Santità – vol. II

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    Autore: Zamboni Lorenzo

    Secondo il cristianesimo, è Dio che comunica la “santità” ad ogni essere umano attraverso la mediazione di Cristo. Infatti, se per l’Antico Testamento Dio solo è il “santo” (Isaia 6,3), nel Nuovo Testamento è Gesù a manifestarlo con pienezza, in quanto è l’unico “Santo di Dio” (Giovanni 6,69). Così nessun uomo può esaurire la perfezione di Dio, ma ciascuno può dirne qualcosa, ed alcuni riescono a realizzare con totale radicalità la volontà di Dio, trasmettendo con la loro azione il suo amore: essi sono i “santi”, il capolavoro della grazia di Dio, modelli di umanità e di libertà. La Chiesa, perciò, non può esimersi dal proclamare i santi in nome di quell’annuncio che ne costituisce la missione.

    A questo punto, ci possiamo chiedere se sia possibile scrivere una “storia della santità”, e come si possa intenderla. Si può: poiché i santi hanno il cuore per Dio e per i fratelli, ma camminano nella storia con i piedi per terra, così la storia della santità cristiana è la storia del mondo come gli uomini vorrebbero che fosse secondo il messaggio evangelico: è una storia incarnata, vissuta nel tempo. Ne deriva, dunque, che il fenomeno della santità è complesso e multiforme; ne esamineremo alcuni aspetti relativi alla Chiesa italiana dall’Unità della Penisola in poi.

    Beatificazioni e Canonizzazioni

    Un primo aspetto da considerare è il numero delle beatificazioni e delle canonizzazioni, che rappresentano il riconoscimento “ufficiale” della santità.

    Numero beatificazioni e canonizzazioni di diocesi italiane
    Periodo Beati Santi
    1861-1870 4 5
    1871-1880 0 0
    1881-1890 7 5
    1891-1900 8 2
    1901-1910 6 2
    1911-1920 2 1
    1921-1930 11 3
    1931-1940 7 8
    1941-1950 8 7
    1951-1960 10 11
    1961-1970 11 4
    1971-1980 12 1
    1981-1990 38 10
    1991-2000 59 7
    2001-2007 47 23
    Fonte: mia elaborazione da Index ac status causarum, 1999 e I supplementum 2000-2007.

    In questa tabella è possibile leggere il numero dei beati e dei santi promossi nelle diocesi italiane, anche se non si tratta necessariamente di santi italiani: ad esempio, sono comprese figure come San Leopoldo Mandic, cappuccino croato che ha esercitato il ministero a Padova – diocesi in cui si è svolta l’Inchiesta – mentre sono escluse figure come Santa Francesca Cabrini, italiana di Sant’Angelo Lodigiano, che tanto ha fatto per gli immigrati negli Stati Uniti, ma la cui causa è stata portata avanti dalla diocesi di Chicago, cioè laddove ella è morta. La scelta riprende il n. 21 § 1 della Istruzione Sanctorum Mater della Congregazione delle Cause dei Santi uscita nel 2007, che prescrive che il vescovo competente ad istruire l’Inchiesta diocesana sia quello nel cui territorio il Servo di Dio è morto, poiché si presume che quella sia la diocesi in cui egli ha operato maggiormente. È tuttavia possibile chiedere il trasferimento, come suggerisce il n. 22 § 1.

