Diritto Canonico – vol. II

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    Autore: Carlo Fantappiè

    Da alcuni secoli la tradizione canonistica italiana aveva perduto il suo primato e si era ridotta a un sapere pratico, adatto a formare funzionari ecclesiastici. La decadenza ottocentesca è visibile nelle facoltà ecclesiastiche e nelle facoltà statali. La creazione del Regno d’Italia segna una cesura culturale oltre che istituzionale e politica. Le facoltà di teologia sono soppresse nel 1873 e il diritto canonico è assorbito nella nuova disciplina del diritto ecclesiastico insegnata nelle facoltà statali di giurisprudenza. Da allora si diramano due strutture didattiche e due scuole parallele di diritto canonico: quella pontificia e quella statuale laica, i cui fondatori sono Francesco Scaduto († 1942) e Francesco Ruffini († 1934).

    Nelle facoltà pontificie la centralizzazione culturale operata dal papato nel tardo Ottocento produce quella Scuola canonistica romana che, con distinte impostazioni al Seminario dell’Apollinare (poi Università del Laterano) e al Collegio Romano (poi Università Gregoriana), crea quella squadra di giuristi che avrà la parte maggiore nei lavori di redazione del Codex iuris canonici tra il 1904 e il 1917. Oltre a Pietro Gasparri († 1934), cui va la direzione dei lavori, vanno considerati principali collaboratori italiani il docente della Gregoriana Benedetto Ojetti († 1932) e i docenti dell’Apollinare Carlo Lombardi († 1908), Guglielmo Sebastianelli († 1920), Michele Lega († 1935), Giuseppe Latini († 1938).

    Alla promulgazione del Codex segue, dal 1918 al 1936, un’età dell’esegesi e del commento. Si produce una messe di studi di vario genere ad opera di studiosi ecclesiastici e laici: dalle introduzioni (la più importante è quella dell’israelita Mario Falco del 1925), ai manuali e commentari cui si dedicano specialmente le Università pontificie. Si ricordano le trattazioni di Ojetti e di Felice Cappello della Gregoriana, di Lega e di Francesco Roberti (m. 1977) della Lateranense. Mons. Silvio Romani fonda e dirige a Roma, dal 1935 al 1940, una rivista aperta alla discussione dei problemi emergenti, la “Rassegna di morale e di diritto”.

    Nell’Università Cattolica del Sacro Cuore il diritto canonico è insegnato, come disciplina autonoma, dal 1927 in poi, prima da Vincenzo Del Giudice (1884-1970), poi da Orio Giacchi (1909-1982).

    Un salto di qualità della disciplina è compiuto grazie a Pietro Agostino d’Avack (m. 1982), rettore dell’Università di Roma, cui va il duplice merito di avere applicato in modo coerente il moderno metodo dogmatico-giuridico alle dottrine della Curia romana e di avere elaborato una fondazione scientifica del diritto canonico per le università statali. Il suo lavoro canonistico si svolge lungo due direttrici, convergenti nella costruzione del diritto canonico come ordinamento giuridico sui generis. La prima vuole attuare l’assimilazione della teoria medievale e moderna della Chiesa quale societas juridice perfecta al concetto di «ordinamento giuridico originario, primario, autonomo». La seconda mira a costruire una nuova ermeneutica delle dottrine curiali mediante il confronto con le teorie dogmatiche contemporanee e la loro traduzione in categorie e concetti del diritto pubblico e privato, per quanto possibile, analoghi e intercambiabili.

    Tra il 1936 e il 1943 si accende una vivace discussione sulla questione del metodo per merito soprattutto di Pio Fedele (m. 2004), autore del Discorso generale del diritto canonico (1941) e fondatore con d’Avack, dell’«Archivio di diritto ecclesiastico». Ma il problema del metodo rinvia, in realtà, al problema dell’ermeneutica del diritto canonico. Se Fedele condivide con d’Avack la scelta del metodo giuridico, dissente però sul preteso carattere neutro della tecnica, che ha necessità di essere adattata alle peculiari esigenze e finalità dei singoli ordinamenti. Quello canonico ha una fisionomia inconfondibile, che gli deriva sia dalla natura mista, dove si intrecciano elementi teologici e giuridici, sia dagli istituti tipici (aequitas, dispensa, tolleranza, dissimulazione, buona fede, ecc.), sia dallo scopo trascendente. Per questo, nell’accostarsi ad esso, l’interprete deve possedere una precomprensione teologica e giuridica nonché una prospettiva giusnaturalistica ed etica che non possono combaciare con i presupposti del diritto secolare.

    L’originale posizione di Fedele resta sostanzialmente isolata fino agli anni del Vaticano II, quando beneficerà di un rinnovato interesse. Nella scienza canonistica del decennio post-bellico si registra un assestamento mediante la manualistica ispirata alle fortunate Nozioni di Del Giudice (tradotte in lingua castigliana nel 1955) incentrate sulla potestà di giurisdizione della Chiesa come ponte che collega la produzione delle norme con la loro effettività nella società dei fedeli.

