Scienza, medicina, biologia – vol. II

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    Autore: Ludovico Galleni

    L’unità d’Italia si apre con un panorama della scienza internazionale in cui sta prepotentemente salendo alla ribalta il tema dell’ evoluzione biologica. Infatti la pubblicazione, nel 1859, del libro di Darwin, sull’origine delle specie per selezione naturale, (preceduto nel 1858 dalla pubblicazione congiunta delle due note dello stesso Darwin e di A.R. Wallace) aveva suscitato notevole interesse e animate discussioni nel campo scientifico, ma anche filosofico e teologico, sia in Gran Bretagna che altrove.

    Il libro di Darwin infatti, non solo riprendeva la teoria della trasformazione nel tempo dei viventi e della discendenza delle specie da antenati comuni che era già stata presentata agli inizi del XIX secolo da J.B. Lamarck, ma anche proponeva un meccanismo, quello della selezione naturale, facile da comprendere e anche da osservare in natura, chiaro e sperimentabile, almeno confrontandosi con il modo di lavorare degli allevatori. Divenne subito evidente non solo come questa teoria mettesse in discussione qualunque ulteriore possibilità di una lettura letterale del libro della Genesi, ma anche come potesse essere facilmente applicata all’Uomo. E questo aprì discussioni e scontri con la teologia e la filosofia della chiesa d’Inghilterra.

    Al contrario proprio l’ambiente cattolico inglese, ricco delle esperienze del cardinale Wiseman e di John Henry Newman, fu invece molto più pronto di quello anglicano a recepire le novità dell’ evoluzione. Non possiamo non ricordare come sia stato proprio uno zoologo inglese, convertitosi al cattolicesimo, St. George Jackson Mivart, a pubblicare, già nel 1865 un albero di filogenesi in cui chiaramente si mostra la separazione tra il ramo delle scimmie antropomorfe e quello che porta all’uomo. Questa discussione investì anche il mondo cattolico italiano che stava vivendo un momento di particolare vivacità culturale e intellettuale dopo il grande sforzo dell’unità. Filosofi come Gioberti e Rosmini e altre figure, in particolare del cattolicesimo lombardo che tanto aveva dato alla causa del Risorgimento, avevano creato uno spazio di libertà intellettuale che veniva fortemente recepito anche nel mondo scientifico. Desideriamo quindi, facendo riferimento ad alcuni personaggi chiave della cultura italiana post unitaria, proporre una ricostruzione dei rapporti tra chiesa e scienza subito dopo l’Unità d’ Italia.

    La prima figura che incontriamo è quella dello zoologo lombardo, ma docente a Torino, Filippo de Filippi. Si tratta di una figura attiva nelle discussioni che hanno luogo durante gli incontri degli scienziati italiani e che ha avuto anche un’ importante attività di divulgatore e di insegnante. Era abbastanza noto un piccolo libro dedicato alla figlia, “Lettere sulla Creazione terrestre”, in cui si sottolineava quanto la conoscenza delle scienze naturali fosse importante per l‘educazione delle ragazze; ma fu importante anche la conferenza del 1864 tenuta a Torino sui rapporti tra Uomo e Scimmie. T. Huxley aveva appena pubblicato in Inghilterra, il suo libro, “Il posto dell’ Uomo nella natura” in cui affrontava il problema del rapporto Uomo e Scimmie. La conferenza di Torino è immediatamente successiva. De Filippi sottolinea come la adesione alle ipotesi evolutive e darwiniane ponga il problema dei rapporti dal punto di vista anatomico e fisiologico tra Uomo e scimmia.

