Etica economica – vol. II

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    Autore: Giovanni Gregorini

    Sotto il profilo sia storico che disciplinare l’economia nasce nell’ambito dell’etica, per cui di per sé essa è del tutto immersa e scaturisce dal discorso etico. Al punto tale che proprio la relazione tra etica ed economia è per molti versi centrale sin dalle trattazioni pre-moderne, ad esempio già in Aristotele con la sua etica delle virtù. In questo stesso senso le prime riflessioni complesse sul rapporto tra morale cristiana ed economia si possono far risalire ad importanti teologi come Tommaso d’Aquino, Bonaventura da Bagnoreggio, Anselmo d’Aosta, fino a Bernardino da Siena e Bernardino da Feltre nel corso del XV secolo.

    Oggi i rapporti tra etica ed economia rappresentano l’argomento su cui si concentra un cospicuo agglomerato di ricerche interdisciplinari che coinvolgono l’economia, la filosofia, la teologia, ma anche altre discipline quali la sociologia, la psicologia, l’antropologia, la giurisprudenza, le scienze politiche. L’attenzione per i citati rapporti si è rafforzata in età contemporanea sia sotto il profilo strettamente scientifico, sia in relazione alle dinamiche, anche distorte, generate dal diffondersi dello sviluppo economico moderno, soprattutto nella sua ultima declinazione rappresentata dalla globalizzazione. La sensibilità crescente per il tema in generale ha riguardato e riguarda pure la Chiesa italiana, naturalmente intesa sia come gerarchia ecclesiale sia come comunità dei cristiani (singoli e istituzioni) presenti sul territorio e membri attivi della società nazionale.

    Storicamente, a partire dal secondo Ottocento si affermava il contributo dei cattolici italiani rispetto al dibattito sullo spirito e quindi sulle origini morali del capitalismo. In questo ambito spiccava senza dubbio il pensiero di Giuseppe Toniolo (1845-1918), all’interno del quale si poteva individuare un nucleo centrale dedicato alla questione della matrice originaria dell’economia capitalistica. A fronte di una eccessiva e quindi indebita funzione del capitale, Toniolo riconosceva negli sviluppi del capitalismo ottocentesco una deformazione dell’economia di mercato per come doveva essere correttamente intesa e praticata, ovvero quella economia occidentale democraticamente orientata al perseguimento del bene comune i cui germi potevano essere individuati già nel Medioevo e quindi prima della Riforma protestante. Diversamente da Weber e Sombart, come pure capovolgendo la prospettiva interpretativa generale di Marx, Toniolo riteneva quindi fondamentale la disciplina morale cattolica nei rapporti economici per la configurazione di un capitalismo efficace, nel senso della valorizzazione del solidarismo attivo e della cooperazione, del raccordo tra la difesa dei diritti e il richiamo ai doveri, della salvaguardia soprattutto del primato della persona e del lavoro umano nei processi produttivi.

    In questa direzione, pur con opportuni distinguo e specificazioni ulteriori, si muovevano successivamente anche Amintore Fanfani (1908-1999) e Francesco Vito (1902-1968), rispettivamente storico economico ed economista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Mentre il primo riprendeva e sviluppava le intuizioni generali di Toniolo, il secondo approfondiva i rapporti etico-economici lavorando soprattutto perché il pensiero economico superasse definitivamente il principio in base al quale veniva identificata la scientificità dell’economia con la neutralità nei confronti dei giudizi etici: proprio l’economia, quale scienza dei mezzi, doveva invece essere subordinata all’etica, scienza dei fini. Dal canto suo, nel secondo Novecento italiano, anche Luigi Sturzo sviluppava una pungente riflessione sul tema in questione, ad esempio nel corposo saggio dedicato all’Eticità delle leggi economiche (1958).

    Nel corso del XX secolo in maniera ineludibile si è concretizzato anche il confronto ecclesiale italiano con il Magistero sociale della Chiesa universale, il quale con gradualità ha inquadrato e sviluppato la questione generale del rapporto tra etica ed economia. La dottrina sociale della Chiesa infatti ha costantemente insistito sulla connotazione morale dell’economia sin dalle sue origini con l’enciclica Rerum novarum di Leone XIII (1891), ma in maniera ancor più nitida a partire dalla Quadragesimo anno di Pio XI (1931), laddove si osserva che “sebbene l’economia e la disciplina morale, ciascuna nel suo ambito, si appoggiano su principi propri, sarebbe errore affermare che l’ordine economico e l’ordine morale siano così disparati ed estranei l’uno all’altro, che il primo in alcun modo dipenda dal secondo” (n.41).