    Dopo la fase esegetica e quella del commentario o del trattato sperimentate dalla dottrina medievale, i canonisti laici si impegnano nella costruzione dogmatica del diritto canonico in parallelo con la tendenza dominante negli studi giuridici. Il problema maggiore della Scuola italiana è infatti rappresentato dalle obiezioni alla «giuridicità» del diritto canonico provenienti dall’imperante positivismo giuridico e tendenti a minarne la validità scientifica nelle Università statali (studi di Giuseppe Forchielli, d’Avack, Pio Ciprotti tra il 1953 e il 1963). Si approfondiscono anche istituti e problemi nell’ottica della comparazione dell’ordinamento canonico con quello civile (Giuseppe Olivero, Guido Saraceni, Piero Bellini).

    Questa svolta dogmatico-giuridica non viene recepita dalla canonistica ecclesiastica, che reagisce negativamente agli stimoli della modernizzazione tecnica e pretende di riservare l’adeguamento della disciplina a «coloro che operarono dal di dentro del diritto canonico e che della scienza canonistica sono i continuatori, i custodi, gli interpreti più naturali e sensibili» (intervento di D. Staffa sulla rivista «Apollinaris», 1957, p. 423).

    Le deliberazioni del concilio Vaticano II non hanno un impatto né immediato né univoco sulla canonistica. Mentre si coglie subito la crisi della concezione confessionista del ius publicum ecclesiasticum externum e il problema della sua revisione (Lorenzo Spinelli, Giuseppe Dalla Torre, Giuseppe Caputo), l’invito del concilio e del magistero di Paolo VI a tener conto della nuova ecclesiologia nell’esposizione del diritto canonico apre un percorso assai tortuoso. Un ruolo importante per la fase di passaggio tra il Concilio e il nuovo Codice spetta al canonista poi cardinale Pericle Felici († 1982).

    Prima ancora dell’adeguamento del metodo, gli studiosi si pongono il problema della qualificazione giuridica delle delibere conciliari (Gaetano Lo Castro), della ricezione canonistica della concezione della Chiesa come «popolo di Dio» (convegno su La Chiesa dopo il Concilio del 1972; Giuseppe Dossetti) e della visione personalistica del matrimonio canonico (L. De Luca, O. Giacchi, O. Fumagalli Carulli). Si cerca di adattare la manualistica alle idee conciliari anche se riesce difficile costruire una sistematica corrispondente (Mario Petroncelli, Pietro Gismondi).

    Nel primo lustro del post-concilio, venato di antigiuridicismo e turbato dalla contestazione ecclesiale, il diritto canonico è come posto sotto processo. Gli studiosi italiani partecipano alle discussioni sulla reimpostazione della sua «natura» e del suo «concetto» dietro gli stimoli dello studioso svizzero Eugenio Corecco. Mentre la canonistica ecclesiastica si colloca a metà strada rispetto alle posizioni di Corecco – convinto sostenitore della qualificazione teologica dell’ordinamento della Chiesa-comunione –, approfondisce i legami tra diritto e pastorale (Fiorenzo Romita) e la teologia del diritto canonico (Dario Composta), la canonistica laica, forte della sua tradizione dogmatica nelle università italiane, rivendica il carattere essenziale della dimensione tecnico-giuridica. D’Avack, Orio Giacchi, Piero Bellini, Salvatore Berlingò, Gaetano Lo Castro, se ammettono l’indissociabilità dell’ottica giuridica da quella teologica, si oppongono però al mutamento di paradigma del diritto canonico e concepiscono il suo oggetto in funzione della Chiesa-società. Più sensibile alle istanze teologiche appare invece Rinaldo Bertolino.

    Quest’angolazione ha permesso ai canonisti italiani di contribuire alla revisione del Codice pio-benedettino su questioni dottrinali rilevanti come la progettata Lex fundamentalis Ecclesiae, il diritto amministrativo e il matrimonio. Sul rinnovamento di quest’ultima materia in senso personalistico hanno influito le decisioni di alcuni uditori di Rota (come Aurelio Sabattani e Mario Francesco Pompedda) e alcuni canonisti laici (Orio Giacchi, O. Fumagalli Carulli, Pierantonio Bonnet). La sostanziale coincidenza temporale tra la promulgazione del Codice canonico del 1983 e la revisione del Concordato lateranense del 1984 ha poi stimolato, per l’intreccio di alcune materie, l’opera di rinnovo della manualistica e l’apertura di collane editoriali da parte di Francesco Margiotta Broglio e di Rinaldo Bertolino.

    Il comune ancoraggio alla metodologia giuridica, anziché uguagliare le posizioni, ha fatto registrare una varietà di orientamenti e di impostazioni. Essi si possono riassumere nell’integrazione del dato teologico con gli schemi giuridici (Giorgio Feliciani), nella costruzione di una teoria dell’ordinamento ecclesiale come ordine di salvezza (R. Bertolino), nella rivisitazione del diritto canonico alla luce della combinazione di giustizia e carità (Salvatore Berlingò), nell’interpretazione dell’ordinamento della Chiesa quale fenomeno pluralistico frutto della dialettica tra la continuità del diritto divino e la discontinuità del diritto umano (P.A. Bonnet).

