Santuari – vol. I

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    Autore: Giovanni Liccardo 1

    Definizione. Condizione essenziale perché un luogo della memoria sia definito santuario è che sia (o sia stato) meta di pellegrinaggi periodici e istituzionalizzati; questo concetto è ora fissato dal can. 1230 del CJC del 1983, mentre il Direttorio su pietà popolare e liturgia (nn. 261-287) ha distinto i vari santuari e ha delineato la conformità del culto praticato mostrando l’orientamento per armonizzare la pietà popolare con la liturgia.

    Secondo una definizione flessibile, un santuario è ogni luogo segnato da “apparizioni” e “miracoli”, oggetto per questo di devozione e di pellegrinaggio; in ogni caso, l’origine e la permanenza del santuario non è determinata dall’autorità, ma dalla pietà popolare e dalla devozione dei fedeli.

    Non ogni luogo di culto è un santuario, solo quei luoghi che rispondono alla nozione di “segno memoriale”, dove cioè l’intervento divino si è manifestato personalmente (epifania), o in forma impersonale (ierofania), e sono meta di pellegrinaggi perché in quei luoghi Dio, provvidenzialmente, mediante la Vergine Maria o i santi, interviene operando miracoli a favore dei suoi fedeli. Dunque, non tutte le chiese possono dirsi santuari, soprattutto se non presentano la tomba o le reliquie di un santo e presso di esse non si verifica il pellegrinaggio annuale che costituisce il criterio indispensabile perché si possa definire santuario. Viceversa, possono esserlo i monumenti sacri o le cappelle rurali che – per esempio – conservano all’interno un’immagine creduta miracolosa o vari cicli pittorici cristologici o mariani o relativi alla vita e ai miracoli del santo che vi si venera.

    In questi anni le indagini sui santuari si sono intensificate, arricchendosi di notevoli risultanze, espresse soprattutto attraverso ricerche di singoli o di gruppi coagulate intorno a progetti, seminari convegni o workshop svoltisi prevalentemente in Italia, ma anche all’estero. Considerando che la storia di ogni luogo sacro si pone all’intersezione tra la sua specifica identità e il problema generale del rapporto uomo-spazio, l’attuale orientamento degli studi si muove su vari filoni; nel giugno del 1996 l’École française de Rome ha approntato un progetto di ricerca per il censimento dei santuari italiani, con l’adesione e la collaborazione di un grande numero di studiosi e ricercatori delle università italiane sparsi su tutto il territorio nazionale (risultati disponibili sul sito: www.santuaricristiani.iccd.beniculturali.it). Attesa la fecondità di questo nuovo campo d’indagine, ha avuto inizio un dibattito storiografico su complesse questioni collegate al concetto-santuario (identità, funzioni religiose, culturali e sociali).2

    Eppure, è ancora difficile arrivare a una tipologia condivisa che coniughi le specificità territoriali con l’analisi storiografica nel rispetto delle dinamiche istituzionali proprie ad ogni singolo caso; se ne può proporre una schematica classificazione: santuari martiriali (che includono santuari sulla tomba; santuari-memoria e/o con reliquie); santuari epifanici/ierofanici (che comprendono complessi cultuali sorti sui luoghi dove si è verificato un evento storico collegato con la vita del santo e santuari eremitici); santuari teofanici (che contano santuari micaelici e santuari mariani); santuari legati a eventi miracolosi tramite elementi naturali e santuari legati alla presenza di reliquie del santo e/o all’inventio miracolosa di oggetti. Un tipo distinto è quello cosiddetto ad instar, ovvero una ricostruzione su modello del prototipo (o anche contenente una semplice replica dell’immagine lì venerata; o una reliquia prelevata da un corpo santo e persino un privilegio di indulgenza simile a quella che si lucra nel santuario prototipo). Nella cristianità occidentale la prassi di costruire santuari ad instar fu inaugurata con un transfert della sacralità dal Santo Sepolcro a Roma: Santa Croce in Gerusalemme costituisce il primo esempio (poi le imitazioni del sepolcro eretto sulla tomba di Gesù Cristo si diffusero ovunque), ancorché il transfert sia legato non alla ricostruzione su modello – l’Anastasis non era stata ancora progettata – ma al trasferimento di terra del Calvario e di reliquie della passione.

