Probabilismo – vol. I

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    Autore: Amarante Alfonso
    1. I primordi del probabilismo

    Il Probabilismo è un sistema morale codificato come tale solo nel XVI secolo dal domenicano Bartolomé de Medina (1527-1580), uno dei maggiori esponenti della cosiddetta “scuola teologica di Salamanca e della seconda scolastica”.

    Per capire cosa è il probabilismo e come si diffuse in teologia morale, attraverso la casistica, bisogna puntualizzare alcuni concetti.

    Il problema della coscienza rettamente formata, e come essa debba comportarsi davanti al dubbio di liceità di un’azione, è presente come questione teologica dagli albori della Chiesa. Ad esempio su tale tema i padri della chiesa più che offrire una riflessione speculativa e sistematica, hanno indicato sempre soluzioni riferite a casi particolari.

    San Tommaso (ca 1225-1274) cerca di puntualizzarne i termini e scrive «Nullus enim ligatur ad aliqua faciendum nisi aliqua lege. Sed homo non facit sibi ipsi legem. Ergo, cum conscientia sit ex actu hominis, conscientia non ligat». (De Veritate, 17, 3, 1). Tommaso sostiene che nessun uomo è vincolato moralmente da una legge se non ne ha conoscenza.

    Nel periodo medievale, specialmente con la scolastica, si inizia a porre in modo sistemico la domanda intorno alla questione della formazione della coscienza, e quindi del suo agire, davanti a un dubbio. La soluzione che i teologici scolastici propongono può essere così riassunta: nel dubbio stretto o davanti ad un’opinione poco probabile non è lecito agire perché si è esposti al peccato.

    La maggior parte delle soluzioni che vengono offerte dai teologici del XIV e XV secolo rimandano ai principi tuzioristi. La conoscenza probabile nell’azione deve corrispondere alla conoscenza scientifica. In questo senso, probabile non è altro che “la certezza pratica nelle cose contingenti e non necessarie”.

    Per le cose necessarie la verità deve essere certa. La verità in materia contingente deve essere retta da un’opinione probabile nelle argomentazioni. Questo discorso entra in crisi quando la coscienza davanti a un dubbio non sa a cosa deve aderire perché la verità speculativa non è chiara. Per uscire dall’impasse, i teologici medievali proposero che davanti ad una situazione dubbiosa bisognava sempre scegliere l’opinione più severa in quanto oggettivamente più sicura dell’opinione opposta.

    1. La nascita ufficiale del probabilismo

    Presso l’università di Salamanca, uno dei grandi centri della riflessione pre e post tridentina, si diede nuovo impulso alla scolastica tomista per offrire risposte al nuovo ordine sociale ed economico che si andava configurando in seguito alla scoperta del continente americano e al grande evento ecclesiale del Concilio di Trento (1545-1563). Il probabilismo come sistema morale, così come oggi è conosciuto, nasce in questa università grazie ad alcuni grandi maestri come Francisco de Vitoria (c. 1483-1546), Melchior Cano (1509-1560) e Domingo de Soto (1494-1560). Prima che il de Medina formulasse il principio del “probabilismo”, già altri docenti di questa università insegnavano la probabilità positiva. Essi sostenevano comunemente che davanti a due opinioni probabili si poteva scegliere quella che si voleva. Ma nel caso di giudizio in cui fosse coinvolta una terza persona si doveva scegliere la sentenza più probabile.

    Nella diciannovesima questione della sua Expositiones in primam secundae Divi Thomae (1577), B. de Medina affronta il problema se la coscienza erronea obbliga oppure no. Nella stessa, egli discute anche il problema del dubbio della coscienza. Medina arriva ad una distinzione tra l’incertezza speculativa e quella pratica. Se si dubita speculativamente su qualcosa, non è automatico che si sbagli in una situazione di decisione pratica.

    Il modo di Medina di presentare la questione, in quest’opera, è nuova. Egli perviene ad una sostanziale distinzione tra due modi di costruire le opinioni morali: 1. quelle che sono probabili; 2. e quelle che sono improbabili.

    Riferendosi ad Aristotele, Medina stabilisce che le opinioni probabili sono quelle confermate da molti argomenti come anche dall’autorità della prudenza. Le opinioni improbabili trovano il supporto degli argomenti e delle autorità. Formula il principio del probabilismo in questi termini “Mi sembra che se un’opinione è probabile, allora, ad uno è permesso di seguire questa opinione anche se l’opposta è più probabile”.

    Il primo argomento di Medina a favore di questo punto di vista è che, poiché ci è concesso di seguire le opinioni probabili a livello speculativo senza pericolo di errore, possiamo seguire le opinioni probabili a livello pratico senza il pericolo di peccare.

