Teologia – vol. I

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    Autore: Gianfranco Calabrese

    Premessa. La teologia cristiana si è sviluppata nella penisola italiana, in ragione del tentativo di difendere, approfondire e proporre la verità dei misteri della fede, che la Chiesa, nei secoli, ha annunciato nella catechesi mistagogica, celebrato nella liturgia e testimoniato nella pastorale ecclesiale. La teologia, come disciplina scientifica, si è strutturata nella storia della Chiesa come risposta adeguata all’azione missionaria di evangelizzazione da parte della comunità dei credenti e come attenzione permanente della Chiesa alle sollecitazioni delle diverse tradizioni filosofico-culturali e alle molteplici esigenze socio-istituzionali. La teologia cristiana, come scienza della fede e della rivelazione, si è posta a servizio della comunità dei credenti, in dialogo con la storia, con il mondo, con le altre scienze e le altre teologie. Si cerca di descrivere qui la storia della teologia nel primo millennio fino al 1870 soffermandosi su alcune prospettive sintetiche e personalità significative che hanno contribuito a sviluppare il concetto di teologia nella Chiesa e nella cultura italiana. Ovviamente l’ampiezza del periodo storico comporta necessariamente una serie di scelte opinabili, che necessitano di un ulteriore approfondimento e rimandano ad una bibliografia. È possibile riassumere questo lungo periodo in due tappe: 1) Storia della teologia e teologia della storia. Partendo dalla necessità di comprendere e proporre le verità fondamentali della fede cristiana, la teologia ha acquistato, all’interno dello sviluppo storico-socio-culturale della penisola italiana, un ruolo sempre più strutturato e sistematico con lo scopo di evangelizzare l’impero romano e le popolazioni barbariche e per consolidare il ruolo della Chiesa e del vescovo di Roma, dopo lo scisma d’Oriente e la nascita dello Stato pontificio. Questo ha reso possibile la formazione di una teologia cristiana, come disciplina centrale nel Medioevo, soprattutto con la Scolastica; 2) Lo sviluppo della teologia verso l’unità d’Italia. Il rinascimento, la riforma protestante, la riforma cattolica, la nascita e lo sviluppo del mondo moderno con l’illuminismo, l’unità d’Italia, il concilio di Trento e il concilio Vaticano I sono il contesto storico-culturale, nel quale si è formata e strutturata la teologia apologetica e giustificativa dell’ottocento in Italia. Queste due tappe fanno da cornice ad altri fondamentali passaggi, che giustificano la formazione di una teologia cristiana, che condurrà la Chiesa a celebrare il concilio Vaticano I, mentre l’Italia raggiungerà la sua unità politico-amministrativa.

    Storia della teologia e teologia della storia: la storia come luogo “teologico”. I contenuti della teologia hanno una loro autonomia e oggettività, tuttavia sono anche il risultato di una riflessione e di una ricerca che ha avuto come protagonisti soggetti differenti, che hanno accolto e studiato la realtà secondo sensibilità culturali diverse. Interpellati da esigenze concrete i primi Padri della Chiesa e i teologi del secondo II° hanno iniziato una riflessione credente, attenta alla storia e alla cultura dei diversi popoli, per elaborare un linguaggio adeguato all’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo ai diversi popoli, per chiarire la canonicità dei libri della rivelazione e il valore della tradizione orale, soprattutto in riferimento all’insegnamento degli apostoli. Tutto questo processo ha avuto bisogno di tempo. Su di esso hanno influito molteplici fattori storico-ambientali, socio-ecclesiali e interpersonali. Questo processo, anche se non se ne possiede una precisa documentazione, ha trovato un proprio sviluppo nella penisola italiana, in parallelo con l’azione missionaria e con la graduale diffusione della comunità cristiana sul territorio, a cominciare da Roma, fino all’intero Impero romano. Di questo processo si trova testimonianza nella lettera di S. Paolo ai Romani, nella lettera di S Pietro e nel loro martirio a Roma. I rappresentanti della teologia apologetica dei primi secoli dell’era cristiana, oltre a volersi confrontare con alcune personalità significative della società e della cultura, latina e greca, presenti a Roma, hanno accolto ed elaborato una visione della storia e della filosofia positiva, anche se segnata dall’idolatria e dal paganesimo, in quanto inserita in una concezione credente della storia, in una teologia della storia della salvezza, come “preparatio evangelica”, al pari dei profeti dell’Antico testamento. Lo Spirito Santo, che illumina i discepoli di Cristo e guida la riflessione della Chiesa, ha condotto i profeti dell’antica alleanza e i sapienti del mondo pagano all’incontro e al confronto con la fede cristiana. La teologia dei primi secoli accoglie, valuta e discerne, da una parte, la rivelazione nella sua dinamicità e nel suo sviluppo e, dall’altra, la presenza e l’azione dello Spirito Santo nella storia degli uomini.

    Il primo elemento che una storia dello sviluppo della teologia in Italia può evidenziare è la presenza nei primi secoli della Chiesa, di diversi livelli di riflessione teologica: l’approfondimento e la difesa del contenuto della fede (cristologico e uni-trinitario); la definizione della verità cristiana; l’incontro e lo scontro tra la riflessione patristica e teologica e il contesto socio-culturale del mondo pagano; l’elaborazione e la proposizione significativa della fede cristiana. Le prime elaborazioni teologiche sono il frutto della sinergia di queste riflessioni necessarie per l’azione missionaria e evangelizzatrice della Chiesa nell’Impero romano e all’interno della cultura latina. La presenza sul territorio italiano della città di Roma, capitale dell’impero romano, e sede del vescovo di Roma, successore di Pietro (elemento oggettivo, storico e geografico) ha condizionato necessariamente lo sviluppo della Chiesa cattolica e la stessa riflessione teologica intorno ad alcune questioni dottrinali e dell’istituzione ecclesiastica. Il dibattito tra alcune significative personalità della Chiesa sul territorio della penisola, Ippolito, Clemente romano, Giustino, Ambrogio, Leone Magno, ha influenzato fin dagli inizi la teologia in Italia (elemento soggettivo). In questa prospettiva una storia della teologia non può prescindere né dagli eventi storico-culturali né dalla stessa disposizione geografica e territoriale, ma deve tener presente l’insieme di tutti i fattori per presentare in modo adeguato la riflessione credente intorno a questioni teologiche fondamentali come il primato e l’infallibilità del Papa, il simbolo di fede niceno-costantinopolitano e l’aggiunta del Filioque; la nascita e lo sviluppo del potere temporale e dello Stato pontificio; il concilio e i sinodi generali e particolari; la lotta contro le eresie e la definizione di alcuni fondamentali dogmi della fede cristiana. Questa contestualizzazione del dato teologico, quest’attenzione della storia della Chiesa e della teologia al territorio, permette di giustificare le elaborazioni teologiche di quest’epoca e di comprendere alcune verità di fede. I Padri della Chiesa latina e gli altri teologi, che hanno operato sul territorio della penisola, hanno elaborato una metodologia teologica, attenta alla cultura e alla storia dei popoli sul territorio peninsulare. La teologia, elaborata nei primi secoli (II-III secolo d.C.), di fatto, è il frutto dell’azione di tre dimensioni, che hanno inciso sui primi passi della teologia cristiana e l’hanno resa ciò che è attualmente: la dimensione della fede, che rimanda alla rivelazione; la dimensione storico-culturale, che fa riferimento al mondo greco e latino e contribuisce all’opera di inculturazione della fede; la dimensione socio-ecclesiale, che permette alla Chiesa di formare cristiani adulti, capaci di “dare ragione della fede”.