    Una analisi attenta mostra come siano ben poche le differenze e rende quindi plausibile l’idea che esse derivino da un antenato comune. Semmai la grande diversità è quella psicologica e lì forse va cercato un salto di qualità. Di fronte alle obiezioni di Bianconi, anatomo comparato di Bologna, che gli rimproverava di non avere tenuto in considerazione il testo biblico, De Filippi faceva notare come in fondo anche nel testo biblico, Dio aveva immesso l’anima in materia preesistente: un pezzo di impuro fango. E, aggiunge De Filippi, non è molto più bello pensare che l’abbia immessa in un essere che rappresenta la ricapitolazione di tutta la Creazione? Il dibattito è molto civile anche se avviene tra due scienziati di posizioni teologicamente diverse.

    È dunque interessante vedere come la prima ricezione del darwinismo in Italia avvenga da parte di uno scienziato dichiaratamene cattolico come il De Filippi. Naturalmente le cose non sono così semplici: il mondo della cultura cattolica si divide in due campi, ma mentre il mondo scientifico nell’insieme si confronta abbastanza serenamente con i dati, la reazione più dura viene dal mondo dei letterati che entrano in polemica con gli autori che usano l’evoluzionismo darwiniano per una apologetica di tipo ateo. Ne è un esempio il durissimo attacco all’evoluzione che porta Niccolò Tommaseo in una serie di interventi raccolti poi con un titolo quasi simile a quello del De Filippi: l’ Uomo e la Scimmia.

    De Filippi è anche impegnato nella riorganizzazione degli insegnamenti delle scienze naturali nell’ Italia ormai unita e promuove una collana didattica di testi di scienze naturali, si preoccupa anche del rilancio e della organizzazione della ricerca e proprio per questo è tra i promotori della prima grande spedizione scientifica dello stato unitario, quella della nave Magenta che parte da Montevideo per giungere poi in Estremo Oriente . In fondo il naturalista de Filippi aveva ben chiaro come le grandi scoperte naturalistiche erano state in parte almeno, merito dei grandi viaggi di esplorazione, viaggi che gli staterelli in cui era frammentata l’Italia non erano stati in grado di organizzare. Quindi era importante anche la progettazione e la realizzazione di spedizioni scientifiche che poi saranno uno dei vanti della attività scientifica del Regno d’Italia. Purtroppo proprio in questa spedizione De Filippi si ammalerà e morirà a Hong Kong con i conforti della fede cattolica. Oggi è sepolto nel camposanto monumentale di Pisa, vicino alla cosmografia teologica di Piero di Puccio, che esprime la sintesi artistica dell’universo aristotelico tomista, ma anche vicino a quella che fu probabilmente la vera lampada di Galileo, conservata anch’essa nel camposanto monumentale.

    È ancora il cattolicesimo lombardo che ci propone un’altra figura importante, quella del geologo Antonio Stoppani. Sacerdote, filosoficamente vicino alle idee di Antonio Rosmini sarà anche impegnato in quella opera di rinnovamento della chiesa che poi, tra alterne vicende che qui ci interessano marginalmente, porterà al Concilio Ecumenico Vaticano Secondo. Geologo, si confronta con le novità delle scienza naturali affermando senza ambiguità che, tra il dogma ed il vero scientifico, egli si sentirà sempre di aderire al vero scientifico, nella certezza che poi i problemi si riveleranno superabili. Nonostante queste premesse, egli ritiene che l’evoluzione biologica non abbia ancora superato l’esame della scienza sperimentale e quindi non è disposto ad accettarla. Ma da ottimo geologo vedeva bene come la storia geologica della terra fosse storia di cambiamenti continui. Come poteva allora la vita essere caratterizzata dalla stabilità? Stoppani presenta la risposta a questa domanda durante alcune conferenze pubbliche tenute a Milano dove dirigeva il Museo Civico di Storia Naturale. Secondo Stoppani la vita agisce attivamente, a livello planetario, per mantenere stabili i parametri che le permettono di sopravvivere. La sua è la prima ipotesi scientifica che prende in considerazione la Biosfera come una entità unitaria che tende a mantenere stabili i suoi principali parametri. E’ un recupero dell’idea di una armonia della natura che sarà tipica come vedremo, anche di altri scienziati di cultura cattolica, in particolare in Italia e nell’ambiente latino.