    Successivamente è stata rimarcata la circostanza per la quale il rapporto tra morale ed economia è in verità necessario ed intrinseco, per cui attività economica e comportamento morale si compenetrano in maniera intima nella direzione indicata dalla costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio ecumenico Vaticano II (1965) (® Concilio Vaticano II): “anche nella vita economico-sociale occorre onorare e promuovere la dignità della persona umana e la sua vocazione integrale e il bene di tutta la società. L’uomo infatti è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale” (n.63). Dal canto suo l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI (1967) ha ampliato geograficamente la dimensione etica dell’economia internazionale richiamandone la responsabilità in termini di impegno cooperativo delle nazioni ricche per la crescita ed il progresso dei Paesi in via di sviluppo. Con la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II (1986) si è mostrato altresì come la connotazione morale dell’economia faccia riconoscere l’efficienza economica e la promozione di uno sviluppo solidale dell’umanità come finalità non opposte bensì, al contrario, inscindibili. In base a questi principi l’attività economica per assumere un profilo morale deve individuare come soggetti principali tutti gli uomini e tutti i popoli. Oggetto dell’economia è quindi la formazione della ricchezza e il suo incremento progressivo, in termini sia quantitativi che qualitativi, formazione ed incremento che assumono una valenza morale se finalizzati allo sviluppo globale e solidale dell’uomo e della società. In questa prospettiva generale, in sintonia con la Centesimus annus di Giovanni Paolo II (1991), la dottrina sociale della Chiesa ha elaborato un equilibrato apprezzamento per l’economia di mercato, o economia libera, se posta al servizio della libertà umana integrale. Impregnata di cenni al rapporto tra etica ed economia – in forte continuità con la Populorum progressio di papa Montini – si rivela infine l’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI (2009).

    Come accennato in esordio, la questione dei rapporti tra etica cattolica ed economia capitalistica di mercato è diventata ampiamente oggetto di discussione soprattutto negli ultimi vent’anni, dopo una precedente fase invece più cadenzata in relazione ad una serie di eventi che coinvolgevano anche l’Italia: il “miracoloso” sviluppo industriale del secondo dopoguerra, la prevalente sensibilità ecclesiale per altri temi etici e morali, l’orientamento verso sistemi democratici ad economia mista con marcate suggestioni pianificatrici o comunque di incisivo spazio per l’intervento redistributore dello Stato. Con i primi anni Novanta, tuttavia, il forte indebitamento pubblico delle economie occidentali e la conseguente crisi del welfare, ma soprattutto la globalizzazione dell’economia mondiale successiva all’affermazione delle nuove tecnologie informatiche come pure agli eventi politici del 1989, hanno portato ad un rinnovato confronto con l’efficacia storica del capitalismo, in relazione anche a talune aperture in questo senso garantite dalla citata enciclica Centesimus annus e dalle elaborazioni proposte da autori quali Michael Novak. Un confronto che è diventato però sempre più critico nel corso degli anni, in relazione anche all’affermarsi di interpretazioni e prospettive quali quelle di Amartya Sen, come pure in particolare dopo l’emergere di taluni scandali finanziari a livello mondiale ma anche nazionale, ed altresì in rapporto all’emergere della grande depressione finanziaria del 2008, con il conseguente riaffacciarsi dei temi etici di fronte agli squilibri e agli scompensi del cosiddetto turbo-capitalismo contemporaneo (® Emigrazione-immigrazione).

    A fronte di tutto ciò, in una prospettiva più interna, la Chiesa italiana ha anch’essa animato un dibattito sul tema specifico del rapporto tra etica e finanza mediante alcuni strumenti istituzionali, quali le riflessioni promosse dai competenti Uffici della Conferenza episcopale oppure nell’ambito delle Settimane sociali dei cattolici italiani, sia in sede di celebrazioni delle relative giornate di studio che di atti preparatori.

