Architettura – vol. I

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    Autore: Giovanni Liccardo1

    Presto anche per i cristiani si rese inevitabile la costruzione di un edificio destinato alle manifestazioni del rituale liturgico. Per quanto riguarda l’età più antica, le fonti offrono elementi generici e contraddittori; nei vangeli di Marco (14, 15) e di Luca (22, 12) si fa allusione ad un “cenacolo” dove si riunirono inizialmente gli apostoli (Atti 1, 13-14), mentre Paolo accenna alle stanze della casa di Aquila e Prisca (Rm 16, 5 e 1 Cor 16, 19). Queste ecclesiae domesticae sono segnalate anche da Giustino alla metà del II secolo (1 Apologia, 65-67); Minucio Felice impiega il termine sacraria per indicare i luoghi dove avvenivano le cerimonie (Ottavio, 9, 1 e 10, 2). I cenni dei testi si riferiscono certamente a locali privati, più o meno predisposti; questi ambienti servivano comunità di piccole dimensioni, ma dal III secolo con le esigenze di un’organizzazione sempre più articolata, si stabilì l’impiego costante di alcuni edifici, le domus ecclesiae (uno degli esempi superstiti è a Dura Europos, in Siria). In questo periodo prevale una diversità terminologica: ecclesia, basilica, aula, aula regia; la discriminante non è sempre chiara e alcuni autori distinguono ecclesia e basilica; Gregorio di Tours, ad esempio, nel VI secolo chiama basilica l’edificio di culto ricavato nel cimitero, ecclesia la chiesa del vescovo in città. All’indomani del provvedimento costantiniano si avvia, invece, la grande fioritura degli edifici di culto. Nell’ambito dell’architettura ecclesiastica sono da ascrivere anche i cosiddetti centri di formazione del clero (collegi ecclesia­stici, seminari, facoltà teologiche, ecc) e i luoghi di ritiro (come le abbazie, i monasteri, conventi).

    Evoluzione e primo sviluppo edificativi. La basilica è certamente l’edificio esemplare della religione cristiana, determinata dalle necessità liturgiche e dall’esigenza di un ambiente in cui tutti i fedeli potessero riunirsi e partecipare ai riti. Sull’origine della basilica sono state avanzate diverse teorie, delle quali oggi si accetta quella che ne riconosce l’indiscussa novità nell’elaborazione profonda di modelli architettonici preesistenti, innanzitutto di quelli relativi alle strutture imperiali romane (palazzi, ville, terme, basiliche forensi). La prima forma di basilica a semplice sala rettangolare allungata, con struttura muraria continua e volta a concrezione, si accrebbe successivamente di colonnati paralleli all’interno e di absidi nelle parti terminali.2

    Tra le prime basiliche di Roma fu quella sorta sulla tomba di S. Pietro, a cinque navate, con transetto e ampio atrio (ricostruita nel Rinascimento) e S. Paolo fuori le Mura (rimaneggiata dopo l’incendio del 1823). Al IV secolo risalgono anche le basiliche di S. Giovanni in Laterano, S. Lorenzo, S. Agnese sulla Via Nomentana e altre, tutte trasformate o ricostruite nel corso dei secoli. Quelle che meglio preservano i primitivi caratteri sono le chiese di S. Maria Maggiore e di S. Sabina, entrambe costruite verso la metà del V secolo. Costantino fece costruire basiliche anche a Capua e a Napoli, mentre a Cimitile (Nola) è lo straordinario complesso basilicale sorto intorno alla tomba di S. Felice per l’opera di Paolino di Nola. Anche Ravenna fu un centro di primaria importanza; tra le basiliche più importanti sono S. Apollinare Nuovo, costruita da Teodorico, ma oggi molto rimaneggiata, e S. Apollinare in Classe, consacrata nel 549. Seguirono in modo sostanziale i modelli costruttivi di Ravenna le basiliche di S. Maria a Pomposa e di S. Maria delle Grazie a Grado, tutte edificate tra il VI-VII secolo. Viceversa, ai primi decenni del IV secolo risalgono le aule teodoriane di Aquileia e forse anche la basilica di S. Salvatore a Spoleto, che della costruzione primitiva conserva solo la parte absidale con alcune colonne. Per Milano, infine, si registrano la basilica di S. Maria (eretta nella prima metà del IV secolo), e di poco successiva la grande costruzione a cinque navate dedicata al Salvatore e detta poi di S. Tecla.

