Maria Santissima – vol. I

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    Autore: Luca Di Girolamo

    Maria 1Introduzione. Tracciare in poche pagine il complesso fenomeno del culto e della devozione mariana nel nostro paese è particolarmente arduo in quanto la religiosità italiana, nella quale la Madre del Signore ricopre un ruolo singolare, si colloca in osmosi continua con il vissuto quotidiano. In questo contributo di natura storico-teologica e culturale relativo all’Italia, prima di tracciare il percorso storico compiutosi nella nostra penisola offriremo qualche elemento generale che possa illustrare il fenomeno cultuale e devozionale e, successivamente, i caratteri che costituiscono il legame particolare tra l’Italia e S. Maria.

    Significato del culto e della devozione mariana. Nel n. 56 della esortazione apostolica Marialis cultus, Paolo VI, dopo aver affermato la centralità dell’amore come tratto distintivo del disegno di Dio, aggiunge in riferimento diretto alla Madre del Signore: «Egli l’amò ed in lei operò grandi cose (cf. Lc 1,49); l’amò per se stesso e l’amò anche per noi; la donò a se stesso e la donò anche a noi» (Paolo VI, Marialis cultus n. 56). Poche, ma dense parole che ci offrono la chiave interpretativa più adatta ad illustrare il significato e la valenza del culto mariano. Ciò assume una rilevanza antropologica fondamentale se si considera come l’uomo sin dagli inizi e nelle sue varie scansioni epocali, si mostra come homo religiosus, bisognoso cioè di una relazione trascendente. Ecco allora che il culto-dono va a toccare le radici esistenziali più profonde dell’uomo in ordine ad una risposta alla domanda di senso. Maria si colloca perciò al punto di incontro di due strade: è dono di Dio, ma lo è anche il culto a lei tributato che permette alla comunità di riconoscere nella Madre di Dio la creatura che vede esaudita la personale ed universale questione sul significato dell’esistenza umana.

    In tal modo Maria, pur condividendo la condizione dell’umanità pellegrina nel tempo, è però pienamente conformata a Dio da assumere una condizione unica rispetto al nostro essere. Come il Figlio venuto a compiere l’AT, anche Maria si esprime nei tratti della continuità/discontinuità: creatura umana, ma eletta e fatta segno di un favore speciale da parte di Dio, al punto di rappresentare, secondo il noto teologo H.U. von Balthasar (†1988), il sì divino realizzante rivolto all’uomo (cf. H.U. von Balthasar, Maria. Il sì di Dio all’uomo). È chiaro però che la coscienza credente ha accentuato maggiormente la discontinuità e lo ha fatto mossa appunto dalla fede espressa dal singolo e dalla comunità e che l’ha condotta, nel corso del tempo, a forme devozionali talvolta piuttosto discutibili. In tal senso l’ “io credo” della fede è pur sempre il “noi crediamo”, ossia il luogo in cui si vengono ad incontrare il Dio per tutti e la domanda sul senso che possiede un carattere universale.

    Guardando alla vicenda esistenziale di Maria, partecipe dell’opera del Dio Uno e Trino che è il fondamento del vero culto in Spirito e verità (cf. Gv 4,23), appare chiaro che il culto e la devozione rivolti a S. Maria vanno inquadrati nell’osmosi Lex orandilex credendi, che rappresentano la piattaforma della vita cristiana manifestata in diverse forme sottoposte allo scorrere del tempo e da esso definite sul piano culturale.

    Un ulteriore ampliamento del nostro discorso è rappresentato dalla dimensione sociologica del culto mariano. G. Scarvaglieri non esita a definire il fenomeno mariano come fatto sociale, cioè luogo in cui, da un lato, convivono caratteristiche sociali e, dall’altro, elementi storico-teologici immersi in un flusso dinamico ed evolutivo. Entrambi i fattori, a loro volta, si condensano attorno a quattro canali strutturali propri del fenomeno religioso: il piano delle credenze riguardante la concettualizzazione del fenomeno mariano: dogmi e teologia, il carattere proprio della liturgia, la dimensione comunitaria tipica del formarsi di gruppi, associazioni e movimenti e, non meno importante, la dimensione morale che esplicita e addita al credente la singolarità esemplare della Madre di Dio (cf. G. Scarvaglieri, Sociologia, 1115-16). Tuttavia un culto ed una vera devozione per essere realmente fecondi non possono ignorare il passaggio dalle due leges (orandi e credendi) alla lex vivendi, ossia alla testimonianza vera e coerente del dono del messaggio salvifico che abbiamo ricevuto e del modello esistenziale che Maria rappresenta per il popolo cristiano. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale (= PAMI) evidenzia con pochi ed efficaci tocchi la sostanza più profonda di questo tema complesso e composito nelle sue determinazioni quando considera la positività di una pietà mariana che deve risolversi nel servizio degli uomini, soggetti a tanti pericoli ed insidie (cf. Pami, La Madre del Signore. Memoria, presenza, speranza, n. 76).

    A partire da questa coscienza, soprattutto in epoca moderna e contemporanea, le migliori energie della carità del popolo cristiano si sono offerte per consolidare al suo interno l’unità e la pace non solo spirituale, ma anche materiale e sociale e contribuendo, quanto più possibile e guardando alla Madre del Signore, a condizioni più vivibili. In una parola all’edificazione di quel Regno di cui l’assemblea dei credenti è, su questa terra, già figura anticipatrice. Ciò vale in modo particolare per l’Italia, paese di antica cristianità.

    L’Italia e Maria. Proprio come terra di antica cristianità, l’Italia vede attuato sul suo territorio un processo di inculturazione che, sul piano della devozione e del culto alla Madre di Dio, possiede innumerevoli manifestazioni nel corso del tempo. La presenza di S. Maria nel nostro territorio può essere considerata attraverso due dimensioni che, pur nella loro diversità, sono tra loro connesse: una prima di natura culturale che va a toccare i nuclei letterari, artistici, filosofico-teologici e l’altra di natura sociale che contiene in sé i fenomeni più visibili della devozione: pellegrinaggi, santuari, particolari preghiere e manifestazioni di culto. Sul primo punto basterebbe consultare un qualsiasi testo di storia della letteratura italiana per rendersi conto di come la poesia in volgare, sin dal suo nascere, abbia scelto la Vergine Maria tra i temi principali del proprio rimare. A ciò si accompagna tutto un contesto di rilettura globale della storia e della civiltà ancora attuato con il parametro dell’historia salutis, per cui anche le nuove strutture socio-culturali (amor cortese, Stilnovo) e gli ordinamenti civili (sistema feudale) si rivestono di sacralità oppure vengono presi a prestito per comunicare ed evidenziare la devozione mariana. Tutto questo complesso di elementi dà origine a veri e propri monumenti letterari destinati a lasciare traccia profonda: il canto dantesco alla Vergine pronunciato da S. Bernardo (Par XXXIII,1-45) e la pensosa riflessione orante della Canzone alla Vergine che chiude il Canzoniere di Petrarca, diversi tra loro (contemplazione il primo e autoriflessione orante il secondo), appaiono ugualmente casse di risonanza di tutta una cultura che fa propri ed unifica armonicamente il dato esistenziale-esperienziale (non senza qualche richiamo politico: la stessa Canzone alla Vergine in qualche punto riprende contenuti presenti nella Canzone all’Italia) con quello più propriamente teologico-spirituale.