    Infine, il desiderio di dare ai propri figli morti prematuramente la salvezza dell’anima è all’origine dei santuari del «ritorno alla vita», che gli studiosi francesi hanno chiamato à répit e altri della «doppia morte» o della «morte sospesa». In questi loca sancta compassionevoli cortei portavano i piccoli che non avevano visto la luce, o avevano chiuso gli occhi nei primi istanti di vita senza aver potuto ricevere il battesimo; frequentemente localizzati in luoghi appartati, su alture, in vallette, nei boschi, ma anche in zone collinari, sono rari in Italia (sulle Alpi occidentali la maggiore concentrazione) e di solito dedicati alla Madonna e ad alcuni santi.3

    L’età tardoantica e medioevale. L’origine dei santuari risale ai primi secoli del cristianesimo, intrinsecamente connessa al culto dei martiri, per il quale alcuni autori hanno trovato aspetti comuni con gli eroi greci; si riteneva che il santo, ormai in cielo, fosse rimasto “presente” in terra, presso la sua tomba, in questo modo quei monumenti funebri divennero dei santuari, meta di pellegrinaggi e l’autorità ecclesiastica si interessò presto della loro gestione. Allo stesso modo, se la tomba e il santuario edificato su di essa radicavano la memoria del santo in un luogo determinato, la moltiplicazione delle reliquie consentì un’accrescersi virtualmente infinito di luoghi santi non più vincolati all’inamovibilità del sepolcro; concetto sintetizzato nei celebri versi del Carme XIX di Paolino di Nola, composto nel 405 (vv. 342-352). Così, il fenomeno delle reliquie dei santi – ricercate, inseguite, contese, strappate o comperate – assunse, specie nel Medioevo, proporzioni considerevoli (e anche in questo non sono mancate relazioni con i casi di reliquie di eroi greci traslate e custodite gelosamente in luoghi sacri, come la spalla d’avorio di Pelope, venerata ad Olimpia).

    Eppure fino a quando proseguirono le persecuzioni i sepolcri dei martiri dovettero avere di solito le caratteristiche di una semplice memoria, un segno, un piccolo monumento, talvolta distinti da una sobria lapide. Esemplificativi, in propo­sito, sono i cosiddetti “trofei” eretti sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo e i sepolcri dei papi sistemati nella catacomba di S. Callisto sulla via Appia. Con la pace della Chiesa la venerazione per i martiri si diffuse ampiamente e il culto si avviò velocemente verso manifestazioni veramente colossali, soprattutto se si pensa alle basiliche volute da Costantino; alle soglie del V secolo si concentrarono a Roma i santuari più importanti e frequentati. La città accolse progressivamente nel suo tessuto urbano ed extraurbano in via di radicale trasformazione i segni monumentali del cristianesimo; ai peregrini, romani o stranieri, che fino alle soglie del medioevo si affollarono nelle strade verso i luoghi di devozione, l’area intorno alle Mura Aureliane si presentò come un’intricata rete di santuari, subdiali o sotterranei, di disuguale impatto visivo. Tra i santuari più visitati furono quelli di S. Pietro in Vati­cano, S. Paolo, S. Pancrazio, S. Lorenzo, S. Agnese, S. Ales­sandro, S. Ermete.

    Fuori dal Lazio, invece, si distinse innanzitutto il complesso basilicale di Cimitile (Nola), il cui nucleo si sviluppò per iniziativa di Paolino di Nola intorno alla tomba di San Felice. Notevole fu anche la diffusione, dalla fine del V secolo, del culto dell’arcangelo Michele, che fu venerato particolarmente nei santuari del monte Gargano (il più celebre e antico santuario dell’occidente latino dedicato all’Arcangelo), del Mons Aureus presso Olevano sul Tusciano, presso Larino e a Potenza; in questo caso, l’assestamento politico del Mezzogiorno, tra VI e VII secolo, sotto i bizantini e i longobardi di Benevento, rese più sicuro il transito e favorì varie forme di pellegrinaggio lungo le vie del Meridione d’Italia.

    Molto presto il santuario pugliese rappresentò il modello ideale anche per tutti i santuari angelici del settentrione d’Italia, che furono appunto eretti ad instar di quello garganico. Così, per esempio, la Sacra di San Michele della Chiusa, nacque e si sviluppò con la sua storia e le sue strutture attorno al culto di San Michele che approdò in Val di Susa nei secoli V o VI. La sua ubicazione in altura e in uno scenario altamente suggestivo, richiama immediatamente l’insediamento micaelico del Gargano. Fondata tra il 983 e il 987 sullo sperone roccioso del monte Pirchiriano si trova al centro di una via di pellegrinaggio di oltre duemila chilometri che unisce quasi tutta l’Europa occidentale da Mont-Saint-Michel a Monte Sant’Angelo.4