    Accanto alle basiliche a sviluppo longitudinale non mancarono edifici a pianta centrale, adibiti a battistero, a mausoleo, a martyrium, con struttura interna ripresa dallo schema di architetture imperiali o orientali (battistero napoletano di S. Giovanni in Fonte), molte volte con nicchie e ambulacro a colonne (mausoleo di S. Costanza a Roma, chiesa di S. Lorenzo a Milano, basiliche rotonde di S. Stefano a Roma e di S. Angelo a Perugina); questi edifici, tra l’altro, pur facendo riferimento a temi orientali, li negano utilizzando materiali possenti come le strutture murarie, a differenza dell’oriente che legava gli ambienti attraverso effetti cromatici e creava spesso un’architettura illusoria con la stesura di materiali facilitanti la fluidità di un ambiente dentro l’altro.3

    Dal romanico al gotico. A cavallo dei secoli X-XI l’immobilismo circoscritto altomedievale esaurì il suo ciclo: un impulso creativo di uguale intensità e di analogo carattere sorse e si affermò ovunque in Europa dalla Normandia alla Sicilia, determi­nando un’indubbia rinascita artistica. L’architettura romanica è arte di chiese, anche se le poche testimonianze degli edifici civili di questi due secoli non dimostrano ancora una coerente qualità strut­turale. Nelle campagne e nei borghi gli ordini monastici rinnovano e costrui­scono ex novo abbazie attraverso elargizioni di re e di feudatari; nelle città sempre più vive e organizzate, all’attività edilizia del ve­scovo si affianca in gara quella della comunità, né mancano donativi di re e di conti alle erigende chiese cittadine. Nell’arte romanica la pietra è il mezzo vivo con cui si edifica e il peso è la componente che più carat­terizza l’edificio religioso; in nessun tempo dell’arte cristiana, infatti, l’uo­mo ha proiettato tanto tangibilmente la sua realtà fisica nella chiesa, sotto­ponendo la materia-peso, come l’anima fa per il corpo, ad una disciplina che la controlla perché abbia valore entro i suoi limiti e il suo posto nell’ordine voluto da Dio. In nessun’altra attività di questo tempo si può trovare un prin­cipio coordinatore della materia, sia es­sa umana o concettuale o legislativa o letteraria, così efficace, coerente e com­piuta, pur nella sua varietà tipologica, quanto quello che presiede l’arte dell’edificare. La chiesa è un raggiungimento e una necessità al di sopra di ogni differenza di condi­zione. Essa rappresenta la rude forza del popolo, la saggezza dell’abate, la maestà del vescovo e del conte fedelmente unite. L’equilibrio fra gli uo­mini è raggiunto ora e qui: luogo d’incontro nella preghiera, severo tribunale delle anime dove siede in eterno Cristo giudice, rifugio e fortezza con­tro ogni pericolo esterno che il Mali­gno tenacemente materializza ai suoi fini.

    La più importante scuola romanica in Italia fu quella lombarda: oltre al prototipo milanese di S. Ambrogio, si ricordano le chiese pavesi di S. Michele e S. Pietro in Ciel d’Oro, quelle comasche di S. Abbondio e S. Fedele. A cavallo dei secoli XII-XIII le chiese cistercensi (Chiaravalle Milanese, Cerreto Lodigiano) e i broletti comunali (Milano, Pavia, Como, Brescia) pongono invece le premesse dell’architettura gotica lombarda. Altri regioni notevoli impianti sono rappresentati dal Duomo di Parma e dal Duomo di Modena, dagli edifici che compongono la piazza dei Miracoli a Pisa (la cattedrale, il campanile, il battistero e il camposanto), la basilica di S. Miniato al Monte e il battistero di S. Giovanni a Firenze, la Basilica di S. Marco a Venezia. Elementi distintivi ebbe anche il romanico pugliese, che si manifestò con la traduzione di un linguaggio architettonico composto da diversi elementi culturali provenienti per lo più dall’Oriente adattati al gusto occidentale, e si diffonde l’uso di includere le cupole all’interno di tiburi piramidali, rivestiti all’esterno da elementi strutturali messi di taglio. Le cupole sono inserite sull’asse principale dell’edificio di culto ad una o tre navate, dove quelle laterali sono spesso coperte da volte a mezza botte che hanno la funzione di contraffortare il peso delle cupole stesse, come mostrano la chiesa di Santa Maria di Siponto, la chiesa di Santa Maria a Mare di San Nicola alle Tremiti, la cattedrale di Otranto, quella di Bari, quella di Troia e la straordinaria cattedrale di Trani: tutti edifici accomunati da uno slancio ascetico e spirituale che si riflette nella essenzialità delle forme e nella assenza di orpelli decorativi.4