    Un carattere mariano quindi contraddistingue la nascita ed il consolidarsi della cultura italiana e, restando nel campo della letteratura, tale elemento non viene meno neppure nei momenti in cui lo stile letterario subisce quella dilatazione propria del Barocco in cui lo sfavillare della forma prevale sulla densità di contenuto, oppure, in epoca illuminista, quando invece si impongono la sobrietà e l’intellettualismo.

    È possibile allora affermare, anche in base agli elementi letterario-culturali sinteticamente riportati, che la religiosità italiana ha nella devozione alla Vergine uno dei tratti più caratteristici, che ben si è sposato con la particolare percezione che il nostro paese ha avuto dell’istituzione familiare in cui la figura della donna-madre possiede un rilievo preminente. Questo assetto ha motivazioni psicologiche fortemente radicate nel popolo italiano, la cui devozione mariana esprime, a diversi livelli e con altrettante diverse modalità, il fatto che, nell’immagine di maternità, vengono a convergere le risposte alle domande di aiuto, protezione, guida. D’altra parte, il medesimo simbolo della donna che genera Dio spiega “come l’individuo debba e possa realizzare un autentico e profondo incontro col sacro, vissuto nella concretezza storica, seguendo creativamente la propria via individuale, quella che è in sintonia con il proprio equilibrio personale” (L. Pinkus, Il mito di Maria, 100-101). Tenendo conto di questo dato, costantemente e variamente presente nella popolazione italiana, non meraviglia lo sviluppo di tanta letteratura devota e apologetica che si è venuta a produrre nel corso del tempo con il preciso intento di sottolineare il legame tra la Madre del Signore e la nostra nazione. Ne è prova, ad esempio, il volume risalente al 1953, scritto a due mani (G. Roschini – A. Santelli), dal titolo La Madonna e l’Italia e che ha come sottotitolo La storia d’Italia alla luce della sua Castellana. Quest’opera, non esente da certa enfasi retorica, è divisa in tre parti delle quali la prima è dedicata proprio all’amore materno che Maria riversa sull’Italia per il fatto di essere terra di antichissima cristianità e luogo dove apostoli e martiri hanno sparso, spesso a prezzo del loro sangue, i semi del Vangelo.

    Al primo livello di lettura di quello che potremmo definire ‘carattere mariano dell’Italia’ si aggiunge la dimensione sociale sopra menzionata, che mostra nella Vergine Santa un fattore dinamico, tale da mettere in movimento la popolazione diversificata per ceto sociale e formazione cristiana. Se notevoli e molteplici sono le testimonianze e gli elementi che riflettono anche i caratteri più propri della sensibilità italiana, ad essi si deve aggiungere un ulteriore fattore di contestualizzazione relativo ad un tema che, soprattutto a partire dagli inizi del XXI secolo, ha suscitato non poche tensioni: l’incidenza quello delle radici cristiane dell’Europa, continente nel quale l’Italia è inserita e del quale si è fatta guida e segno nelle fasi iniziali di diffusione del cristianesimo. Questo elemento si coniuga con la centralità culturale e artistica rappresentata dall’Italia nell’epoca umanistico-rinascimentale. Se – come osserva G. Forlai – in 70 paesi interessati da un fenomeno eclatante come quello delle apparizioni oltre il 90% si trova in territorio europeo (cf. G. Forlai, Europa, in Mariologia, 493), non meraviglia che in Italia santuari, chiese, edicole, cappelle, ecc. siano di difficile enumerazione. Legato ad essi, ecco comparire il fenomeno dei pellegrinaggi che, accanto alla dimensione più propriamente cultuale (e talvolta con valenza penitenziale), costituiscono momenti aggregativi da non sottovalutare cercando di evitare, tuttavia, il pericolo di un’eccessiva accentuazione del luogo a detrimento dell’evento salvifico che deve restare il vero oggetto di ogni culto.P. Luca 1

    Proprio nell’ambito del sociale, il culto e la devozione mostrano una varietà di espressioni che ben si accompagnano al sorgere di questi luoghi sacri e, aggiungiamo, particolarmente amati con le loro attività liturgiche, rituali, caritative, culturali e ai relativi pellegrinaggi. V. Bo enumera, anche con rispetto della storia, alcune forme che manifestano visibilmente il sentimento religioso del popolo italiano: canti popolari talvolta trasmessi oralmente e poi fissati per iscritto, preghiere individuali e comunitarie, confraternite, sagre. In secondo luogo Bo pone in guardia, da un lato, dal fermarsi solo alla superficie di una determinata forma per andare al contenuto e ad individuare il referente cultuale che deve essere considerato e, per altro verso, dal pronunciare giudizi affrettati che, oltre ad offendere e minimizzare la coscienza credente, non rendono ragione, né spiegano adeguatamente il fenomeno del culto e della devozione alla Madre di Dio (cf. V. Bo, Maria nella pietà popolare italiana, 227-31). L’esame diacronico del fenomeno ce ne svela la complessità dei caratteri.

    Stratificazione storica. Il culto e la devozione alla Madre del Signore appaiono sin da subito come elementi caratterizzanti della fede cristiana nel suo svolgersi storico che divideremo per comodità in cinque periodi: Antichità – Medioevo – Epoca Moderna fino a Pio IX – Da Pio IX alla fine della modernità – Epoca Contemporanea. Riletti nel loro insieme essi ci presenteranno un variegato mosaico di espressioni che si sono manifestate come testimonianza del sensus fidelium della nostra penisola. C’è da osservare che la presenza in Italia della sede papale implica che ogni riconoscimento o pronunciamento sulla Madre del Signore anche in relazione all’istituzione di particolari feste o pie pratiche, trova il primo terreno di azione proprio in Italia ed in particolare a Roma.

