Autore: Yvonne zu Dohna
Rinascimento, Neoplatonismo e Chiesa. Con il termine Rinascimento si vuole qualificare il clima culturale, creatosi in Italia tra il XV e XVI secolo, indicativamente dalla fine del grande scisma al Concilio di Trento (Vasari, Burckhardt, Michelet). La metafora di rinascita è inerente alla ripresa dell’eredità letteraria e artistica greco-romana. Il Rinascimento rappresenta un nuovo approccio al mondo classico e al senso della cultura e il suo studio coinvolge le dimensioni letterarie ed artistiche (Duhem, Randall), religiose e teologiche (De Lubac, Ulmann), scientifiche e filosofiche (Kristeller).
Il Rinascimento si caratterizzò per un “sano antropocentrismo”, che esaltò la persona umana nella sua unicità e perfezione. Questa fase storica può essere considerata come la “culla della modernità” nelle sue diverse matrici: filologico-ermeneutica (Lorenzo Valla, Erasmo da Rotterdam), filosofico-cosmologica (Ficino, Cusano, Giordano Bruno), politica (Macchiavelli) e “moralistica” (Guicciardini, Castiglione). Gli scritti di Platone raggiunsero l’Italia attraverso le fonti arabe e bizantine e furono tradotti in latino. Umanisti come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola diedero vita a una nuova forma di “neoplatonismo cristiano”, offrendo una nuova interpretazione delle verità religiose alla luce del pensiero platonico. L’uomo è così concepito come immagine di Dio e la bellezza umana come riflesso della perfezione divina. Da un lato la bellezza terrena rivela all’anima umana le sue origini divine e dall’altro la bellezza divina suscita il desiderio di conoscenza (eros), di cui la fede rappresenta la sua forma compiuta. Nell’arte europea emerse un nuovo interesse per l’imitazione della natura, per una corporeità sensuale ed erotica e per la sua espressione classica. L’arte antica ne divenne il modello ideale.
Attraverso l’interesse per la cultura classica, la Chiesa espresse la volontà di inserirsi nella tradizione imperiale dell’Occidente e volle riprendere il tentativo di una presenza culturale e politica ispirata a quel modello. Gli emissari papali raccolsero molti scritti degli autori antichi fino a trasformare la Biblioteca Apostolica Vaticana, aperta da Sisto IV al pubblico nel 1475, in una collezione di altissimo valore culturale. In quei decenni l’intreccio tra il lavoro degli umanisti e la promozione ecclesiastica della cultura fu molto intenso. L’espressione di Terenzio homo sum, nihil humani alienum mihi puto può essere considerata la cifra dell’orientamento culturale generale. Il cristianesimo rinascimentale attraversò diverse dinamiche e processi. Sulla scia della devotio moderna e dietro ispirazione della De imitatione Christi si assistette a una “interiorizzazione” ed “elementarizzazione”, affettiva ed intellettuale, della cultura, corroborata dall’ l’influsso degli ordini mendicanti e dei mistici (francescani, domenicani, spirituali, Eckhart, Taulero, Ruysbroeck), La riscoperta della cultura greca prese vigore da un rinnovato dialogo tra Oriente e Occidente, di cui si hanno tracce nel Concilio di Pisa, nel Concilio di Costanza e soprattutto in quello di Basilea-Ferrara-Firenze. Nel campo della teologia è possibile riscontrare le diverse anime del neoplatonismo (Ficino), dell’aristotelismo e del tomismo (De Vio) e dello scotismo (Della Rovere) oltre che alcuni fermenti di riforma (Savonarola). Non sono da dimenticare, infine, una certa espansione evangelizzatrice anche extraeuropea e la variegata vivacità della pietà popolare.
