Colonialismo – vol. II

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    Autore: Giampaolo Malgeri

    Gli esordi dell’espansione coloniale italiana nell’ultimo ventennio del XIX secolo coincidono con una fase di particolare complessità dell’azione internazionale della Santa Sede, impegnata in un difficile processo di ridefinizione della propria azione internazionale all’indomani della perdita del potere temporale. In questo nuovo quadro gli orientamenti della Chiesa nei confronti della questione coloniale assunsero un particolare rilievo, investendo la questione centrale del ruolo universale della cattedra di Roma nel mondo e della sua azione missionaria. Lo sviluppo e l’estensione geografica di quest’ultima, infatti, pur procedendo, soprattutto, nella seconda metà dell’Ottocento, spesso in collegamento e sotto tutela dell’espansione coloniale europea, fu però ben lungi dall’identificarsi con essa. La sovrapposizione tra logiche coloniali e logiche missionarie trovava un netto limite non soltanto nella inconciliabilità, sul piano dei principi, tra la prospettiva universalistica propria della evangelizzazione e gli stringenti interessi nazionalistici delle potenze coloniali europee, ma altresì nella determinazione con cui la Chiesa cattolica si mostrava attenta a proteggere il proprio ruolo universale.

    In Italia il giudizio nei confronti della politica coloniale del governo di Roma era reso ancora più complesso dalla Questione romana e dai rapporti della Chiesa con lo Stato italiano. Nel periodo liberale, clero e mondo cattolico esprimevano infatti una diversificazione di posizioni pro e contro il colonialismo che riproduceva – a grandi linee – la contrapposizione tra conciliatoristi e intransigenti.

    In questo contesto, tuttavia, l’atteggiamento della Santa Sede fu attento a smarcarsi dalla polemica interna e a ricondurre il problema sul piano dei principi, evitando, in particolare, di riconoscere alle iniziative coloniali qualunque dimensione e fisionomia religiosa. In occasione della guerra di Libia, in particolare, di fronte all’enfasi nazionalistica che pervase anche una vasta componente del mondo cattolico e dell’episcopato, nel quadro di quel processo di riavvicinamento registrato nei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia nel corso del primo decennio del XX secolo, la Santa Sede fu ferma nel rivendicare con fermezza il ruolo universale della propria missione pastorale e la sua assoluta neutralità nel conflitto.

    Questo nuovo approccio al tema dell’evangelizzazione veniva ripreso da Pio XI, anch’egli sensibile all’esigenza di separare gli interessi nazionali e quelli della Chiesa cattolica, come affermato nell’enciclica Rerum Ecclesiae, del 28 febbraio 1926. Un obiettivo che il nuovo pontefice perseguì anche attraverso una strategia di forte accentramento romano degli organi di governo delle missioni cattoliche, allo scopo di affrancarle dai condizionamenti delle politiche degli Stati ed enfatizzare la dimensione sovranazionale della Chiesa e la sua posizione di neutralità.

    Anche nei confronti del colonialismo italiano Pio XI cercò di muoversi in coerenza con questa nuova prospettiva. Respinse nettamente, nel 1929, le pressioni del governo fascista per un coinvolgimento della Santa Sede nell’intensificazione del proselitismo cattolico in Eritrea funzionale ad un incremento dell’influenza italiana nell’area e cominciò, anzi, a promuovere una strategia di dialogo con la locale Chiesa copta, procedendo alla nomina di un vescovo autoctono, mons. Chidanè-Mariam Cassa, ad ordinario dei cattolici di rito etiopico dell’Eritrea

    Di fronte allo scoppio della guerra d’Etiopia il pontefice apparve preoccupato per le negative ricadute che la vicenda poteva produrre sulla nuova strategia missionaria della Santa Sede. Mentre la gran parte del clero e del mondo cattolico italiano, ormai pienamente riconciliati con lo Stato nazionale, si schierarono in maniera piuttosto compatta a sostegno dell’impresa fascista, Pio XI, mosso dalla preoccupazione di tutelare il ruolo universale della Chiesa cattolica, si pronunciò in modo critico verso la guerra. Il pontefice sottolineò, in particolare, la necessità di evitare un approfondimento della frattura che divideva già il mondo occidentale dai cosiddetti “popoli di colore”, una frattura che egli giudicava nefasta per l’opera di evangelizzazione cattolica nel mondo.

    Ma ormai un’epoca si veniva definitivamente chiudendo. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale l’Italia perdeva per sempre i propri domini africani, mentre su un piano più generale tutto il sistema coloniale europeo iniziava un processo di rapido sfaldamento, con effetti importanti sul ruolo della Chiesa. La decolonizzazione politica dei Paesi extraeuropei si accompagnò, infatti, ad una chiara decolonizzazione dell’azione internazionale e missionaria della Chiesa, giungendo così a definitiva maturazione quel processo di distacco dal colonialismo che era in corso ormai da mezzo secolo. La Santa Sede si sganciava una volta per tutte dal rapporto preferenziale con la vecchia Europa, accelerava la costituzione di Chiese locali, esaltando sempre più il proprio ruolo universale e sopranazionale. Come dichiarò Pio XII nel radiomessaggio natalizio del 1945: “La Chiesa è (…) la madre di tutte le nazioni e di tutti i popoli (…) ella si presenta come uno scambio di vita e di energie tra tutti i membri del Corpo Mistico sulla terra”.

     Fonti e Bibl. essenziale

    A. Canavero, I cattolici di fronte al colonialismo, in A. De Boca (a cura di), Adua. Le ragioni di una sconfitta, Roma-Bari, Laterza, 1998, 91-114; L. Ceci, Il papa non deve parlare. Clera, fascismo e guerra d’Etiopia, Roma-Bari, Laterza, 2010; F. Fonzi, La presenza della Chiesa cattolica e dell’Italia in Africa e in Oriente nella seconda età dell’Ottocento, in Fonti e problemi della politica coloniale italiana. Atti del convegno Taormina-Messina, 23-29 ottobre 1989, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1996, vol. I, 438-463 A. Giovagnoli, Pio XII e la decolonizzazione, in A. Riccardi (a cura di), Pio XII, Roma-Bari, Laterza, 1984, 179-209; A. Giovagnoli, Il Vaticano di fronte al colonialismo fascista, in A. Del Boca (a cura di), Le guerre coloniali del fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1991, 112-131; G. Sale, Libia 1911. I cattolici, la Santa Sede e l’impresa coloniale italiana, Milano, Jaca Book, 2011.


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