Storia della Pietà (Giuseppe de Luca) – vol. II

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    Autore: Luigi Michele de Palma

     

    L’idea di una Storia della pietà ebbe una lunga gestazione nella mente e nel cuore di Giuseppe De Luca (1898-1962), geniale ed erudito sacerdote di origini lucane, naturalizzato romano. Insoddisfatto dei suoi studi giovanili di carattere filologico e letterario, De Luca provava insofferenza per la condizione d’immobilità in cui versavano la cultura cattolica italiana e gli studi ecclesiastici, entrambi stretti nella morsa dell’antimodernismo e in dipendenza dalla cultura straniera mitteleuropea. Era suo desiderio riscattare la storiografia italiana dalla soggezione estera ed emanciparla dalla cappa imposta dall’idealismo di G. Gentile e dallo storicismo di B. Croce. Nello stesso tempo egli criticava l’impostazione classica della storiografia ecclesiastica, incentrata sulla storia dei papi, dei vescovi, degli ordini religiosi e sulle grandi vicende che avevano pervaso ogni epoca, insomma una storia di vertici e delle istituzioni, poco attenta alla dimensione religiosa della vita degli uomini, così com’era, in generale, la storiografia politica, economica, militare e culturale. De Luca, invece, nutriva simpatia per l’approccio storico, concentrato sul vissuto religioso, suggerito da Lucien Febvre. E molto gli valsero le frequentazioni con André Wilmart, Henri Bremond e Joseph de Guibert per definire i contorni di una storia della pietà, lontana dalla storia delle dottrine teologiche quanto dalla storia delle religioni e del sentimento religioso.

    Sul finire degli anni ’20 del Novecento, De Luca programmava la pubblicazione di una Storia della pietà italiana di carattere letterario – storia più nota e apprezzata all’estero – quindi, a seguito di una riflessione durata oltre un ventennio, giunse ad elaborare il progetto più ampio di un Archivio Italiano per la Storia della Pietà, concepito come uno spazio editoriale – parallelo alle Edizioni di Storia e Letteratura da lui fondate nel 1943 – entro cui comparisse la ricca documentazione relativa alla Pietà, rimasta per lungo tempo inesplorata.

    Nel 1951 apparve il primo volume della serie, con una densa introduzione curata da De Luca, in cui egli illustrava il progetto e si soffermava a descriverne l’idea, i fini e il metodo. Innanzitutto egli spiegava la nozione di Pietà: non un concetto, non un vago sentimento, non la vaga religiosità e neppure il «solo vertice supremo ed esatto dell’unione mistica» (Introduzione, p. 7), ma lo stato in cui l’uomo avverte nella sua vita presente Dio sul piano del rapporto d’amore. Non una condizione momentanea e transitoria, bensì continua e duratura, anche «se non ininterrottamente in atto» (ibidem, p. 8), nonché onnicomprensiva dell’esistenza umana. Perciò – continuava De Luca – «si è pii come si è vivi» ed in ogni uomo è presente la pietà, anche se essa non è avvertita o viene espressamente negata, poiché, amata o odiata, la presenza di Dio viene parimenti percepita. Lo studio della Pietà – per don Giuseppe – comprende pertanto l’indagine sul suo contrario, cioè sull’empietà, perché anch’essa ha la medesima origine: la presenza di Dio nella vita dell’uomo.

    Sebbene De Luca non abbia voluto tessere nessuna teoria o dottrina sistematica intorno alla Pietà, l’apparente indeterminatezza della nozione comporta la qualità dell’universalità. Qualunque uomo, di qualunque religione, seppure erronea, può essere pio e qualsiasi espressione della sua pietà può essere oggetto di studio. Tuttavia, De Luca era persuaso che l’unica vera religione fosse il Cristianesimo, nel cui seno la Pietà non coincide con l’ascetica, né con la spiritualità e neppure con la devozione, ma supera tutte perché si identifica con la carità. Il possesso di questa virtù consente al fedele più ignorante di superare, in forza della sua pietà, il teologo più acuto, per giungere a penetrare il supremo “mistero di pietà” (1Tim 3,16) compiuto in Cristo, nel quale la pietà divina e umana si sono perfettamente congiunte.

    A De Luca la Pietà appariva come «un elemento nella vita, e dunque nella storia dell’uomo, che se non sorpassa e sovrasta, certo eguaglia tutti gli altri» (Introduzione, p. 31). La sua nozione, apparentemente indeterminata, consentiva di estendere senza limiti la ricerca a qualsiasi testimonianza che fosse espressione, in ogni tempo, luogo e religione, di una dimensione fra le più alte e segrete della vita degli uomini, e in essa di cogliere e scoprire la presenza di Dio nelle realtà più minute e sperdute dell’esistenza umana.

    La nuova scienza fondata da De Luca colmava una lacuna presente nella storiografia contemporanea – specialmente italiana – dimentica di un tema dalla valenza incomparabile per l’indagine storica. Più che fissare principi ermeneutici, la Storia della pietà doveva fornire agli studiosi un repertorio variegato di fonti e di documentazione, facendo proprio il metodo storico-filologico e la ricerca erudita: entrambi sarebbero stati in grado di coinvolgere senza limiti qualunque ricercatore.