    Dopo la promulgazione del Codex del 1983 i grandi dibattiti metodologici appaiono relegati sullo sfondo e l’attenzione si concentra sulle interpretazione delle innovazioni normative. Mentre le scuole pontificie hanno necessità di sviluppare nuovi manuali e commentari, gli studiosi laici preferiscono affrontare questioni dottrinali e dogmatiche. La crisi della nozione di ordinamento in senso normativista stimola il ripensamento di alcune fonti o istituti tipici: legge canonica, consuetudine, aequitas, dispensa, restitutio in integrum, ecc. (Giuseppe Comotti, Bonnet, Berlingò, Andrea Bettetini); al tempo stesso si tenta di ridefinire alcune categorie fondamentali della riforma legislativa del 1983, come le relazioni tra potestà di giurisdizione e potestà sacra (Guido Saraceni, Gianfranco Ghirlanda), tra principio gerarchico, collegialità e principio sinodale (Giorgio Feliciani, Gian Pietro Milano, S. Ferrari, C. Cardia). Suscita attenzione il tema dei diritti dei fedeli, a cominciare dal rapporto problematico tra soggetto e persona (Lo Castro) fino alla tutela delle situazioni soggettive (Piero Bellini, Bertolino). Un contributo specifico, di tipo ricostruttivo e sistematico – che tiene particolare conto della giurisprudenza della Rota romana – è stato dato sulla materia matrimoniale (Bonnet, Paolo Moneta, Luciano Musselli). Partendo dai problemi irrisolti della disciplina sul matrimonio canonico, un giovane studioso, prematuramente scomparso, Edoardo Dieni, ha allargato in modo originale il proprio sguardo sul laboratorio canonistico in modo da evidenziare le attitudini dissimulatorie dell’autorità ecclesiastica di fronte allo scarto tra realtà effettuale e norme o precetti. Negli ultimi decenni, anche a causa degli scandali commessi da chierici, si è registrato un sensibile cambio di orientamento nel diritto penale canonico rispetto all’ottica post-conciliare che tendeva a ridimensionare la nozione di pena (Franco Edoardo Adami, Raffaele Coppola, Velasio de Paolis, David Cito).

    Nel campo degli studi di storia del diritto canonico medievale e moderno, i canonisti hanno proseguito la prestigiosa tradizione che va da Ruffini a Jemolo, da Cesare Magni a Gaetano Catalano. Rilevante il vasto lavoro di ricostruzione delle dottrine teocratiche medievali e del loro adattamento nell’età moderna e contemporanea svolto da Piero Bellini.

    Agli inizi del terzo millennio sembrava superata la stagione dell’antigiuridicismo che aveva segnato in Italia la fase post-conciliare. Nondimeno la ripresa d’interesse verso il diritto canonico non è stata accompagnata da uno sforzo adeguato per superare lo scarto mentale tra teologi e canonisti, e quindi tra la dimensione pastorale e quella giuridica propria della Chiesa.

    Fonti e Bibl. essenziale

    M. Vismara Missiroli, Diritto canonico e scienze giuridiche. L’insegnamento del diritto della Chiesa nelle Università italiane dall’Unità al Vaticano II, Padova 1988; C. Redaelli, Il concetto di diritto della Chiesa nella riflessione canonistica tra Concilio e Codice, Milano 1991; P. Grossi, Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860-1950, Milano 2000, 266-273; C. Fantappiè, Diritto canonico codificato, in Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento, a cura di A. Melloni, Bologna 2010, vol. I, 654-700; Lo studio e l’insegnamento del diritto canonico e del diritto ecclesiastico in Italia. Ristampa da«Archivio di diritto ecclesiastico», I-III (1939-1941), Padova 2012; Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Il contributo italiano alla storia del pensiero, Ottava Appendice, Diritto, a cura di P. Cappellini, P. Costa, M. Fioravanti, B. Sordi, Roma 2012; Diccionario general de derecho canónico, obra dirigida y coordinada por J. Otaduy, A. Viana, J. Sedano, voll. I-VII, Cizur Menor (Navarra) 2012; Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), diretto da I. Birocchi, E. Cortese, A. Mattone, M.N. Miletti, voll. I-II, Bologna 2013; C. Fantappiè L’insegnamento del diritto canonico in Italia dal Concilio Vaticano I ai codici vigenti, in Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico – Associazione Canonistica Italiana, L’insegnamento del diritto canonico, XL Incontro di Studio Centro Turistico Pio X – Borca di Cadore (BL) 1-5 luglio 2013, Milano 2014, 31-57; C. Fantappiè, Ecclesiologia e canonistica, Venezia 2015.


    LEMMARIO