    In questa prospettiva la teologia cristiana, e in particolare l’apologetica ha cercato di rispondere ad eresie come l’arianesimo e il pelagianesimo, che potevano vanificare o distruggere l’originalità delle fede cristiana, anche grazie all’opera di Gregorio Magno e S. Ambrogio; si è occupata dell’organizzazione istituzionale ed ecclesiastica della Chiesa e della soluzione di questioni pratiche e giuridiche. Questo percorso ha condotto la teologia ad appropriarsi di alcuni termini della cultura e della tradizione latina e romana, di alcuni concetti filosofici dei pensatori pagani e di alcune esperienze amministrative dello stesso Impero romano, in particolare, dopo l’editto di Costantino (313 d.C.) e di Teodosio (391 d.C.). Questi primi secoli sono caratterizzati dalla volontà di valorizzare la singolarità della salvezza cristiana rispetto agli altri culti e alle altre impostazioni filosofiche, morali e giuridiche. La riflessione teologica nella penisola italiana diventa feconda e vivace attraverso l’azione di importanti pensatori cristiani e lo svolgimento di sinodi e concili, locali e regionali. La teologia fino alla riforma protestante tenta di strutturarsi all’interno di una legittima mediazione, culturale e teologica, legata ai diversi ambienti sociali. Questa interrelazione ha permesso alla fede cristiana di diventare significativa e rilevante a livello personale e sociale, ecclesiale e civile nel primo millennio. D’altronde l’attenzione all’uomo e alla sua salvezza è stata la ragione principale dell’evangelizzazione e della ricerca teologica. La teologia è nata e si è sviluppata come tentativo di proporre la credibilità della rivelazione cristiana, l’originalità del mistero di Dio e di Cristo, la singolarità della salvezza e la peculiarità della mediazione della Chiesa e dei suoi sacramenti.

    La formazione di una teologia cristiana fino al IX secolo: l’inculturazione della fede nell’Impero romano d’Occidente e tra i nuovi popoli barbari. Dopo la pentecoste, con il martirio di Stefano a Gerusalemme e la conversione di Paolo (30-31 d.C.), gli apostoli e i primi cristiani iniziano il loro pellegrinaggio lungo le strade del mondo. Interpellati dalle culture e dai diversi popoli e motivati dalle decisioni dell’assemblea di Gerusalemme (At. 15, 22-29), testimoniano la possibilità di vivere la fedeltà all’annuncio di Gesù Cristo, con l’aiuto dello Spirito Santo, nel rispetto di alcuni precetti e nell’attenzione alla novità del dono definitivo della salvezza. Il riconoscimento di Gesù, Messia atteso e Signore risorto, è il fondamento della fede, della chiamata universale alla salvezza con il primato della grazia sulla legge. La fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, è la ragion d’essere della costituzione della nuova comunità dei cristiani, la Chiesa, fondata non più sull’antica legge, ma sulla nuova ed eterna alleanza e sul dono dello Spirito. Le prime eresie e le conseguenti chiarificazioni nella Chiesa primitiva riguardano le questioni dottrinali e morali, caratterizzanti la prospettiva cristiana rispetto all’ebraismo e al paganesimo: ebionismo, gnosticismo, manicheismo, montanismo, arianesimo, docetismo, pelagianesimo. I primi pensatori cristiani cercano, anche durante il periodo delle persecuzioni, di non concepire la fede cristiana come un evento solo culturale, religioso e filosofico, ma come un evento esistenziale. Per questo, per entrare nella comunità cristiana, è necessario un cammino iniziatico non magico, ma mistagogico. La natura popolare della proposta evangelica facilita la diffusione del cristianesimo e il dialogo con le altre religioni e concezioni filosofiche, presenti sul territorio imperiale. Per questo la nascita in questo primo periodo di numerose comunità cristiane è segno non solo di una vivacità missionaria, ma anche dottrinale e culturale.

    A Roma la presenza dei cristiani è testimoniata dall’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani, scritta verso l’anno 56 a Corinto (Rm. 15, 23). Invece, la Prima lettera di Pietro è scritta a Roma e inviata ai cristiani dell’Asia Minore. Il Vangelo di Marco, come è testimoniato da molte fonti, è composto nella città di Roma. Sia Pietro nel 65 d.C. che Paolo nel 67 d.C. circa subiscono il martirio sotto la persecuzione di Nerone (54-68). Questo imperatore, come ci ricorda Tacito († ca 117) condannò «una grande moltitudine di cristiani ad essere uccisi» (Annali, 15, 44). Svetonio (+ dopo il 130) (Vite dei Cesari, Nerone 16,2) riporta la notizia che l’imperatore Claudio (41-54) «espulse da Roma giudei, che erano in continua agitazione per istigazione di Cresto». Queste informazioni ci permettono di comprendere ciò che viene affermato in Atti 18,2: «Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudei di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordinanza di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei». Queste notizie dimostrano il fatto che a Roma, centro dell’Impero romano e fuori dalla penisola, esistono comunità cristiane, vivaci e missionarie. La comunicazione della fede caratterizza il ruolo del cristianesimo anche durante il regno dei Visigoti (418-711), degli Ostrogoti (489-552) con Teodorico il grande (489-526), dei Longobardi (568-774), prima ariani e persecutori dei cristiani fedeli alla tradizione niceno-costantinopolitana e, dopo l’editto di Rotari (652),divenuti cristiani ortodossi. E, infine, durante il regno dei Normanni, il filosofo Boezio (480 c.-524) ha avuto un ruolo fondamentale. La sua azione ha contribuito ad impostare una teologia aperta alla sensibilità dei popoli barbari, ormai amministratori e dominatori della penisola. Egli, come consigliere e maestro di palazzo di Teodorico, ha contribuito ad elaborare una teologia, capace di coniugare la cultura greco-latina e classico-cristiana con il germanismo.

    Un altro aspetto, che deve essere tenuto presente, è il ruolo che il vescovo di Roma ha avuto in Occidente e particolarmente in Italia, in particolare con Leone Magno (440-461) e Gregorio Magno (590-604). Questo ruolo ha avuto un forte impulso dopo la decisione dell’imperatore Costantino di spostare la sede imperiale a Bisanzio in Oriente e in Occidente a Ravenna. Tuttavia, anche la discussione su alcune questioni teologiche e la necessità di stabilire una chiara tradizione apostolica, hanno contribuito a rinforzare il potere della Chiesa di Roma e del suo vescovo su tutte le altre sedi episcopali. In quest’ottica la teologia sul papato, dopo la donazione di Pipino (754 d.C.), re dei Franchi, diventa giustificativa di un primato e di una magistero non solo spirituale, ma giuridico e temporale sulla Chiesa universale. La stessa incoronazione di Carlo Magno a Roma da parte di Leone II (800 d.C.) di fatto è l’inizio di una nuova concezione teologica e giuridico-pastorale del papato e della Chiesa di Roma. È con questo gesto fortemente simbolico e politico che nasce il Sacro Romano Impero e la teologia della della «societas perfecta», la visione piramidale della Chiesa. La lotta dei regni cristiani contro l’Islam, contro i Saraceni, la guerra dei Normanni e la loro riconquista della Sicilia (1071-1072), la concezione monocratica, religiosa e politica della religione islamica rinforzano, di fatto, la visione teocratica medievale e la concezione ideologica, politica ed istituzionale della teologia cattolica, giustificando la persecuzione degli infedeli e degli eretici, persone considerate non solo pericolose per la purezza e per l’ortodossia della fede, ma anche per l’unità e l’armonia della società, per la sicurezza e l’ordine sociale, civile e religioso dell’Occidente. L’alleanza tra il trono e l’altare trova nella teologia del potere del papato, nell’idea della “sacra potestas” imperiale, nella salvezza delle anime e nella ricerca della vita eterna il fine di tutto l’impegno sociale e religioso della teologia.

