Ordini mendicanti – vol. II

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    Autore: Giuseppe Buffon

    Denominazione e statistiche. L’appellativo ‘Ordini mendicanti’, inizialmente attribuito ai soli Predicatori, o Domenicani OP, ai Frati Minori OFM, agli Agostiniani OSA e ai Carmelitani O.CARM, in seguito viene applicato anche ad altri istituti religiosi, quali: i Gesuati (1567), i Servi di Maria OSM (1567), i Minimi OM (1567), i Trinitari O.SS.T (1609), i Fatebenefratelli OH.FBF (1624) i Mercedari ODM (1690), i Penitenti di Gesù Nazareno (1784), l’Ordine teutonico (1929). Nell’annuario pontificio del 1978, ne vengono enumerati addirittura diciassette, inclusi Conventuali OFMConv, Cappuccini OFMCap, Terz’Ordine Regolare (TOR), Agostiniani Recolletti, Agostiniani Scalzi OAD, Carmelitani Scalzi OCD, Mercedari Scalzi.

    Ordine prov mem com par. Ordine prov mem com par
    OP 3 359 38 16 OCD 7 465 60 18
    OFM 18 2142 281 165 O.SS.T 2 98 16 10
    OFMConv 12 909 134 96 ODM 1 130 13 15
    OFMCap 21 2277 283 148 OSM 3 293 40 24
    TOR 2 82 19 14 OM 3 90 26 16
    OSA 1 157 27 23 OH.FBF 2 83 19 0
    OAD 1 42 13 6 Totale 7489 1005 573
    O.CARM 3 370 36 22

    Leggenda: prov= provincia/custodia/commissariato; mem= membri; par= parrocchie.

    Buffon

    Fonte = Conferenza italiana superiori maggiori CISM, Annuario statistico 2012, Roma 2012

    Riforma di Pio IX a favore della selezione dei candidati e della vita comune. Tra i fautori della riforma dei regolari voluta da Pio IX con l’istituzione della nuova congregazione sullo stato dei regolari (7.10.1846), si distingue il cappuccino p. Giusto da Camerino, che lo stesso pontefice designa quale braccio destro di mons. Andrea Bizzarri, l’abile segretario del nuovo dicastero, promosso in seguito cardinale. Il p. Giusto insignito a sua volta del titolo cardinalizio offre il suo apporto determinate soprattutto a favore dell’introduzione del triennio di voti semplici, a vantaggio di una migliore selezione dei candidati, provvedimento che incontra forti resistenze anche nel collegio cardinalizio, a motivo del ritardo delle ordinazioni che priva delle entrare dovute agli onorari di messe. In rapporto all’altro importante provvedimento di riforma, cioè l’obbligo della vita comune, Pio IX ascolta in modo particolare l’allarme lanciato dal neo ministro generale del minori, Venanzio da Celano, da lui stesso investito dell’ufficio generalizio. È ancora il p. Venanzio a stimolare l’accordo tra gli altri ministri generai con l’obiettivo di rivolgere un appello al card. Antonio Orioli, prefetto della congregazione dei Vescovi e Regolari (VVRR), con la richiesta di un interveto energico a favore della vita comune. Il ministro minorita e il vicario generale dei domenicani, Vincent Jandel – questi pure scelto direttamente dal pontefice – saranno tra i più convinti patrocinatori della riforma della vita comune, elemento distintivo dei Mendicanti, tanto da diventare bersaglio di dure reazioni da parte dei loro confratelli e rimanere questione irrisolta fino al 1920.

    Soppressioni, tra polemiche e provvedimenti di confisca. I Mendicanti e non solo i gesuiti vengono presi di mira dalla classe politica italiana che vota le leggi per la soppressione dei regolari (7.7.1866). I francescani, ad esempio, vengono stigmatizzati per il pauperismo, tramite il quale essi sarebbero colpevoli di fomentare l’accattonaggio. Ai domenicani invece viene attribuito il marchio di eredi dell’inquisizione, emblema dell’oscurantismo cattolico. Esponenti dell’aristocrazia borghese adombrano l’eventualità che la vita comunitaria assunta da francescani e cappuccini favorirebbe lo sviluppo del comunismo. Soltanto tra i moderati alcuni, come, ad esempio, Ruggero Bonghi, futuro biografo di S. Francesco, indica nell’opzione mendicante e in particolare francescana il modello per una percorribile ‘via media’ tra le soluzioni estreme prospettate da comunismo e capitalismo. A tirare un duro colpo alla vita dei Mendicanti, più ancora della polemica anti religiosa, sono soprattutto i provvedimenti contro la personalità giuridica dei religiosi, con i quali si decreta estinto ogni loro diritto di proprietà. Le statistiche elaborate dalla congregazione dei VVRR documentano tramite cifre eloquenti l’entità del danno che la confisca dei conventi arreca, ad esempio, all’ordine dei conventuali, del quale si computano ben 990 dispersi, o a quello degli agostiniani che ne calcola 450. I religiosi, demandati alla custodia di chiese, rappresentano un numero assai esiguo; la maggioranza infatti si rifugia presso parenti o amici, oppure alloggia in locali presi in affitto. Altri, soprattutto tra agostiniani e domenicani, trovano occupazione nei seminari quali insegnati, altri ancora in maggioranza francescani, ottengono dai vescovi l’ufficio di parroco. Le conseguenze della soppressione dei Mendicanti per le visite pastorali rivestono particolare gravità per le popolazioni dell’Italia meridionale, dove la cura pastorale riposa più che sulle strutture parrocchiali sull’impegnano dei regolari.