    Dal conteggio dei dati, ricavabile dall’Index ac status causarum, pubblicato a cura della stessa Congregazione, emerge come l’andamento delle cause sia stato abbastanza costante fino al 1920, con l’esclusione del decennio 1871-1880, periodo in cui Pio IX fermò ogni cerimonia in seguito alla presa di Porta Pia. Successivamente, all’incirca dal 1922, anno d’inizio del pontificato di Pio XI, si registra un aumento delle canonizzazioni, riconosciute con una media di circa una figura all’anno tra quelle promosse nelle diocesi italiane; quindi, a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, segue un’ovvia flessione. L’intuizione del papa lombardo, che col Motu Proprio Già da qualche tempo del 1930 istituì la Sezione Storica, è stata quella di superare la mentalità “giuridica”, e di attribuire quindi un valore importante ai documenti ed alle testimonianze. Questa riforma da un lato valorizzava il contesto storico, familiare, sociale e culturale in cui aveva vissuto il santo, dall’altro apriva la strada ad una presenza più varia di figure, e così tutti potevano e dovevano essere santi. Questo andamento numerico si è confermato fino all’inizio degli anni Ottanta, momento in cui segue una decisa impennata, in linea con l’andamento generale delle beatificazioni e delle canonizzazioni. Infatti, dopo una prima riforma di Paolo VI nel 1969 col Motu Proprio Sanctitas Clarior, con cui furono unificati i due processi, ordinario ed apostolico, si ridussero da quattro a due i miracoli necessari per arrivare ad una canonizzazione per virtù eroiche, nel 1983 la Costituzione Apostolica Divinus Perfectonis Magister e le Normae Servandae riformarono radicalmente il procedimento per le beatificazioni e per le canonizzazioni, in particolare con la riduzione a cinque anni del periodo di tempo successivo alla morte necessario per l’inizio del processo rispetto ai trenta originariamente previsti dal canone 2038 del Codice del 1917.

    Lo studio delle beatificazioni e delle canonizzazioni rivela come buona parte della chiesa italiana fosse attenta a questo tema.

    DIOCESI ITALIANE CON PIÚ DI 5 PROCESSI APERTI
    Diocesi Anno 1953   Diocesi Anno 1999
    Napoli 56   Roma 102
    Roma 56   Napoli 74
    Torino 23   Torino 36
    Genova 14   Palermo 32
    Milano 14   Milano 28
    Palermo 12   Bologna 19
    Firenze 10   Firenze 17
    Lucca 9   Brescia 16
    Bologna 8   Genova 14
    Brescia 7   Vicenza 14
    Nocera Inferiore 7   Verona 13
    Lodi 6   Bergamo 12
          Venezia 12
          Lucca 9
          Monreale 9
          Novara 9
          Nocera Inferiore 8
          Viterbo 8
          Bari 7
          Catania 7
          Lodi 7
          Messina 7
          Parma 7
          Agrigento 6
          Osimo 6
          Imola 6
          Padova 6
          Senigallia 6

    Dal computo dei processi in corso nelle singole diocesi emerge come il numero degli stessi sia decisamente aumentato in poco meno di cinquant’anni, e per di più si nota appunto che la distribuzione delle cause riguarda tutta l’Italia. Se negli anni Cinquanta erano le grandi diocesi ad avere in corso il maggior numero di processi, la situazione del 1999, pur confermando questo dato, dimostra che in numerose realtà diocesane più piccole rimaneva viva l’attenzione al riconoscimento della santità tramite i processi. È aumentato considerevolmente anche il numero delle diocesi con almeno un processo in corso: se erano soltanto 106 nel 1953, nel 1999 sono 244, tra le quali 95 con un solo processo avviato.

    Per quanto riguarda i processi, è importante segnalare l’introduzione nel 2017 dell’offerta della vita come “quarta via” dell’iter delle canonizzazioni. Con il Motu Proprio Maiorem hac dilectionem, papa Francesco ha introdotto una novità nella secolare prassi della Chiesa, che finora aveva riconosciuto come vie della canonizzazione il martirio, le virtù eroiche e la conferma di un culto antico (“casus excepti”). Con l’offerta della vita, cioè tramite l’accertamento di una morte certa e prematura, si viene ad agevolare la beatificazione e la canonizzazione di quei fedeli che hanno eroicamente offerto in modo libero e volontario la propria vita per il prossimo; questa forma di canonizzazione si differenzia dal martirio nell’assenza del persecutore anticristiano. È per ora prematuro valutare concretamente l’effetto sui processi di beatificazione e di canonizzazione, ed in particolare per le figure italiane.