Neoplatonismo e artisti a Firenze. È Firenze, con i Medici, la culla di questo movimento. Con Brunelleschi, Donatello, Masaccio e Ghiberti iniziò un’intensa rievocazione delle forme antiche, ispirata dalla letteratura e da interessi archeologici. In seguito, con Botticelli, Leonardo, Michelangelo, sotto Lorenzo il Magnifico e l’influsso del Savonarola, lo stile dell’arte volle ispirarsi al pensiero filosofico, raggiungendo il suo vertice speculativo. Le maggiori peculiarità stilistiche furono l’utilizzo della prospettiva, un forte realismo descrittivo, anche anatomico, e la ricerca dell’essenzialità del tratto, tra lo studio della natura e il tentativo costante di una sua trasfigurazione artistica. Queste tendenze si espressero in modo diversificato e personalissimo nelle realizzazioni dei singoli artisti.
Neoplatonismo e politica culturale papale. Grazie al rinnovato interesse mostrato dai Papi per l’arte, Roma divenne nella seconda metà del Quattrocento il centro della massima espressione della Weltanschauung rinascimentale. Il Palazzo Apostolico divenne uno scrigno d’arte. Finanche gli interventi dei Papi nell’ambito artistico furono espressione dell’intreccio tra l’influsso neoplatonico e la politica culturale ecclesiastica.
Giannozzo Manetti descrive nella sua biografia come Niccolò V (1447-1455), umanista fiorentino e primo tra i Papi che scelse di risiedere a Roma dopo la parentesi avignonese, modificò l’architettura e la decorazione della basilica vaticana di San Pietro quale espressione del suo potere imperiale. Rinnovò, inoltre, le mura cittadine e il Campidoglio (Antonio da Firenze, Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellino, Fra Angelico).
Pio II (1458-1464), umanista, scrittore e diplomatico, incaricò Rossellino di trasformare Corsignano, il modesto borgo della sua nascita, nella città ideale di Pienza. A Roma fece realizzare la Loggia delle Benedizioni di S. Pietro da Francesco del Borgo, allievo di Alberti, che si ispirò al Tabularium e ai teatri antichi.
Per Paolo II (1464-1471) Francesco del Borgo trasformò il suo palazzo cardinalizio e l’adiacente chiesa di S. Marco in una nuova e moderna residenza papale ai piedi del Campidoglio: il Palazzo Venezia.
Sisto IV (1471-1484), francescano, rinnovò il sistema viario della città, costruì il Ponte Sisto, l’ospedale di Santo Spirito, il convento agostiniano di S. Maria del Popolo e la Cappella Sistina. La Sistina è paradigma esemplare dello stile quattrocentesco di Roma, ove Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, nelle vite di Mosè e di Cristo, mettono a confronto i due testamenti. La morte di Mosè è raffigurata secondo un’iconografia particolare: egli muore, non in solitudine nell’atto di contemplare la terra promessa, ma in mezzo al popolo che lo piange. Il corpo morto di Mosè è, nel senso tipologico, una prefigurazione del Melismos, il corpo morto di Cristo e il corpo eucaristico sull’altare.
Alessandro VI (1492-1503), grande e discusso uomo politico, chiamò Antonio il Vecchio da Sangallo, fratello minore di Giuliano, l’architetto di Lorenzo il Magnifico, per fortificare Castel S. Angelo e per costruire la Torre Borgia in Vaticano e la rocca di Civita Castellana. Incaricò, inoltre, il Pinturicchio per la decorazione dell’Appartamento Borgia.
Giulio II (1503-1513), di formazione francescana come lo zio Papa Sisto IV, scelse Bramante come suo architetto sia per l’ingrandimento e il rinnovamento del Vaticano (Cortile del Belvedere, Logge, Stanze), sia per la ricostruzione della Basilica di S. Pietro. Nel braccio del coro doveva essere collocato il suo monumento funebre e in esso Michelangelo avrebbe dovuto oltrepassare idealmente tutte le precedenti realizzazioni scultoree.