    Lenta e laboriosa ricostruzione. La legge italiana sulla soppressione delle corporazioni religiose in realtà non nega loro in senso assoluto il diritto di associazione, ossia la possibilità di condurre vita comune. Non tutti però riescono a cogliere l’opportunità per una ripresa. I francescani siculi, ad esempio, vi intravedono con soddisfazione l’espediente per riacquistare libertà; altri si lasciano cogliere da avvilimento per l’ozio forzato, altri ancora cadono preda dello sconforto per l’incertezza del futuro. Solo in pochi seguono l’esempio del domenicano Agostino Marchi, il quale conserva intatto l’ottimismo per la ripresa futura. Si distinguono nell’opera di ricostruzione ministri generali quali, ad esempio, il minore Bernardino da Portogruaro, il minore conventuale Lorenzo Caratelli, il domenicano Giuseppe Sanvito, il carmelitano Girolamo Gotti, i quali intraprendono una capillare iniziativa di animazione dei confratelli, incitando i migliori a riprendere, nella misura del possibile, la pratica religiosa. Si formano così comunità clandestine che avviano una certa vita di preghiera, la pratica della povertà, e col tempo riprendono anche l’uso dell’abito monastico. La resistenza di molti religiosi ad accettare l’invito dei superiori a far ritorno alla vita regolare è attestato da statistiche, dalle quali si apprende come, ad esempio, i cappuccini, nel 1860 computati con la cifra di 8563, nel 1885 risultino dimezzati (4567). I più intraprendenti si presentano alle aste con un nome fittizio allo scopo di ricomprare i conventi grazie alla generosità di qualche benefattore. Avviene così, che anche i cappuccini riescono a recuperare in vari modi parte del loro patrimonio. I carmelitani acquistano con un prestanome il loro antico convento di s. Torpez (Pisa) nel 1873 e nel 1884 entrano in possesso della loro antica casa generalizia. Il convento di S. Dominano ad Assisi trova un acquirente nell’inglese Lord Ripon, di religione protestate e dichiaratamente anticattolico, il quale lo mette a disposizione dei suoi antichi inquilini.

    Reclutamento, formazione e studi. A dare nuovo avvio non solo sul piano materiale bensì intellettuale, pastorale e spirituale ai Mendicanti si rende necessaria una inedita struttura di reclutamento che non si avvalga più di ceti medio – alti, come accadeva nelle epoche passate, bensì di rampolli della classe popolare. I minori, ad esempio, diedero vita a sistemi di probandato, detti collegi serafici, che ospitavano ragazzi di 14-16 anni orientati alla vita religiosa, fornendoli di nozioni di latino, grammatica, letteratura, canto. L’iniziativa rappresentava il tentativo di educare la gioventù ai valori cristiani, prima che il contatto con ambienti educativi avversi alla fede e ostili alla chiesa potessero distoglierli all’orientamento alla vita cristiana ed edentulamente religiosa. L’educazione intellettuale dei nuovi aspiranti continuava poi con l’istruzione superiore per la quale si istituirono seminari e facoltà teologiche. L’insegnamento teologico necessitava però di riferimenti a contenuti di provata scientificità, ed è questa la ragione per cui anche i Mendicanti si impegnarono a produrre edizioni critiche dei testi scritti dai propri teologi. I domenicani istituirono la commissione leonina per l’edizioni delle opere di S. Tommaso, i francescani fondarono a Quaracchi presso Firenze un collegio per le edizioni critiche di S. Bonaventura. Successivamente venne istituita la commissio scotista per le edizioni degli scritti di Giovanni Duns Scoto, già venerato quale cultore dell’Immacolata. Gli studi intorno alle fonti biografiche di S. Francesco e la conseguente riscoperta dei suoi scritti generarono controversie e discussioni intorno alla interpretazione dell’identità del santo, la cosiddetta ‘questione francescana’.

