Cattolicesimo liberale – vol. II

    image_pdfimage_print
    Autore: Fulvio De Giorgi

    Con la presa di Roma nel 1870 e con Quintino Sella, l’egemonia si spostò progressivamente su un laicismo massonico, che infine si espresse con vivacità nei governi della Sinistra storica. Del resto, i tentativi transigenti e conciliatoristi di Luigi Tosti (1887) e di mons. Geremia Bonomelli (1889) fallirono, per l’irrigidimento vaticano. Il nascente movimento cattolico organizzato (l’Opera dei Congressi) si attestava su posizioni intransigenti. Il cattolicesimo liberale non ebbe, da allora, mai più in Italia il grande ruolo storico che aveva avuto nella prima metà dell’Ottocento e fino al primo decennio post-unitario.

    Con lo sviluppo delle correnti democratiche, repubblicane, radicali e infine socialiste, il liberalismo si spostò sempre più a destra: in qualche modo, anzi, il liberalismo di sinistra e che tendeva ormai alla liberaldemocrazia (Zanardelli, Giolitti, Nitti) esibiva un’identità laica, se non anticlericale. Il cattolicesimo liberale divenne sempre più una corrente politica conservatrice di destra: dagli sfortunati tentativi di dar vita ad un partito conservatore nazionale (con il torinese Sclopis, il lombardo Stefano Jacini sr., il gruppo romano di casa Campello) fino alle iniziative editoriali (il giornale “Lega lombarda”) e politiche (l’Associazione per gli interessi pubblici Religione e Patria) di Carlo Cornaggia Medici, eletto in parlamento dal 1904, vicino a Sonnino e a Salandra, favorevole alla guerra di Libia.

    Un caso di grande valore culturale ma di relativa incidenza civile fu l’esperienza della rivista “Rassegna Nazionale” che coniugò un conservatorismo politico con un riformismo religioso. Essa rappresentò l’ideale passaggio alle nuove correnti primo-novecentesche, stimolate dal confronto con la giovane democrazia cristiana. Figure principali di questa transizione tra XIX e XX secolo furono due intellettuali – il giurista Contardo Ferrini e il romanziere di grande successo Antonio Fogazzaro, in cui confluivano rosminianesimo e cavourismo – e il sen. Tancredi Canonico, sensibile alla mistica di Towianski, molto più che i politici ‘gentilonizzati’ e clerico-moderati dell’età giolittiana.

    Il nuovo Cattolicesimo liberale. Nell’eccitante rigoglio culturale del primo Novecento, quando il modernismo rappresentò la più seria ripresa di ideali tanto di conciliazione tra cattolicesimo e civiltà moderna quanto di riforma cattolica, si ebbe l’avvio di un nuovo cattolicesimo liberale, più aperto e progressivo, che guardava con simpatia al murrismo e dunque si evolveva in senso liberaldemocratico. La figura principale fu quella di Tommaso Gallarati Scotti, ma si possono ricordare anche Alessandro Casati e Stefano Jacini jr. Sul piano spirituale ebbe molta influenza il barnabita Semeria. La rivista “Il Rinnovamento” raccolse molti di questi nuovi spiriti, valorizzando pure l’eredità risorgimentale.

    Costituendo un filone minoritario dell’interventismo democratico, questa sensibilità di liberalismo rinnovato giunse al primo dopoguerra, non confluì nel Partito Popolare e si trovò accanto a Gobetti, ad Amendola, a Parri nell’esprimere un netto antifascismo, coniugato ad un liberalismo di sinistra (mentre alcuni anziani cattolici liberal-conservatori, come Cornaggia Medici, diventavano clerico-fascisti). Assieme a Gallarati Scotti vanno ricordate le figure di Giacomo Noventa, di Novello Papafava, di Alessandro Passerin d’Entrèves. Variamente emarginate nel periodo fascista, queste figure riemersero nel periodo resistenziale.

    Nella Repubblica italiana. Costituitasi la Repubblica, con istituzioni democratiche, e affermatasi alla guida del governo italiano la Democrazia cristiana, come partito unitario dei cattolici, il cattolicesimo liberale praticamente scomparve come presenza politica, per quanto minoritaria e senza organizzazione unitaria. Ci furono, certo, alcuni membri autorevoli del Partito Liberale che nutrivano, nel privato della coscienza, una fede cattolica: il più importante di tutti fu Luigi Einaudi. Il vecchio fondatore del Partito Popolare, don Luigi Sturzo, tornato in Italia dall’esilio, espresse tesi liberiste di politica economica. All’interno della Democrazia Cristiana, mentre comune era la tensione anti-totalitaria e liberaldemocratica, vi furono pure esponenti di area moderata, sensibili alla tradizione risorgimental-rosminiana o favorevoli ad una politica liberista: ma né loro né Sturzo si possono propriamente considerare cattolici liberali.

    Sul piano delle elite culturali, una certa continuazione ideale del “nuovo cattolicesimo liberale” della prima metà del Novecento si ebbe sia nei cenacoli ex-azionisti e radicali (si veda la collaborazione di Arturo Carlo Jemolo a riviste come “Il Ponte” di Piero Calamandrei e “Il Mondo” di Mario Pannunzio) sia, soprattutto, in quel luogo di incontro tra intellettuali liberali di sinistra e cattolici ‘liberal’ (che cioè guardavano all’esperienza della cultura statunitense) che furono la rivista e l’editrice “Il Mulino” (dal 1951): Luigi Pedrazzi e, poi, Pietro Scoppola ed altri. Viva fu, in questi cenacoli, l’attenzione alla laicità delle istituzioni, all’autonomia delle scelte politiche, ai diritti civili. Negli anni ’70 molti di questi intellettuali sarebbero stati tra i promotori della Lega Democratica (1975-1987). Un particolare ambito intellettuale fu, poi, quello della storiografia. Alcuni storici si dedicarono cioè allo studio del cattolicesimo liberale italiano (dell’Ottocento, ma anche del primo Novecento e del modernismo) con atteggiamento simpatetico e, in forma diversa, con una identificazione ideale: Arturo Carlo Jemolo, Ettore Passerin d’Entrèves, Pietro Scoppola, Nicola Raponi, Francesco Traniello.

    Alla fine del XX secolo e nell’avvio del XXI, il superamento del sistema politico nato nel dopoguerra (con la fine dell’unità politica dei cattolici e della DC e con la nascita di nuovi partiti di centro-destra) ha fatto emergere piccole formazioni politiche che si sono rifatte al cattolicesimo liberale.

    Fonti e Bibl. essenziale

    O. Confessore, Conservatorismo politico e riformismo religioso. La «Rassegna Nazionale» dal 1898 al 1908, Bologna, Il Mulino, 1971; U. Gentiloni Silveri (a cura di), Cattolici e liberali. Manfredo da Passano e «La Rassegna Nazionale», Soveria M., Rubbettino, 2004; A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, Einaudi, 1949; E. Passerin d’Entrèves, Il cattolicesimo liberale in Europa e il movimento neoguelfo in Italia, in AA.VV., Nuove questioni di storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, Milano, Marzorati, 1961, vol. I, 565-606; N. Raponi, Cattolicesimo liberale e modernità. Figure e aspetti di storia della cultura dal Risorgimento all’età giolittiana, Brescia, Morcelliana, 2002; F. Traniello, Religione cattolica e Stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 2007.


    LEMMARIO