    È importante che la presentazione venga fatta durante conferenze pubbliche: anche Stoppani fu un grande divulgatore e questa opera culminerà con la pubblicazione di un testo, “Il bel paese” che sarà usato nelle scuole elementari di tutta Italia per contribuire a costruire un coscienza unitaria, grazie ad una descrizione chiara e precisa della geografia e della geologia italiane, agli scolari di una nazione da poco unita politicamente ma ancora frammentata in differenti dialetti e culture. Il grande sforzo di divulgazione scientifica era anche legato al fatto che la scienza aveva in comune con la religione la necessità di combattere la superstizione, allora come oggi del resto, troppo diffusa un po’ in tutti gli ambienti. Infine non possiamo non ricordare come il libro sia organizzato in forma di dialogo tra uno zio e i nipotini e tra i nipoti di Stoppani c’era Maria Montessori, figlia della sorella, che dalla madre e dallo zio avrà la spinta per studiare medicina.

    Il dibattito sull’ evoluzione continuerà nell’ambiente cattolico italiano, con alterne vicende. Qui vogliamo ricordare la posizione favorevole di Antonio Fogazzaro che addirittura terrà conferenze in tutta Italia per mostrare la compatibilità tra l’evoluzionismo e la fede. Antonio Fogazzaro era, indubbiamente, affascinato come scrittore dall’ animalità che sembrava emergere dalla storia naturale dell’ Uomo. Ma in Fogazzaro vi era anche un compito di tipo apologetico: contrapporre il vero scientifico che si presenta con tutto il fascino della ricerca sperimentale a una visione teologica ormai superata, di fatto voleva dire portare acqua al mulino della apologetica atea. Se si proponeva l’alternativa Darwin o Mosè, che poi era il titolo di un libro diffuso in Europa e tradotto anche in Italia, certamente il fascino di Darwin avrebbe messo in secondo piano la rivelazione mosaica. Quindi occorreva mostrare le compatibilità tra evoluzione e fede cattolica, anche se queste richiedevano uno sforzo di approfondimento teologico e di rinnovamento della catechesi. Da questo punto di vista gli interventi della gerarchia sembrano di fatto bloccare queste linee, anche se in fondo si tratta più del tentativo di bloccare le proposte di rinnovamento della struttura ecclesiale che non di vere limitazioni all’opera degli scienziati.

    Un capitolo importante del rapporto tra chiesa e scienza dopo l’unità è quello della fisica e in particolare dell’astronomia. Infatti dopo la presa di Roma i vari osservatori attivi nello stato pontificio divengono patrimonio dello stato italiano e la loro strumentazione andrà a costituire il nucleo dell’ Osservatorio Nazionale di Monte Mario. Tra gli astronomi aveva particolare risalto Padre Secchi, gesuita, nato a Reggio Emilia, e astronomo della Stato Pontificio. Quando gli osservatori astronomici romani furono conquistati dopo la Breccia di Porta Pia per rispetto a lui, scienziato noto in tutto il mondo, pioniere della fotografia astronomica e della spettroscopia stellare, si attenderà la sua morte prima di smembrare l‘osservatorio del collegio romano. A questo punto inizia il lavoro di ricostituzione della Specola Vaticana che dovrebbe diventare, attraverso la qualità del lavoro scientifico, il biglietto da visita grazie al quale la chiesa, liberata dalle necessità talora drammatiche e anti evangeliche di gestire uno stato, riacquistava visibilità nei riguardi della cultura internazionale. E dopo padre Denza, sarà Pietro Maffi presidente della Specola e cardinale e arcivescovo di Pisa a rilanciarla.