    La Chiesa di Roma e la formazione della teologia cristiana. A Roma è possibile ritrovare, già nel secondo secolo, un vivace dibattito tra le comunità ebraiche, il giudaismo ellenico (Filone) e le prime comunità cristiane, formate sia dai giudeocristiani sia da alcuni pagani convertiti. Al tempo stesso, dopo la definitiva separazione della Chiesa dalla sinagoga e la distruzione del tempio di Gerusalemme, si verifica una significativa chiarificazione e la peculiarità della visione religiosa cristiana rispetto alla religione ebraica e pagana. Indicazioni di questo dibattito sono presenti già nelle lettere di Pietro e di Paolo. In seguito si ritrovano nella Chiesa post-apostolica, nella Lettera di Clemente Romano ai Corinzi (circa 96 d.C.), nel Pastore di Erma e, ancora, nella seconda parte del secondo secolo nella riflessione patristica, apologetica (Giustino, Atenagora, Ireneo di Lione) e negli scrittori latini come Minuccio Felice, Tertulliano. In questa situazione alcune verità della fede cristiana che interessavano la dottrina e la morale della Chiesa di Roma e che richiedono un approfondimento: il mistero di Cristo e la sua identità divino-umana: la missione salvifica, cosmica e universale della Chiesa; il mistero di Dio, uno e trino, e l’identità personale e divina del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; la missione della Chiesa e la sua costituzione gerarchica; la mediazione liturgico-sacramentale della salvezza; l’azione pastorale, caritativa ed evangelizzatrice della Chiesa.

    Se il primo “tentativo teologico” conduce alla dottrina del Logos di Giustino (verso il 150 d.C.), il desiderio di elaborare un collegamento tra la rivelazione biblica e la filosofia greca si ritrova in Valentino, gnostico, e nella sua scuola verso il 140 d.C. in una cosciente, strutturata elaborazione teologica cristiana. Per riuscire a raggiungere una precisazione terminologica, fedele e rispettosa del dato rivelato ci vorrà, tuttavia, molto tempo e una vivace discussone all’interno della Chiesa. Le proto-eresie cristologiche e teologiche, che si sono sviluppate nello stesso ambiente cristiano, sono un segno del drammatico ma necessario percorso teologico, iniziato in un contesto particolare come l’Oriente con la necessità di un’attenta rielaborazione dottrinale e terminologica, per poter incidere su sensibilità diverse, radicate su un nuovo territorio come quello italiano. Roma fin dall’inizio è una città di immigrati e un «centro di incontro di personalità dotte». Il cristianesimo, che all’inizio si era sviluppato tra le classi più povere, con il passare del tempo comincia a suscitare interesse in alcune figure influenti dell’ambiente romano e della penisola italica. Le persecuzioni dei cristiani, prima legate a querele private (60-200 d.C.), poi apertamente indirizzare alla stessa organizzazione della Chiesa (200-249), e, infine, sistematiche e di massa, soprattutto sotto Decio, Valeriano e Diocleziano (249-305), non hanno, tuttavia, fermato lo sviluppo della Chiesa sul territorio né le discussioni teologiche e dottrinali della Chiesa. La teologia all’inizio cerca di fondare l’unicità della salvezza cristiana in alternativa alle altre teologie, ebraica e pagana. In seguito, dopo il riconoscimento ufficiale e la confessione pubblica della fede in Cristo, può concentrarsi sull’approfondimento, nel dialogo e nel confronto, con il patrimonio culturale greco-latino e romano (cfr. Col. 1, 12-20).

    La teologia cristiana e la ricerca della formulazione di una fede ortodossa. L’editto di tolleranza dell’imperatore Galerio (311), l’editto di Milano con Costantino (313) e l’editto di Teodosio con il divieto dei culti pagani (391), trasformano il cristianesimo in religione ufficiale dell’Impero romano e sostengono ogni discussione teologica, al fine di sconfiggere le eresie ed estendere l’ortodossia. Per questo le assemblee conciliari e i sinodi sia in Oriente sia in Occidente, vengono favoriti dagli imperatori e dalla autorità civili e, in alcune occasioni, da loro stessi convocati. Le stesse dedizioni, dottrinali e disciplinari, vengono appoggiate e imposte dal potere politico. I concili generali e provinciali permettono ai papi, ai vescovi e ai teologi di discutere e condannare alcune eresie (l’arianesimo, la controversia apollinarista, il donatismo, i pneumatomachi, la controversia nestoriana, il pelagianesimo) e anche di sviluppare una fondamentale teologia sul mistero di Cristo e di Dio, sulla vergine Maria e sulla salvezza cristiana, a partire dai riferimenti biblici, dalla fedeltà alla tradizione e al magistero della Chiesa, nel dialogo con la cultura greco-latina e, in seguito, con i popoli barbari. Questo percorso teologico ha anche permesso di elaborare una professione di fede, ecclesiale, liturgica e battesimale. I molteplici concili sono stati preparati da un vivace dibattito teologico e hanno stimolato in seguito la ricerca e l’elaborazione teologica. Il primo concilio ecumenico si è svolto a Nicea (325) contro l’arianesimo; il secondo a Costantinopoli (381) contro i pnematomachi e i semiariani; il terzo a Efeso (431) contro il nestorianesimo; il quarto a Calcedonia (451) contro il monofisismo. Non sono di secondaria importanza per lo sviluppo della riflessione teologica gli altri concili ecumenici: il quinto a Costantinopoli II (553) contro i Tre Capitoli; il sesto a Costantinopoli III (680-681) contro il monotelismo e monoenergismo; il settimo a Nicea II (787) contro l’iconoclasmo; l’ottavo a Costantinopoli IV (869-870) per affrontare la controversia foziana. Questi importanti concili generali sono stati preceduti, preparati o recepiti da concili, che si sono svolti a Roma (368) e in altre importanti diocesi presenti nella penisola come per esempio a Milano (a partire dal 345), ad Aquileia (381), a Capua (382) e a Torino (398). Il cammino sinodale e conciliare della Chiesa in Italia trova il proprio riferimento in alcune personalità significative come i vescovi Lucifero di Cagliari; Eusebio di Vercelli, Dionigi di Milano, S. Zeno di Verona, papa Damaso (366-84), S Ambrogio e il suo successore Simpliciano, S Leone Magno, S Gregorio Magno e S Benedetto.

