Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa

Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia
Dopo l'Unità Nazionale
Roma 2015
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Scismi - vol. II


Autore: Francesco Saverio Venuto

Lefebvriani. Lo “scisma” lefebvriano, consumatosi nel giugno del 1988, è la conseguenza della decisione di Mons. Marcel Lefebvre – vescovo francese tradizionalista, contestatore di alcuni orientamenti e interpretazioni del Concilio Vaticano II, soprattutto in relazione ai temi della collegialità episcopale, dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso e della libertà religiosa – di consacrare vescovi, senza il necessario mandato della Sede Apostolica, quattro membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X, da lui fondata per la salvaguardia della Tradizione. Il movimento scismatico lefebvriano è presente in Italia con tre centri: la “casa madre” ad Albano Laziale in provincia di Roma e due priorati, san Carlo Borromeo a Montalenghe nel Torinese e Madonna di Loreto a Rimini. Il ramo italiano del tradizionalismo lefebvriano si esprime anche attraverso la pubblicazione di una rivista, La Tradizione Cattolica. All’interno di essa vengono proposti articoli di vario genere su alcune questioni nodali della presenza del movimento di Mons. Lefebvre in territorio italiano: lo statuto canonico delle comunità lefebvriane, specialmente in relazione ad una convinta appartenenza alla Chiesa Cattolica, nonostante le difficoltà giuridiche derivanti dal rifiuto del Vaticano II e dallo scisma del loro fondatore; la critica al valore dogmatico del Vaticano II in conformità ai giudizi critici di Mons. Lefebvre; il rapporto della Chiesa con il mondo contemporaneo; l’azione pastorale ispirata dal Concilio, particolarmente in campo ecumenico e nel dialogo con le altre religioni; l’apostasia all’interno della Chiesa, innanzitutto nei suoi pastori; e non ultima, in ordine di importanza, la riforma liturgica. I tre centri lefebvriani presenti in Italia sono impegnati nell’organizzazione di convegni di studio finalizzati a promuovere un ritorno alla “vera” Tradizione, unico rimedio di fronte alla situazione assai critica della Chiesa post-conciliare (diffusione di una mentalità anticristiana e drastico calo delle vocazioni sacerdotali) e di un annuale pellegrinaggio nazionale da Bevagna ad Assisi. In Italia, accanto al movimento più fedele alle tesi di Mons. Lefebvre, si è diffusa anche una forma di contestazione più radicale e critica rispetto a quella del presule francese, nota come sedevacantismo. Questo ulteriore scisma all’interno dello scisma lefebvriano non si esprime soltanto a favore una disobbedienza contro i papi quando insegnano contro la Tradizione della Chiesa, ma ritiene che i pontefici che convalidano e professano con il loro magistero l’errore del Vaticano II sono privi in senso assoluto dell’autorità pontificia oppure, se la posseggono, la esercitano tuttavia in senso materiale, ma non formale. La prima forma di sedevacantismo fa capo all’Associazione Santa Maria Salus Populi Romani in Feletto (To) e possiede una propria rivista Il Nuovo Osservatore Cattolico, mentre la seconda fa capo all’Istituto Mater Boni Consilii con una sede anche in Italia in Verrua Savoia (To) e si esprime attraverso il periodico Sodalitium.

I Vetero-Cattolici. Il movimento scismatico dei vetero-cattolici dipende da tre differenti avvenimenti storici dai quali si sono sviluppate e dipendono tre realtà ecclesiali. La prima di esse è da collegarsi ad un gruppo di giansenisti olandesi con sede a Utrecht, i quali avendo rifiutato la condanna del giansenismo contenuta nella bolla Unigenitus del 1713 di Papa Clemente XI, si separarono da Roma ottenendo nel 1723 l’ordinazione episcopale del loro leader Cornelius Steenhoven (1662-1725). La seconda si è costituita in seguito alla contestazione e al rifiuto del dogma dell’infallibilità del Pontefice, proclamato al Concilio Vaticano I (1869-1870), da parte dei teologi-discepoli del sacerdote e professore di Storia ecclesiastica Ignaz von Döllinger (1799-1890). Uno di essi, il tedesco Josef Hubert Reinkens (1821-1896), riuscì a procurarsi dai vescovi olandesi della sede giansenista di Utrecht la consacrazione episcopale, divenendo nel 1873 “vescovo cattolico dei vetero-cattolici”.