    La figura di Maffi è una figura chiave della cultura cattolica a cavallo della prima guerra mondiale. Astronomo della scuola di Schiaparelli, viene nominato vescovo ausiliare a Ravenna, ma ben presto viene chiamato alla presidenza della Specola vaticana che era entrata in un ambizioso progetto internazionale, collaborando con numerosi altri osservatori di tutto il mondo per la preparazione del catalogo stellare. Le nuove tecniche fotografiche, di cui tra l’altro Padre Secchi era stato un pioniere, rendevano possibile una mappatura delle stelle: il cielo veniva diviso in zone che venivano assegnate a diversi osservatori che dovevano catalogare le stelle per luminosità e posizione. La Specola si era proposta perché, come già abbiamo detto, la scienza doveva essere uno strumento per riaprire alla chiesa le porte del dialogo col mondo moderno. Per portare a termine un’opera così importante, occorreva una direzione capace, competente e autorevole.

    Ecco quindi un nuovo presidente, un astronomo, che riceve anche la dignità cardinalizia e viene mandato in una sede prestigiosa, ma non troppo grande, quale Pisa, dove tra l’altro grazie all’opera di Giuseppe Toniolo si comincia a formare un nucleo importante di studiosi di scienze sociali ed economiche. Pisa era una piccola città, ma con una grande tradizione culturale, la città di Galileo che aveva ospitato nel 1839, la prima riunione degli scienziati italiani e con una Università allora tra le prime in Italia. Inoltre a Pisa vi era l’ unica scuola italiana di studi di eccellenza, cioè la Scuola Normale Superiore. A Pisa insegnava Antonio Pacinotti a cui si deve la scoperta della dinamo e vi era un’ottima scuola di matematica con Ulisse Dini. Maffi affronta il problema della Specola affidandola ad un religioso, Padre Hagen, astronomo di chiara fama e appartenente ad un ordine, quello dei Gesuiti che era in grado di gestire l’osservatorio stesso sollevando in parte il Vaticano dalla gestione economica.

    Maffi espose nel padiglione vaticano delle esposizioni universali i risultati del lavoro di ricerca della Specola e tra l’altro anche il modellino di un globo celeste utilizzato per la mappatura delle stelle cadenti che erano state oggetto delle sue ricerche quando era ancora un astronomo sperimentale e non solo un organizzatore. Inoltre continuò l‘attività divulgativa pubblicando un volume: Nei cieli che presentava le scoperte astronomiche in modo chiaro e comprensibile.

    Maffi è anche consapevole di essere un vescovo astronomo nella città di Galileo e quindi ricorda in tutti i modi possibili il grande scienziato pisano. Interessante è la risposta ad una lettera di Turner, coordinatore del progetto del Catalogo stellare e direttore dell’osservatorio astronomico di Oxford. Quest’ultimo si congratulava per l’ottimo lavoro fatto dalla specola e in particolare delle suore dell’ordine di Maria Bambina che avevano fatto materialmente le misure delle posizioni delle stelle, ma sottolineava anche l’importanza del fatto che Maffi, astronomo, fosse vescovo della città di Galileo. Il Cardinale rispondeva come fosse stato un gran peccato che in un periodo di trionfi della scienza si fossero, per piccolezze umane, addensate delle nubi nei rapporti tra chiesa e scienza, che oggi per fortuna erano state del tutto spazzate via. Maffi si adoperò perché la Piazza del Duomo di Pisa ospitasse un monumento a Galileo, come segno tangibile della avvenuta riconciliazione…ma il progetto dopo vari veti, non andò in porto. Maffi cercò anche di porre le basi per una riconciliazione con lo stato italiano e anche per questo usò la scienza come strumento di dialogo, incontrandosi ad esempio con gli esponenti del Regno d’Italia ai convegni di Astronomia o altri incontri accademici o scientifici. Importanti sono stati gli incontri con Vittorio Emanuele III, in particolare quello del 1925, a Pavia. Ma a noi interessa ancora il rapporto con la scienza attiva e qui abbiamo una interessante sorpresa. Nel primo decennio del ventesimo secolo vi fu un forte ritorno di uno spiritualismo idealista che vide la scienza come una attività secondaria e quasi artigianale rispetto alla filosofia che affrontava i grandi problemi della spirito. Di questa corrente saranno poi campioni Benedetto Croce e Giovanni Gentile e la scienza italiana ne soffrirà non poco. Ma agli inizi del secolo Maffi fonda e dirige dapprima a Pavia e poi a Pisa, la “rivista di fisica matematica e scienze naturali” che ospita lavori sperimentali in varie discipline, ma anche articoli di storia della scienza e traduzioni di articoli di importante interesse culturale e scientifico. Inoltre pubblica le effemeridi e le posizioni dei pianeti e le mappe del cielo.