    Il dibattito teologico del periodo post-costantiniano se ha contribuito a sviluppare la conoscenza della fede cristiana e la riflessione teologica, ha purtroppo giustificato un’ingerenza del potere civile all’interno di alcune questioni specificatamente religiose e dottrinali e, con il tempo, ha finito per facilitare l’uso strumentale della fede per interessi politici. La stessa teologia ha subito questa sorte, finendo per appoggiare e giustificare, in modo ideologico, alcune posizioni politiche e alcune correnti sociali. In questo la lotta tra l’arianesimo dei dominatori goti e longobardi (Odoacre e Teodorico) e l’ortodossia degli imperatori bizantini e del vescovo di Roma sono un esempio paradigmatico dell’uso strumentale e condizionante della teologia. Il riconoscimento ufficiale del cristianesimo ha anche favorito lo sviluppo di una molteplicità di sedi e diocesi e ha stimolato la riflessione teologica circa la funzione del ministero presbiterale, il ruolo del vescovo e del Papa e l’impegno della Chiesa nella difesa dei poveri e nella giustizia sociale. L’incremento della vita consacrata come testimonianza della sequela radicale di Cristo ha ritrovato nella stessa teologia un riferimento costante. La nascita della vita eremitica, cenobitica, monastica e religiosa ha espresso grandi figure di santi, di teologi e mistici, che con le loro opere e i loro scritti hanno influenzato la riflessione teologica, la spiritualità e la pastorale della Chiesa nel primo millennio.

    L’affermazione del cristianesimo ha facilitato anche la nascita di alcune scuole teologiche come quella di Alessandria e di Antiochia, che hanno influenzato il dibattito teologico nella comunità di Roma e in altre sedi episcopali come Milano, la capitale del regno dei Longobardi, Aquileia e Ravenna, all’inizio bizantina e in seguito, dopo la conquista degli Ostrogoti, capitale del loro regno. È interessante la presenza all’interno delle Chiese di Roma, Aquileia e Milano di diverse correnti teologiche e, soprattutto, di differenti tradizioni rituali e liturgiche. A Milano la grande figura di S. Ambrogio (339-397) influenza notevolmente il rapporto tra la Chiesa e l’Impero. La teologia di Ambrogio, rivendicando la piena libertà nei riguardi del potere politico, sottolinea il valore della tradizione e la necessità della fedeltà alla Sacra Scrittura e al magistero della Chiesa e mette in evidenza la necessità di mantenere una costante relazione tra ciascuna verità della fede cristiana e il mistero di Dio, uno e trino. La Chiesa di Aquileia con il vescovo Teodoro (circa 308-315) ha un ruolo fondamentale per l’affermazione dell’ortodossia contro le eresie cristologiche e trinitarie. Nel 381 ad Aquileia viene convocato un concilio di 32 vescovi, nel quale è confermata la consustanzialità e la coeternità del Padre e del Figlio secondo la fede di Nicea. Alcune ragioni storiche e socio-ecclesiali sono all’origine dell’elaborazione di una teologia della funzione del vescovo di Roma soprattutto nella Chiesa d’Occidente: il cristianesimo come religione ufficiale, la funzione pubblica dei vescovi e dello stesso Papa, lo sviluppo del potere amministrativo e religioso, l’appropriazione di alcuni titoli religiosi e civili pagani (Sommo pontefice), la divisione dell’Impero romano, la celebrazione di importanti sinodi locali anche a Roma (il primo concilio è nel 252 presieduto dal papa Cornelio), il ruolo del vescovo di Roma nella diffusione del cristianesimo nell’Italia centrale e meridionale attraverso le vie consolari, la funzione del vescovo di Roma nelle controversie delle chiese locali, la costituzione dei regni barbarici e la loro lotta politica interna e con l’impero d’Oriente fino al drammatico scisma del 1054 tra Roma e Costantinopoli. Sin dai primi secoli sia i Padri della Chiesa sia i teologi hanno legato la funzione del vescovo di Roma al martirio, come garante della fedeltà al deposito della fede e come principio di comunione nella Chiesa, e alla testimonianza di fede degli apostoli Pietro e Paolo e alla presenza della loro tomba a Roma. In questo contesto il ruolo del vescovo di Roma diventa anche amministrativo e sociale, causando un’accentuazione della sua autorità, sia primaziale sia magisteriale, sulle altre chiese, trasformando un ruolo riconosciuto in un ruolo imposto. All’interno di questo sviluppo teologico-sociale il pontificato di Leone Magno (440-461) ha un influsso notevole. Si deve a Leone Magno l’attribuzione al vescovo di Roma del titolo di “vedetta” o “sentinella” per indicare la funzione di vigilantia, di sollecitudo e di auctoritas del Papa nei riguardi delle altre chiese: «Se non interveniamo con la vigilanza (vigilantia) che a noi spetta, non potremo scusarci presso colui che ha voluto che noi siamo la sentinella (qui nos speculatores esse voluit)» (Epist. 4,1 [PL 54, 610B]). Lo stesso Leone al termine “successore” preferisce quello di “vicario di Pietro” sulla sede di Roma, affermando che «il beatissimo apostolo Pietro non cessa di presiedere sulla propria sede» (Sermo 5,4 [PL 54, 153-155]). Gregorio Magno (540-604 d.C.), dopo aver seguito la carriera politica ed essere diventato prefetto di Roma, avendo abbandonato tutto per seguire la vita monastica, è ordinato diacono e inviato come legato pontificio a Costantinopoli. Questo percorso di vita permette di comprendere il valore del suo ministero come Papa. Eletto nel 590 d.C. si dimostra vero pastore della Chiesa nella cura dei poveri e nella diffusione della fede. La sua formazione giuridica e politica e la conoscenza della Chiesa d’Oriente lo rendono anche un buon amministratore e un fine diplomatico a servizio del bene della Chiesa universale. La formazione monastica e la cultura teologica gli permettono di scrivere molti trattati di morale e di teologia, che hanno influenzato la riflessione e il magistero dei secoli seguenti. Altri eventi che contribuiscono a sviluppare il ruolo del vescovo di Roma e a consolidare una teologia del papato, sono: l’appoggio dato al monachesimo benedettino e alle missioni nella penisola italiana e nel continente europeo come la missione scoto-irlandese, la missione anglosassone e la missione franca.