    • Antichità. Nei primordi del cristianesimo si viene a costituire la piattaforma dalla quale si sviluppa la devozione alla Madre del Signore, articolata sostanzialmente da tre elementi tra loro connessi: la Scrittura, la liturgia e l’arte iconografica. Nell’ordine avremo la testimonianza ispirata, la celebrazione rituale per signa et verba e la visualizzazione diretta. Il culto liturgico e la conseguente devozione si è andata sviluppando utilizzando testi del NT riferiti alla Vergine Maria, numericamente pochi ma molto significativi che indicano già una devozione in nuce verso la sua persona (cf. Lc 1,42.45 e 11,27) quanto una vera e propria presenza di Maria nella comunità apostolica riunita in preghiera (cf. At 1,14). Da non dimenticare poi l’incidenza, soprattutto presso il popolo di Dio (in minor misura sulla liturgia ufficiale della Chiesa) di alcuni testi apocrifi che, in certo senso, supplivano alla scarsezza di notizie dei Vangeli canonici. Decisiva per il culto verso la Madre di Dio appare nel III secolo la Traditio apostolica di Ippolito Romano († 235) i cui contenuti risalenti al secolo anteriore ci presentano due importanti riferimenti alla Madre di Dio: nella prece eucaristica (cf. Ippolito, Traditio apostolica, 4) e nella formula battesimale (cf. Ibidem, 21): in entrambi i casi il mistero contemplato è quello dell’Incarnazione. Appare chiaro allora che la Maternità divina diviene il tratto distintivo della Vergine di Nazareth e ispiratore di forme artistiche ed iconografiche che ben testimoniano la devozione e il culto del tempo. Esse vanno ricercate, almeno fino all’editto costantiniano del 313, nelle catacombe romane che ci presentano varietà di espressioni figurative (cf. G. Besutti, Catacombe romane e iconografia mariana, 532-34). Dal secolo V in avanti si assiste a due eventi importanti per la cristianità e per il culto mariano in Italia: la definizione del dogma ad Efeso (431) e, a Roma, l’edificazione dei primi luoghi di culto dedicati a Maria con una finalità abbastanza evidente di soppiantare ed eliminare il paganesimo. Anzitutto la basilica di S. Maria Maggiore voluta da Sisto III (†440) e, successivamente, la costruzione di S. Maria Antiqua vicina al tempio di Vesta, di S. Maria in Aracœli sulle rovine del tempio di Giunone e S. Maria in Cosmedin sulle rovine del tempio a Cerere: da notare come tale graduale sostituzione avviene secondo una tipologia femminile.

    Parallelamente la Madre del Signore diviene – attraverso gli scritti di uomini eccezionali come Ambrogio (†397), Girolamo (†420) e Agostino (†430) – esempio, modello e fonte ispiratrice di forme di vita consacrata femminile. Proprio in concomitanza del dogma di Efeso grande importanza assumono le feste dedicate alla Madre di Dio a partire proprio dal 1° gennaio (Ottava di Natale), solennità della Theotokos, celebrata in Oriente il 26 dicembre. Da non sottovalutare anche un altro carattere penitenziale legato all’ultimo giorno dell’Ottava di Natale (si ricordi come l’anno non cominciava per tutti in gennaio) che in alcuni ambienti era osservato quale reazione alle feste pagane in onore di Giano (cf. D. Sartor, Le feste della Madonna, 40). Il mistero dell’Incarnazione e, chiaramente, la nascita di Gesù rappresentano lo sfondo in cui si colloca ogni manifestazione di culto e devozione a S. Maria che interessa evidentemente anche il periodo preparatorio al Natale. Questa è una costante che è possibile rilevare non solo a Roma ma anche Milano (dove troviamo, nel Sacramentario Bergomense, note mariane in 2 prefazi) e a Ravenna (contraddistinta dalla forte predicazione di S. Pietro Crisologo). Ma sarà soprattutto papa Leone Magno verso la fine del secolo V con le sue 10 Omelie per il Natale a sottolineare con forza la presenza di Maria. Gradualmente vengono ad imporsi altre feste comunemente considerate mariane: la Presentazione (2 febbraio), l’Annunciazione (25 marzo), l’Assunzione (15 agosto) e la Natività di Maria (8 settembre). Di esse, solo le ultime due possono considerarsi mariane, mentre le altre rivelano il loro carattere cristologico.

    Notevoli poi sono i generi di preghiera che si vengono a formare nei primi cinque secoli di vita del Cristianesimo: invocazioni, suppliche ed eulogie, talvolta recitate da singoli e talaltra da più fedeli riuniti (cf. A.M. Triacca, Le preghiere a Maria Vergine (dalle origini al secolo IV), 144). Su questa base molto composita si svilupperà tutta una letteratura ed una devozione che giungeranno a maturazione con il Medioevo non senza ricorrere all’elemento miracolistico e a quello prodigioso come testimoniano, ad esempio, alcune primitive forme teatrali nonché raccolte di legendæ e miracoli sviluppatesi soprattutto nell’Italia centrale.

    • Sappiamo come il termine ‘medioevo’ è stato coniato in epoca moderna e con un significato negativo per indicare un’epoca in cui si erano interrotti i rapporti con la civiltà classica, vera apportatrice di valori atti alla realizzazione umana. Molto si è anche discusso per fissare i limiti cronologici, ma è indubbio che se con l’epoca delle scoperte geografiche abbia inizio l’epoca moderna i primordi del Medioevo vanno ricercati con la dissoluzione dell’Impero Romano o comunque con la marcata suddivisione tra Oriente ed Occidente con caratteri culturali, sociologici e religiosi propri e molto accentuati. L’Italia nel centro del bacino del Mediterraneo diverrà gradualmente cassa di risonanza di entrambe le aree. Luogo di sviluppo della pietà mariana occidentale resta tuttavia Roma ed è possibile ripartire dall’istituzione delle feste che vengono solennizzate con processioni notturne da papa Sergio I († 701) e da lui celebrate nella Basilica di S. Maria Maggiore presso l’icona della Salus populi romani. Da Roma è chiaro che l’espansione del rito proprio conduce alla diffusione delle feste mariane in tutta Europa.

    Tuttavia non sono soltanto le feste a determinare la religiosità del Medioevo europeo occidentale: l’insicurezza e la fragilità delle strutture, almeno fino all’avvento del Sacro Romano Impero, i pericoli, le guerre e le pestilenze, alimentano la considerazione, talvolta pessimistica, della precarietà umana determinata anche dalla condizione di peccato. A ciò si aggiunge che, con il passare del tempo, la Chiesa non sembra aver mantenuto quella purezza delle origini e ciò dà luogo al costituirsi di nuove forme di vita religiosa: ordini monastici e mendicanti che nascono, in modo diversificato per carisma ed epoca, con un forte risvolto mariano motivo per cui la Madre di Dio è associata al variegato programma di reforma Ecclesiæ avvertita quale necessità imprescindibile dai grandi papi Gregorio Magno (†604) e Gregorio VII (†1085). La coscienza della propria debolezza spinge l’uomo medievale a cercare un rifugio sereno e, al contempo, mostra un forte anelito verso le realtà celesti ed ecco allora che Maria, a motivo della sua perfezione morale, viene fatta segno di una particolare pietas da parte del devoto. Anzi si giunge ad interpretare in una chiave mariana tutto il sistema di relazioni che legano il feudatario al suo vassallo. Si è dinanzi al fenomeno del patronato e patrocinio mariano che diviene cifra di riconoscimento di alcune famiglie monastiche e mendicanti, tale da sancire l’appartenenza a Maria testimoniata anche da numerosi testi appartenenti al genere delle legendæ. Ma quale ritratto abbiamo di questa creatura ? Non tanto della Vergine umile oppure della donna comune, quanto piuttosto di una creatura rivestita di un’identità speciale perché i doni singolari da lei ricevuti sono segno di un rapporto particolare ed unico con il Signore, tale da farle assumere il titolo di Regina in analogia al Figlio. In una parola, si giunge ad una superesaltazione della Vergine senza che ciò però la distacchi dal contesto umano e sociale. Anche le feste profane di alcune città (ad es. il Palio di Siena la corsa in onore della Madonna di Provenzano, il 2 luglio e dell’Assunta il 16 agosto su una piazza a pianta simile ad un trapezio quale segno del mantello di protezione di Maria sulla città), oppure eventi storici particolari vengono collocati sotto il segno di Maria. Una superesaltazione che si manifesta nell’attribuzione di veri e propri miracoli operati da Maria e che tutto il genere letterario dei miracula testimonia: fatti prodigiosi che fanno comprendere la vicinanza della Madre del Signore all’umanità. In sostanza, il fedele trova in Maria, da un lato, il modello creaturale e comportamentale e, per altro verso, un sicuro e potente mezzo di protezione: si afferma conseguentemente il tipo iconografico della Mater misericordiæ che, anche nella teologia e nella letteratura religiosa, viene fatto proprio da alcuni ordini religiosi del tempo come i Cistercensi.P. Luca 2

