Democrazia – vol. II

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    Autore: Francesco Bonini

    «Se la democrazia sarà cristiana farà un gran bene al mondo»: è la consegna lasciata da Papa Leone XIII, nell’udienza dell’agosto 1900, a Luigi Sturzo. In realtà, sul piano storico, il termine democrazia assume significato in tanto in quanto è aggettivato. E proprio all’inizio del XX secolo si manifesta un tornante decisivo.

    Il magistero pontificio infatti accetta la scommessa sulla democrazia cristiana, sia pure con la definizione, contenuta nell’enciclica Graves de Communi Re (18 Gennaio 1901) di «actio benefica in populum». Democrazia dunque come azione sociale. Resta infatti la forte diffidenza nei confronti termine concetto della democrazia politica, legato al lascito della rivoluzione francese e al suo indirizzo laicista.

    Una minoranza rischia l’affermazione politica della democrazia cristiana, e viene puntualmente sconfessata ed emarginata. Il movimento cattolico, per evitare le tensioni dottrinali del primo decennio del Novecento, privilegia la linea delle pratiche realizzazioni e degli spazi di libertà.

    I limiti dell’assetto del liberalismo italiano emergono con la guerra: si aprono nuovi spazi di proposta politica.

    Al centro della proposta politica di Luigi Sturzo – radicata nella sua esperienza amministrativa di inizio secolo e poi formalizzata nel programma del Partito popolare italiano, fondato nel 1919 – c’è l’idea di uno «Stato veramente popolare», che «rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private», in un programma di libertà, a partire dall’affermazione della libertà religiosa, «non solo agl’individui, ma anche alla Chiesa».

    Questi spazi si richiudono rapidamente, con l’avvento del fascismo ed i compromessi conseguenti. Tuttavia Francesco Luigi Ferrari pone immediatamente, il 24 dicembre 1922, sul “Domani d’Italia” il dilemma strutturale: «o fascismo o democrazia cristiana». Tramontate le illusioni delle democrazia radicale e socialista «la democrazia di domani, perché sia realmente la democrazia e non una larva che ne illustri le esterne fattezze, deve essere cristiana. Perché essa possa affratellare categorie, classi e nazioni, dilacerate da un egoismo eretto a legge e a sistema, deve essere cristiana».

    Di fronte al (pur imperfetto o tendenziale) totalitarismo fascista e a quelli nazista e comunista viene proposto dal magistero il concetto di sussidiarietà e viene sperimentata una vita associativa libera nell’Azione Cattolica.

    Sarà Pio XII a parlare di democrazia nei radiomessaggi durante il periodo di guerra: «All’opera dunque e al lavoro, diletti figli! Serrate le vostre file. Non cada il vostro coraggio; non rimanete inerti in mezzo alle rovine. Uscitene fuori alla ricostruzione di un nuovo mondo sociale per Cristo», afferma nel 1943 e l’anno successivo riprende il filo della riflessione da Leone XIII, delineando i tratti di «una sana democrazia, fondata sugl’immutabili principi della legge naturale e delle verità rivelate».

    De Gasperi formalizza in un breve testo, elaborato tra il 1942 e il 1943, le Idee ricostruttive della democrazia cristiana, che si organizza rapidamente come un partito capace di egemonia la nuova sintesi tra gli aspetti sociali e politici della democrazia, delineando un programma globale di riordinamento dello Stato e della Società, volto a superare «lo Stato totalitario com’è oggi» e «lo Stato democratico come fu ieri», ponendo al centro «l’affermazione delle libertà organiche e il riconoscimento del valore essenziale della persona umana». L’elaborazione poi si sviluppa rapidamente, con un apporto corale, nel vivo del passaggio verso la Costituente, superando rapidamente le incrostazioni del linguaggio e dei riferimenti organicistici tradizionali.

    L’affermazione della democrazia cristiana comporta la denuncia delle radicali contraddizioni della “democrazia marxista”, che pure rappresenta una seduzione per piccoli gruppi di “cristiano-sociali”.

    Affermata la democrazia repubblicana, come disse De Gasperi, con «fiducia nella direttiva democratica e nel metodo della libertà, da me sempre professate», si pongono due questioni ulteriori. La prima è nel senso dell’attuazione della costituzione, nel senso della democrazia sostanziale, la seconda nel quadro dello sviluppo delle istituzioni internazionali ed europee, che riposizionano la forma-stato in un quadro di molteplici livelli di governo.

    Questi due processi si sviluppano, con alterne vicende, fino all’ulteriore data periodizzante del 1989.

    A metà di questo lungo periodo di sviluppo e di progresso, cioè lungo gli anni Sessanta, caratterizzati dal Concilio, le rapide trasformazioni sociali che investono l’Italia pongono la questione del tessuto democratico e dei valori e dei principi di riferimento. La contestazione “globale”, che ha significative radici anche nel mondo cattolico italiano, pone anche una questione sulla democrazia, tanto all’interno della Chiesa, quanto nella società italiana, in un processo di frammentazione crescente, che ha uno dei suoi esiti nella crisi del sistema politico dei primi anni Novanta.

    La XLII settimana sociale, svoltasi a Torino, 28 settembre-2 ottobre 1993 tenta di tirare le fila del complesso intreccio Identità nazionale, democrazia e bene comune, mentre, allargando ed approfondendo la prospettiva, la 44a settimana sociale, tenutasi a Bologna il 7-10 ottobre 2004, mette a tema La Democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri, nel quadro mondiale della globalizzazione ed in presenza di una nuova “questione antropologica”.

    L’enciciclica Centesimus Annus nel frattempo aveva chiuso un percorso appunto centenario del magistero, certificando (n. 46) che «la Chiesa apprezza il sistema della democrazia», e nello stesso tempo avvertendo che essa può convertirsi, qualora smarrisca il suo riferimento valoriale, in forme di «totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».


    LEMMARIO