    Modelli di Santità

    Connessi con le canonizzazioni, ma non solo, sono i modelli di santità proposti dalla chiesa in Italia. Alcuni di essi sono presentati, anche se non ancora riconosciuti, dalla Chiesa Ufficiale; inoltre sono soprattutto gli ordini religiosi a proporre i loro modelli. È possibile, tuttavia, rintracciare alcune caratteristiche costanti.

    Un primo modello proposto alla venerazione dei fedeli di tutto il mondo, che rimane costante per tutto l’Ottocento e per gran parte del XX secolo, è quello dei fondatori e delle fondatrici. Questo modello si configura innanzitutto nel suo essere di stampo italiano e, soprattutto, romano: la presenza nell’Urbe e nelle sue vicinanze di istituzioni centrali di ordini e congregazioni religiose, di fatti, ha facilitato l’introduzione delle cause dei fondatori a Roma. In questo modo, il riconoscimento della santità dei religiosi e degli ecclesiastici ha accentuato la sacralità della città eterna, elemento che certamente non è dispiaciuto alle autorità ecclesiastiche. Ne è derivato che, nella diocesi di Roma, il numero delle cause è aumentato al punto di essere superiore a quello di interi paesi tradizionalmente cattolici, come Austria, Portogallo e Belgio. Ciò vale soprattutto per le figure femminili: la metà delle sante canonizzate a partire dal XX secolo sono fondatrici di ordini religiosi. Il fatto che ciò sia potuto avvenire solo in tempi recenti è dovuto al fatto che le stesse istituzioni femminili hanno potuto affrontare il lungo ed impegnativo iter della canonizzazione solamente dopo aver raggiunto un’autonomia finanziaria e il necessario spirito di iniziativa.

    Un secondo modello proposto ai fedeli è quello della “santità ultramontana”, che propone un ideale di santità a forte configurazione ecclesiastica, con accentuato privilegio del modello clericale. In un contesto permeato da una notevole sensibilità post-tridentina, Giovanni Maria Vianney e San Carlo Borromeo sono i modelli rispettivamente per i presbiteri e per i vescovi: la fedeltà alla Chiesa, infatti, è proposta come valore predominante. Sono inoltre incentivate alcune devozioni, come quella del Sacro Cuore e della Vergine Maria, la quale in particolare trae vantaggio dalle apparizioni che culminano a Lourdes nel 1858, con la conferma della precedente approvazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Il movimento ultramontano raggiunge il proprio acme durante il Concilio Vaticano I, con l’approvazione del dogma dell’infallibilità. Pochi mesi dopo termina il potere temporale del papa, Pio IX si proclama “prigioniero in Vaticano” e suscita la solidarietà del mondo cattolico, che risponde con affetto e devozione.

    Attorno al 1880 lentamente interviene un cambiamento. La devozione ultramontana, che pure aveva ispirato tante iniziative caritatevoli ed assistenziali, ma che anche aveva promosso forme di preghiera che sottolineavano aspetti sentimentalistici e puerili, come pure intenzioni moralizzatrici, cedeva lentamente il passo ad una ricerca di Dio più semplice ed essenziale, ad un abbandono incondizionato. È questo il messaggio di Teresa di Lisieux, che ebbe eco immediata in quel contesto, al quale in Italia si può associare quello di Rita da Cascia, canonizzata durante il Giubileo del 1900, e di Gemma Galgani, morta nel 1903 e canonizzata per una vita di nascondimento, di segrete penitenze e di umiltà.