    Questo tipo iconografico particolarmente favorisce il fenomeno, già menzionato, dei pellegrinaggi ai diversi sparsi santuari italiani (specie al centro e in Sicilia) dedicati alla Madonna della Misericordia o del Soccorso e invocata in occasione di epidemie (spesso associate dagli uomini del tempo al peccato). Un solo esempio fra i tanti è il santuario della Madonna della Misericordia costruito a Macerata (1374) per allontanare la peste. Importante è poi l’associazione di Maria con la Chiesa in un’ottica di riforma e qui emerge la grande figura di S. Pier Damiani (†1072) interprete ed esecutore, al contempo, delle grandi istanze di rinnovamento ecclesiale, oltre che autore di inni, preghiere ed omelie alla Madre di Dio. Basterebbe pensare come in uno dei suoi testi Pier Damiani mostra che il rifiuto del culto mariano da parte della comunità monastica ne sancisce la forte decadenza e provoca una forte concentrazione di calamità naturali (cf. Pier Damiani, Liber VI, Epistula 32, in PL 144,422 B-23 B).

    Una considerazione del tutto speciale di Maria si attua nell’ambito della letteratura con il sorgere di alcuni generi: la Lauda di tono encomiastico e, più drammaticamente svolto, i Planctus Mariæ che gradualmente vedono l’affermazione del volgare e costituiscono la forma embrionale di tutto un successivo sviluppo teatrale in cui il popolo è spettatore coinvolto: in tale spettacolarizzazione degli eventi della Passione si dà ampio spazio alle manifestazioni di sofferenza patite dalla Madre di Dio. L’Italia centrale, luogo di origine di diversi movimenti pauperistici e religiosi, appare nel secolo XII come la sorgente di tali composizioni e Jacopone da Todi (†1306) l’esponente più conosciuto grazie al suo Donna de’ Paradiso, ma accanto a questo autore non si può omettere il Laudario di Cortona (secolo XIII) in cui appaiono molte composizioni di tono gioioso. Un discorso a parte merita il Mariale che si configura, in forme assai diverse, come raccolta di testi (sermoni, preghiere, inni) tanto per un uso pastorale quanto per la devozione privata. Questo genere si contrassegna per la forte valenza simbolica come ad esempio il Mariale Aureo di Jacopo da Varazze († 1298). Talvolta la letteratura popolare e profana italiana si serve della tecnica del contrasto fra due entità per veicolare un messaggio religioso-morale. È il caso del vivace Contrasto tra Satana e la Vergine (De Sathana cum Virgine) del laico milanese Bonvesin de la Riva († 1315 ca), personaggio particolarmente attivo nel campo caritativo della sua città, autore di un’altra composizione Contrasto tra il peccatore e la Vergine (De peccatore cum Virgine).

    Accanto alla dimensione letteraria e teatrale non va dimenticato il versante artistico poiché, in alcuni casi, esso riveste un carattere ed una funzione sociale e, in certo senso, taumaturgica. Si tratta nella fattispecie di ritrovamenti di icone attribuite a S. Luca che poi vengono portate in processione soprattutto in occasioni di calamità ed epidemie. È il caso della Madonna dell’Impruneta presso Firenze dove, nel secolo XI, viene eretto un tempio su un luogo di ritrovamento di un’icona particolarmente amata dai fiorentini e destinata ad essere trasportata. Si può considerare qui l’inizio del pio esercizio della peregrinatio Mariæ che godrà vasta popolarità e diffusione nel secolo XX. Accanto a questa tipologia iconografica ‘pseudo-lucana’ se ne colloca un’altra di natura acheropita che anch’essa trova in Toscana un esempio nel dipinto nel Santuario fiorentino della SS. Annunziata (1252).

    Per quanto riguarda l’elemento santuariale l’Italia (a differenza della Francia) non conosce nei suoi primordi una connotazione dichiaratamente mariana (abbiamo nel secolo XI Monte S. Angelo dedicato a S. Michele); solo successivamente si segnalano Montevergine (dove si venera un’icona costantinopolitana Madonna in trono con Bambino) e la più nota Porziuncola attorno alla quale si sviluppa il complesso di S. Maria degli Angeli.

    Proprio la nascita, l’affermazione e la diffusione degli Ordini mendicanti favoriscono pratiche religiose e di pietà mariana che spingono anche la Chiesa ufficiale a pronunciamenti specifici: il sabato mariano, l’Ufficio mariano, la meditazione sulle gioie (Allegrezze) e i dolori della Vergine. Parallelamente le feste mariane subiscono radicali ripensamenti volti ad una loro ratifica motivata: è il caso della festa dell’Immacolata Concezione (nata in Oriente come Concezione di Anna – il 9 dicembre – e arrivata dall’Italia meridionale per poi diffondersi in tutta Europa), di cui l’Ordine Francescano diviene strenuo difensore e per la quale interviene nel Capitolo di Pisa del 1263 sotto il generalato di S. Bonaventura (†1274) estendendola a tutto l’Ordine. Questo Capitolo è importante anche per l’obbligatorietà dell’Angelus, ricordo quotidiano dell’Incarnazione al quale i frati erano tenuti e dovevano invitare i fedeli. Notevoli e sintomatiche di tutta una tensione teologica le successive diatribe teologiche su questa ‘pia sentenza’ dell’Immacolata che, pur non ricevendo un pronunciamento di livello dogmatico, nel 1476 con la costituzione Cum præcelsa di Sisto IV compiva un notevole passo avanti, venendo approvati la Messa e l’Ufficio composti da Leonardo Nogarolis. I contrasti, tuttavia, non terminarono tanto che successivamente lo stesso papa difese apertamente contro i detrattori (minacciandoli di scomunica) questo ‘privilegio’ mariano con una nuova costituzione la Grave nimis del 1483.