Il Palazzo dei Tribunali, sede di tutti i tribunali della Curia e della città, doveva essere costruito di fronte alla vecchia sede del Vicecancelliere, in una piazza della nuova Via Giulia, che il ricostruito Ponte Trionfale avrebbe collegato direttamente con il Vaticano. Giulio II fu anche un grande collezionista di sculture antiche e collocò l’Apollo del Belvedere, la sua statua preferita, il Laocoonte, appena rinvenuto, e altre icone nel giardino superiore del Belvedere. Le sue architetture gigantesche, le iscrizioni e le statue rispecchiano l’utopia personale di un impero papale, che avrebbe dovuto esercitare la sua egemonia sull’intera penisola italiana. Nelle sue committenze pittoriche si espressero non solo le sue ambizioni politiche, ma anche il suo pensiero profondamente religioso e molto vicino al Neoplatonismo. Nella volta della Cappella Sistina, avviata nel 1508, Michelangelo rappresentò la Creazione e la storia di Noè, ispirandosi anche alle interpretazioni di Egidio da Viterbo (Pfeiffer) e Rashi (Doliner Blech, Dohna). L’iconografia della Sistina è un affresco dell’opera di graduale differenziazione con cui Dio imprime all’universo la sua forma originaria ed esercita la sua signorìa sulla storia con l’elezione di Israele e con l’evento dell’Incarnazione, reso dalla successione degli antenati di Mosè fino a Cristo. Nello stesso periodo Raffaello evocò nella Stanza della Segnatura la grande rinascita, con Papa Giulio II, della promozione della teologia, delle scienze, delle arti e della poesia, mentre nella Stanza di Eliodoro e nella Madonna Sistina volle significare l’incolumità della Chiesa dalle minacce politiche e dallo scisma, grazie alla protezione divina e alla fede del Papa (Frommel). Sotto Giulio II Roma divenne il centro dell’arte europea, momento aureo delle arti in cui il cristianesimo abbracciò mirabilmente la tradizione antica. Leone X Medici (1513-1521) si formò nella Firenze di Marsilio Ficino e Angelo Poliziano. Come il padre, Lorenzo il Magnifico, fu amante e collezionista d’arte e promosse l’attività di raffinate cerchie di intellettuali. Unendo lo Studium sacri palatii, il Collegium Vaticani e lo Studium urbis diede vita all’Università “La Sapienza”, favorendo lo studio delle lingue antiche. Promosse il recupero di manoscritti, l’allestimento di biblioteche, la musica, la cura delle lettere, creando un’Accademia di belle arti ante litteram. Dopo la morte di Bramante nominò Raffaello come primo architetto papale, incaricandolo di ingrandire la Basilica di S. Pietro e di continuare la decorazione delle Stanze e della Cappella Sistina con due cicli di arazzi che rappresentano la storia degli apostoli e i successori di Mosè e Cristo, già evocati dai pittori quattrocenteschi. Le scene di S. Pietro erano collocate sotto quelle di Mosè, simbolo della Ecclesia ex circumcisione e le scene di Paolo sotto quelle di Cristo, che evocano l’Ecclesia ex gentibus. Ambedue i cicli testimoniano la futura maiestas papalis. Con la sua erudizione e il suo carattere tranquillo e sereno Leone X favorì l’aspetto classicista dell’arte di Raffaello. La maggior parte dei suoi grandi progetti architettonici, purtroppo, non fu mai realizzata e la stessa Villa Madama, cominciata su iniziativa di suo cugino, il Vicecancelliere Giulio de’ Medici, non procedette oltre la metà.
Adriano VI (1521-1523), segretario olandese di Carlo V ed eletto su pressione di questo, era molto meno interessato alle arti e alla cultura antica. In un’incisione in cui l’Avarizia caccia le Muse dal tempio delle arti, Baldassarre Peruzzi, il secondo architetto del papa che disegnò anche la sua tomba a S. Maria dell’Anima, riprovò questo atteggiamento contrario allo spirito del Rinascimento. A seguito del nuovo clima culturale alcuni artisti lasciarono Roma e la città perse il suo ruolo di centro artistico.