    La teologia monastica e l’edificazione della «societas cristiana». La possibilità per la teologia cristiana di esprimere la propria capacità di assimilazione, di stimolo e di integrazione nei riguardi delle diverse culture trova nel monachesimo in Occidente un’esperienza significativa e incisiva. Il monachesimo viene portato nella penisola verso la metà del IV secolo da Atanasio (295-373) durante il suo esilio a Roma. Tuttavia sia Cassiodoro (490c.-583) in Calabria con la redazione della sua «enciclopedia», che Benedetto (480-547) contribuiscono allo sviluppo del monachesimo nella penisola italica. La vita e la teologia monastica nascono come tentativo di coniugare lo stile di vita agricola, comunitario e familiare, con la cultura classica, la proposta cristiana e la sapienza greco-latina. Si cerca di superare la semplice ripetizione degli schemi classici rispetto ad alcuni nodi antropologici, sociologici e teologici fondamentali come la relazione tra ragione, volontà e fede, tra intelletto e amore, tra il valore della persona con i suoi diritti individuali e il valore della comunità dei credenti e della comunione dei popoli, tra la libertà degli individui e dei credenti e l’autorità del capo come guida della comunità. L’esperienza e la teologia monastica hanno sviluppato un percorso possibile intorno a questi nodi tematici, secondo il modello gnostico-sapienziale della tradizione biblica e patristica. Esso caratterizzerà l’alto-medioevo e la rinascita benedettina e giustificherà con Carlo Magno la riforma carolingia. I monasteri con lo sviluppo delle attività religiose e sociali e la diffusione su tutto il territorio, diventeranno il centro dello sviluppo culturale, ecclesiale, sociale e teologico del periodo che condurrà al rinascimento. L’impostazione monastica, rispondente alla Regola di Benedetto, diventa un modello per la stessa organizzazione feudale della società e della Chiesa. Nel monastero, piccola cittadella e micro-società autosufficiente, l’insieme delle attività spirituali, pratiche ed economiche («ora et labora») trova una sua unità e armonia a partire dai principi della teologia cristiana. Nonostante la distruzione e le successive ricostruzioni del monastero di Montecassino (fondato verso il 529, distrutto dai Longobardi nel 581 d. C. e dai Saraceni nell’883d.C.) il monachesimo di Benedetto trova un grande sostenitore in Gregorio Magno. Quando nel 774 a Susa il sovrano franco Carlo Magno sconfigge i Longobardi, la rinascita benedettina diventa l’anima della stessa rinascita culturale e religiosa carolingia. La «societas cristiana», modello profetico e anticipazione del regno di Dio sulla terra, troverà nella forma monastica un segno concreto, sul quale si modellerà la «societas medievale». In questa prospettiva teologica e socio-culturale l’essere cristiano e l’essere cittadino diventa coincidente, in una visione d’armonia antropologica, sociale, religiosa ed ecclesiale.

    La teologia, il Sacro Romano Impero e la Chiesa medievale (secc. IX-XIII). Dopo che Odoacre aveva deposto l’imperatore Romolo Augustolo e mandato le insegne imperiali all’imperatore d’Oriente, che gli aveva accordato il titolo di Patrizio Romano e aveva sancito la fine dell’Impero romano d’Occidente, diverse popolazioni del nord avevano invaso e saccheggiato la penisola. La Chiesa con la sua struttura sul territorio era stata nella concretezza della vita quotidiana, l’unico punto di riferimento per coloro che abitavano le città e i villaggi. I monasteri, come cittadelle fortificate, erano diventati centri non solo religiosi ma anche civili per la difesa di tutti coloro che risiedevano nella penisola e nelle isole. La conversione poi di alcuni re barbari al cristianesimo (gli Ostrogoti e, in seguito, gli ariani Longobardi all’ortodossia) di fatto aveva consolidato l’influenza della Chiesa sul potere politico e sulla stessa amministrazione civile. L’incoronazione il 25 dicembre dell’800 di Carlo Magno da parte di papa Leone III (783-816) nella Chiesa di S. Pietro, induce la possibilità di realizzare una nuova unità tra il potere civile e il potere religioso, che si era spezzata con la fine dell’Impero romano d’Occidente. La rinascita carolingia permette di realizzare un nuovo e grande impero in Occidente, sotto l’influenza cristiana e con la sacra benedizione del vescovo di Roma: il Sacro Romano Impero. I Franchi fin dall’inizio legano strettamente il loro potere alla difesa del cristianesimo sui loro territori: il re franco Clodoveo nel 496 era stato battezzato a Reims, Carlo Martello a Poitiers aveva sconfitto nel 732 gli Arabi. Pipino il Breve, unto re dal papa Stefano II (752-757), riconosce i possedimenti e i lasciti ereditati dalla Chiesa di Roma per la convenzione di Milano nel 313 d.C. E vi aggiunge nel 754 d.C. anche l’esarcato di Ravenna e la Pentapoli. Con questa Donazione, con la seguente estensione dei possedimenti pontifici nell’Italia centrale, si costituisce un influente ed esteso Stato della Chiesa nella penisola. Il potere temporale del pontefice, la sua influenza sia sul regno dei Franchi, sia nel X secolo, sul regno degli Ottoni si consolida con Gregorio VII (1073-1085 d.C.). Lo scisma tra Roma e Costantinopoli nel 1054, la lotta di Gregorio VII contro Enrico IV, la riconquista normanna della Sicilia (1071-1072 d.C.), l’elezione del Papa da parte dei cardinali e il grande concilio di Piacenza del 1095, con le sue decisioni riguardo al rapporto tra i vari gruppi nella Chiesa, l’indizione della Prima Crociata e la relazione della Chiesa con l’imperatore tedesco contribuiscono a sviluppare una teologia del papato e della Chiesa secondo una visione societaria, piramidale e gerarchica. Essa pone al centro di ogni elaborazione teologica il principio dell’autorità e l’origine divina del potere civile. Tale autorità è anche il principio unitario ed armonico della missione della Chiesa nel mondo e della pace sociale. L’incidenza storica del binomio Sacerdotium-Regnum, propria della teologia carolingia, dove l’imperatore in terra è l’immagine analogica della monarchia celeste, giustifica la concezione secondo la quale Chiesa forma con il potere regale un’unica “societas” cristiana.

    La teologia nel periodo medievale. Nel periodo che gli storici definiscono alto Medioevo (692-1073) e basso Medioevo (1073-1294) non solo si estende il potere spirituale, culturale, amministrativo e socio-politico della Chiesa sul territorio della penisola, ma la stessa disciplina teologica, nell’alto Medioevo, si struttura, si sviluppa e progressivamente, come la Chiesa-istituzione, diventa: a) teologia confessante, di palazzo, legata agli interessi e alle esigenze storico-culturali (esempi evidenti sono: l’aggiunta del «Filioque» nel Simbolo niceno-costantinopolitano e il concilio generale franco del 794 d.C. che respinge i decreti del concilio di Nicea del 787 d.C. sul senso e sulla la liceità delle immagini); b) teologia mistica, religiosa e spirituale, che si sviluppa nei monasteri e afferma il primato della dimensione trascendente sulla realtà storica e sociale. Nel basso Medioevo, invece, la teologia si caratterizza come c) teologia scolastica, che contribuisce a conservare e a consolidare la visione gerarchica e piramidale della Chiesa e della stessa conoscenza umana con la ricerca di un metodo filosofico-teologico particolare, presso le grandi Università vicine ad alcune importanti cattedrali medievali, cercando di penetrare razionalmente nel patrimonio della fede cristiana; d) teologia monastica, che continua comunque a sviluppare la riflessione teologica attenta alla dimensione spirituale e esistenziale, che rimanda alle grandi Scuole dei monasteri e alla spiritualità dei nuovi ordini religiosi .