    La discussione sulla ‘pia sentenza’ dell’Immacolata Concezione non si limita soltanto ad un discorso di natura teologica, ma interessa anche gli equilibri interni delle famiglie religiose e chiama in causa persino le autorità civili. È il caso dell’ordine dei Predicatori che, tradizionalmente ostili a detto privilegio mariano, vede al suo interno alcuni esponenti favorevoli tanto da difenderlo come ad esempio Ambrogio Catarino († 1553) il quale, pur non aderendo alla scuola francescano-scotista, sostiene l’esenzione di Maria dal peccato dei progenitori adducendo il proposito di uniformarsi alla volontà e alle direttive della S. Sede che si era già pronunciata con i due documenti citati. Questa posizione strenuamente mantenuta pone Catarino in situazione di difficoltà dinanzi ai teologi domenicani allineati sul rifiuto di questa discussa verità mariana. Non sarà l’unico caso isolato presso i domenicani: in Spagna, qualche decennio più tardi, Luis De Granada († 1588) mostrerà favore per l’estraneità di Maria dal peccato originale. Non meno importante, si diceva, appare il coinvolgimento delle autorità civili in questa vicenda; difatti nel 1481 si svolge a Ferrara, alla presenza del duca Ercole d’Este, del vescovo locale, di altri teologi e di molto popolo, la disputa fra quattro religiosi (tre favorevoli: il carmelitano Battista Panetti, il servita Cesario Contughi e il francescano Bartolomeo Bellati ed uno contrario il domenicano Vincenzo Bandello). La discussione durò 6 ore ma condusse – stando al Diario ferrarese di Bernardino Zambotti – alla legittimazione di entrambe le opinioni (cf. G.M. Roschini, I Servi di Maria e l’Immacolata, 73-75 e S. Cecchin, L’Immacolata Concezione, 103).

    C’è da osservare inoltre che, sul finire del medioevo, il papa Sisto IV, mentre fervono tali discussioni, si rende arbitro risolutore, a livello liturgico, di questioni legate a nuove feste di Maria: nel 1472 estende a tutta la Chiesa occidentale la festa della Presentazione di Maria al tempio, anch’essa antica festa di origine orientale e modellata sul testo apocrifo del Protovangelo di Giacomo e tre anni dopo fa seguire un’Ottava alla festa della Visitazione, già istituita da Urbano VI nel 1389.

    Legata alla Passione e avente come contesto il movimento spirituale del tempo la cui eco è presente in testi letterari non liturgici, appare la devozione al dolore della Vergine, che nel 1423 in Germania provoca la nascita della festa della Commemorazione dell’angoscia e dei dolori della Beata Vergine Maria. Tale festa viene accolta anche in Italia e nel 1482 estesa ancora per volere di Sisto IV a tutta la Chiesa con il formulario Nostra Signora della Pietà.

    A Roma, come si è detto precedentemente, viene celebrata con particolare solennità l’Assunzione che ha goduto, almeno fino al 1566 (anno della soppressione voluta da Pio V per gli eccessi esteriori e mondani che aveva acquisito), larga rappresentanza di popolo, corporazioni ed autorità presenti alla processione notturna verso S. Maria Maggiore. Altra celebrazione romana fatta successivamente propria dai Francescani è la Madonna della Neve (5 agosto), festa legata alla basilica di S. Maria Maggiore che, dal 1302, compare nel Breviario francescano a seguito di una decisione del Capitolo Generale celebratosi a Genova.

    Anche nell’ambito della più semplice preghiera mariana occorre registrare alcuni fenomeni: la progressiva memorizzazione da parte del popolo dell’Ave Maria accanto al Pater noster e al Credo e, analogamente, della Salve Regina (papa Gregorio IX nel 1239 ne ordina il canto nelle chiese romane dopo Compieta), il diffondersi del Rosario che, soprattutto per gli analfabeti, era sostitutivo della recita dell’intero Salterio; nato fuori d’Italia e con periodo di gestazione abbastanza consistente, il Rosario prenderà diverse connotazioni relative alla contemplazione degli eventi di Maria e dei caratteri spirituali e carismatici di ogni ordine religioso che lo adotta. Un ruolo molto importante è assunto poi dalle Litanie che, modellate su quelle dei santi (risalenti al VII-VIII secolo), accolgono titoli derivati dalla Scrittura con grande uso di simbologia e, posteriormente, altri in relazione a fatti o situazioni storiche particolari. Tali immagini diverranno, nel secolo successivo, veri e propri motivi iconografici (cf. il soffitto della Chiesa di S. Marcello a Roma). Notevole importanza rivestono le Litanie lauretane che affondano le loro radici in un manoscritto di area francese che riporta un formulario risalente al secolo XII. A ciò si aggiunga che anche alcuni Ordini religiosi, a partire dal tardo Medioevo, si fanno diffusori di formulari di litanie. È il caso dei Servi di Maria che producono testi legati ai loro santuari (SS. Annunziata a Firenze: 1435; Monte Berico a Vicenza: 1430-50). Molto forte nella recita di preghiere, litanie ed esercizi di pietà appare la dimensione comunitaria ed ecco allora il formarsi di Confraternite che avevano anche una finalità assistenziale e di soccorso ai poveri ed ammalati. Presso questi gruppi, tale opera sociale non è mai distaccata dall’orazione e a volte anche nei loro elementi esteriori rivelano un connotato mariano, come la Confraternita dei Raccomandati (o del Gonfalone) fondata sembra nel 1260 a Roma da S. Bonaventura e che nel suo stendardo porta raffigurata una Mater misericordiæ. Altre confraternite italiane, invece, sono legate alla pia pratica del Rosario: del 1480 è la prima confraternita istituita a Venezia, dell’anno successivo quelle di Firenze presso il convento di S. Marco e di Roma presso la Chiesa di S. Maria sopra Minerva. I Carmelitani promuovono le confraternite “del mantello bianco”, che assumeranno poi lo scapolare come segno devozionale distintivo.

    Le confraternite sono legate alla preghiera mariana anche per un altro elemento che costituisce la civitas mediævalis, ossia il dramma liturgico, sviluppatosi tra X e XII secolo, il cui scopo non era certo quello di intrattenimento, ma pedagogico nei confronti della preghiera. In esso attori – dapprima chierici, in seguito laici – davano vita ai diversi personaggi della storia sacra o a momenti particolari dell’azione liturgica. Tutto questo genere andrà percorrendo un suo proprio sentiero fino a staccarsi dal luogo sacro e con la sempre maggior presenza di testi in volgare in luogo del latino e con serie conseguenze per la religiosità popolare.

    • Epoca moderna fino a Pio IX. La sostanziale compattezza della cultura medievale, pur nella molteplicità di aspetti, viene gradualmente meno evidenziando scollature e ciò anche sul piano del culto e della devozione mariana. Artefice principale di tale nuovo assetto è da ricercarsi nella progressiva separazione di fede e ragione dettata dal Nominalismo di G. Occam († 1349) che appunto segna l’inizio di un nuovo approccio dell’uomo alla realtà circostante e a Dio, tipico della modernità. Ne derivano almeno quattro conseguenze: l’uomo si ritrova protagonista ed artefice del suo destino, professa una forte fiducia verso la ragione, è teso verso un progresso scientifico e, non meno importante, sviluppa un nuovo assetto politico che avrà il culmine nella Rivoluzione francese. In relazione a questi aspetti marcatamente culturali e politici anche la religiosità assume forme nuove caratterizzate in modo particolare dalla Devotio moderna che è uno dei presupposti dai quali si svilupperà la Riforma e la conseguente scissione politico-religiosa dell’Europa Occidentale.