    In questo senso giova segnalare il documento dei vescovi italiani del 1994, titolato Democrazia economica, sviluppo e bene comune, dove viene ribadito il costante insegnamento della Chiesa sul rapporto tra etica ed economia: “la necessità di un ordine morale nell’economia e in tutta la vita dell’uomo è un insegnamento costante della dottrina sociale cristiana. L’assenza di criteri morali, come attesta l’esperienza, è invece causa di molti mali economici e sociali” (n.10). In seguito l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei ha sviluppato a partire dal 1999 un’approfondita riflessione sul tema della relazione tra etica e finanza, giungendo alla pubblicazione di tre sussidi al riguardo: Etica e finanza, Finanza internazionale ed agire morale, Etica sviluppo e finanza, quest’ultimo pubblicato per i 40 anni dell’enciclica Populorum progressio. In tutti i documenti citati viene posta sotto osservazione l’evoluzione dell’economia internazionale in un senso globalizzante, richiamando costantemente l’importanza di riferimenti etici per l’azione degli operatori economici rispetto a temi cruciali come quelli della remissione del debito per i Paesi in via di sviluppo, della incontrollata diffusione di strumenti tecnici prevalentemente speculativi nell’ambito dei mercati finanziari, degli squilibri esistenti nell’evolversi dei caratteri dello sviluppo economico moderno a livello mondiale.

    Giova poi anche solo rammentare l’importanza delle riflessioni presentate nell’ambito delle Settimane sociali, pure con riferimento agli incontri preliminari che molto spesso hanno coinvolto i temi del rapporto tra etica ed economia, specie nella circostanza della 44^ Settimana di Bologna del 2004 (La democrazia: nuovi scenari, nuovi poteri), della 45^ di Pistoia-Pisa del 2007 (Il bene comune: un impegno che viene dal lontano), della 46^ di Reggio Calabria del 2010 (Cattolici nell’Italia di oggi: un’agenda di speranza per il futuro del Paese), e della più recente svoltasi a Torino nel 2013 (Famiglia, speranza e futuro per la società italiana).

    Di più, si è avuto modo di constatare ultimamente l’ulteriore moltiplicarsi degli interessi in Italia per l’argomento generale della relazione etica-economia sia per quanto concerne la divulgazione che per quanto riguarda la ricerca scientifica, con singolare attinenza alla riproposizione aggiornata e recente dell’economia civile.

    Nel primo caso è doveroso ricordare la fitta serie di iniziative culturali promosse non solo in sede centrale, ma soprattutto sul territorio nazionale, dalle Acli, dal Mcl, dal Servizio nazionale per il Progetto culturale, dall’Università Cattolica del sacro Cuore ma anche da diverse università pontificie, statali e libere, da gruppi culturali come quello denominato “Cultura, etica e finanza”, ed altri ancora. D’altro canto insegnamenti esplicitamente riferiti alle questioni etiche in economia si stanno moltiplicando negli atenei italiani, come pure sono sorte alcune riviste specialistiche sull’argomento. Spiccano in tale direzione il contributo offerto dal ciclo di Seminari “Per un nuovo modello di sviluppo”, promosso dall’Università cattolica a Palermo, Napoli, Verona e Ancona nel corso del 2010, come pure gli esiti dell’XI Forum del Progetto culturale titolato “Processi di mondializzazione, opportunità per i cattolici italiani” (Roma, 30 novembre – 1 dicembre 2013) nell’ambito del quale la globalizzazione economica e sociale viene nitidamente individuata come sfida di natura anzitutto etica.

    Certo è che, indubbiamente, a crescere è stato anche l’eclettismo degli approcci al tema generale, in presenza di declinazioni che affrontano l’argomento sotto i profili indicati in esordio, ma altresì riferendosi a quelli eco-ambientalistico, sanitario, giuslavoristico, politologico, della responsabilità sociale d’impresa, biblico.