    Ma ciò che colpisce di più sono un gruppo di lavori di biologia evolutiva affidati da Maffi come coordinamento a Padre Agostino Gemelli che sarà tra i fondatori della università cattolica del Sacro Cuore. In un gruppo di articoli intitolati “Per ‘Evoluzione” Padre Gemelli chiarisce la linea della rivista: Darwin è stato il grande innovatore della biologia dell’ottocento, ma ha lasciato aperto il problema di capire se e come la selezione naturale possa spiegare tutti i meccanismi evolutivi. Ecco allora che la rivista comincia a pubblicare articoli sul mutazionismo di De Vries, una teoria in qualche modo complementare a quella di Darwin secondo la quale però i cambiamenti erano derivati da mutazioni rapide e di grande entità, un meccanismo difficilmente integrabile con quello delle piccole e graduali variazioni necessarie alla teoria di Darwin: quindi un problema scientifico che si affrontava con gi strumenti della scienza. La rivista , come abbiamo appena scritto, è una vera e propria miniera di articoli, molti dei quali di matematica, fisica e astronomia, argomenti del resto ovvi data la formazione culturale del Maffi. Vi era anche una grande attenzione alla storia toscana in particolare a quella scuola galileiana di cui Maffi ricorda i successi e i principali esponenti: ancora una volta esempio di una riconciliazione col pensiero galileiano di fatto ormai avvenuta.

    A Pisa nasce la società internazionale degli scienziati cattolici, la prima società al mondo che ha esplicitamente nello statuto il progetto di indagare sui rapporti tra scienza e teologia. E sempre dalla Toscana Maffi lancerà le settimane sociali, su ispirazione di Giuseppe Toniolo. Quindi Maffi è una figura fondamentale per i rapporti tra scienza e fede, ma anche tra chiesa e società italiana per il suo lavoro di promozione della ricerca scientifica e della divulgazione scientifica tra i cattolici. Purtroppo però l’uso delle conquiste della scienza per una apologetica atea, rendono il dialogo e le sintesi estremamente difficili.

    Lo si vede molto bene nel dibattito sull’ evoluzione. De Filippi, infatti, aveva sottolineato, senza nessun problema, la relazione filogenetica tra l ‘uomo e le scimmie sottolineando anche la necessità di usare sempre gli strumenti di indagine della biologia evolutiva, affermando che i sistemi misti, cioè i sistemi che in parte si basavano sull’evoluzione e in parte ritenevano necessari atti speciali di creazione per spiegare passaggi come l’origine della vita o di grandi gruppi dei viventi, erano da abbandonarsi perchè insoddisfacenti sia dal punto scientifico che teologico. Ma ben presto anche in Italia si diffonde il monismo di E. Haeckel. Per Haeckel la possibilità della scienza di spiegare l’origine della vita e l’origine e la derivazione filetiche delle specie dei viventi con un’unica teoria scientifica, quella dell’evoluzione appunto, veniva elevata a strumento di interpretazione filosofica: il monismo scientifico veniva considerato la prova del monismo filosofico e quindi la prova che l‘unica realtà esistente fosse quella conoscibile con gli strumenti della scienza. A questo punto si perde la chiara lucidità epistemologica di De Filippi e si cerca di mostrare (ecco il senso dei lavori di Padre Gemelli ), che l’evoluzione esiste e funziona ma che l’indagine scientifica spiega l’evoluzione all’interno dei gruppi, ma non quella tra gruppi. Quindi la ricerca sperimentale sull’evoluzione dovrebbe dimostrare che il monismo non solo è un grave errore filosofico, ma non ha nemmeno basi sperimentali. Cercare nella indagine scientifica la confutazione di un errore filosofico è pur sempre anch’esso un errore. Inoltre la difesa dal materialismo monista ha anche come conseguenza alcune censure da parte delle autorità romane dell’evoluzionismo filosofico, che in Italia ad esempio colpiranno Raffaello Caverni e in modo meno eclatante anche un vescovo come Mons. Bonomelli, condanne che non riguardano scienziati, ma filosofi, teologi e pastori che in qualche modo hanno ritenuto di utilizzare alcune delle ipotesi derivanti dalle scienze dell’evoluzione. Ma di fatto oltre a far tacere voci importanti per il dialogo, susciteranno anche dubbi e tensioni nei riguardi di quegli scienziati che onestamente cercavano di fare il loro lavoro di indagine e dubbi e tensioni nei riguardi del lavoro stesso della scienza.