    L’architettura gotica, partendo dalle premesse definite nell’età pre­cedente, arrivò alla formulazione coe­rente di uno stile unitario con vastissi­mo raggio d’azione nel tempo e nello spazio. La cattedrale gotica è un mon­do costruito, scolpito, dipinto, dove il divino e l’umano si fondono, dove le tre arti divengono ben presto inscin­dibilmente unite e valori plastici, pitto­rici, linearistici concorrono a rendere lo spazio sempre più indefinito offrendo al fedele non un ambiente di pura con­templazione, ma piuttosto di stimolo a perenne ascesi nel dinamico fremito verso l’alto, nella tensione che sublima la materia. In Italia le costruzioni gotiche mantengono l’equilibrio tra altezza e larghezza, la sobrietà e l’essenzialità nelle decorazioni. Accanto alle cattedrali, i cui cantieri di costruzione si mantengono spesso per lunghi periodi nel cuore della città, vanno considerate anche le architetture monastiche. Mentre l’ordine dei Cister­censi elabora ancora nelle campagne una sintassi architettonica semplificata al massimo, i nuovi ordini religiosi france­scani e domenicani partecipano alla rinnovata vita cittadina. Essi edificano le loro chiese a monte e a valle dei cen­tri urbani, dove più fervida era l’opero­sità artigiana, quasi a stringere la città in un abbraccio protettivo; adottano metodi costruttivi gotici, pur mante­nendo come costante la chiarezza della pianta e la sua semplicità in armonia anche con le esigenze stilistiche locali. Esemplificazioni monumentali sono rappresentate dalla Basilica di San Francesco ad Assisi, la Basilica di Sant’Antonio a Padova, la Chiesa di San Francesco a Bologna, la Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, la Cattedrale di Siena, il Duomo di Orvieto.

    L’età moderna. Tra il ’400 e ’500, tempo di grande rinnovamento in ogni campo e nelle arti figurative prima di tutto, il fenomeno più interessante è la trasformazione e l’ampliamento di antiche fondazioni monastiche. Nelle antiche abbazie si innestano costruzioni che applicano nuove formule decorative agli schemi distributivi tradizionali. Così a Camaldoli, oltre le prime celle e il primo oratorio di S. Romualdo, si aggiungono le fabbriche per albergo, e, nel ’500, si rinnova la chiesa e si costruisce il chiostro. La semplicità fondamentale delle forme quattro­centesche si adatta all’espressione del tema religioso; così nel nuovo centro domenicano di S. Marco che l’arte di Michelozzo e del Beato Angelico compone e anima; così negli annessi della chiesa di S. Maddalena de’ Pazzi con l’arte di Giuliano da Sangallo. In altre regioni, dove più forte è la tradizione de­corativa, gli edifici religiosi si ornano di intagli e di colore, sia nelle terrecotte, sia negli intarsi marmorei.

    Viceversa, ai moduli della nuova concezione architettonica si rifanno le chiese fatte erigere dal cardinale Carlo Borromeo di Milano, che diverranno i modelli dell’architettura della controriforma. Questi edifici mantengono la tradizionale pianta basilicale, un linguaggio classico negli alzati e la cupola all’incrocio del transetto. Questo modello si diffonde in tutta Europa e diventa quasi il linguaggio ufficiale del cattolicesimo, influenzando anche l’architettura dei paesi riformati, che però adottano inizialmente un linguaggio meno monumentale e talvolta con persistenze della tradizione gotica.5