    Invece, relativamente ai luoghi di culto dedicati a san Benedetto e al suo Ordine, dei dodici monasteri voluti dal santo nella valle sublacense, l’unico sopravvissuto ai terremoti e alle distruzioni saracene fu quello di Santa Scolastica, che, sino alla fine del XII secolo, fu il solo monastero di Subiaco; suggestivo è anche quello della Madonna della Mentorella presso Capranica Prenestina, amministrato dai benedettini dal IX al XIV secolo. Tra i santuari benedettini settentrionali, invece, ebbe un ruolo importante quello di Santa Maria in Sylvis, nei pressi di Pordenone, costruito tra il 730 e il 735; nondimeno, del nobile e potente monastero benedettino sopravvive oggi solo una parte, incentrata intorno alla basilica, nella cui cripta si conserva la cosiddetta urna di S. Anastasia. Infine, della presenza benedettina in Sardegna è testimone, tra gli altri, il santuario di San Pietro di Sorres, in provincia di Cagliari, costruito su un colle nell’XI secolo e completato fra il 1170 e il 1190.

    Fonti e Bibl. essenziale

    F. Bisconti – D. Mazzoleni, Alle origini del culto dei martiri. Testimonianze nell’archeologia cristiana, Aracne Editrice, Roma 2005; L. Canetti, Frammenti di eternità. Corpi e reliquie tra Antichità e Medioevo, Viella, Roma 2002; Del visibile credere. Pellegrinaggi, santuari, miracoli, reliquie, a cura di D. Scotto, Olschki, Firenze 2011; A. Dupront, Il Sacro. Crociate e pellegrinaggi. Linguaggi e immagini, Bollati Boringhieri, Torino 1993; M. Fumagalli Beonio Brocchieri – G. Guidorizzi, Corpi gloriosi. Eroi greci e santi cristiani, Editori Laterza, Roma-Bari 2012; Le vie della devozione: gli archivi dei santuari in Emilia Romagna, a cura di E. Angiolini, Mucchi Editore, Modena 2000; Luoghi sacri e spazi della santità, a cura di S. Boesch Gajano – L. Scaraffia, Rosenberg e Sellier, Torino 1990; F. Mattioli Carcano, Santuari à répit. Il rito del “ritorno alla vita” o “doppia morte” nei santuari alpini, Priuli & Verlucca editori, Scarmagno (TO) 2009; R. Oursel, Pellegrini del Medioevo. Gli uomini, le strade, i santuari, Jaca Book, Milano 2001; Pellegrini e luoghi santi dall’Antichità al Medioevo, a cura di M. Mengozzi, Società editrice il Ponte Vecchio, Cesena 2000; Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, Il santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente, LEV, Città del Vaticano 1999; Santuari cristiani d’Italia. Committenze e fruizione tra medioevo e età moderna, a cura di M. Tosti, Collection de l’École française de Rome. 317, Roma 2003; Santuari locali e religiosità popolare, Atti del XXVI Convegno «Ravennatensia» del Centro studi e ricerche sull’antica provincia ecclesiastica ravennate (Sarsina, 6-8 settembre 2001), a cura di M. Tagliaferri, University Press, Bologna 2003. Infine, nella collana “Santuari d’Italia” (edita a Roma, De Luca Editori d’Arte): Santuari d’Italia. Lazio, a cura di S. Boesch Gajano, M.T. Caciorgna, V. Fiocchi Nicolai, F. Scorza Barcellona (2010); Santuari d’Italia. Puglia, a cura di I. Aulisa – G. Otranto (2012); Santuari d’Italia. Trentino – Alto Adige/Süd Tirol, a cura di E. Curzel – G. M. Varanini (2012); Santuari d’Italia. Umbria, a cura di C. Coletti – M. Tosti (2012); Santuari d’Italia. Roma, a cura di T. Caliò, S. Boesch Gajano, F. Scorza Barcellona, L. Spera (2012); Santuari d’Italia. Romagna, a cura di M. Caroli – A.M.Orselli-R. Savigni (2013); Santuari d’Italia. Umbria, a cura di C. Coletti – M. Tosti (2013).

    Immagini:

    1) Aosta, resti della basilica paleocristiana; 2) Roma, Santuario della Madonna delle Grazie (1523); 3) Foggia, Grotta del santuario di Monte Sant’Angelo; 4) Matera, Santuario Madonna del Monte.

    Sitografia:

    http://www.vaticano.com/santuari.asp (sito con l’elenco di santuari di tutta Italia suddivisi per regione); http://www.santuaricristiani.iccd.beniculturali.it/ (sito dedicato al censimento dei santuari cristiani in Italia); http://www.siticattolici.it/Luoghi_cattolici/Santuari_Mariani/ (sito dedicato alla ricerca dei santuari mariani); http://www.vaticanoweb.com/monasteri/initalia.asp (sito dove sono raccolte notizie su monasteri, abbazie e conventi italiani).


    LEMMARIO