    Questa nuova cultura antropocentrica, inizialmente non dimentica di Dio, lo ha però spostato dalla centralità che aveva nel medioevo. All’uomo quindi viene riferito il canone della bellezza ed è emblematico come, ad esempio, Lorenzo il Magnifico († 1492) si diletti a comporre celebrando Maria e, al contempo, la grande bellezza. In parallelo abbiamo il costituirsi di un’iconografia religiosa che sfrutta modelli femminili tutt’altro che idealizzati, ma contrassegnati da una forte concretezza carnale. Contro questa nuova visione ecco la voce del Savonarola che, in un’ottica riformatrice, ammonisce fortemente a tornare all’essenzialità di Maria. Non è un elemento nuovo: abbiamo già incontrato l’associazione di Maria alla reforma Ecclesiæ, una costante che ritroveremo anche in autori che ricoprono alte cariche ecclesiastiche come, ad esempio, il vescovo e patriarca di Venezia S. Lorenzo Giustiniani (†1455) che in due opere (De humilitate e De triumphali Christi agone) vede l’esemplarità di Maria per la Chiesa. Ma questo ideale di riforma, che porterà alla divisione che conosciamo, sorge anche dalla presa di coscienza che l’uomo, artefice del proprio destino, si trova a fare i conti con la propria debolezza e precarietà: accanto ad un entusiasmo religioso proprio di una società padrona di sé, tale da portare a volte ad aberrazioni sentimentali o devozionali, gradualmente e soprattutto sotto la spinta protestante, si fa largo tutto un complesso di colpa molto critico con l’esteriorità che va a toccare invece l’uomo nel profondo. Maria è perciò vista, da un lato, come un’entità morale altissima ed irraggiungibile e, per altro verso, come l’unica creatura che serve all’uomo per compensare e, secondo alcuni autori, sanare la fragilità umana, oppure per proteggerlo dai pericoli. In tal senso assume una singolare valenza, lungo il XVI, secolo la preghiera del Rosario associata, successivamente al 1570, alla vittoria di Lepanto contro i turchi e, quasi contemporaneamente, inizia ad affermarsi a Roma la pia pratica del Mese mariano promossa da S. Filippo Neri (†1596).

    In questo contesto prosegue l’attività assistenziale, caritativa e ludica delle confraternite, alcune delle quali – in misura minore, però, rispetto al precedente medioevo – con titoli mariani quali l’Immacolata, la Madonna dei Sette Dolori ed altri, acquistando una sempre maggiore rilevanza sociale in questo secolo XVI definito ‘epoca aurea’ di tali movimenti confraternali. Essi tendono anche a riaffermare l’identità cattolica contro il dilagante protestantesimo. Movimenti che, tuttavia, vengono disciplinati dalle direttive emanate dal Concilio di Trento e posti sotto il controllo dei vescovi locali (cf. G. Angelazzi, Le confraternite laicali, 40-42). Maria quindi diviene nel cattolicesimo barocco italiano (ma ciò interessa anche altri paesi d’Oltralpe) un forte strumento apologetico che si riflette sostanzialmente anche nella letteratura teologica e devozionale del tempo.P. Luca 3

    Esponente di tale temperie culturale è Placido Nigido (†1640 ca.) autore del primo trattato sul culto mariano uscito a Palermo nel 1623, rispettando, ma anche arricchendo un genere letterario molto in voga nel Medioevo (Mariale, seu de devotione erga Virginem Dominam in quatuor opuscula digestum). Una pia tradizione, tipicamente italiana che gradualmente si fa strada, sostenuta anche da lasciti di nobili famiglie, è l’incoronazione delle immagini mariane. Le prime celebrazioni sono datate 1601 (Parma) e 1620 (Oropa) per poi diffondersi nel resto dell’Europa. Particolare importanza assume in tal ambito, il cappuccino Girolamo da Forlì († 1620), seguito da altre personalità. Un posto a parte merita la discussa personalità di Ippolito Marracci (†1675) il quale concepì l’iniziativa di ripubblicare le opere degli autori mariani edite lungo i secoli anteriori, intento che solo in parte gli riuscì facendo uscire la sua opera sotto il nome di Mariale, mentre porta a compimento la Polyantea mariana, una sorta di enciclopedia dove in ordine alfabetico elenca e commenta i titoli mariani coniati da padri e teologi. Ad essa si aggiunge la Bibliotheca mariana, primo grande tentativo di catalogazione del materiale prodotto attorno a Maria nell’arco del cristianesimo dal I al XVI secolo. Marracci è importante anche per la difesa della verità dell’Immacolata per la quale non esita a polemizzare con il card. Caietano che negava al popolo di Dio il carattere probativo della fede riguardo ad una determinata verità creduta, mentre per Marracci non si deve disprezzare l’azione dello Spirito nei fedeli. Per aver steso per iscritto tale posizione (che sarà ripresa da Pio IX nel secolo XIX), Marracci verrà condannato, per poi essere riabilitato. Tuttavia il Barocco, felicemente considerato l’epoca della dilatatio, porta con sé una singolare polemica tra due domenicani che rappresentano un po’ le due anime della cultura del tempo nelle sue ombre e nelle sue luci. Il primo scrittore è Niccolò Riccardi († 1639) autore dei Ragionamenti sopra le letanie di nostra Signora pubblicato a Genova nel 1626, emblema di un’enfasi portatrice di titoli e appellativi audaci e contraddittori applicati a Maria (Dio creato, dimezzato, zoppicante, “Cristessa”), vicina ad essere la quarta persona della Trinità). Da notare che Riccardi, proprio per questa capacità oratoria ed immaginifica, era detto Padre Mostro. Contro quest’impostazione, in cui la meraviglia, tipica sigla del Barocco (ricordiamo il testo dell’Achillini riportato anche dal Manzoni: “Sudate o fochi a preparar metalli”) non ha confini ed assume abnorme rilievo, si scaglia il filosofo Tommaso Campanella (†1639) anch’egli domenicano con le sue Censure sopra il libro del Padre Mostro a lungo tempo opera inedita e pubblicata solo nel XX secolo (1998). La grandezza di Campanella non sta tanto nell’aver criticato duramente il Riccardi, quanto nell’esattezza teologica ed ecumenica con le quali illustra il ruolo di Maria nella storia della salvezza, sottolineando fortemente la sua creaturalità e non cedendo all’ambiguità, seppur in buona fede, del confratello. È forse l’unica voce che in Italia si oppone al linguaggio e alle immagini barocche tipiche del tempo e così apre la strada all’epoca successiva, quella dell’Illuminismo. Altro portavoce dell’estetica e del sentimento mariano del Barocco è il carmelitano Andrea Mastelloni (†1722) che nei suoi scritti dedicati alla Vergine (sono commenti all’Annunciazione e alla Visitazione e lezioni sulle litanie) abbonda di superlativi verso di Lei (supersublime Altezza, eccelsa Signora), mostrando come in Maria convergono tutte le virtù degli altri santi. Inoltre nella sua opera Il mistero del Corpo di Gesù Cristo del 1710, Mastelloni stabilisce un legame alquanto discutibile tra Maria e l’Eucaristia affermando che la Madre avrebbe dato al Figlio il consenso (dipendente dall’Incarnazione) all’istituzione dell’Eucaristia. Di poco posteriore a Mastelloni si colloca S. Francesco Antonio Fasani (†1742), francescano pugliese che prosegue nel genere letterario del Mariale componendone due: uno sul Cantico dei cantici ed uno sulla simbolica della nuvoletta di I Re 18,44. Anche qui l’oratoria barocca e l’assemblaggio di citazioni e titoli mariani appartenenti a diversi autori (ben 307 contando anche quelli contenute nelle sue Novene: sette per ogni festa mariana!) concorrono a rendere pittoresca l’esposizione tesa all’edificazione del credente. C’è da osservare che le oscillazioni teologico-dottrinali presenti in Mastelloni, oppure le accensioni stilistiche del Fasani, tipiche del Barocco, concorrono decisamente ad un trionfalismo e ad una magniloquenza di celebrazioni e riti ai quali corrisponde un pronunciato massimalismo della predicazione del tempo che abbonda in aggettivi e figurazioni già prodotti nel Medioevo ed ora ampliati e ingigantiti. In tali predicazioni mariane (funzionali anche per un discorso missionario) dominano l’allegoria e la predilezione per le citazioni classiche, patristiche e medievali atte a conferire solidità all’illustrazione di una determinata virtù della Madre di Dio. I predicatori sono sovente persone colte, ma non sempre portati alla semplicità di eloquio.