    In questo scorcio di fine Ottocento, in Italia inizia ad emergere in Italia il riconoscimento di una “santità sociale” a diversi individui, spesso ancor prima che la Chiesa li proponga ufficialmente alla venerazione dei fedeli. Il modello di questa santità è san Giuseppe, sposo di Maria. Se, alla fine dell’Ottocento, la Chiesa iniziava a rapportarsi con una società in trasformazione e con la nuova categoria produttiva degli operai, la risposta delle gerarchie alle mutate condizioni di vita produsse una fitta rete di enti ed istituti di assistenza di vario tipo. Da questo contesto emergono, soprattutto nel XX secolo, diversi personaggi italiani, come don Giuseppe Benedetto Cottolengo, morto nel 1842 e canonizzato nel 1934 alla conclusione del Giubileo della Redenzione, oppure don Luigi Orione (morto nel 1940, canonizzato nel 2004), don Carlo Gnocchi (morto nel 1956), o don Zeno Saltini (morto nel 1981).

    Un ulteriore modello di cristianità caratterizza il periodo 1910-1950 circa. In quegli anni, infatti, dapprima si accresce la tensione internazionale, quindi l’esasperato nazionalismo produce effetti deleteri (Pio XI ne denuncerà gli eccessi) che culminano nelle due Guerre Mondiali. La chiesa propone il ritorno ad un ideale di cristianità da opporre alle ideologie del tempo, con un programma che nel 1925 ha portato, tra le altre iniziative, all’introduzione della festa di Cristo Re. Di conseguenza, figure come San Giovanni Bosco, beatificato nel 1929 e canonizzato nel 1934, o Santa Paola Frassinetti, beatificata nel 1930, costituiscono modelli di educazione della gioventù. Proprio il fondatore dei salesiani è canonizzato nel giorno di Pasqua, 1° aprile 1934, in una solenne celebrazione con cui si conclude l’anno Santo della Redenzione, terminato il giorno seguente con la chiusura della Porta Santa. La data di questa canonizzazione è eccezionale, ed il papa stesso la considerò come suggello dell’anno della Redenzione. A questi modelli si aggiungono i santi giovani: tra essi spiccano Domenico Savio, su cui nel 1859 è pubblicata a cura dello stesso don Bosco una biografia modellata su quella di San Luigi Gonzaga, patrono della gioventù dal 1729, oppure la figura di Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 e di cui tre anni dopo don Antonio Cojazzi pubblicò un’interessante biografia. Anche all’interno degli ordini regolari spiccano casi di santi giovani, come Gabriele dell’Addolorata, morto nel 1862, beatificato nel 1908 e canonizzato nel 1920, il cui culto, originariamente promosso in funzione antiunitaria, si diffuse sino alla canonizzazione del 1926, con la quale fu elevato al livello di co-patrono della gioventù. In quegli stessi anni, si recuperò anche l’interesse verso i santi dell’antichità, come san Tarcisio, figura in realtà più letteraria che storica, oppure come Sant’Agnese, proposta alle ragazze come figura esemplare, sulla base della quale venne riletta la vicenda di Maria Goretti, morta nel 1902 e la cui prima biografia agiografica è del 1929.

    Già durante il pontificato di Pio XI, ma ancor più con quello di Pio XII, inizia ad emergere una valorizzazione della santità anche nel laicato, ampliata certamente dal Concilio Vaticano II, ma di cui l’assise conciliare non ha l’esclusiva. Tra i santi laici si trovano personaggi molto diversi tra loro, come il già citato Frassati, oppure come Bartolo Longo, fondatore del santuario di Pompei, morto nel 1926 e beatificato nel 1980, o come Giuseppe Moscati, medico beneventano morto nel 1927 e canonizzato nel 1987, o anche come Contardo Ferrini, professore universitario, morto nel 1927 e beatificato nel 1947, oppure come la mamma Gianna Berretta Molla, morta nel 1962 e proclamata santa nel 2004, ed ancora come il professor Giuseppe Lazzati, morto nel 1986 e proclamato venerabile dal 2013: tutte figure che sono soltanto alcuni tra gli esempi che riflettono l’insegnamento del Concilio Vaticano II sulla santità. Il Concilio di Trento aveva già trattato del culto dei santi, contestato dalla Riforma, ma non aveva fornito un’esposizione sistematica sulla santità, come fece invece Lumen Gentium, da cui è possibile sintetizzare tre elementi centrali: in primo luogo, tutti i fedeli sono chiamati alla santità; quindi essa non è altro che l’unione con Cristo; infine, quest’unica santità si presenta in forme molteplici. Per questo motivo, accanto ai modelli tradizionali, si moltiplicano i santi vissuti in ambienti e àmbiti di vita diversi da quelli tradizionali, che pure continuano a permanere, come quello della vita religiosa, nel caso di San Pio da Pietrelcina, oppure in quello della vita sacerdotale, come per San Giovanni Maria Vianney e per San Giovanni Bosco.