    Il secondo argomento è che la nozione di opinione probabile implica che un’opinione probabile potrebbe essere seguita senza rimprovero. Utilizza il concetto di opinione probabile come sinonimo di opinione approvabile da parte delle autorità qualificate.

    Il terzo argomento di Medina ha qualche somiglianza con il secondo. Dichiara che, nel seguire un’opinione probabile, nessuno è compromesso con il peccato perché un’opinione probabile è in accordo sia con la retta ragione sia con l’opinione degli uomini prudenti. Se un’opinione particolare è contro ragione allora, per definizione, essa non rappresenta un’opinione probabile.

    Dopo questa premessa, de Medina cerca di rispondere a due questioni: 1. È peccato agire contro la coscienza dubbia? 2. È lecito agire contro la propria opinione?

    La coscienza dubbia è quella che non ha né assenso, né dissenso, ma rimane nel dubbio (q. 19, a.6, ad.4).

    In questo caso, egli si chiede: come dobbiamo agire nel dubbio grave? A tale domanda offre una serie di argomentazioni teologiche che scaturiscono dalla recta ratio per giungere ad affermare che nel dubbio si deve giudicare sempre secondo sicurezza.

    Allo stesso tempo Medina si domanda se è lecito agire contro la propria opinione. Afferma che l’opinione probabile è l’opinione confermata da grandi ragioni e dall’autorità degli studiosi. Di conseguenza se l’opinione è probabile, è lecito seguirla, anche lasciando la propria opinione che potrebbe essere più sicura. Questo suo ragionamento lo porta ad affermare che “L’opinione probabile è quella che possiamo seguire senza pericolo di errore e di inganno”. La condizioni necessaria per stabilire una opinione come probabile, è che si abbiano buone ragioni e argomenti e che questi siano difesi dai maestri saggi.

    Il probabilismo formulato in questo modo sembrava capace di rispondere con certezza alla sua domanda di partenza. In realtà la speculazione teologica segnalò nel corso dei secoli alcuni limiti. Ad esempio l’accontentarsi della sola opinione probabile apriva al lassismo più bieco facendolo diventare vero sistema morale per giustificare l’ingiustificabile.

    Gli stessi domenicani contrapposero al probabilismo il probabiliorismo. Questo sistema morale sostiene che si può seguire l’opinione favorevole alla libertà solo nel caso in cui questa opinione sia sicuramente “più” probabile dell’opinione favorevole alla legge.

    1. La discussione sul probabilismo

    Se fin qui si era nel campo della speculazione teologica, ben presto il probabilismo – come altri sistemi morali nati per indicare soluzioni davanti a situazioni dubbiose –, venne applicato nella pratica pastorale e particolarmente nel campo del sacramento della riconciliazione.

    Per tutto il medioevo il peccato corrispondeva – secondo la definizione di sant’Agostino – ad ogni azione, parola o desiderio contro la legge eterna. Con l’affermarsi del concetto di coscienza individuale – chiamata a rispondere nella complessità della vita in fedeltà alla norma morale –, la soluzione offerta da Medina non rendeva schiavi del più sicuro davanti al dubbio ma lasciava delle possibilità di poter scegliere diversamente grazie a delle opinioni probabili sostenute da teologi dotti. Ai probabilisti interessa riaffermare che la libertà è il bene proprio ed originario dell’uomo. L’uomo è creato libero, pertanto gode del “principio del possesso” che difende la libertà davanti ad una norma non chiara. In pratica questo nuovo modo di porre questioni delicate di morale, svincolava i fedeli da norme non scritte, su costumi o riti tipici del medioevo o dell’età moderna. All’improvviso l’uomo faceva l’esperienza di autodeterminarsi in tante piccole scelte quotidiane che fino ad allora erano vincolate da norme universali non scritte ma seguite da tutti.

    Questo nuovo modo di usare in teologia morale il concetto di opinione probabile portò alla raccolta delle tesi e dei “casi di coscienza”, proposti dai teologici probabilisti, che diventarono un vademecum da applicare durante la celebrazione del sacramento della riconciliazione.

    Il probabilismo, però, apriva a vari problemi di carattere teologico che poi si riversarono nella pratica pastorale. Il principale problema era il rapporto tra legge e coscienza. Secondo gli autori probabilisti, fedeli all’occamismo, la legge è estrinseca all’uomo. È adesione alla volontà di Dio che comanda all’uomo di fare questo o evitare quello. Tommaso d’Aquino invece aveva insegnato che la legge è un comandamento della ragione e quindi interiore.

    I probabilisti, esasperando l’aspetto della norma estrinseca, riportarono la morale nel campo del legalismo o dell’obbligo. La norma doveva vietare o acconsentire una determinata azione. Davanti al dubbio di legge, la coscienza poteva agire come credeva più opportuno.