    Fondazione di congregazioni femminili. Il fenomeno correlato alla nascita e allo sviluppo delle congregazioni femminili ispirate ai Mendicanti tra XIX e XX secolo risulta senza dubbio determinate per il processo di modernizzazione della vita religiosa, intesa nelle sue componenti ideologiche, istituzionali ed apostoliche. Procedendo con un raffronto tra i dati numerici relativi alle congregazioni di terziarie riscontriamo per le francescane ca. 70 nuovi istituti, per le domenicane 25, per le carmelitane 15, per le agostiniane appena 4. In rapporto alla povertà, da sempre ritenuta la specificità mendicante, queste istituzioni dimostrano una differenziazione interpretativa. Alcune, nel fervore iniziale, ritengono che l’ideale della povertà evangelica debba essere tradotto mediante la pratica della questua. Altre in modo più permanente ritengono invece che tale principio possa essere stimato come ‘lavoro assiduo e disinteressato’. Per altre ancora si tratterebbe di un servizio ai poveri, ai più poveri o ai lebbrosi. Come si può notare, si passa da una interpretazione della povertà come pratica ascetica – la questua –, in linea con la tradizione controriformistica, ad una sua lettura in termini non solo di azione apostolica, ma addirittura di concezione di vita, intesa nei canoni della professionalità.

    Scuole di spiritualità. Nella linea delle scuole di spiritualità emergente nel primo ventennio del XX secolo troviamo notevoli accentuazioni relative all’impostazione spirituale francescana, che viene proposta tramite le biografie di S. Francesco, i suoi scritti, correlati specialmente alla devozione eucaristica, e agli approfondimenti di testi bonaventuriani e di altri scrittori; incrociamo quindi quella domenicana, che si rende nota tramite le figure di S. Domenico, di S. Tommaso e di S. Caterina da Siena, nonché con la preghiera del rosario; infine ci imbattiamo in quella carmelitana, che esprime attenzione prevalente verso S. Teresa, S. Giovanni della Croce e S. Teresa di Lisieux. In questa letteratura si manifesta anche un tentativo di confronto tra le differenti spiritualità, in particolare tra la francescana e la domenicana. Da questo paragone, si deduce che i francescani, in virtù dell’impatto mediatico sortito dal loro fondatore fin dalle origini, avrebbero goduto di una peculiarità esclusiva. Essi, già con le prime numerose biografie del fondatore, si sarebbero avvalsi di lui per confezionare la propria, per così dire, carta da visita. L’espediente biografico avrebbe incontrato successo negli ultimi tempi, grazie ai contributi al genere storico offerti in Italia tanto dagli emuli del Sabatier quali ad esempio Ruggero Bonghi, quanto da suoi oppositori.

    Francesco d’Assisi e Caterina da Siena patroni d’Italia (1939). Nel 1939 vengono proclamati patroni d’Italia S. Francesco d’Assisi e S. Caterina da Siena. L’avvenimento è preceduto e seguito da cerimonie pubbliche, atti di culto ed avvenimenti artistici che mutuando antichi simboli di una religione civica servono a tessere la trama di un Paese che da un patriottismo venato di polemica anticlericale evolve verso eccessi di nazionalismo, fino a un vero e proprio imperialismo coloniale e totalitario. La santità medicante di Caterina e Francesco, già effigiata nel mosaico della cripta di S. Lorenzo che accoglie le spoglie di Pio IX, si dimostra funzionale nei confronti sia del fascismo, che nella Roma pontificia esibisce un emblema del suo nazionalismo imperialistico, sia delle gerarchie ecclesiastiche paghe di avere risolto la questione romana con l’imposizione al governo italiano di un concordato, a garanzia di una nuova cristianità. Il più santo degli italiani e il più italiano dei santi, Francesco, riceverà onori ufficiali e soprattutto pubblici pari alla popolarità della sua fama, con l’innalzamento della statua bronzea sulla piazza del Laterano, a conclusione delle celebrazioni del centenario della morte (1226), mentre la fama di Caterina non esce dai circuiti di elite culturali affezionate alla sua religiosità civica tutta senese.