    Nel mondo contemporaneo, questo cammino trova una conferma ed un’esplicitazione nell’esortazione apostolica sulla chiamata alla santità Gaudete et exsultate del 19 marzo 2018. Papa Francesco, ricordando che “per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità” (n. 19), riporta al centro della vita cristiana l’universale chiamata alla santità, valorizza “i santi della porta accanto” o “la classe media della santità” (n. 7); porta cioè alla luce i segni della santità di tutti i membri del popolo di Dio, a partire dai genitori, dagli sposi, dai malati che vivono con fede, speranza e carità la loro vita ordinaria. Inoltre, si dà grande attenzione alla santità femminile (tra le altre, sono citate espressamente due figure italiane contemporanee: la beata Maria Gabriella Sagheddu e santa Giuseppina Bakhita, sudanese che ha vissuto gran parte della vita in Veneto). Per questo motivo, nel capitolo quarto dell’esortazione, papa Francesco evidenzia cinque grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo che ritiene importanti nel contesto culturale del ventunesimo secolo: sopportazione, pazienza e mitezza; gioia e senso dell’umorismo; audacia e fervore; aspetto comunitario; preghiera costante. La santità proposta da papa Francesco non è, dunque, un traguardo impossibile, ma una via per tutti praticabile attraverso i piccoli gesti della quotidianità.

    Le Devozioni Popolari

    Al tema della santità si lega anche una riflessione sulle devozioni, che dimostrano la sensibilità alla santità “dal basso”. Se ci riferiamo ai santi, il culto sembra aver subìto un’eclissi, perché il secolo XIX sembra essere il secolo delle devozioni ai santi, mentre nel XX esse sono soggette ad un lento ma costante oblio. In realtà, durante l’Ottocento, sono due gli interlocutori più invocati: la Vergine Maria e San Giuseppe, che respingono nell’ombra il resto dei santi. Il culto di Maria è associato a quello di Gesù, in particolare nella Santa Famiglia, un modello proposto dal clero cattolico con sempre maggior frequenza contro la secolarizzazione crescente. Grazie anche al riconoscimento delle apparizioni mariane, lo spazio dedicato alla Madonna nella spiritualità cristiana si estende in modo crescente, ed essa è invocata da tutte le categorie di fedeli: è madre umile e gloriosa di Dio, è Madre dolorosa del Calvario, è Madre Misericordiosa per coloro che la invocano. Anche i due dogmi, quello dell’Immacolata Concezione del 1854 e quello dell’Assunta del 1950, contribuiscono a diffondere e rinforzare questa devozione. Il rosario diviene preghiera comune, il mese di maggio assume uno spazio notevole nella scansione del tempo cristiano. Inoltre, grazie al culto mariano, nell’Ottocento ritorna ad emergere una fitta rete di santuari mariani: tra questi, in Italia si distinguono per numero di presenze Loreto e Pompei, che hanno progressivamente assorbito l’importanza precedentemente dedicati ai santi, soprattutto locali. Il culto della Sacra Famiglia si giovò anche della maggiore attenzione dedicata a san Giuseppe, molto invocato nel XIX secolo, modello di ubbidienza e umiltà ed efficace protettore. Nel 1847 Pio IX estese a tutta la Chiesa la festa liturgica di San Giuseppe il 19 marzo; quindi, nel 1955, papa Pio XII volle dare un senso cristiano alla Festa dei Lavoratori del 1° maggio fissando la festa di San Giuseppe lavoratore; inoltre, sia Pio IX, sia e Pio XI, consacrarono a San Giuseppe il mese di marzo.