Inizialmente Clemente VII (1523-1534) alimentò la speranza che Roma fosse di nuovo un theatrum mundi per tutti i geni del tempo. Già come cardinale aveva commissionato a Raffaello la Villa Madama e la Trasfigurazione, a Sebastiano del Piombo la Risurrezione di Lazzaro, ad Andrea del Sarto e al Pontormo gli affreschi di Poggio a Caiano e diverse realizzazioni scultoree a Bandinelli e Rustici. La sua più importante committenza pittorica fu la Sala di Costantino, iniziata sotto Leone X da Raffaello e ultimata negli anni 1520-24 da Giulio Romano e G. F. Penni. I brevi intermezzi di Rosso Fiorentino e Parmigianino, che non ottennero da lui alcuna committenza, non giustificano l’ipotesi di uno “stile clementino”. I suoi architetti rimasero Sangallo e Peruzzi ed egli spostò la sua attività architettonica in imprese familiari della natìa Firenze, incaricando Michelangelo di completare la Cappella Medicea e di costruire la Biblioteca Laurenziana. Giulio Romano, l’unico tra gli artisti romani con le velleità dell’uomo “capriccioso”, lasciò per sempre la città già nel 1524, anche in seguito alla crisi politica, finanziaria e artistica che afflisse il centro della cristianità dopo il Sacco di Roma. In quegli anni la costruzione di S. Pietro fu sospesa e i pochi artisti rimasti cercarono altrove committenti più generosi.
Clemente VII incaricò Michelangelo del Giudizio Universale nella Cappella Sistina, ma solo Paolo III (1534-1549) riuscì a farlo dipingere. L’affresco del Giudizio Universale riflette i dibattiti del tempo sul destino dell’uomo, sull’immortalità dell’anima e la risurrezione della carne. Nella figura del Cristo Risorto, raffigurato privo di barba e con una folta chioma di capelli, si esprime la nuova tradizione iconografica del nuovo Adamo, purificato, forte e fisicamente bello.
Panoramica italiana. In Italia il pensiero rinascimentale si sviluppò con modi ed espressioni diversificati. Pur formati alla scuola dello stile fiorentino, molti artisti s’interessarono ai grandi innovatori fiamminghi, come van Eyck e Rogier van der Weyden. Rivolsero pari attenzione ai francesi, come Jean Fouquet e ai tedeschi, come Schongauer, Dürer, Grünewald e Holbein. Ispirati all’arte nordica e ad Antonello da Messina, pittori veneziani come Giovanni Bellini e la sua scuola svilupparono un colorismo rivoluzionario, adottato perfino da Raffaello e con cui Tiziano aprì nuovi orizzonti per l’arte sacra. Accanto a Venezia, i centri artistici più vitali dell’Italia settentrionale nel Quattrocento furono le corti di Ferrara, Mantova, Urbino, Napoli e Milano, che grazie ad Alberti e Mantegna contribuirono sostanzialmente alla maturazione del nuovo stile. Ispirato dal giovane Leonardo, anche Perugino sviluppò a Perugia e Firenze la sua maniera “dolce e soave”, che proseguì nelle opere di Pinturicchio e del giovane Raffaello. Un esempio isolato fu Siena con una pittura al confine fra gotico e Rinascimento. Grazie al re Alfonso II di Napoli e i suoi discendenti crebbe anche a Napoli un centro artistico, ove confluirono influssi dall’antico, da Firenze e da Roma, dalle Fiandre, dal mondo arabo-ispanico. Il Rinascimento appare, dunque, come un fenomeno tipicamente italiano che solo alla fine del Quattrocento cominciò a espandersi in Francia e Spagna e solo nel Cinquecento si estese all’Europa centrale e orientale e all’Inghilterra.
Fonti e bibliografia essenziale
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Immagine
Raffaello, La Scuola di Atene, 1509, Stanza della Segnatura, Palazzo Apostolico, Musei Vaticani, Stato della Città del Vaticano