    Presto però da una parte la crisi del modernismo, poi lo scoppio della prima guerra mondiale e poi la tragedia del fascismo sembrano far passare in secondo piano il lavoro di indagine scientifica e il rapporto tra scienza e fede.

    La scienza italiana raggiunge risultati importanti, in particolare con la scuola di fisica di Enrico Fermi e con la scuola di matematica di Vito Volterra, ambedue laureati a Pisa alla scuola Normale Superiore. Ma ben presto una tragedia interesserà tutta la società italiana e quindi anche l’ambiente scientifico e sarà l’adesione alla teoria della razza. Per alcuni fu una adesione entusiasta per altri una silenziosa ma pur sempre colpevole accettazione di una discriminazione inaccettabile. Purtroppo le leggi razziali faranno sì che Volterra finisca per sparire dalla scena culturale italiana e Fermi emigri negli Stati Uniti e con lui molti giovani e non più giovani scienziati ebrei.

    Ma intanto all’estero alcune figure importanti cominciano a essere conosciute e discusse. Il matematico belga Padre Lemaitre lavorando sulla cosiddetta fuga delle galassie, mostra come esse si allontanino da un punto che può essere considerato il momento della loro origine nel tempo e nello spazio e che egli chiama: l’uovo cosmico. L’evoluzione animale e umana tornano prepotentemente alla ribalta grazie al lavoro di due religiosi francesi, il padre H. Breuil e il Padre P. Teilhard de Chardin. Quest’ ultimo, gesuita, comincia ad abbozzare una importante sintesi tra teologia cattolica ed evoluzione, che ruota attorno al concetto di muovere verso: la materia muove verso la complessità e la vita muove verso la complessità e la coscienza. Viene descritta una progressiva complessificazione delle strutture in particolare di quelle cerebrali, che porta alla origine della coscienza riflessa e quindi del pensiero. A questo punto la storia della vita diviene grazie alla accettazione dell’alleanza da parte della creatura libera anche storia di alleanza e salvezza che si concluderà nel momento della seconda venuta di Cristo. L’evoluzione riporta in primo piano l’idea dell’umanità in cammino verso il futuro e affianca alla prospettiva escatologia della salvezza del singolo in Paradiso, quella dell’umanità che su questa terra muove verso la seconda venuta di Cristo. Si tratta di idee importanti, sia dal punto di vista scientifico (l’evoluzione come muovere verso) sia dal punto di vista filosofico (la ricezione dell’evoluzionismo come sistema generale di pensiero) sia dal punto di vista teologico (l’evoluzione come muovere verso il futuro, con un progetto di perfezione che non è da ricercarsi nel passato in un ipotetico giardino dell’ Eden, ma nel futuro sulla Terra costruita grazie all’alleanza).