    La teologia scolastica con le Summae nel tentativo di conciliare la scienza con la fede, le due fonti, la ragione umana e la rivelazione, la dialettica critica e quella argomentativa, di fatto elabora un metodo sistematico ed enciclopedico, capace di giustificare il patrimonio della fede, l’autorità del magistero del Papa e difendere la libertà della Chiesa in rapporto ad ogni altro potere umano e dialogare con le altre tradizioni e culture, anche con quella islamica. La teologia monastica, invece, afferma l’ortodossia della fede seguendo la via della spiritualità dell’Amore, l’accoglienza obbediente e adorante della rivelazione, il riconoscimento della regalità divina e l’attesa escatologica del regno di Dio. La teologia nel basso Medioevo giustifica teoricamente l’armonia tra il potere temporale e il potere spirituale e contribuisce a costruire una visione sacrale della storia, una visione unitaria tra la città degli uomini e la città di Dio, dentro la quale la Chiesa terrena è chiamata ad essere una profezia e un segno visibile del Regno. È la teologia confessante del primato di Dio, creatore e redentore dell’universo. La teologia e il cristianesimo sono, in questa prospettiva, il vertice di ogni conoscenza umana e di ogni evento terreno. La civiltà e la cultura feudale non sono solo un modo di concepire il potere civile, ma anche una visione teologica. Tale visione è cristiana, in quanto il mistero di Cristo è il centro della rivelazione e della pienezza della storia; è gerarchica, perché ordinata secondo alcuni criteri precisi, rivelati da Dio; è piramidale, dal momento che riceve dall’alto i propri principi veritativi (discendenti e ascendenti); è ideologica, in quanto, anche se si esercita nel rispetto della ragione umana, non può prescindere dalla rivelazione e deve essere accolta nell’obbedienza della fede; è sistematica e totalizzante, perché cerca e propone una sintesi omni-comprensiva della realtà cristiana, come riflesso della sintesi tra la trascendenza della storia divina e l’immanenza della storia umana.

    La Chiesa e la cultura medievale italiana: la teologia e le eresie. La teologia scolastica e la teologia mistica e monastica hanno, a loro modo, contribuito alla sintesi medievale, alla visione unitaria e sacrale della cultura occidentale, al ruolo prioritario della Chiesa di Roma e del suo vescovo, il Papa. Nel periodo fino al XIII secolo la «confessio fidei», che la teologia, i concili e il magistero episcopale hanno contribuito a determinare e precisare, diventa «professio fidei» e soprattutto «doctrina fidei». Compito della teologia, in obbedienza al magistero della Chiesa, è la difesa della dottrina cattolica; suo scopo principale è quello di precisare e conservare l’ortodossia della fede, il primato e l’autorità del romano pontefice, costituito e stabilito per istituzione sacra e divina, contro le eresie e i diversi attacchi da parte del potere civile o religioso: «l’auctoritas fidei» diventa «potestas fidei». I concili di Roma sono una testimonianza evidente di questa concezione: il Lateranense I (1123) affronta la questione delle investiture, della simonia e degli altri abusi; il Lateranense II (1139) tenta di risolvere lo scisma di Anacleto II e condanna il radicalismo di Arnaldo da Brescia, avversario del potere temporale; il Lateranense III (1179) combatte il Catarismo e stabilisce nuove norme per l’elezione del Papa; il Lateranense IV (1215) condanna l’eresia degli Albigesi e dei Valdesi. Il sinodo Lateranense del 1059, con la sua decisione di stabilire il monopolio dei vescovi-cardinali delle chiese suburbicarie di Roma sull’elezione del Papa, elimina il ruolo del clero, del popolo romano e dello stesso imperatore e di fatto, influisce sulla visione teologica e pastorale dello stesso papato fino ad oggi. La teologia dei secoli X-XIII comprende una molteplicità di personalità significative, che hanno influito, in modi e in ambiti differenti, alla riflessione teologica e culturale nella Chiesa, in Occidente e nella cultura italiana. Particolarmente la teologia scolastica può essere suddivisa in quattro periodi: il periodo pre-scolastico (800-900) con Giovanni (Scoto) Eriugena (810 circa-877 circa), considerato il più grande filosofo altomedievale; il periodo iniziale della Scolastica (1000-1200) con Anselmo di Canterbury (1033-1109), il padre della Scolastica, e Pietro Abelardo (1079-1142); l’età d’oro della Scolastica (1200-1280) con Alberto Magno (1193- 1280), Bonaventura da Bagnoreggio (1221-1274); e con Tommaso d’Aquino (1224-1274); l’ultimo periodo della Scolastica (1280-1400) con Duns Scoto (1266-1308), Maestro Eckhart (1260-1327) e Guglielmo di Ockham (1280-1349). Non si possono dimenticare, poi, Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), Caterina da Siena (1347-1380): la loro teologia risente della vita monastica e della dimensione mistica della Chiesa dell’epoca medievale.

    Lo sviluppo della teologia verso l’unità d’Italia. Nel XIII secolo nascono una molteplicità di nuovi luoghi di formazione e di elaborazione del pensiero teologico, si creano spazi di dialogo tra le diverse sensibilità culturali all’interno dell’unica visione cristiana della vita e della società: “la fine del Medioevo è corrisposta in Occidente all’avvento di una nuova figura del sapere, e si può pensare che la figura del mondo ne è risultata cambiata, per il meglio e per il peggio. Sapere e spiritualità sono stati separati. Si tratta di una distinzione benefica o di un taglio rovinoso? La novità, ad ogni modo, ha permesso un diverso rapporto con la realtà, lo sviluppo della logica e delle scienze sperimentali, e poi il progresso della tecnica. In breve, l’essenziale della modernità. A.N. Whitehead pensava che le conoscenze scolastiche avevano aperto la strada che portava alla rivoluzione industriale (…). Nel Medioevo, si osserva chiaramente nell’aula universitaria il passaggio da un tipo di insegnamento in cui la ricerca della verità è un esercizio spirituale, che coinvolge totalmente il maestri e il suo discepolo, ad un altro modo più specifico, nel quale il teologo non è più un maestro spirituale, bensì un esperto che, grazie alla sua erudizione e al suo rigore, illumina come dal di fuori la vita cristiana” (Jean-Yves Lacoste (ed.), Storia della teologia, Queriniana , Brescia 2011, 196). I monasteri, prima, e le cattedrali, in seguito, diventano i luoghi non solo della preghiera e della vita liturgica, spirituale ed ecclesiale, ma anche della trasmissione e dell’approfondimento culturale e teologico. Si inizia a creare una visione condivisa, che può essere indicata come italiana, che precede quella politico-istituzionale e che si manifesta, progressivamente, con la creazione di una lingua comune “volgare” e con una Chiesa unita, piramidale e gerarchica, sotto il vescovo di Roma.