    Nel secondo ambito una feconda letteratura, che ha visto impegnati studiosi tra i quali mette conto segnalare almeno Stefano Zamagni e Luigino Bruni, ha rimarcato l’importanza dell’approccio cosiddetto dell’economia civile, ovvero della prospettiva di comprensione dell’economia come compendio di efficienza, equità e fraternità, alla ricerca del consolidamento di un ordine economico efficace, efficiente e rispettoso della dignità umana. Radicata nel pensiero economico dell’umanesimo cristiano, la visione dell’economia civile ritiene che i principi diversi dal profitto (solidarismo, gratuità, dono, reciprocità, relazionalità) possono trovare posto proprio dentro l’attività economica e il mercato, riuscendosi in questo senso a valorizzare quell’insieme di attività che va sotto il nome di non profit e terzo settore. L’orientamento è dunque quello volto alla promozione di istituzioni di welfare civile e di nuove forme d’impresa.

    In questa medesima direzione spinge con energia anche la sopra citata enciclica sociale di papa Benedetto Caritas in veritate, che ha fortemente richiamato l’attenzione dei cattolici anche italiani sui temi del rapporto tra economia ed etica, con peculiare riferimento alle questioni dello sviluppo umano integrale contemporaneo, affermando tra l’altro che “la sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale. Essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente” (n.35). D’altro canto, come ha recentemente affermato papa Francesco, la stessa opera di evangelizzazione correttamente intesa deve fare i conti con una sua propria, complessa e poliedrica, “dimensione sociale” (Esortazione apostolica Evengelii gaudium, capitolo quarto). Per cui, adottando conclusivamente le espressioni del filosofo Hernst-Wolfgang Bockenforde, “al posto di un invadente individualismo proprietario, che assume come punto di partenza e principio strutturante l’interesse acquisitivo dei singoli potenzialmente illimitato, dichiarato diritto naturale non sottoposto ad alcun orientamento sostanziale, devono subentrare un ordinamento normativo e una strategia d’azione che prende le mosse dall’idea che i beni della terra – ovvero la natura e l’ambiente, i prodotti del suolo, l’acqua e le materie prime – non spettano ai primi che se ne impossessano e li sfruttano, ma sono riservati a tutti gli uomini, per soddisfare i loro bisogni vitali e ottenere il benessere”. È questa un’idea-guida fondamentalmente diversa da quella che orienta l’attuale modello di capitalismo, diversa perché centrata sul principio etico della solidarietà tra gli uomini nel loro vivere insieme.

    Fonti e Bibl. essenziale

    E.W. Bockenforde – G.Bazoli, Chiesa e capitalismo, Morcelliana, Brescia 2010; B. Clavero, Antidora. Antropologìa catòlica de la economia moderna, Giuffrè, Milano 1991; Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2004; Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Scienze sociali e magistero, Vita e pensiero, Milano 2004; M. Magatti, Libertà immaginaria. Le illusioni del capitalismo tecno-nichilista, Feltrinelli, Milano 2009; G. Manzone, Il mercato. Teorie economiche e dottrina sociale della Chiesa, Queriniana, Brescia 2001; M. Novak, L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo, Edizioni di comunità, Milano 1999; P. Pecorari, Alle origini dell’anticapitalismo cattolico. Due saggi e un bilancio storiografico su Giuseppe Toniolo, Vita e pensiero, Milano 2010; A.M. Petroni (ed.), Etica cattolica e società di mercato, Marsilio, Venezia 1997; G. Scanagatta, Sviluppo e bene comune: per un’economia non separata dall’etica e per un’etica fondata sull’inviolabile dignità dell’uomo, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2012; A. Sen, Etica ed economia, Laterza, Roma-Bari 1988; Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei – Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, Custodire il creato. Teologia, etica e pastorale, EDB, Bologna 2013; Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei, Processi di mondializzazione. Opportunità per i cattolici italiani, EDB, Bologna 2013; A. Spampinato, L’economia senza etica è diseconomia. L’etica dell’economia nel pensiero di don Luigi Sturzo, Il sole 24 ore, Milano 2005; F. Totaro – B. Giovanola (ed.), Etica ed economia: il rapporto possibile, Edizioni Messaggero, Padova 2008; S. Zamagni, Economia ed etica. La crisi e la sfida dell’economia civile, La Scuola, Brescia 2009; S. Zamagni, L. Bruni, Economia civile. efficienza, equità, felicità pubblica, Il Mulino, Bologna 2004.


    LEMMARIO