    Purtroppo le gerarchie cattoliche vietarono a Teilhard de Chardin di pubblicare in vita i suoi scritti filosofici e teologici. La condanna al silenzio è un comportamento sempre profondamente sbagliato perché le idee circolano ugualmente ma non è permesso più il libero e aperto confronto. Frammenti del pensiero di Teilhard de Chardin cominciamo a diffondersi ma solo dopo la sua morte essi verranno conosciuti e nonostante la condanna divengono tra le linee portanti del Concilio Ecumenico Vaticano secondo (da qui in poi semplicemente Concilio). E sul Concilio occorre andare in profondità dal momento che tratta del più importante documento magisteriale del ventesimo secolo e che ha dato precise indicazioni dottrinali che sono fondamentali per il rapporto chiesa e scienza in particolare nella Gaudium et Spes.

    In questa costituzione infatti il Concilio ha definito i rapporti tra la chiesa ed il mondo moderno, rapporti che non debbono essere conflittuali, ma di aiuto reciproco. In particolare va sottolineato come al numero 44 si definisca come la chiesa riceva un aiuto importante dal mondo contemporaneo: “Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dallo sviluppo del genere umano”.

    L’esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell’uomo e si aprono nuove vie verso la Verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.” Ecco il progresso della scienza che diviene fondamentale perché concorre a comprendere meglio la natura stessa dell’uomo e ad aprire nuove vie verso la verità. Le conquiste della scienza, ben lontane dall’essere fonte di crisi e di dubbio con cui confrontarsi spesso con difficoltà talvolta addirittura con sospetto, divengono uno strumento per aprire nuove vie verso la Verità.

    Inoltre al numero 36 la Gaudium et Spes , parlando della autonomia delle realtà terrene, chiarisce l’aspetto dell’autonomia delle scienze “Se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza legittima, che non è solo postulata dagli uomini del nostro tempo, ma anche conforme al volere del Creatore. Infatti è dalla loro stessa condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l’uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o arte. Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Iddio”.

    In fondo, è importante il riferimento all’autonomia del metodo: la scienza nell’accertare strumenti che aprono nuove vie verso la verità, non risponde né alla teologia, né al magistero, ma risponde al proprio metodo. Quindi nulla nella scienza come approfondimento di conoscenze sulla natura e sull’uomo è negativo; semmai fondamentale è il giudizio etico su come si raggiunge la conoscenza e come questa conoscenza viene poi applicata.

    Il concilio apre una stagione fecondissima che ovviamente a questo punto possiamo riassumere in poche parole e ancora col riferimento ad alcune figure importanti. Innanzitutto ancora Teilhard de Chardin. Nell’immediato secondo dopo guerra, terminata l’esperienza cinese, era venuto a Roma nella speranza di avere la autorizzazione a pubblicare lo scritto a cui teneva di più: Il Fenomeno Umano e a Roma aveva visitato uno dei principali siti italiani di paleoantropologia, al Circeo, accompagnato da Alberto Carlo Blanc. E Blanc pubblicò la traduzione di alcuni suoi scritti in un volumetto intitolato: L’avvenire dell’Uomo.