    Istituti secolari e devozione a Cristo Re. Di religione civica si deve assolutamente parlare in rapporto alla devozione a Cristo Re, propaggine sì del culto al Sacro Cuore già in voga durante il secolo precedente, ma rispetto alla pietà forgiata dai gesuiti maggiormente debitrice della predicazione mendicante dell’umanesimo rinascimentale. Il suo principale patrocinatore è infatti papa Ratti, che a sostegno del suo ideale di cristianità vede con favore l’iniziativa del francescano Agostino Gemelli, fondatore dell’Università cattolica, nella quale per ordine di scuderia si pratica il neotomismo lovaniense, mentre per convinzione, anzi per passione, si persegue l’obiettivo del ritorno al medievismo, ossia alla società cristiana tenuta a battesimo dagli Ordini mendicanti. In vista di un tale scopo, il neo convertito dal socialismo anticlericale, Gemelli, progetta l’identità di nuovi fratres, che dovranno essere ora dei laici, semplicemente donne e uomini senza segni religiosi, secolari al tal punto da essere perfino anonimi, cioè le missionarie e i missionari dell’Istituto della Regalità, francescani contro la moderna eresia del secolarismo laicista e pagano sostenuto dal totalitarismo. La sua proposta trova numerosi e validi aderenti, tra i quali ricordiamo Luigi Gedda, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati. Il medesimo ideale attrae anche un folto gruppo di donne, affascinate dalla tenace femminilità di Armida Barelli, già vice presidente generale dell’Unione fra le Donne cattoliche d’Italia (1917), quindi vice presidente generale dell’Azione cattolica italiana (1946).

    Pastorale parrocchiale e missioni popolari. L’impegno pastorale espletato in epoca moderna nella predicazione, nella pratica sacramentale (confessioni), nell’insegnamento, nell’assistenza, durante il corso del secolo XIX e specialmente del XX, conosce un campo di apostolato del tutto inedito. Il ministero parrocchiale, prima a lungo rifiutato o accettato solo parzialmente dai conventuali e dai carmelitani (sec. XIII) e poi dagli agostiniani (sec. XVI), ora diventa appetibile e quasi ambíto anche da domenicani, minori e cappuccini, diventando così indicatore di una svolta verso un inserimento più deciso nella struttura della chiesa locale. Nelle facoltà e atenei pontifici diretti dai Mendicanti, in particolare all’Angelicum e all’Antonianum si introducono corsi, poi interi dipartimenti, di scienze sociali e di eloquenza. Cappuccini e minori si impegnano nel rinnovamento della predicazione e soprattutto delle missioni popolari, che diventano organismi per la purificazione della devozione popolare e dopo il Vaticano II sprone alla comunione ecclesiale. Negli anni 1970, anche le congregazioni femminili aderiscono all’iniziativa delle missioni al popolo, le quali nel frattempo si specializzano creando modalità adatte alla evangelizzazione del mondo operaio, urbano e delle periferie, con forme denominate di itineranza o di semipermanenza. Dagli anni 1980 la famiglia francescana conduce una riflessione affiancandosi a istituti moderni, quali redentoristi, passionisti, oblati ed altri che sul territorio italiano svolgono un ruolo preminente nel campo delle missioni al popolo.

    Aggiornamento conciliare. Nel processo di rinnovamento della vita religiosa richiesto dal Concilio Vaticano II con l’appello a far ritorno all’ispirazione primigenia, al modello dei fondatori, si distinguano in modo particolare per laboriosità delle procedure intraprese, i minori, i cappuccini, gli agostiniani, in parte anche i carmelitani. Gli ultimi si sono trovati a chiarire il ruolo del fondatore, dovendo distinguere in questa funzione differenti componenti: l’ispiratore, il modello di virtù, il codificatore ecc. Gli agostiniani si sono impegnati intensamente per dimostrare l’esclusività della loro attinenza a S. Agostino, dato che la regola del vescovo di Ippona, lungo il corso della storia è stata assunta a riferimento normativo da parte di numerosi istituti religiosi. Cappuccini e frati minori, che a tempo debito rifiutarono il privilegio tridentino sulla proprietà in comune, durante il processo di aggiornamento, per rispondere ai tempi, giungono a ritenere necessario invece chiedere alla Sede apostolica l’abolizione delle dichiarazioni pontificie emanate nei secoli per regolamentare la tanto controversa prassi dell’uso dei beni.

    Fonti e Bibl. essenziale

    G. Buffon, Storia dell’ordine francescano. Problemi e prospettive di metodo, Roma, Storia e Letteratura, 2013; J. Gavigan, Los Agustinos desde la revolución Francesa hasta los tiempos modernos, Roma, Istitutum Historicum Prdinis Fratrum S. Augustini, 1999; W. Hinnebusch, I Domenicani-Breve storia dell’Ordine, Alba (CN), Paoline, 1992; L. Iriarte, Storia del francescanesimo, Napoli, EDB, 1982; G. Odoardi, Conventuali, Frati Minori Conventuali, in: Dizionario degli Istituti di perfezione, vol. 3, Roma 1976, coll. 1-94; G. Rocca, Tra Chiesa e Stato. La vita religiosa tra fine Ottocento e inizio Novecento, in Collectanea Franciscana 83/1-2 (2013), 5-24; ID., Donne religiose, Contributo a una storia della condizione femminile in Italia nei secoli XIX-XX, Roma 1992; J. Smet, The Carmelites: The modern period 1750-1950, Vol. IV, Darien (Illinois), Carmelite Spiritual Center, 1985.


    LEMMARIO