    La teologia conflittuale e giustificativa: dal XIII secolo alla crisi di Lutero (1517). Nel duecento e nel trecento nascono le Università, insieme ad una molteplicità di altri centri di cultura teologica e filosofica, di ricerca scientifica e di elaborazione artistica e letteraria. Questi centri sono aiutati economicamente dalla nascente borghesia comunale e dalle famiglie influenti, che, attraverso il sapere, tentano di acquisire potere e prestigio sociale. Questa relazione tra potere e cultura interesserà anche la Chiesa e lo Stato pontificio. Lo sviluppo culturale e teologico sarà legato non solo ad alcune singole personalità, ma anche ad alcuni nuovi ordini religiosi, che nasceranno e si svilupperanno in questo periodo come i domenicani e i francescani. La massima espressione del potere pontificio,tuttavia, si avrà durante il pontificato di Bonifacio VIII con la bolla “Unam Sanctam” (1302) e con il primo Giubileo (1300). Egli, attingendo alle tesi tradizionali di Bernardo di Chiaravalle, di Ugo di San Vittore, di Innocenzo III e di Tommaso d’Aquino, cercherà di giustificare una visione ierocratica del papato. Ma la situazione socio-politica ed ecclesiale è ora molto diversa dalla concezione unitaria e piramidale del periodo medievale. Le autonomie locali, la frammentazione del Sacro Romano Impero, lo scontro tra i principi, i Comuni, le Signorie; le divisioni all’interno della Chiesa, la lotta per le investiture e il dramma della simonia, tutto questo logora la concezione unitaria medievale e la stessa supremazia del Papa sulla Chiesa e sull’Impero. Mentre fuori dalla penisola italiana si formano rapidamente gli Stati-nazione, si dovrà aspettare molto più tempo per riuscire a riunire l’Italia sotto un’unica amministrazione nazionale. Tuttavia già la lotta dei Comuni contro gli invasori può essere considerata come la manifestazione di una reale e cosciente tensione all’unità religiosa, culturale e civile, anche se non ancora politica e istituzionale. Paradossalmente la comune sensibilità religiosa, cristiana e cattolica, se da una parte, a causa della presenza dello Stato pontificio, ha rallentato l’unità d’Italia, dall’altra è stata la ragione profonda dell’unità stessa come dimostra il pensiero di Gioberti. La penisola italiana dal XIII° al XV° secolo vive un periodo economicamente e culturalmente vivace. In questo periodo si pongono le premesse per uno spirito comune, che, dopo la caduta dell’Impero romano, si era perso. L’Umanesimo e il Rinascimento, con la riscoperta della classicità, contribuiscono notevolmente a rianimare le radici profonde della comune “romanitas” e di un cristianesimo profondamente latino e classico. L’idea teologica di un cristianesimo fonte d’ispirazione e di civilizzazione del mondo e della Chiesa romana, centro della Chiesa universale, una, santa, cattolica, apostolica e romana guida le drammatiche vicende del cristianesimo fino all’unità d’Italia. La stessa idea risorgimentale dello Stato pontificio come centro di una possibile confederazione degli Stati si comprende in questa prospettiva. I papi del XV° e XVI° secolo come Alessandro VI, Giulio II, Leone X, al di là del loro ruolo spirituale ed ecclesiale, con la loro azione diplomatica, militare e politica, assecondano l’influenza straniera in nome di un’autonomia della Chiesa.

    La riflessione teologica, rispetto al primo millennio, passa da una prospettiva difensiva e dichiarativa, che tenta di approfondire e definire il contenuto essenziale della fede cristiana e cattolica (il mistero di Cristo e del Dio cristiano) ad una visione teologica predominante, che punta sulla difesa dell’autorità del   ‘soggetto/ai soggetti’ che professano la fede cristiana. La teologia si pone dal secolo XIII° fino al XIX° secolo la questione dei soggetti legittimi, che sono autorizzati a trasmettere, interpretare e testimoniare la fede come magistero gerarchico, come singoli credenti e come comunità cristiana. La teologia tenta di giustificare la struttura istituzionale della Chiesa cattolica, sostenendo che la salvezza cristiana si riceve attraverso la mediazione della Chiesa, nella professione della vera fede, nella celebrazione dei sacramenti e nell’obbedienza ai legittimi pastori, successori degli apostoli, e al Papa, vicario di Pietro. Questo passaggio di attenzione dalla riflessione teologica sul contenuto della fede ai soggetti della comunicazione della fede rinsalda la questione sull’auctoritas e sulla potestas nella Chiesa, sul ruolo del vescovo di Roma e degli altri vescovi. L’espansione dei nuovi ordini religiosi mendicanti, delle confraternite e, in seguito, di altri movimenti religiosi e la loro azione nell’ambito della riflessione teologica, dell’impegno caritativo, dell’istruzione e della formazione del popolo hanno facilitato il radicamento di una visione culturale e sociale unitaria, cristiana e popolare. L’appoggio di diversi pontefici ai nuovi movimenti religiosi hanno rafforzato la tendenza alla centralizzazione romana e hanno assicurato, dal punto di vista teologico, una rinnovata visione verticistica dell’autorità del Papa sulla Chiesa in Italia e sull’intera cristianità. Lo sviluppo della Chiesa di Roma nei secoli fino al concilio di Trento e, in seguito, fino e dopo il Vaticano I ha giustificato una teologia manualistica ed apologetica, non solo post-patristica ma anche post-scolastica.

    L’opera di Melchiorre Cano (1505-1560), «De locis theologicis libri duodecim», pubblicata incompleta dopo la sua morte nel 1563 e ristampata trenta volte fino al 1980, non solo fonda la metodologia teologica sul “principio di autorità”, ma estende anche a dieci i “loci”, le fonti della ricerca teologica: «i primi sette sono propriamente teologici (autorità della Scrittura, della Tradizione, della Chiesa cattolica, dei Concili, della Chiesa romana, dei Padri, dei teologici scolastici e canonisti), mentre gli altri tre sono argomenti di ragione (ragione naturale, autorità dei filosofi e ella storia (…) Dall’impostazione teologica di Cano è pervenuta in sostanziale continuità la figura della teologia manualistica in uso in tutte le scuole accademiche di teologia prima del Vaticano II» (Guido Pozzo,La manualistica, in Storia della teologia. 3. Da Vitus Pichler a Henri de Lubac a cura di Rino Fisichella, ED-EDB, Roma-Bologna 1996, 311-312) Le fonti della teologia, in questo modo, si sono strutturate in ordine alla difesa del potere e dell’autorità del magistero gerarchico della Chiesa cattolica romana e in funzione del servizio del ministero del Papa in contrapposizione al conciliarismo ed alle altre forme di autonomia episcopale, laicale e nazionale come il gallicanesimo, il febronianesimo e l’episcopalismo. La caduta di Bisanzio (1453), il saccheggio dei turchi di Maometto II e la lotta contro il pericolo islamico hanno contribuito a concentrare l’attenzione sul potere del vescovo di Roma. La stessa teologia ha contribuito nell’ambito della riflessione sistematica, spirituale, morale e giuridica dei secoli XIV° e XVI°, a spingere alcuni pontefici a cercare di impostare una riforma all’interno della Chiesa e difendere una teologia giustificativa. Le illusorie dichiarazioni di riforma della Chiesa, invece, durante il pontificato di Leone X (1517) aprono le porte alla protesta teologica e istituzionale di Martin Lutero (1483-1546), che il 31 ottobre 1517 affligge sulle porte del duomo di Wittemberg le 95 tesi contro il commercio delle indulgenze e la mondanità nella Chiesa. Lutero vuole così riproporre la purezza del Vangelo rispetto ad ogni riflessione teologica, che si è allontanata dalla fedeltà alla sorgente della fede: la Parola di Dio e il Cristo, unico Maestro e Signore. Per Lutero è necessario ribadire il primato della fedeltà e della grazia di Dio, che giustifica e salva nella sua libera e sovrana volontà. Nell’impostazione di Lutero e dei Riformatori l’attenzione alle istituzioni visibili della Chiesa, propria della prima parte del secondo millennio, viene superata dal tentativo di riportare la riflessione biblica al centro della riflessione teologica. Il primato di Cristo e l’azione misteriosa e permanente dello Spirito Santo sono la ragione della “communio sanctorum”. La stessa traduzione nella lingua tedesca della Bibbia certamente contribuisce ad avvicinare i cristiani alla fede in Cristo, a smascherare le interpretazioni strumentali e le evidenti incoerenze della Chiesa ufficiale, spesso compromessa con il potere civile e politico. Tuttavia il terremoto protestante non solo conduce la Chiesa a riprendere seriamente il tentativo di riforma, ma anche a rivisitare le problematiche e le questioni teologiche aperte nella polemica con la teologia dei Riformati. Il concilio di Trento (1545-1563), i teologici post-tridentini, le Congregazioni come i Gesuiti e la stessa Scuola romana cercano di impostare una nuova teologia, capace di arginare le obiezioni protestanti, ma, al tempo stesso, finalizzata a fondare le affermazioni tridentine sulla tradizione della Chiesa cattolica, per tentare una riforma in campo dottrinale, istituzionale e pastorale.

