Antigesuitismo – vol. II

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    Autore: Sabina Pavone

    Nella seconda metà dell’Ottocento l’antigesuitismo fu legato soprattutto a una identificazione della Compagnia di Gesù con la parte più retriva e conservatrice della Chiesa di Roma. Vincenzo Gioberti con Il Gesuita moderno (1847) ne cristallizzò definitivamente l’immagine ma in Italia non fu certo l’unico a esprimere posizioni antigesuitiche. Negli anni Cinquanta del secolo il principale detrattore dell’ordine fu il filosofo Bertrando Spaventa, autore di una serie di articoli che ebbero come principale bersaglio la Civiltà Cattolica, organo ufficiale della Compagnia di Gesù. Tali articoli – poi raccolti in volume nel 1911 da Giovanni Gentile con il titolo La politica dei gesuiti nel XVI e XIX secolo – uscirono anonimi sul Cimento e poi sul Piemonte (su quest’ultimo giornale il filosofo aveva una rubrica dal titolo «I sabbati dei gesuiti»). Spaventa – con stile caustico e polemico – propugnava una visione laica dello Stato; i gesuiti erano visti come coloro che svalutavano in massimo grado l’essere umano che per loro non aveva «valore come uomo, come pensiero e ragione, come cittadino di uno Stato, come figlio di una nazione […] ma come membro della Chiesa» (Teocrazia o papocrazia?, in Cimento, 31 agosto 1855). In tal modo, a suo dire, lo stesso divino veniva sminuito e si rischiava di avviarsi a un bieco «materialismo religioso». Egli sottolineava inoltre un distacco fra antichi e nuovi gesuiti: laddove i primi, per combattere contro il desiderio d’indipendenza degli Stati dalla Chiesa, avevano enunciato il principio della doppia potestas, per la quale il monarca aveva un potere indiretto, di tipo contrattuale (il riferimento è a Bellarmino, Suarez, Mariana), i secondi si ritrovavano invece a sostenere i cascami delle monarchie assolute. I gesuiti insomma, si presentavano tutti dediti agli affari spirituali quando invece le loro azioni erano imbevute di politica e da questa dirette.

    D’altronde la politica in quegli anni ebbe un’immediata ricaduta sul destino di alcuni ordini religiosi: sin dal 1859 l’antigesuitismo in Italia aveva colpito soprattutto la struttura educativa dell’ordine e molti collegi erano già stati soppressi; la legge del 7 luglio 1866 sulla soppressione delle congregazioni religiose indebolì ulteriormente la Compagnia di Gesù, rimasta indenne solo nello Stato pontificio. Peraltro, le difficili condizioni di esistenza all’interno della penisola alimentarono l’emigrazione all’estero e il rafforzamento delle missioni extra europee, dall’Asia alle Americhe.

    Nella seconda metà dell’Ottocento l’antigesuitismo scivolò anche su un piano letterario: il romanzo di Giuseppe Garibaldi I mille (1874) con protagonista un’anima nera come quella del gesuita monsignor Corvo, rimase un tentativo mal riuscito di scrittura anticlericale; diversamente, Le confessioni di un italiano di Ippolito Nievo (scritto nel 1858 ma pubblicato postumo), tratteggiando la figura dell’intrigante abate Pendola, contribuirono con il loro successo alla definizione dell’immagine del gesuita furbo, ambizioso e legato a un passato ormai in via di estinzione.

    Un discorso a parte merita l’attenzione rivolta ai gesuiti da Antonio Gramsci nei Quaderni dal carcere. Per Gramsci la Chiesa cattolica aveva avuto, unica in Italia, la capacità di stabilire un rapporto tra «intellettuali e semplici» e i gesuiti erano stati i principali «artefici di questo equilibrio». Per conservarlo essi avevano «impresso alla Chiesa un movimento progressivo che tende a dare soddisfazione alle esigenze della scienza e della filosofia, ma con ritmo così lento e metodico che le mutazioni non sono percepite dalla massa dei semplici, sebbene esse appaiano rivoluzionarie e demagogiche agli integralisti» (Quaderni, p. 1381). Gesuiti, integrali (capeggiati da mons. Benigni) e modernisti erano per Gramsci le tre tendenze «organiche» che si contendevano l’egemonia all’interno della Chiesa cattolica. La lotta al modernismo da parte degli integrali aveva portato sotto Pio X a un eccessivo squilibrio verso destra e papa Pio XI – «vero papa dei gesuiti» – intendeva ora riequilibrare al centro la situazione, facendo perno proprio sulla Compagnia di Gesù. Di fatto però l’intenzione della Chiesa e dei gesuiti non era quella di elevare i semplici ma di lasciarli a uno stadio di minorità. Da un punto di vista letterario massima espressione di un atteggiamento paternalistico, deciso a tenere le masse in uno stato di sudditanza rispetto all’ordine costituito erano stati romanzi come L’ebreo di Verona del padre Antonio Bresciani (1798-1862), per Gramsci a tal punto responsabile di un clima culturale reazionario da fargli coniare la categoria di «brescianesimo». Sorprende d’altro canto come Gramsci, pur penetrante nella sua analisi sulle correnti interne alla Chiesa, mostrasse però di credere a uno dei più classici topoi della letteratura antigesuita (specie, ma non solo, di quella francese): l’esistenza di «gesuiti laici» (in francese jésuites de robe courte) che agivano all’interno della società, pur essendo segretamente affiliati all’ordine, con il fine di favorirne gli obiettivi.

