, e che, per la virtus divina in loro presente ed operante, ne sono stati consacrati. Nel caso in cui le r. si riferiscano all’intero corpo, vengono chiamate reliquiae insignes, se si riferiscono a una parte di esso si dicono reliquiae non insignes. Le r. inoltre possono essere ottenute in virtù del contatto non solo con il corpo della persona viva, ma anche post mortem; in questo secondo caso anticamente si chiamavano brandea, palliora, memoria, pignora, sanctuaria, patrocinia. Infine si conoscono anche le r. di sangue, conservate nelle ampullae sanguinis.

Fondamento storico e teologico del culto delle r. e magistero della Chiesa. Di natura e origine diversa sono le fonti che presiedono lo studio delle r. e del relativo culto, connesso alla santità: dalle fonti scritte alle orali, dalle archeologiche alle iconografiche. Dalla conoscenza di tali fonti, della storia dei martiri, dei santi e delle relative forme di devozione popolare dipende la comprensione del fenomeno delle r. e del culto ad esse legato. I primi riferimenti cristiani alle r. si trovano nel Nuovo Testamento: nel Vangelo secondo Marco si osserva la cura rivolta ai resti di Giovanni Battista martire (6,29), negli Atti degli Apostoli si riferisce del martirio di Stefano (8,2). Le r. cristiane trovano la loro ragion d’essere nella fede in Cristo professata dai martiri e nella dottrina della resurrezione dei morti insegnata dalla Chiesa, e si inquadrano perciò in una dimensione religiosa e cultuale, teologica e antropologica. Negli Acta del martirio di Policarpo (†155) si trovano espresse la consapevolezza e la cura che cristiani di Smirne rivolgono al martire e alle sue spoglie mortali: « Noi solo più tardi potemmo raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme, più insigni e più stimabili dell’oro, e le collocammo in un luogo conveniente. Quivi, per quanto ci sarà possibile, ci raduneremo nella gioia e nell’allegrezza, per celebrare, con l’aiuto del Signore, il giorno natalizio del suo martirio, per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta » (Martirio di s. Policarpo). San Girolamo all’inizio del secolo V, nell’Epistola 109, ricorda che l’onore tributato ai resti dei martiri ha per fine l’adorazione dovuta a Dio.

Pontefici e concili (ecumenici e provinciali) hanno insegnato, custodito e difeso lungo i secoli la dottrina della Chiesa sulle r. Nel secolo VIII la minaccia alle r. rappresentata dall’iconoclastia è condannata nel Concilio di Nicea II (787). Nel secolo XVI, mentre le dottrine protestanti di Lutero e Calvino negano valore alle r., la Chiesa riunita nel Concilio di Trento, con i suoi prelati e teologi ne approfondisce il significato ed il valore: se ne presenta la dottrina e si sottolineano le norme per l’istruzione dei fedeli, stabilendo che nell’invocazione dei santi, nella venerazione delle reliquie e nell’uso sacro delle immagini deve essere bandita ogni superstizione, eliminata ogni turpe ricerca di denaro e infine evitata ogni indecenza (sessione XXV, 1563). A sua volta il Catechismo Romano ad uso dei Parroci (1566), nel commento al primo comandamento, insegna il valore del ricorso ai santi e dà ragione del potere insito nelle loro r. Sul finire del secolo papa Clemente VIII istituisce la Congregazione delle Indulgenze che Clemente IX chiamerà Congregazione delle Indulgenze e delle Reliquie (1669); ad essa spetta vigilare sulle r., stabilirne l’autenticità, combattere gli abusi, le frodi, il commercio e una religiosità a volte caratterizzata da manie di feticismo, e infine concedere le relative indulgenze legate alle feste religiose locali ed alla pietà↗ cristiana. Nel secolo XVIII, mentre l’Illuminismo ritiene la fede una superstizione e combatte le r. ed il loro culto, è fondamentale la sistematizzazione della materia elaborata dal cardinale Lambertini, futuro Benedetto XIV, nell’opera De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione (1734-1738).