    Dal concilio di Trento (1545-1563) al concilio Vaticano I (1869-1870): la teologia apologetica e controversista. Sul territorio italiano, per una molteplicità di fattori, la riforma protestante non ha avuto una diffusione significativa come è accaduto in altre nazioni del nord-Europa. Tuttavia, nelle diverse diocesi era chiara sia tra i vescovi sia tra i fedeli cristiani la percezione della necessità di una riforma nei riguardi della vita morale e spirituale, della teologia e delle stesse istituzioni ecclesiastiche. Per questo prima e durante lo svolgimento del concilio di Trento le richieste teologiche e pastorali, che erano state nella Chiesa cattolica sollecitate dal movimento riformatore, sono diventate le esigenze del rinnovamento della stessa Chiesa. In particolare il desiderio di una più coerente e profonda spiritualità, il superamento di una visione formale della vita cristiana, la ricerca di una maggiore fedeltà al vangelo di Gesù Cristo e alla Bibbia, la purificazione della teologia da un’esagerata influenza aristotelica, l’abbandono di un tomismo e di una scolastica, lontane dal contatto con le fonti patristiche e con la Rivelazione e, infine, la volontà di ritornare all’antica tradizione della Chiesa cattolica, sono le esigenze che trovano una loro prospettiva di analisi teologica nelle opere spirituali e teologiche di alcune importanti autori dal XV° al XVI°: Caterina da Genova (1447-1510), Girolamo Savonarola (1452-1498), Paolo Giustiniani (1478-1528), Vittorino da Feltre (1373 o 1378 -1446), Bernardino da Siena (+ 1444), Carlo Borromeo (1538-1585), Filippo Neri (1515-1595), Girolamo Emiliani (1486-1537), Gaetano da Thiene (1480-1547), Egidio da Viterbo (1469-1532), Seripando (1493-1563), Jacopo Sadoleto (1477-1547), Gasparo Contarini (1483-1542), Reginald Pole (1500-1558) Non si possono dimenticare anche alcuni importanti fondatori di Congregazioni religiose, che, in questo periodo, operano nel campo dell’istruzione, della formazione religiosa e spirituale, dell’assistenza materiale e ospedaliera del popolo. Queste figure insieme al rinnovamento spirituale della «devotio moderna» contribuiscono a preparare, a stimolare e ad attuare le decisioni rinnovatrici del concilio di Trento.

    Prima e durante il concilio di Trento, nelle riflessioni teologiche del domenicano Tommaso de Vio ( 1468-1547), del gesuita Roberto Bellarmino (1542-1621) e, in seguito, di molti altri teologi e vescovi fino al concilio Vaticano I, è possibile cogliere alcune linee fondamentali di tendenza, che determinano una scuola teologica in Italia. I rappresentanti principali della teologia della Compagnia di Gesù nei secoli XVI°-XVII° sono un esempio di questi nuovi percorsi teologici, che nascono e si sviluppano in Spagna: Francisco de Toledo (1533-1596), Francisco Suárez (1548-1617), Tommaso Sánchez (1550-1610) (la triade andalusa); Luis de Molina (1535-1600), Gabriél Vázquez (1549-1604), Gregorio de Valencia (1549-1603) (la triade castigliana). Questi teologi condizioneranno e influenzeranno i gesuiti e i teologi del collegio della Gregoriana di Roma. In questa prospettiva la teologia cattolica cerca di recuperare un’attenzione alle fonti della fede cristiana, anche se in un contesto di reazione e di contrapposizione con la riforma protestante. In secondo luogo, lo stesso concilio con i suoi documenti, di fatto ha incoraggiato e sollecitato la formazione teologica, spirituale e pastorale del clero. Questa finalità ha messo in luce il valore e la funzione della teologia e della stessa ricerca teologica in ordine ad un necessario approfondimento di alcune questioni controverse. Era necessaria una seria formazione teologica per la riforma della Chiesa e per superare una certa ritualità formale, che non rispondeva al vero spirito della liturgia e che aveva impoverito la predicazione e la catechesi. Per rispondere alle osservazioni critiche dei protestanti e per sanare alcuni difetti della concezione cattolica, era necessario armonizzare la dimensione visibile della Chiesa con quella invisibile, la struttura gerarchica con la dimensione spirituale della vita ecclesiale. Questi tentativi non hanno trovato un’immediata realizzazione nella riflessione teologica del XVII° e del XVIII° secolo a causa dell’ambiente polemico e della contrapposizione tra la teologia cattolica e quella protestante e anglicana, per la crescente visione anticlericale, antiromana, illuministica e positivista della società e della cultura italiana.

    Fonti e Bibl. essenziale

    G. Alberigo, Il cristianesimo in Italia, Bari 1997; P. Ciardella – A. Montan (a cura di), Le scienze teologiche in Italia a cinquant’anni dal concilio Vaticano II. Storia, impostazioni, metodologie, prospettive, Leumann (Torino) 2011; E. dal Covolo (a cura di), Storia della teologia. 1. Dalle origini a Bernardo di Chiaravalle, EDB, Roma – Bologna 1995; G. Occhipinti (a cura di), Da Pietro Abelardo a Roberto Bellarmino, EDB, Roma-Bologna 1996; L. Jean-Yves (ed), Storia della teologia, Brescia 2011; B. Mondin, Storia della teologia Volumi 1-3, Bologna 1997; Id, Le teologie del nostro tempo, Roma 1975; R. Osculati, La teologia cristiana nel suo sviluppo storico. II – Primo millennio, Secondo millennio, Cinisello Balsamo (Milano) 1997; C. Vasoli, La crisi del tardo Umanesimo e le aspettative di Riforma in Italia tra la fine del Quattrocento ed il primo Cinquecento, in Storia della teologia. III: Età della Rinascita, Casale Monferrato (AL) 1995, 397-485; E. Vilanova, Storia della teologia cristiana. 1. Dalle origini al XV secolo, Borla, Roma 1991; G. Penco, Storia della Chiesa in Italia. 1. Dalle origini al Concilio di Trento, Jaca Book, Milano 1978; G. Penco, Storia della Chiesa in Italia. Volume II. Dal Concilio di Trento ai nostri giorni, Jaca Book, Milano 1978.


    LEMMARIO