    L’architettura ecclesiastica del Settecento ebbe come punto di partenza sia la tradizionale basilica longitudinale, sia la chiesa a pianta centrale del Rinascimento. La prima era preferita dal clero perché rispondeva all’esigenza controriformistica di uno spazio per la riunione dei fedeli; la seconda aveva il favore dei teorici dell’architettura in virtù della sua forma “perfetta”, in cui vedeva rappresentata l’astratta armonia del cosmo. Come risultato i due modelli mostrarono la tendenza a fondersi. Si sperimentarono soluzioni di compromesso soprattutto negli edifici di piccole dimensioni, che diedero luogo a piante centrali allungate dove gli elementi spaziali risultano reciprocamente interdipendenti, fattore che accentua la continuità della parete avvolgente. Esemplificative le opere del Bor­romini e in quelle che seguono la sua impronta, che svolgono in Roma il tema degli edifici religiosi, dalle riquadrate fronti dell’oratorio dei Filippini all’ala del convento di S. Carlino, dalla mole del collegio di Propaganda Fide alla rude orditura del convento di S. Maria dei Sette Dolori.

    Dal punto di vista funzionale le chiese ottocentesche rispettano la distinzione fra navata riservata ai fedeli e presbiterio con l’altare maggiore, mentre il coro di solito si sposta dietro l’altare; la sistemazione interna spinge la concentrazione dei fedeli verso il centro dell’altare. Infine, con il romanticismo l’architettura sacra conosce un grande sviluppo, riprendendo il linguaggio degli stili storici, dapprima con il neogotico e in seguito recuperando anche le altre epoche. Negli anni successivi l’edilizia delle chiese subirà l’influenza di quella più generale dell’architettura civile, ma non si stravolgono le funzioni tradizionali dell’edificio sacro.

    Fonti e Bibl. essenziale

    M. Braghi – A. Ferlenga (a cura di ),  Architettura del Novecento. I. Teorie, scuole, eventi, Einaudi, Torino 2012; C. Brandi, Disegno dell’architettura italiana, Einaudi, Torino 1985; C. de Seta, Architettura della fede in Italia, Bruno Mondadori, Milano 2003; O. Brandt, Battisteri oltre la pianta. Gli alzati di nove battisteri paleocristiani in Italia, PIAC, Città del Vaticano 2012; S. Dianich La Chiesa e le sue chiese, San Paolo, Druento (TO) 2009; V. Gatti, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione, EDB, Bologna 2001; J. Hani, Il simbolismo del tempio cristiano, Arkejos, Roma 1996; R. Krautheimer, Architettura paleocristiana e bizantina, Einaudi, Torino 1986; R. Krautheimer, Corpus Basilicarum Christianarum Romae. Le basiliche cristiane antiche di Roma dal sec. IV al IX, 5 voll., Città del Vaticano 1936-1980; M. Gargano, Forma e materia (“Ratiocinatio” e “fabrica” nell’architettura dell’età moderna), Officina Edizioni, Roma 2006; V. Giordano, Immagini e figure della metropoli, Mimesis, Milano 2013; G. Liccardo, Architettura e liturgia nella Chiesa antica, Skira, Milano-Ginevra 2005; C. Militello, Gli spazi della celebrazione rituale, Edizioni O.R., Milano 1984; M. Mirabella Roberti, Milano romana, Rusconi, Milano 1986; S. Tavano, Aquileia e Grado, Lint Editoriale Associati, Trieste 1986; A. Venditti, Architettura bizantina nell’Italia meridionale, 2 voll., SEI, Napoli 1967.

    Immagini:

    1) Cimitile (Nola), La tomba di San Felice nell’aula ad corpus (V secolo); 2) Pieve rurale di Bagnasco (IX secolo), nei pressi di Montafia (At); 3) Il rosone della chiesa di San Pietro (XIII secolo),Tuscania; 4) Orvieto, Il Duomo; 5) Treviso, Chiesa di San Nicolò.

    Sitografia:

    http://architetturapaleocristiana.blogspot.it/ (sito dedicato allo studio di tutte le più importanti architetture paleocristiane); http://biblio.sns.it/it/risorseonline (sito della Biblioteca della Scuola Normale di Pisa con l’elenco di risorse on line ad accesso libero); http://www.beniculturali.it/ (sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali); http://www.thais.it/architettura/romanica/indici/indxsog.htm (sito dedicato all’architettura romanica europea e italiana).


    LEMMARIO