    Secondo questa prospettiva – non senza difficoltà di vario genere, non ultime quelle economiche – si sviluppò la produzione pubblicistica delle Edizioni di Storia e Letteratura e la pubblicazione dell’Archivio. Numerosi furono gli studiosi e gli amici che collaborarono alle iniziative di De Luca, condivisero il suo progetto storiografico ed ereditarono il suo programma editoriale. I primi tre volumi dell’Archivio (apparsi nel 1951, 1959 e 1962) furono curati da De Luca, mentre, a seguito della sua prematura scomparsa (1962), la direzione dell’Archivio fu assunta da Romana Guarnieri – discepola e continuatrice di De Luca – la quale editò i vol. IV-VIII fra il 1965 e il 1980. Dal 1996, sotto la direzione di Paolo Prodi, fu avviata una nuova serie, curata da un Comitato direttivo e con periodicità annuale.

    Nel frattempo lo studio della Storia della pietà ha suscitato larga risonanza nella compagine degli studi storici e così pure l’approfondimento del pensiero, della vita e della personalità del suo ideatore. Nel 1984 si svolse a Vicenza, presso l’Istituto per le ricerche di storia sociale e di storia religiosa, un seminario sul tema “Giuseppe De Luca la storia della spiritualità”, mentre un convegno, tenuto a Roma nel 1994, fu dedicato a “La Pietà e la sua storia”, durante il quale, alla ripresa delle pubblicazioni dell’Archivio, gli studiosi trassero un bilancio dello sviluppo di questo filone storiografico ed indicarono le ulteriori piste di indagine in attesa di essere percorse. Se per un certo tempo le intuizioni di De Luca hanno dato origine ad un particolare interesse, dovuto alla novità della proposta insieme al desiderio sotteso di provocare l’attenzione della storiografia laica per il tema religioso, in seguito esse sono rimaste alquanto appannate dinanzi allo sguardo degli studiosi. Ciononostante, il sommesso prosieguo delle indagini ispirate da De Luca ha allargato i confini delle ricerche, recuperando una massa insospettabile di testimonianze inerenti una storia ignorata dalla storiografia ufficiale, anche ecclesiastica. Gli studi sulla storia della pietà, invece, hanno rivelato ambiti rimasti a lungo sconosciuti perché ritenuti marginali, e tuttavia continuano a interrogare gli storici circa una dimensione della vita umana per nulla trascurabile. Se negli ultimi decenni il mercato italiano della pubblicistica ha corrisposto ad un’esigenza religiosa (o pseudo tale) piuttosto diffusa, dovuta almeno in parte al vuoto culturale e all’incertezza sociale, la serietà della proposta delucana consente tuttora di riprendere e di approfondire un campo di studio e di ricerca rimasto non del tutto dissodato.

    In proposito, si deve ricordare la recente attenzione riservata alla pietas delucana da parte di alcuni teologi, impegnati prevalentemente nell’alveo della teologia fondamentale. La riflessione teologica sta tentando di tematizzare, intorno alla Pietà, l’indagine sui fenomeni religiosi contemporanei per sviluppare «una fenomenologia convincente della presenza amata di Dio in ogni afflato di pietas interumano, [e] farsi essa stessa umano motivo e ritmo di pietà, senza ridursi a solo umanesimo».

    Fonti e Bibl. essenziale

    G. De Luca, Introduzione alla Storia della Pietà, Roma 1961; G. Antonazzi, Don Giuseppe De Luca e una nuova scienza la Storia della Pietà, «Studi Cattolici», XII (1968), 606-617; R. Guarnieri, La pietà, storia e chiesa nella vita e negli scritti di don Giuseppe De Luca, «Communio», IV (1975), n. 20, 3-27; Atti del Seminario di studio su “Don Giuseppe De Luca e la storia della spiritualità” (Vicenza, 23-24 novembre 1984), «Ricerche di Storia Sociale e Religiosa», XIV (1985), n. 28, 6-220; Atti del convegno “La Pietà e la sua storia” (Roma, Palazzo Lancellotti, 9-10 dicembre 1994), «Archivio Italiano per la Storia della Pietà», IX (1996), p. 3-29, 319-411; G. de Candia, Don Giuseppe De Luca. La ragione erudita e l’afflato dell’amore, ibidem, XXIII (2010), 135-164; M. Sensi, Per scrivere una pagina di “storia della pietà”. Approccio con due tipologie di fonti: santuari ed edicole, in «Fede e storia. IRC e ricerca storica», a cura di F. Morlacchi, Roma 2008, 26-60; M. Sensi, Preti, tra erudizione e pietà. «Dedicati alla lettura, allesortazione e allinsegnamento» (1Tm 4,14), in «La missione del prete nella missione della Chiesa. “Noi, infatti, non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore” (2Cor 4,5)», a cura di M. Graulich – J. Pudumai Doss, Città del Vaticano 2010, 95-120.


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