Tipologia e geografia delle r. nella penisola italiana. La constatazione di Delehaye riguardo dei martiri romani –«L’hagiographie romaine dépasse en richesse tout ce que la tradition des Églises mous a légué en ce genre» – può applicarsi anche al caso delle r. in Italia; infatti è straordinaria la presenza delle r. nella penisola italiana sia per provenienza sia per circolazione, sia per quantità che per qualità. Vi si trovano r. in nesso a Gesù Cristo, alla Vergine Maria, agli Apostoli e ai Santi, nonché alle tradizioni relative a manifestazioni di creature angeliche.

Le r. più importanti sono quelle relative alla vita e alla passione di Cristo, nonché ai fatti miracolosi riguardanti le specie eucaristiche. Rinvenute in Terra Santa e poi portate in Italia, prima da Elena, madre dell’imperatore Costantino, e poi durante i pellegrinaggi e le crociate, tra di esse troviamo le r. della croce (il resto più famoso è quello custodito nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, r. dell’iscrizione posta sopra la testa di Cristo crocefisso; un altro frammento della croce si trova nel Santuario di San Michele Arcangelo, sul Monte Gargano, portato dall’imperatore Federico II di ritorno dalla crociata nel 1229); i chiodi (molto conosciuto è quello conservato nel Duomo di Milano); la colonna della flagellazione (portata da Gerusalemme a Roma nel 1223 dal cardinale Giovanni Colonna e custodita nella Basilica di Santa Prassede); i resti della mangiatoia in cui venne deposto Gesù Bambino (“la sacra culla” e il panniculum nella Basilica di S. Maria Maggiore chiamata anticamente ad praesepem); le spine della corona (Chiesa di S. Maria della Spina a Pisa). A Roma poi, salendo i gradini di un’altra r., la Scala Santa, quella percorsa da Gesù all’ora di presentarsi dal governatore romano Ponzio Pilato, si accede alla famosa Cappella del Sancta Sanctorum, dove si trova l’icona del Volto Santo. Certamente però tra le r. riferite a Cristo la più celebre e universalmente conosciuta è la Sindone (o Santo Sudario) custodita a Torino dal 1578; studi iconografici collegano alla Sindone un’altra r. venerata a Manoppello ossia il velo del Volto Santo. Anche la celebrazione liturgica dell’Eucarestia ha consegnato alla storia ed alla fede del popolo cristiano le r. legate alle specie eucaristiche, a elementi riconosciuti dalla scienza come sangue e/o carne di natura umana. In Italia sono una trentina i luoghi dei miracoli eucaristici. Esempi di tali “r. eucaristiche” sono quelle originate dai fatti miracolosi di Lanciano nel secolo VIII e di Bolsena nel 1263. Nel primo caso le r., custodite nella stessa città, traggono origine dall’evento occorso durante la celebrazione della messa da parte di un monaco basiliano. Nel secondo caso l’Ostia, il corporale e i purificatoi sono conservati nel Duomo di Orvieto, appositamente costruito per tale scopo.

Anche le r. mariane sono presenti nella Penisola e sono meta di pellegrinaggi e di devozione. Famosa è la Santa Casa di Loreto, ovvero la Casa di Maria a Nazareth, che la tradizione indica essere stata trasportata nel 1294 dagli angeli, identificabili anche con quei crociati legati alla famiglia Angeli Comneno. Altra r. mariana è la Cintola (o cintura) di Maria, una sottile striscia di lana di capra portata a Prato a metà del secolo XII da Michele, un pellegrino pratese di ritorno da Gerusalemme, e poi conservata nel Duomo di Prato; anch’essa oggetto di devozione mariana e meta di pellegrinaggi. Studi recenti mostrano il profondo rapporto esistente tra tradizioni civiche e devozioni mariane nelle città italiane tra medioevo ed età moderna.