    La reazione più violenta al probabilismo venne dagli ambienti giansenisti che caddero ben presto nel rigorismo più assoluto. Ricercando sempre il più sicuro, portano le coscienze verso l’esasperazione della legge. Il bene da solo non bastava se non era perfetto.

    Il probabilismo venne corretto da Alfonso de Liguori (1697-1787) con il suo sistema detto equiprobabilista. Alfonso assunse il principio del possesso per affermare che davanti a due opinioni probabili, ma opposte, la coscienza è obbligata solo davanti ad una legge certa. La legge cessa di vincolare solo nel momento in cui si è alla presenza di un’opinione più probabile e in favore della libertà. Il sistema alfonsiano sistema si regge su tre principi: sulla ricerca costante della verità, sul primato della coscienza e le esigenze della libertà.

    L’Equiprobabilismo, così come lo conosciamo oggi, venne formulato dai redentoristi intorno al 1870 dopo una lunga disputa con il gesuita Antonio Ballerini (1805-1881) il quale accusava il de Liguori di seguire il probabilismo semplice.

    Conclusione

    Il probabilismo come sistema morale ha formato intere generazioni di sacerdoti attraverso le Institutiones morales. Con il rinnovamento proposto dalla scuola di Tubinga questi manuali iniziarono ad andare in crisi per scomparire quasi del tutto alla vigilia del Concilio Vaticano II.

    Il successo del probabilismo, e quindi della casistica e dei sistemi morali, più in generale, è dovuto certamente all’imporsi dell’individualismo tipico dell’era moderna. Mentre il medioevo aveva proposto l’ideale dell’unità organica, finalizzato al bene comune della cristianità, con il Rinascimento si è esalto l’individuo estrapolandolo come centro del proprio agire, senza riferimento all’altro. Dal teocentrismo siamo passati all’individualismo. Questa svolta era stata preparata dall’impostazione nominalistica operata da Gugliemo da Ockham (1285-1347). Nella sua teoria, negando la realtà dell’universale, ha messo al centro il solo individuo. Di conseguenza la morale ha posto la sua attenzione sulla sola coscienza individuale e sugli atti singoli.

    Il Concilio di Trento aveva affidato al clero la cura particolare del sacramento della penitenza come formazione e controllo delle coscienze. Esaltando la coscienza individuale, tutta la morale si è concentrata sulla casistica e sui sistemi morali per rispondere a problemi individuali e non connessi con la coscienza comunitaria.

    Il probabilismo in questo modo ha facilitato la casistica rendendo il sacramento della confessione una pura tecnica dove il penitente si accusava e il sacerdote come giudice era chiamato ad assolvere o punire. Tutto ciò ha portato la morale cattolica a non sapere rispondere nel XIX secolo ai nuovi problemi agitati dall’industrializzazione e dalla nascita del nuovo senso sociale.

    Fonti e Bibl. essenziale

    A. V. Amarante, «Probabilismo, attrizionismo e contrizionismo» in Chiesa e Storia 1 (2011), 239-258; Id. «Prudenza e prudenzialità in sant’Alfonso» in Studia Moralia 43 (2005) 2, 469-492; J. M. Aubert «Probabilisme» in Catholicisme hier aujourd’hui demain. Encyclopédie publiéee sous la patrogne de l’Instiuti catholique de Lille, vol. XI, Letouzey et Ané, Paris 1988, 1064-1076; Th. Deman, «Probabilisme» in Dictionnaire de théologie catholique contenant l’exposé des doctrines de la théologie catholique leurs preuves et leur histoire, vol. 3, Letouzey et Ané, Paris 1936, 417-619; J. Delumeau, La confessione e il perdono, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 1992; R. Gerardi, Storia della Morale, EDB, Bologna 2003; B. Petrà, «Teologia morale», in La teologia del XX secolo. Un bilancio, III, G. Canobbio – P. Coda (edd.), Città Nuova, Roma 2003, 97-193; S. Pinkaers, Le fonti della morale cristiana: metodo, contenuto, storia, Ed. Ares, Milano 1985. L. Vereecke, Da Guglielmo d’Ockham a S. Alfonso de Liguori, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1990; M. Vidal, Historia de la teologia moral. De Trento al Vaticano II. Tomo 1: Crisis de la razón y rigorismo moral en el Barroco (s. XVII), Ed. Perpetuo Socorro, Madrid 2014; Id., Historia de la teologia moral. De Trento al Vaticano II. Tomo 2: El siglo de la Illustracón y la moral católica (s. XVIII), Ed. Perpetuo Socorro, Madrid 2017.

    LEMMARIO