    La successiva epoca del trionfo della ragione influisce nei termini della moderazione e dell’equilibrio sulla devozione a Maria: essi sono prodotti dallo spirito critico tipico del periodo e che, se da un lato, produceva rilevanti opere di pensiero (L’Enciclopédie, e le tre critiche kantiane), per altro verso, additava i sentieri dell’emancipazione delle classi meno abbienti. Non meno importante appare anche lo studio degli stessi testi sacri: la Bibbia inizia ad esser sottoposta ad un’esegesi di tipo razionale e, parallelamente, si rimprovera l’incoerenza tra una religiosità di facciata ed una cattiveria nella sostanza di certi cristiani. È chiaro che ciò si traduce all’atto pratico in una decisa condanna ed allontanamento dalla superstizione favorendo a poco a poco una maggiore partecipazione del popolo ai riti. Rappresentante della cultura italiana post-barocca ed illuminista è il modenese Ludovico Antonio Muratori († 1750) che nella Regolata divozion de’ cristiani, pubblicata tre anni prima della morte, precisa il ruolo di Maria lontano da ogni massimalismo e minimalismo in forza di un uso molto attento della Scrittura. Senz’altro – egli osserva – è necessario renderle un onore superiore ai santi, ma non inficiata da ogni eccesso e abuso che conduca ad attribuire a Maria qualcosa in più rispetto a Cristo. Le posizioni di Muratori sono in forte opposizione alla superstizione tout court (egli condanna la devozione che porta a ritenere nelle icone mariane dette di S. Luca un reale, seppur in forma spirituale, abitare di Maria, come anche le medaglie e i distintivi vari allora in uso), e la sua impostazione che privilegia il tema dell’intercessione, distingue il tipo di mediazione di Maria da quella di Cristo. Altro aspetto sottolineato dal Muratori, nel Rerum italicarum scriptores, è la fondazione di ospizi, ospedali ed orfanatrofi in onore di Maria che ne diviene protettrice. In tal senso il binomio devozione-opera caritativa ed assistenziale mantiene la sua incisività all’interno della società, compito che, abbiamo detto, viene svolto dalle confraternite. Muratori tuttavia non è il solo a criticare lo scadimento della devozione mariana: immerso nel secolo XVIII troviamo l’abate calabrese Leoluca Rolli (†1777) che opera una serrata presa di posizione contro tutto ciò che in qualche modo poteva suonare inappropriato nei confronti di Maria come, ad esempio, alcuni titoli delle litanie allora in uso. Di ciò se ne fa eco nell’opera edita nel 1773, Novello progetto, o sia Dissertazione del buon uso delle litanie, ed altre preghiere, particolarmente avversata da diversi scrittori (Cordopatri, Crocenti, Grano…).

    Sempre in questo secolo in cui la fede e la dimensione trascendente vengono sottoposte al vaglio della ragione, a Roma accade un evento che diverrà una delle note più importanti e addirittura distintive della devozione mariana locale: un uomo assalito dai cani lungo la via Ardeatina si rivolge ad un’icona della Madre di Dio e in modo prodigioso i cani si allontanano. Da quell’evento si origina l’erezione del Santuario della Madonna del Divino Amore che si colloca nel decennio 1740-1750 divenendo per antonomasia il luogo del pellegrino romano. A testimonianza di ciò, il popolo finisce per coniare l’espressione ingenua e, al contempo, immediata: “la Madonna del Divino Amore fa la grazia a tutte l’ore”. Santuario che, nel corso del tempo, avrà un ruolo non trascurabile per la città al di là del fatto puramente religioso.

    Intanto prosegue l’affermazione e la diffusione della pratica del Mese mariano attraverso una serie di pubblicazioni che ne regolano lo svolgimento. Fra essi spicca il gesuita Alfonso Muzzarelli (†1813) il quale, a Ferrara nel 1785, pubblica ed invia ai vescovi italiani il Mese di maggio teso a fissare le regole della celebrazione di questa pia pratica con notevole flessibilità riguardo ai diversi stati della vita. In questo libretto, caratterizzato da uno stile semplice sono proposti ogni giorno: una breve meditazione su una verità di fede, l’applicazione pratica, un proposito (fioretto) una giaculatoria ed un canto mariano conclusivo. Ne deriva, come osserva S. De Fiores una devozione “presentata in funzione della vita cristiana: se essa è molto potente, dolce e tenera, è anche utile e necessaria per convertirsi e perseverare nella santità” (S. De Fiores, Maria. Sintesi di valori, 274).

    La figura di maggior prestigio di questo periodo è senza dubbio S. Alfonso M. de’ Liguori (†1787) autore di quello che è stato definito il best seller della devozione di ogni tempo, ossia Le glorie di Maria in due volumi pubblicati nel 1750. Si tratta di un testo molto composito in cui abbondano figurazioni e racconti a volte inverosimili utilizzati per trarre un significato di natura morale che mostri la singolarità creaturale della Vergine ed il suo ruolo nell’historia salutis. Lo spirito di S. Alfonso non è più trionfalistico, barocco, infatti l’orma critica dell’Illuminismo lo conduce a spiegare i titoli e a rispettare la superiorità di Cristo sulla Vergine. A ciò si aggiunga il profondo senso pastorale che anima quest’opera diretta alle comunità ecclesiali e ai pastori che, grazie a questo scritto, avevano un prezioso strumento per rafforzare la pietà mariana.