Nella storia della Penisola Roma è stata un centro privilegiato, sia perché città del martirio e della sepoltura degli apostoli Pietro e Paolo, sia per le catacombe, i cimiteri sotterranei che hanno custodito i “Corpi Santi”. La venerazione delle r. del “Principe degli Apostoli” ha costituito un motivo fondamentale di pellegrinaggio a Roma da parte di tutta la cristianità latina occidentale, presso la Basilica Costantiniana prima e nell’attuale Vaticana poi, così come per l’ “Apostolo delle Genti” presso la basilica di san Paolo fuori le mura. A Roma si trovano inoltre le r. di altri apostoli, come per esempio Filippo e Giacomo il Minore presso la Basilica dei Santi XII Apostoli, o Bartolomeo presso l’omonima basilica nell’Isola Tiberina. Nell’Urbe è degna di nota anche la Cattedra di Pietro che rappresenta un esempio di come un simbolo sia stato trasformato in r., mentre in altri casi siano i reliquiari a parlarci delle r. in essi custodite (i cosiddetti “reliquiari parlanti”, come nel caso di san Pantaleo nel Duomo di Vercelli).

In Italia esistono anche r. legate a eccezionali manifestazioni angeliche, come nel caso di San Michele Arcangelo, narrato nel “Liber de apparitione sancti Michaelis in Monte Gargano” (secolo VIII). Nell’omonimo santuario, anch’esso centro di pellegrinaggio lungo la via che portava alle coste pugliesi e di lì in Oriente via mare, vi si conserva la pietra nella quale è impressa l’orma del piede attribuita all’angelo e che perciò funge da r.

Nel complesso intreccio di interessi che ruotavano attorno alle r. si inquadrano le trafugazioni e/o traslazioni, generalmente dall’Oriente, e i furta sacra, fenomeni da collocare tra gli inizi del IX e quelli del XII secolo, in coincidenza con la prima fase della rinascita spirituale, economica e commerciale medievale. Alle iniziative personali volte a proteggere le r. dal pericolo rappresentato dalla espansione e dominazione islamica, come riportato dalle fonti nel caso dei resti di san Marco che vengono trafugati da Alessandria d’Egitto nel 828 da due commercianti veneziani e portato alla Serenissima Repubblica, si accompagnavano interessi economici, politici e di prestigio delle città italiane, come nel caso della spedizione marittima barese che si impadronisce delle spoglie di san Nicola vescovo di Myra e lo porta a Bari nel 1087. Le r. ci raccontano dunque le grandezze e le piccolezze degli ideali umani. Mentre la Cappella dei Martiri nella Cattedrale di Otranto, dove si venerano le r. degli 813 uomini della città decapitati in odium fidei dai Turchi nel 1480, testimonia un fatto martiriale di proporzioni uniche nella storia cristiana della Penisola, che se è da ascriversi ai conflitti tra cristiani e mussulmani, deve essere anche interpretato alla luce della salvaguardia della ’identità locale e financo peninsulare dalle scorrerie ed invasioni dei Saraceni lungo le coste adriatiche, i furta sacra, ci mostrano l’esistenza di interessi più mondani ai quali si dedicava per esempio il diacono romano Deusdona, che nel secolo IX era al comando di una organizzazione di mercanti di r. che da Roma illegalmente riforniva il centro Europa e il sud Italia.

Non trascurabile è infine la notorietà delle r. di taluni santi dovuta all’influsso esercitato dai miracoli attribuiti alla loro intercessione: tale è il caso delle guarigioni operate da s. Antonio, il cui corpo è custodito a Padova; della protezione di s. Agata dall’eruzione del vulcano Etna, dalla peste e dalle incursioni dei mori, a Catania; del taumaturgo s. Rocco, a Venezia. A tale notorietà non si deve solamente il furto ma anche l’uso di dividere il corpo in pezzi affinché varie città possano beneficiare del potere del santo.

L’opera pastorale svolta nella penisola da due grandi vescovi di Milano è centrale per la venerazione e la diffusione delle r. nel territorio, e non solo in Italia. A distanza di secoli l’uno dall’altro ed in circostanze storiche differenti, sant’Ambrogio e san Carlo Borromeo sono attivi sostenitori e propugnatori delle r. dei santi e del rispettivo culto locale; la storia del culto delle r. non può prescindere dal riferimento alla Chiesa milanese a partire dall’episcopato di s. Ambrogio: « Come l’opera liturgica di Ambrogio assunse le note di modello e di testimonianza universale, così il suo atteggiamento verso i martiri e le loro r. divenne emblematico » (Ronchi). Famoso è il ritrovamento (inventio) dei corpi dei martiri Gervaso e Protaso, e Nazaro e Celso, con il numeroso concorso di popolo durante la loro translatio e depositio, nonché l’intenso culto popolare. Esaltando le r. Ambrogio ha voluto educare il suo popolo per mezzo dei santi, additati come modelli, intercessori e difensori della città; lo stesso farà s. Carlo Borromeo in obbedienza al tridentino, contribuendo al consolidarsi delle identità e tradizioni religiose e civili peninsulari.