    In generale, le devozioni ai santi affrontano nel tempo un’evoluzione, perché piano piano l’interesse verso il santo protettore cede il passo al santo da cui si attende un insegnamento ed uno stimolo all’emulazione. A questo proposito, è bene notare che l’interesse storico ha fatto sì che, poco dopo il 1900, il culto di Santa Filomena, presunta martire che una errata interpretazione di una scritta catacombale aveva reso tale, abbia perso forza e diffusione, mentre figure come San Vincenzo de Paoli, simbolo della carità, San Francesco Saverio o San Luigi Gonzaga, grandi figure della Compagnia di Gesù, abbiano guadagnato interesse. Secondo Pio XI, i santi dovevano avere funzione catechistica, formativa ed esemplare, perciò, come già osservato, lo stesso papa promosse numerose canonizzazioni e beatificazioni. Verso il 1930 fu inoltre riletta e riscoperta la figura di san Francesco d’Assisi, più in virtù del cristocentrismo più che per lo spirito di povertà: lo stesso santo nel 1939 fu proclamato patrono d’Italia. Al giorno d’oggi, alcuni santi mantengono uno spazio di devozione grazie al santuario dove è conservato il corpo, come san Francesco, ad Assisi, sant’Antonio, a Padova, san Gabriele dell’Addolorata, il cui santuario è vicino a Teramo, san Giuseppe Moscati, le cui stanze sono ricostruite presso la chiesa di Gesù Nuovo a Napoli, Padre Pio da Pietrelcina, il cui corpo è conservato al santuario di San Giovanni Rotondo. Infine, alle devozioni dei santi e all’attenzione alla santità contribuisce ancora la diffusione di santini e di bollettini dei santuari, di molto aumentati negli ultimi duecento anni.

    Fonti e Bibl. Essenziale

    Fonti: Index ac status causarum, Città del Vaticano (varie edizioni: 1953; 1962; 1975; 1988; 1999); Index ac status causarum. I supplementum 2000-2007, Città del Vaticano 2008, Francesco, esortazione apostolica Gaudete et exsultate, Città del Vaticano 2018.

    Opere: Plongeron B. (cur.), Storia dei Santi e della santità cristiana, 11 vv., Parigi 1991; Scaraffia L., Zarri G., Donne e fede, Roma-Bari 1994; Rusconi R., Una chiesa a confronto con la società in Benvenuti A., Boesch Gajano S., Ditchfield S., Rusconi R., Scorza Barcellona F., Zarri G., in «Storia della santità nel cristianesimo occidentale», Roma 2005; Boesch Gajano S., La santità, Roma-Bari 1999; Rumi G., Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino 1995; Rusconi R., Santi della Chiesa nell’Italia Contemporanea, in «Cristianesimo nella storia», 18, 1997, 585-591; Delooz P., Sociologie et canonisations, Liegi 1969; Accattoli L., Nuovi martiri nell’Italia di oggi, in Elberti s.j. P.A. (cur.), «La santità» (Nuova Biblioteca di Scienze religiose), Napoli 2001, 155-162; Apeciti E., Pio XI e i suoi santi. La politica delle canonizzazioni, in Cajani F. (cur.), Pio XI ed il suo tempo (Quaderni della Brianza), Besana Brianza, 2000; Spadaro A., Gaudete et exsultate. Radici, struttura e significato della esortazione apostolica di papa Francesco in «La Civiltà Cattolica» 2018, II, 107-123; Criscuolo V., Pellegrino C., Sarno R.J., Le Cause dei Santi. Sussidio per lo Studium, Città del Vaticano 20184.

    LEMMARIO