    Fonti e Bibl. essenziale

    Per uno studio sulla pietà, sul culto e la teologia mariane è imprescindibile l’uso di alcuni strumenti: la consultazione della Bibliografia mariana curata dalla Pontificia Facoltà Teologica «Marianum», da G.M. Besutti a partire dal 1948 e continuata da E. M. Toniolo e da S. M. Danieli. Attualmente tale Bibliografia mariana consta di 15 volumi fino al 2013, nonché i volumi dei Simposi Mariologici Internazionali (SIM) organizzati dalla Pontificia Facoltà «Marianum» a scadenza biennale dal 1976 (attualmente consta di 20 volumi fino al 2015, è in stampa il 21° del 2017 ed è in via di organizzazione il 22° SIM che avrà luogo nel 2019). A ciò si aggiunge la pubblicazione annuale della rivista Marianum organo della Pontificia Facoltà «Marianum».  Dizionari e repertori: G. M. Roschini, Dizionario di Mariologia, Roma 1961; S. De Fiores-S. M. Meo (a cura di), Nuovo Dizionario di Mariologia, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1986; S. De Fiores, Maria. Nuovissimo Dizionario, Dehoniane, Bologna 2006-2008, 3 voll.; S. De Fiores-V. Ferrari-Schiefer-S. Perrella (a cura di), Mariologia, S. Paolo, Cinisello Balsamo 2009; Aa.Vv., Testi mariani del II millennio, Città Nuova, Roma 1996-2012, 8 voll. Documenti ecclesiali: per i documenti ecclesiali ci siamo serviti dei seguenti strumenti: Enchiridion Vaticanum, Dehoniane, Bologna 1981, voll. 1ss.; H. Denzinger-P. Hünermann (a cura di), Enchiridion Symbolorum definitionum ac declarationum de rebus fidei et morum, Dehoniane, Bologna 1995; Pontificia Academia Mariana Internationalis, La Madre del Signore. Memoria – presenza – speranza, Città del Vaticano 2000. Monografie a carattere generale: S. De Fiores-S. Epis-G.Amorth (a cura di), La consacrazione dell’Italia a Maria. Teologia, storia e cronaca, Ed. Paoline, Roma 1983; E. Cattaneo, Il culto cristiano in Occidente, CLV, Roma 1984; P. Borzomati, La fiducia nella Madre di Dio elemento permanente della spiritualità italiana, in La Madonna 32 (1984), 5-6,75-85; L. Gambero, Culto, S. De Fiores-S. M. Meo (a cura di), Nuovo Dizionario di Mariologia, cit., 425-43; J. Castellano Cervera, Religiosità popolare mariana, in Credere Oggi 49 (1/1989), 93-109; S. Gaspari, Maria nella Liturgia, Dehoniane, Roma 1993; V. Bo, Maria nella pietà popolare, in Theotokos 1 (1993), 227-31; M.M. Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, Ed. Monfortane, Roma 1993; S. De Fiores, Italia, in Maria. Nuovissimo Dizionario, Dehoniane, Bologna 2008, vol. II, 992-1055. Studi di storia della mariologia relative al periodo esaminato: E. Dal Covolo-A. Serra (a cura di), Storia della Mariologia, vol. 1. Dal modello biblico al modello letterario, Marianum-Città Nuova, Roma 2009; E. Boaga-L. Gambero (a cura di), Storia della Mariologia, vol. 2. Dal modello letterario europeo al modello manualistico, Marianum-Città Nuova, Roma 2012; la rivista Theotokos (organo dell’Associazione Mariologica Interdisciplinare) ha curato a partire dal 2001 fino al 2013 una serie di numeri monografici dedicati alla Mariologia patristica e medievale: vi figurano diversi studi su temi italiani; G. M. Roschini, I Servi di Maria e l’Immacolata, in Studi storici OSM 6 (1954) 29-182; G. Molinari (a cura di), Antologia dello Scapolare, Roma 2001; S. Cecchin (a cura di), Contemplare Cristo con Maria. Atti della Giornata di Studio sulla Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariæ di Giovanni Paolo II (Roma 3 maggio 2003), PAMI, Città del Vaticano 2003; Id., L’Immacolata Concezione. Breve storia del dogma, PAMI, Città del Vaticano 2003; Id. (a cura di), La “Scuola francescana” e l’Immacolata Concezione. Atti del Congresso mariologico francescano. S. Maria degli Angeli – Assisi 4-8 dicembre 2003, Pami, Città del Vaticano 2005; S. De Fiores, L’immagine di Maria dal Concilio di Trento al Vaticano II (1563-1965), in E. M. Toniolo (a cura di), La Vergine Maria dal Rinascimento a oggi, Centro di Cultura mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1999, 9-62; C. Maggioni, La Tuttasanta nelle testimonianze liturgiche, in F. Lepore (a cura di), L’Immacolata segno della bellezza e dell’amore di Dio, PAMI, Roma 2005, 31-64; E. Simi Varanelli, Maria l’Immacolata. La rappresentazione nel Medioevo, De Luca Editori d’Arte, Roma 2008; L. M. Di Girolamo, Maria nelle sacre rappresentazioni medievali, in Theotokos 21 (2013), 2, 273-300; Id., Un monumento della mariologia barocca. La “Gierarchia” di Giovanni Battista Guarini, in Theotokos 23 (2015), 2, 97-131; Id., Maria nel teatro religioso tra XVI e XVIII secolo, in Theotokos 24 (2016), 1, 9-58. G. Grosso (a cura di), B. Leersio Leggende mariane. Esempi e miracoli alle origini del Carmelo, Ed. Ancora, Milano 2015; F. Lovison, Spunti per una ricerca mariana nell’età dei Lumi, in Theotokos 24 (2016) 2, 17-48; C. G. Aiosa, Una nobiltà intrisa di devozione e spiritualità mariana nel Settecento, in Theotokos 25 (2017) 2, 13-82; P. Sorci, Ludovico Antonio Muratori e la «Regolata devozione», in Theotokos 25 (2017) 2, 117-136; A. Donato, La presenza di Maria negli scritti di s. Alfonso M. De Liguori, in Theotokos 25 (2017) 2, 137-161. È inoltre uscito il fascicolo I del 2018 della rivista Theotokos (dell’AMI) dedicato alla prima fase del secolo XIX.

    Immagini: 1) Museo diocesano di Pienza la Madonna della Misericordia e i Santi Sebastiano e Bernardino di Siena, dipinto su tavola attribuito a Luca Signorelli (Cortona 1445/50-1523) risalente al 1490 circa; 2) Madonna della Ghiara a Reggio Emilia Giovanni Bianchi, detto il Bertone risalente al 1573; 3) Incoronazione della Vergine nel frontone del Duomo di Orvieto; 4) Assunzione di Maria di Maestro di Cesi (1308).

    Sitografia a carattere mariologico: www.pami.info (Sito della Pontificia Academia Mariana Internationalis); www.amiroma.it (Sito dell’Associazione Mariologica Interdisciplinare Italiana contenente anche link di bibliografia mariana); www.marianum.it (Sito della Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” dei Servi di Maria); www.culturamariana.com (Sito del Centro Mariano curato dal prof. E. M. Toniolo); www.lathetokos.it (Sito di Mariologia molto ricco curato dal prof. A. Grasso).