    Sulla scia di un antigesuitismo interno alla Compagnia sin dal Cinquecento – e che nel Novecento si era rinvigorito con la stampa della Historia interna documentada de la Compañía de Jesús (pubblicata postuma nel 1913 e messa all’Indice nel 1923) di Miguel Mir y Noguera – alla metà del XX secolo fece scalpore in Italia il caso del padre Alighiero Tondi, dimessosi dalla Compagnia ed entrato di lì a poco nel Partito comunista italiano. Tondi pubblicò un pamphlet dal titolo La potenza segreta dei gesuiti (1953) nel quale accusò gli ex confratelli di «vaticanismo» e di essere dediti agli affari politici anziché a quelli spirituali. Egli non si limitò ad accuse generiche ma – partendo soprattutto dai suoi contatti interni alla Compagnia – rivelò l’esistenza di una centrale spionistica antibolscevica legata al collegio Russicum di Roma. Inoltre, prendendo a testimonianza una serie di articoli apparsi sulla Civiltà Cattolica, definì ampi strati della Compagnia collusi con il fascismo, il franchismo e il nazismo. Che Civiltà Cattolica fosse stata sin dalle origini impregnata di antisemitismo lo confermano una serie di studi recenti fra cui anche la Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983) dello storico gesuita Giacomo Martina.

    In forme più o meno radicali, almeno fino alla metà del Novecento l’antigesuitismo è stato connaturato a una certa cultura laica italiana, investendo tanto il terreno politico quanto quello più propriamente letterario. Va citato, per concludere, il romanzo di Furio Monicelli – Il gesuita perfetto (1960, ripubblicato nel 1999 con il titolo Lacrime impure e trasposto in film da Saverio Costanzo nel 2006 con il titolo In memoria di me) – dal carattere assai più intimistico (narra infatti dell’esperienza di un giovane novizio e della sua lenta consapevolezza di non essere portato per la vita religiosa) nel quale ritroviamo però una descrizione della gerarchia interna, della durezza dei superiori e dell’obbedienza richiesta assai simile a quella riportata in uno dei più noti pamphlet antigesuiti, i Monita secreta Societatis Iesu (1614). In un passo il rettore del collegio, invitando fratel Zanna a comportamenti più consoni allo spirito di obbedienza ignaziano, gli ricordava che «con le sue osservazioni di ieri, tu venivi a insinuare che la prassi della Compagnia rispecchia almeno in parte e in modo evidente le teorie di [quel] libello, quasi che i Monita secreta siano una caricatura del senso vero di cui è penetrata ogni parola delle sante Costituzioni ignaziane». Un esempio letterario e concreto – poiché autobiografico – della pervasività in pieno Novecento di un certo immaginario antigesuitico tanto all’esterno quanto all’interno dell’ordine.

    Fonti e Bibl. Essenziale

    G. Cubbitt, The Jesuit Myth. Conspiracy Theory and Politics in Nineteenth-Century France, Clarendon Press, Oxford 1993; P.-A. Fabre – C. Maire (sous la dir. de ), Les antijésuites, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2011; L. Malusa, Gioberti, Vincenzo, in Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da A. Prosperi, Edizioni della Normale, Pisa 2010, t. II, 691-693; G. Martina, Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983), Morcelliana, Brescia 2003; C.E. O’ Neill, Antijesuitismo, in C.E. O’ Neill – J.M. Dominguez (a cura di), Diccionario histórico de la Compañìa de Jésus, I, Institutum Historicum S. I.- Universidad Pontificia Comillas, Roma-Madrid 2001, I, 178-189; S. Pavone, El antijesuitismo, la antigua y la nueva Compañía de Jesús. Nuevas perspectivas de investigación, in S. Monreal, S. Pavone, G. Zermeño (coord.), Antijesuitismo y Filiojesuitismo: dos identidades ante la restauración, Ciudad del Mexico 2014.


    LEMMARIO