    Inizia qui l’influenza teilhardiano sui geologi, i paleontologi e i paleoantropologi latini che si concretizzerà nel gruppo di ricercatori francesi italiani e spagnoli che si riuniscono a Sabadell, in Catalogna. Il gruppo, riprendendo in pieno la lezione teilhardiana, affronterà il tema dell’ evoluzione cercando un approccio più ampio di quello basato sulla biologia delle popolazioni. Cercherà di spiegare alcuni passaggi importanti come la stabilità di parametri nei tempi lunghi come risultato degli equilibri degli ecosistemi e di meccanismi di evoluzione armonica. In particolare in Italia Piero Leonardi, riprendendo anche la tradizione italiana sulle interazioni tra specie e gli equilibri degli ecosistemi di Vito Volterra e Umberto D’Ancona, sottolineerà la necessita di indagare sugli equilibri della Biosfera e arriverà a parlare di simbiosi generale della Biosfera. Ma se siamo in grado di riferirci ad una vera e propria scuola latina, più difficile è delimitare contorni di scuola italiana di evoluzionisti collegati in vario modo all’esperienza culturale cattolica. Di fatto però vi è lo sviluppo della tradizione antropologica con a Pisa, Raffaello Parenti, e in Gregoriana Padre Marcozzi, ma forse l’esperienza più interessante è ancora quella che parte dalla riflessione su Teilhard de Chardin e ha origine dall’opera svolta a Firenze, all’Istituto Stensen dal gesuita padre Alessandro Dall’Olio. A Firenze si svolgono importanti convegni su Teilhard de Chardin, Darwin e dopo la morte di Padre Dall’Olio, su Mendel. E la rivista dell’Istituto, Il Futuro dell’ Uomo, ospita articoli di numerosi scienziati che in vario modo rispondono alle sollecitazioni dell’opera di Teilhard de Chardin.

    Fondamentale è il problema sollevato dalla più importante evoluzionista italiana, Maria Gabriella Manfredi Romanini, che fu anche presidente della sezione di Pavia del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Come si può in maniera consapevole costruire la Terra, di fronte a scelte quali quelle delle biotecnologie, scelte difficili da spiegare e quindi difficili da proporre all’interno di un processo democratico di cittadini attivi? Con grande lucidità veniva previsto e discusso uno dei problemi posti dalla scienza contemporanea, quello del difficile rapporto tra partecipazione democratica e scelte operative su temi intellettualmente difficili.

    Ma non possiamo non concludere ricordano anche il lavoro svolto da due importanti matematici: in particolare Ennio De Giorgi che ha sviluppato una visione sapienziale delle scienza e che ha culminato nella proposta di un linguaggio semi-formale che superasse i limiti del riduzionismo e infine sempre in matematica l’opera di Giovanni Prodi che ha rilanciato in Italia la consuetudine di incontri in cui si discutessero temi di confine tra scienza e fede.

    Un’ultima considerazione: ci siamo concentrati sul magistero del concilio perché nulla del magistero papale successivo ha aggiunto alla chiarezza delle posizioni del Concilio Vaticano secondo, come del resto è giusto che sia visto che nessuno dei Papi che si sono succeduti dopo la chiusura del Concilio ha usato del magistero straordinario. Il Concilio rimane dunque ancora il riferimento fondamentale su questi temi anche se i bibliografia sono stati aggiunto i riferimenti a Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI di cui ricordiamo gli interventi al convegno di Castel Gandolfo su Creazione ed Evoluzione.

    Fonti e Bibl. essenziale

    AA.VV., Creazione ed Evoluzione, un convegno con Papa Benedetto XVI, Bologna, 2007; F. Facchini – F. Badiali, Vivere una doppia cittadinanza. La teologia della creazione nei quaderni de “La civiltà cattolica” Bologna, 2013; L. Galleni, Scienza e Teologia, proposte per una sintesi feconda, Brescia 1992; L. Galleni, Darwin, Teilhard de Chardin e gli altri… le tre teorie dell’evoluzione, Pisa, 20122; L. Galleni – M.P. Palla, Descrizione dei documenti dell’Archivio del cardinale Maffi che riguardano la Specola Vaticana, Pontedera, 2005; G. Giacobini – G.L. Panattoni, Il Darwinismo in Italia, Torino, 1983; Giovanni Paolo II On science and religion, Città del vaticano, 1989; S. Maffeo, La specola vaticana, nove papi e una missione, Città del Vaticano, 2001; Paolo VI, Insegnamenti sulla scienza e sulla tecnica, Brescia, 1986; P. Teilhard de Chardin, Le singolarità della specie umana, trad. it. Milano, 2013.


    LEMMARIO