Le r. come un significativo aspetto delle identità ecclesiali e civili della penisola italiana. In Italia l’altissima densità di r. ha contribuito alla nascita e/o sviluppo dell’identità dei centri locali; essa si manifesta ampliamente nelle devozioni popolari, nelle forme di spiritualità, nei pellegrinaggi, negli edifici religiosi, nonché nelle opere d’arte cristiana, come i preziosi reliquiari. Possedere una r. celebre, di un santo famoso per i miracoli operati e ancor meglio se taumaturgo, è considerato segno di protezione e di benedizione divine, accresce il prestigio e il potere ecclesiastico e politico, sviluppa centri di interesse religioso, economico ed artistico fino a giungere al caso straordinario del tesoro della “Cappella delle Reliquie” presso Palazzo Pitti a Firenze.

Particolare espressione del valore universale dell’unità ecclesiale, la capillare presenza delle r., i loro culti con l’universale messaggio di fede e speranza, ha contribuito alla progressiva costruzione di una identità territoriale attraverso i diversi modelli ideali rappresentati da santi e sante locali che ispirano la pietà dei compatrioti e favoriscono l’identificarsi con essi (Ditchfield); universali valori religiosi e civili erano resi familiari e perseguibili nei particolari esempi delle vite dei santi patroni, nei quali i concittadini potevano trovare senso alle loro vicissitudini e, certi della protezione dei “loro” santi, realizzare la sintesi locale di religiosità cristiana e di identità secolare, come narrato nel XIX secolo per il caso di Napoli dove la venerazione di san Gennaro lo considerava concittadino e figlio prediletto della « nostra Chiesa, la quale, circondata del suo tutelar presidio, nella duplice annual ricorrenza della festività di lui, tragge quasi certo pronostico de’ futuri eventi, di prosperità o di sventura, in quel misterioso liquefarsi del sangue » (D’Aloe).

Studi recenti sui culti orientali in Piemonte mettono in evidenza l’influsso che nel medioevo le r. di santi hanno avuto nella formazione della religiosità locale della regione; è il caso, tra gli altri, di san Spiridione, particolarmente venerato dagli imperatori Paleologi, che probabilmente ne introdussero il culto in alcuni territori di loro dominio nell’attuale Monferrato, o anche del più conosciuto san Biagio al quale si legano il rito della “Candelora” e la venerazione delle Madonne nere piemontesi.

Le lacune e i problemi che in certi casi la documentazione ha lasciato alla moderna critica storica non impediscono di costatare che le r. e il culto dei santi rappresentano uno elemento di conoscenza straordinaria della storia della Chiesa cittadina, della diocesi, della stessa società civile nel corso del Medioevo, come per esempio è segnalato per il caso di Bologna (Golinelli). Ed è proprio la produzione storiografica post-tridentina che testimonia il ruolo delle r. e dei loro culti liturgici nella memoria e nella conservazione delle tradizioni locali italiane, come nel caso di uno storico piacentino, che per situare e giudicare l’opera di un antico vescovo, narra quanto da lui fatto in rapporto alle r. nel 1369, scrivendo: « Ma ciò che farà sempre indicio chiaro & eterna testimonianza della di lui [Pietro Vescovo] molta pietà, e religione, fu che questo sacro Pastore […] arricchì questa Chiesa e segnalò la Città nostra d’una pretiosa reliquia tra l’altre della medesima Santa Lucia: con cui si eccitò allhora nel Piacentino popolo una tal divotione che propagata ne’ posteri infin à hoggi vi dura » (Campi).

Fonti e Bibl. essenziale

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