L’ultima realtà è più recente e si presenta come un tentativo di coordinare comunità ecclesiali di origine nazionale e separatasi da Roma, ispirandosi ai principi ecclesiologici che soggiacciono alla Chiesa d’Inghilterra. Nell’insieme le tre specifiche realtà professano la validità dei sette sacramenti della Chiesa Cattolica romana, il possibile accesso delle donne al ministero ordinato, un’ecclesiologia di tipo episcopale-sinodale, e utilizzano molteplici forme liturgiche, dal rito romano (antico e nuovo) alla liturgia di San Giovanni Crisostomo.

In Italia sono presenti due particolari realtà: la Chiesa Vetero-Cattolica dell’Unione di Utrecht e la Chiesa Vetero-Cattolica Italiana. La prima forma ecclesiale conta un centinaio di fedeli, alla cui guida sono preposte anche delle donne-sacerdote, e si presenta al suo interno divisa su questioni di carattere teologico-pastorale (matrimoni tra persone dello stesso sesso). Essa adotta differenti liturgie, alcune di esse con forme provenienti dai movimenti carismatici (imposizione delle mani e unzioni). La Chiesa Vetero-Cattolica Italiana si collega idealmente ad alcuni tentativi politici di costituire in Italia una Chiesa nazionale divisa da Roma. Un primo progetto fu realizzato nel 1808 dal vescovo Domenico Forges Davanzati (1742-1810) con l’istituzione del Magistero Catechetico civile Laicale, costituitosi prima in Associazione dei Protocattolici (1862) e successivamente in Chiesa Cattolica Nazionale Italiana (1882). Un secondo tentativo è da attribuire a Filippo Cicchitti Suriani (1861-1944), fondatore del Centro Culturale Cattolico Antico, e a Ugo Janni (1865-1938), cultore di teologia pancristiana. Questo movimento, ereditato da Mario De Conca (1901-1970) e, più tardi, da Luigi Caroppo (1933-2004), un ex servita, è rimasto fino al 1997 congiunto all’Unione di Utrecht, dalla quale si è separata per il rifiuto di ammettere all’orinazione sacerdotale le donne. La Chiesa Vetero-Cattolica Italiana professa un credo simile a quello della Chiesa Cattolica romana, riletto tuttavia secondo i principi vetero-cattolici, ed utilizza una liturgia che compendia diversi riti (romano, ambrosiano e bizantino). In ambito pastorale questa realtà ecclesiale è orientata ad opere di carattere sanitario (psicoterapia) e alla diffusione di un bollettino a contenuto ecumenico, Il Dialogo.

Fonti e Bibl. essenziale

AA.VV., La Chiesa cattolica: centro, periferia e scismi, in M. Introvigne – P. Zoccatelli (ed.), Le religioni in Italia, Elledici, Leumann 2006, 37-40; AA.VV., Tradizionalisti e sedevacantisti, in M. Introvigne – P. Zoccatelli (ed.), Le religioni in Italia, Elledici, Leumann 2006, 51-57; N. Buonasorte, Tra Roma e Lefebvre. Il tradizionalismo cattolico italiano e il Concilio Vaticano II, Edizioni Studium, Roma 2003, 110-158; Chr. Gabrieli, Uno scisma moderno. La comunità lefebvriana, EDB, Bologna 2012; D. Menozzi, L’anticoncilio (1966-1984), in G. Alberigo – J.-P. Jossua (edd.), Il Vaticano II e la Chiesa, Paideia, Brescia 1985, 433-464; G. Miccoli, La chiesa dell’anticoncilio. I tradizionalisti alla riconquista di Roma, Laterza, Roma-Bari 2011; AA.VV., Le Chiese vetero-cattoliche, in M. Introvigne – P. Zoccatelli (ed.), Le religioni in Italia, Elledici, Leumann 2006, 44-51; C. Milaneschi, Ugo Janni. Pionere dell’ecumenismo, Claudiana, Torino 1979; L. Minervini Gadaleta, Pancristianesimo. Da Forges Davanzati a Giovanni Paolo II, Edizioni La  Meridiana, Molfetta 1997; A. Cicchitti Suriani, Il Vecchio Cattolicismo in Italia, in BSSV, CII 12 (1957), 73-77.


LEMMARIO